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ALTRE FATTISPECIE DI RICORSO AL LITISCONSORZIO NECESSARIO 4.1 Società di capitali o a ristretta base societaria che optano per la trasparenza

4.2. Società tra professionist

4.2.3. Una fattispecie particolare: la società tra avvocat

Sancita l’abrogazione dell’art. 2 della legge n. 1815/1939 ad opera della Legge Bersani (n. 266/1997) si è aperta la strada, pur in attesa di emanazione di apposito decreto, per l’esercizio dell’attività professionale in forma societaria. Il legislatore ha quindi elaborato una disciplina ad hoc per le società tra avvocati, il d. lgs. n. 96/2001, in attuazione della direttiva n. 98/5/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo. All’art. 16 si stabilisce che l’attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio può essere esercitata in forma comune esclusivamente facendo ricorso a tale tipologia societaria, ossia alla società tra avvocati. In particolare, la società è regolata dalle norme contenute nel decreto legislativo e, per quanto non disposto, dalle norme in materia di società in nome collettivo (che a loro volta si fondano su quelle della società semplice). È inoltre richiesta l’iscrizione sia nel registro delle imprese, nell’apposita sezione relativa alle società tra professionisti con funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, sia in una speciale sezione dell’albo degli avvocati. Si ricorda inoltre che tale società non è assoggettabile a fallimento.

Ai sensi dell’art. 17 la costituzione deve avvenire mediante atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizioni autenticate dei contraenti e deve avere per oggetto esclusivo l’esercizio in comune della professione dei propri soci. L’art. 18 dispone il contenuto della ragione sociale che deve essere costituita dal nome e dal titolo professionale di tutti i soci ovvero di uno o più soci e deve contenere l’indicazione di società tra professionisti in forma abbreviata (Stp). All’art. 21 si prescrive il necessario possesso da parte di tutti i soci del titolo di avvocato, nonché la partecipazione ad una sola Stp. Esposti molto brevemente alcuni dei tratti caratteristici di tali società, ai fini del nostro interesse rileva il contenuto dell’art. 26 nel quale si sancisce la responsabilità personale e illimitata del socio per l’attività professionale svolta in esecuzione dell’incarico. A garanzia del creditore/cliente anche la società con il proprio patrimonio. Si tratta di una disposizione particolare dato che normalmente nelle Snc ciascun socio è chiamato a rispondere illimitatamente per tutte le obbligazioni sociali, ai sensi dell’art. 2291 c.c. “Questa disciplina però può giustificarsi in quanto, rispetto all’attività professionale svolta da ciascun socio, non vi potrebbe essere un sistematico controllo degli altri, tale da poter ragionevolmente prevenire comportamenti dannosi e l’esigenza di tutela

dell’affidamento dei terzi è soddisfatta dalla previsione in via legislativa di questo regime”171.

In aggiunta alla responsabilità sopra citata, vi è quella personale e solidale per le obbligazioni sociali non scaturenti dall’attività professionale, senza che eventuali patti contrari abbiano effetto nei confronti dei terzi (permane in capo al socio il beneficio di previa escussione del patrimonio societario).

Per quanto attiene alle regole fiscali, il decreto legislativo non prescrive nulla e questo ha creato non pochi problemi dato che se si decidesse di applicare le norme delle Snc il reddito generato sarebbe qualificato come d’impresa, entrando in contrasto con la natura professionale dell’attività che farebbe propendere, invece, per la natura di reddito di lavoro autonomo. Proprio su queste due fattispecie la dottrina si è sensibilmente divisa, parte di questa riteneva più opportuna la seconda qualificazione garantendo così una certa omogeneità con l’esercizio della professione in forma individuale. Conferma in tal senso si è avuta a seguito della risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 118 del 28 maggio 2003, volta a fornire risposta ad un’istanza di interpello in cui si chiedeva di conoscere la corretta natura dei redditi prodotti da una società tra avvocati. L’Amministrazione finanziaria ha posto l’attenzione in modo particolare su due aspetti: sulla speciale natura dell’oggetto sociale e sul carattere professionale e personale della prestazione di assistenza legale. Ha in particolare affermato che “il rinvio alle disposizioni che regolano la società in nome collettivo opera ai soli fini civilistici, in quanto consente di determinare le regole di funzionamento del modello organizzativo, mentre ai fini fiscali, per ragioni di coerenza del sistema impositivo, occorre dare risalto al reale contenuto professionale dell’attività svolta”. La risoluzione ha avuto quindi il pregio di chiarire definitivamente la qualificazione dei redditi prodotti come redditi di lavoro autonomo, sopperendo all’iniziale vuoto del decreto legislativo.

Classificata la natura, ora si tratta di capire come il reddito venga successivamente tassato e in tal senso si fa ricorso ancora una volta all’art. 5 del Tuir. In realtà nella classificazione proposta dalla norma non si rinviene un riferimento esplicito alla società tra avvocati, ma dato il carattere prettamente personale della professione svolta si ritiene che si possa procedere per analogia con quanto previsto per le società di persone. Come

171SCHIAVOLIN R., Prime riflessioni sul trattamento della “neonata” società tra avvocati ai fini delle

sempre la lettura dell’art. 5 del Tuir è accompagnata da quella dell’art. 40, II comma, del D.P.R. n. 600/1973.

Per quanto concerne i profili processuali, la norma di riferimento risulta essere il IV comma dell’art. 26 del decreto, il quale sembra sancire un principio nuovo nel suo genere. Si stabilisce infatti che la sentenza pronunciata nei confronti della società fa stato ed è efficace anche nei confronti del socio o dei soci incaricati ovvero dei soci illimitatamente responsabili, i quali possono intervenire nel giudizio e possono impugnare la sentenza. Da un lato sembra quindi individuare una sorta d’identità tra la società e i soci, dall’altro, facendo riferimento alle normali disposizioni civilistiche, si deve ritenere che nessuna sentenza possa produrre i suoi effetti su chi non abbia concretamente preso parte al giudizio. Ecco allora che, con una formula non proprio chiara, l’articolo sembra prescrivere il litisconsorzio necessario172 nelle ipotesi ex art. 40 D.P.R. n. 600/1973.

Così interpretando la norma si rinverrebbe una certa uniformità di disciplina con quella più generale concernente le Stp. In realtà il confine tra le due fattispecie è piuttosto labile e nonostante l’una sia una sottocategoria dell’altra, proprio da quest’ultima la società tra professionisti ha colto molti dei suoi caratteri. Si è trattata quindi di un’influenza reciproca che ci permette a maggior ragione di confermare per entrambe il ricorso all’istituto litisconsortile ove necessario.

Si ricorda infine che le novità introdotte a seguito della Legge di stabilità 2012, nonché del Decreto Liberalizzazioni, sono estese anche alle società tra avvocati.