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ALTRE FATTISPECIE DI RICORSO AL LITISCONSORZIO NECESSARIO 4.1 Società di capitali o a ristretta base societaria che optano per la trasparenza

4.2. Società tra professionist

4.2.1. Evoluzione di tale tipologia societaria

È piuttosto controversa la storia delle società tra professionisti (Stp) e sembra essere finalmente giunta una svolta in tal senso.

L’analisi deve necessariamente avere inizio dalla legge n. 1815/1939 che all’art. 2 sanciva il divieto di esercizio delle cc. dd. “professioni protette”170 mediante la costituzione di società, l’unica forma ammessa era quella dello studio associato. Negli anni questa disposizione è stata ritenuta da dottrina e giurisprudenza troppo rigida, seppur nata con l’apprezzabile finalità di tutelare la clientela di tali professionisti. Il rischio era infatti quello che la società rappresentasse un mero schermo per i soci stessi a danno della trasparenza e individuabilità delle specifiche responsabilità, senza considerare il rischio che i professionisti non fossero in realtà tali, ossia non abilitati all’esercizio dell’attività professionale. Per tale ragione la legge n. 266/1997 (c.d. Legge Bersani) all’art. 24, I comma, abroga la norma summenzionata, mentre il II comma rimanda all’emanazione di un successivo decreto – ad opera del Ministro di Grazia e Giustizia, di concerto con il ministro dell’Industria, del commercio e dell’artigianato e, per quanto di competenza, con il ministro della Sanità - la definizione dei requisiti per l’esercizio in forma societaria di tali professioni. In realtà alla legge non è seguito il regolamento interministeriale e questo ha generato una certa confusione nella materia. A tal fine le pronunce giurisprudenziali rappresentano sempre un contributo molto importante, tra le quali si deve necessariamente rammentare quella del Tribunale di Milano datata 5 giugno 1999, la quale afferma che “anche nelle more dell’emanazione del regolamento […] può essere iscritta nel registro delle imprese la società di

professionisti costituita in forma di società di persone e particolarmente di società semplice, poiché in tal caso resta garantita la responsabilità illimitata dei soci e, ove sia compresa nella denominazione della società, l’individuazione delle caratteristiche personali”.

Conferma normativa in tal senso si è avuta solo a seguito del d. l. n. 223/2006 (convertito dalla legge n. 248/2006) al cui art. 2 si sancisce l’abrogazione del divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti. Per maggior garanzia si richiede che l’oggetto sociale relativo all’attività libero-professionale debba essere esclusivo, che il medesimo professionista non possa partecipare a più di una società e che la specifica prestazione debba essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità. È di immediata percezione come tutte le iniziali perplessità che aveva suscitato l’esercizio della professione in forma societaria siano state fugate mediante l’introduzione di questi requisiti. Si deve in realtà dire che tale risultato riprende in parte quanto elaborato in precedenza, in tema di società tra avvocati, mediante il d. lgs. n. 96/2001.

Il decreto legge conferma quindi il possibile esercizio della professione in forma societaria, ma limitando la possibilità alle sole fattispecie delle società personali. Questo innanzitutto garantisce la responsabilità illimitata del singolo professionista per le obbligazioni sociali, pur potendo giovare del beneficio di previa escussione del patrimonio della società, e per le obbligazioni derivanti dai propri incarichi professionali.

Alla data del 4 luglio 2006 (data di decorrenza del d. l. n. 223/2006) le strade concretamente percorribili sono quindi due: creazione di un’associazione professionale (equiparata alla società semplice ai sensi dell’art. 5, III comma, lett. c) del Tuir) oppure di una società di persone. Nel primo caso il reddito prodotto è di lavoro autonomo secondo quanto disposto dall’art. 53 del Tuir, quindi ai compensi corrisposti a tali società si applica la ritenuta a titolo d’acconto, ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. n. 600/1973; nel secondo caso è reddito d’impresa. Ad accomunare entrambe le fattispecie è il ricorso all’art. 5 del Tuir, ossia al principio di trasparenza nell’imputazione dei redditi prodotti in forma associata. Ecco allora che le considerazioni esposte nel secondo capitolo possono essere qui estese. L’anno 2006 ha rappresentato quindi una

tappa importante per le società tra professionisti, ma la disciplina di queste non ha ancora trovato un assetto stabile tanto che di recente sono state apportate ulteriori novità. Infatti, la legge n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012), all’art. 10 ha introdotto disposizioni aggiuntive destinate ad arricchire ulteriormente la materia in commento. La lettura di tale norma deve avvenire in combinato con l’art. 9-bis del d. l. n. 1/2012 (Decreto Liberalizzazioni) convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27. In primo piano sicuramente l’estensione dei modelli societari concretamente utilizzabili per l’esercizio di attività professionali, in aggiunta alle società di persone anche quelle di capitali, nonché le cooperative. Per quest’ultime è in particolare richiesto un numero di soci non inferiore a tre. Al IV comma dell’art. 10 viene descritto il contenuto dell’atto costitutivo di tali società, nello specifico deve indicare:

 l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci (la società non può esercitare attività differenti);

 l’ammissione come soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni. È inoltre consentito l’ingresso anche a cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea, purché in possesso di un titolo di studio abilitante, a tal fine si deve precisare che il Cup (Centro unitario permanente degli Ordini professionali), nell’informativa n. 3/2012, ha espresso alcune perplessità sulle modalità di formulazione della norma, focalizzandosi questa sul titolo di studio abilitante e non piuttosto sulla qualifica professionale riconosciuta per l’esercizio della professione, auspicando in tal senso una riformulazione. Si deve inoltre precisare che tra i soci possono esservi anche soggetti non professionisti, però soltanto per prestazioni tecniche o per finalità d’investimento. Quest’ultimo aspetto segna sicuramente uno spartiacque rispetto alla normativa precedente, posto che i soci di capitali erano assolutamente esclusi dall’assetto societario. Qui invece se ne ammette la partecipazione, fissando però dei limiti molto stringenti, si richiede infatti che il numero dei soci professionisti e la loro partecipazione al capitale sociale debba essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci. Il mancato rispetto di tale criterio costituisce, salvo che non si abbia provveduto a ristabilire la prevalenza nel termine di sei mesi, causa di

scioglimento della società e la sua successiva cancellazione dall’albo ad opera del consiglio dell’ordine o del collegio professionale;

 le regole di svolgimento dell’incarico professionale conferito alla società che deve essere eseguito esclusivamente dai soli soci professionisti, la designazione a tal fine può essere fatta dal cliente, in mancanza sarà la stessa società a comunicare all’interessato il nominativo del soggetto incaricato;

 la stipula di una polizza di assicurazione per i rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio della loro attività;

 le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato nel rispettivo albo con provvedimento definitivo.

Per quanto concerne alla denominazione sociale, questa deve in ogni caso contenere l’indicazione di società tra professionisti, non si esclude inoltre che questa possa essere costituita per l’esercizio di più attività professionali. È invece negata la possibilità che uno stesso socio prenda parte a più società di questo tipo. I soci professionisti sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulta iscritta. È ammessa altresì la possibilità che il singolo professionista possa opporre agli altri soci il segreto concernente le attività professionali a lui affidate.

Maggiori chiarimenti perverranno dall’emanazione del regolamento interministeriale così come previsto al comma 10 dell’art. 10. Restano salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della legge in commento.

4.2.2. Le associazioni professionali e le società tra professionisti nel contenzioso