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4.3 DIFFRAZIONE DA POLVERI RISOLTA NEL TEMPO CON SORGENTI NON CONVENZIONAL

Le tecniche diffrattometriche sono state e rappresentano tutt’oggi un punto di riferimento per la caratterizzazione strutturale della zeoliti. I recenti sviluppi raggiunti nell’applicazione della diffrazione da polveri con raggi X dotati di rivelatori areali o con luce di sincrotrone hanno avuto un forte impatto nell’ambito degli studi strutturali.

Le misure effettuate in luce di sincrotrone sono probabilmente il metodo migliore per studiare il comportamento termico dei minerali. La luce di sincrotrone costituisce infatti la sorgente ideale in quanto è caratterizzata da:

 elevata brillanza

 bassa divergenza del fascio uscente

 variabilità in modo continuo in un ampio intervallo di energia  polarizzazione naturale del fascio uscente.

L’elevata intensità e la bassa divergenza del fascio uscente consentono di ottenere un elevata risoluzione in esperimenti in diffrazione da polveri, aumentando così la quantità di informazioni ricavabili da un profilo di diffrazione da polveri. Altri vantaggi offerti dall’utilizzo della radiazione di sincrotrone sono: a) la possibilità di monitorare transizioni di fase con piccole variazioni nelle dimensioni e nella forma della cella unitaria; b) la fattibilità di esperimenti risolti in tempo in intervalli temporali dell’ordine dei millisecondi; c) intensità diffratte generalmente deboli possono essere rilevate in tempi relativamente brevi con buon rapporto segnale/rumore.

L’utilizzo di questa tecnica per studiare il comportamento termico dei borosilicati oggetto di studio di questa tesi è stato fondamentale in quanto, nonostante le analisi termiche siano dei metodi semplici ed immediati, esse non consentono di ottenere informazioni strutturali riguardo ai cambiamenti indotti dalla temperatura, quali ad esempio variazioni dei parametri di cella, deformazioni subite dal framework zeolitico, migrazione dei cationi extraframework, cambiamenti della coordinazione del boro, effetti prodotti dalla degrazione dei templanti. In particolare, l’interesse principale di misure risolte nel tempo, rispetto alla loro controparte statica, risiede nella possibilità di indagare processi che evolvono nel tempo (fig. 4.7).

Fig. 4.7. Serie di profili di diffrazione in funzione del temperatura

Un’acquisizione dati molto rapida consente di registrare le trasformazioni strutturali e/o microstrutturali che intervengono in campioni cristallini in funzione di una perturbazione esterna

(temperatura, pressione, specie reattive). Esperimenti risolti nel tempo permettono di: a) identificare fasi transienti; b) indagare il meccanismo strutturale delle trasformazioni di fase che possono intervenire in un processo; c) studiare le cinetiche delle trasformazioni.

Sfruttando le potenzialità della radiazione di sincrotrone e della diffrazione da polveri, l’informazione strutturale può essere raccolta in tempi brevissimi. Sottoponendo a riscaldamento continuo un campione in polvere e registrandone contemporaneamente il profilo di diffrazione, ogni cambiamento nelle posizioni e nelle intensità di picchi di diffrazione, conseguenti alle trasformazioni in atto per effetto del riscaldamento, vengono registrati in modo continuo. Questo è realizzabile con l’impiego di rivelatori areali come l’imaging plate (IP), i cui principali vantaggi sono:

a) elevata DQE (Detective Quantum Efficiency), con valori superiori all’80% per raggi X nell’intervallo di energia 8-20 KeV e per assorbimenti di 102-105 fotoni per 100 µm2 di area. Questo effetto è possibile grazie all’alta assorbenza dei fosfori ed al bassissimo fondo intrinseco;

b) ampio intervallo dinamico. Può arrivare a valori di 1:1015 fotoni di raggi X su 100 µm2 di area, nettamente superiore rispetto ad altri rivelatori ad integrazione come le comuni pellicole. L’intensità relativa della luminescenza mantiene una buona linearità rispetto al conteggio dei fotoni incidenti sull’intero intervallo dinamico, con un errore minore del 5%. La capacità dell’IP di gestire alte dosi di raggi X lo rende adatto nell’utilizzo con radiazione di sincrotrone, contrariamente ai rivelatori multiwire per i quali si verificano fenomeni di saturazione;

c) buona risoluzione spaziale. La risoluzione spaziale intrinseca è di 150 µm FWHM (full width at half maximum), comparabile con quella di una pellicola, ma superiore rispetto ai rivelatori multiwire;

d) flessibilità del supporto.

L’uso combinato di raggi X ad alta intensità da radiazione di sincrotrone e del rivelatore areale imaging-plate (fig. 4.8) ha reso attuabile la raccolta di dati in tempi rapidissimi, con il chiaro vantaggio di poter effettuare esperimenti in diffrazione da polveri risolti nel tempo. Va ricordato, comunque, che la risoluzione ottenuta con rivelatori areali è generalmente inferiore rispetto alla risoluzione spaziale ottenibile da esperimenti in alta risoluzione con rivelatori singoli combinati con cristalli analizzatori o collimatori.

L’imaging-plate viene chiamato anche pellicola elettronica perché funziona seconda il principio della pellicola fotografica. Esso infatti è costituito da un supporto plastico flessibile con spessore di 0.5 mm ricoperto da uno strato di microcristalli di alogenuri di bario drogati con europio (BaFBr:Eu2+) che fungono da fosfori immersi in una matrice organica. I fosfori sono fotostimolabili

e quando i raggi X incidono sull’imaging-plate, gli elettroni nella banda di valenza acquisiscono energia sufficiente per portarsi nella banda di conduzione con conseguente ossidazione di Eu2+ ad Eu3+. Maggiore sarà il numero di elettroni eccitati maggiore sarà il numero di fotoni assorbiti e quindi più grande sarà l’intensità rivelata

TRASLAZIONE DELL'IP SLITTE RADIAZIONE DI SINCROTRONE CAPILLARE IP TRASLAZIONE DELL'IP SLITTE RADIAZIONE DI SINCROTRONE CAPILLARE IP

Fig. 4.8. Schema della geometria sperimentale dell'Imaging-plate traslante.

I rivelatori areali tipo IP consentono di registrare simultaneamente i raggi diffratti da un intero piano reticolare eliminando così il problema del tempo morto di conteggio dei rivelatori a gas. Inoltre l’uso dell’IP riduce l’effetto di allargamento dei picchi causato dalle alte intensità e il rumore elettronico. Tra gli svantaggi vi sono l’impossibilità di osservare direttamente il profilo di diffrazione durante l’acquisizione, i tempi morti per la scansione e la pulitura dell’IP, la risoluzione inferiore.

CAPITOLO 5 - BORO-ZSM-5

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