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In questo capitolo si tratterà della traduzione dei nomi all’interno della letteratura per l’infanzia: si porrà l’attenzione su cosa essi sono, come possono essere usati nella letteratura in generale, sulle loro funzioni nei testi letterari, in particolare nei libri per bambini, e sulle strategie disponibili per la loro traduzione.

A prima vista sembra piuttosto facile comprendere il significato della parola “nome”. In poche parole, si tratta di una designazione di un oggetto, che sia una persona, un animale, un luogo, un libro o qualunque altra cosa. Si può dire che il nome è semplicemente un’altra parola. Tuttavia, in realtà ci sono molti aspetti interessanti che riguardano le modalità e le ragioni alla base della scelta dei nomi. La parola rappresenta il segno, il segno è usato come nome, il nome è un’etichetta, ma il problema è quali significati e connotazioni possiedono tali etichette, e come si possono tradurre.

I nomi

Il nome è un’etichetta, ma ne esistono tanti tipi diversi, quindi i traduttori devono sapere il tipo di nome con cui hanno a che fare. Ci sono nomi che rivelano la religione, l’esoticità, il genere, la classe socioeconomica, luoghi, nomi allegorici, nomi allusivi, nomi allitteranti, nomi famosi (cioè nomi di persone famose, anche se possono riferirsi a gente sconosciuta), soprannomi, nomi descrittivi e anagrammi, tra i tanti. Ci sono anche i titoli (cioè Dottore, Signorina, Professore, Signora, e così via) e sistemi di nomenclatura variabili (diminutivi o patronimici, per esempio). Alcuni nomi, come hospital e

auditorium, contengono informazioni aggiuntive che possono essere tradotte o

meno. I nomi hanno un significato originale e un’etimologia, ma spesso il significato d’origine non è rilevante o è stato dimenticato. Per esempio, un

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signore che porta il cognome Miller probabilmente oggi non lavorerebbe in un mulino.

Una piccola scena da Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò di Lewis Carroll mostra come e perché si usano i nomi. In questa scena Alice sta parlando a un moscerino e spiega che, anche se non le piacciono gli insetti, può comunque chiamarli. Conoscere il nome assicura ad Alice il potere su qualcosa o qualcuno, ma il moscerino sembra non essere d’accordo:

“I don’t rejoice insects at all”, Alice explained, “because I’m rather afraid of them – at least the large kinds. But I can tell you the names of some of them”. “Of course they answer to their names?” the Gnat remarked carelessly. “I never knew them to do it.”

“What’s the use of their having names,” the Gnat said, “if they won’t answer to them?”.

“No use to them,” said Alice: “but it’s useful to the people that name them, I suppose. If not, why do things have names at all?” (2000, p. 173)

Non è possibile pensare che ogni nome rappresenti realmente la persona o l’oggetto che lo porta e che quindi sia il suo nome autentico. Il nome può rimandare ad altro, soprattutto in letteratura, ma alla fine è un’etichetta, indipendentemente da quanto possa sembrare appropriato.

I bambini e i nomi

In letteratura i nomi non sono arbitrari, perché gli scrittori possono avere specifiche ragioni che spiegano il significato che sta dietro a un determinato nome. In letteratura, la caratterizzazione dei personaggi attraverso i nomi potrebbe “creare una serie di aspettative” che possono o non possono essere mantenute dalla storia (Manini 1996, p. 166). Inoltre, gli autori “hanno la libertà di respingere il gioco di assoluta casualità che domina l’assegnazione del nome nella vita reale per far sì che il nome rifletta il personaggio in base a un disegno narrativo specifico che essi hanno in mente” (Manini 1996, p. 163).

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I nomi, come ogni altro elemento di un romanzo, aiutano a costruire la storia e da essa sono costruiti.

Invece di scegliere a caso i nomi per i loro personaggi, gli autori li scelgono appositamente (o capiscono che certi nomi sono necessari alla storia o ai personaggi) per svolgere determinate funzioni, sebbene il lettore può non sempre riconoscerlo. Usando i nomi in maniera creativa, gli autori possono accennare, in modo relativamente semplice e senza usare parole in eccesso, alla personalità, alle idee, alle abitudini, alle esperienze, ai sentimenti e/o all’aspetto di un personaggio, spingendo i lettori a esprimere un giudizio sugli abitanti di questo mondo immaginario. I nomi possono essere anche piacevoli da leggere, sia per la giustapposizione delle stesse lettere, sia per i significati di base o le connotazioni che esprimono; allo stesso modo, si possono usare in senso umoristico, come se volutamente richiamino o rimandino a un nome, a un aggettivo o a una frase idiomatica. Van Coillie scrive che, oltre a identificare i personaggi, i nomi possono anche “avere delle funzioni concomitanti, come divertire il lettore, impartire conoscenze o suscitare emozioni” (2006, p. 123).

È importante sottolineare che le persone con lo stesso nome non condividono necessariamente altre caratteristiche, non è necessario un legame al di là del nome stesso. Ciononostante, potrebbe esserci un collegamento, che è proprio ciò che l’autore ha in mente quando sceglie il nome di un personaggio. Una persona chiamata Violet, come uno dei protagonisti della serie dei libri di Lemony Snicket, non per forza profuma o somiglia al fiore. Né è probabile che ci sia un riferimento al colore, perché di certo la sua pelle non è viola, né lo sono i suoi occhi o i suoi capelli. Al contrario, ciò che la parola

violet significa e rappresenta letteralmente, si perde quasi totalmente nel

passaggio alla funzione di nome. Tuttavia, in inglese è abbastanza comune descrivere le donne come fiori delicati, perciò si conservano alcune delle connotazioni (come, tra gli altri, per i nomi Rose, Iris e Lily). Si suppone che Violet Baudelaire, come le altre donne, sia dolce e delicata, oltre a essere anche intelligente, indipendente e un’inventrice ingegnosa. Oltretutto, il nome Violet in questi libri potrebbe fare riferimento al rapimento del bambino dei

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Lindbergh (si veda il capitolo 5 per maggiori approfondimenti sulle allusioni), ma questo non significa automaticamente che il personaggio di Violet sia come la governante inglese che lavorava per la famiglia Lindbergh. La Violet di Snicket in svedese non è chiamata Viol, che sarebbe il corrispettivo svedese del fiore, o Violett, la parola che indica il colore, ma rimane sempre Violet. Violet, Viol e Violett non sono nomi effettivamente usati nei paesi scandinavi.

Proprio come accade con la letteratura per l’infanzia, quando il pubblico è più giovane è solitamente possibile giocare con i nomi, perché i bambini tendono a divertirsi con i giochi di parole e con i nomi nuovi, talvolta esotici, e possono non distinguere i nomi comuni dai nomi propri come invece fanno gli adulti. Tutto ciò anche perché può essere più facile, efficace e diretto caratterizzare una persona con un nome come Miss Honey (come nel romanzo di Roald Dahl Matilde), piuttosto che chiamandola Miss Smith, e descriverla come “una donna dolce, premurosa e gentile”. Quindi, i nomi descrittivi sono più comuni nella letteratura per l’infanzia che in quella per adulti, e in generale in letteratura i nomi possono dire di più su chi li porta rispetto a quelli della “vita reale”. In un altro esempio i genitori di Matilde sono Mr. e Mrs. Wormwood. Il nome è adatto a loro, poiché sono piuttosto cattivi come il legno infestato da vermi. Ovviamente c’è anche un legame coll’assenzio, che è fatto da una pianta conosciuta come grande wormwood e che si pensava rendesse pazzi, quindi l’implicazione nascosta nel romanzo di Dahl è forse che questi personaggi sono pazzi, e magari anche alcolizzati. Ma nonostante il nome Matilde Wormwood non sia mai menzionato, si tratta indubbiamente del suo nome completo, anche se il cognome non si addice alla protagonista della storia. Tuttavia, Dahl ha forse ignorato di proposito tali aspetti della scelta dei nomi, dato che non ha seguito il suo solito sistema di assegnazione dei nomi dei personaggi, o magari non ci ha proprio pensato. In ogni caso, è come se l’obiettivo di suscitare un determinato sentimento nel lettore fosse più importante dei problemi pratici, per esempio del fatto che i nomi si trasmettono in famiglia.

La letteratura per l’infanzia potrebbe fare maggiore affidamento su questi meccanismi, in parte perché si riduce il confine della parola. Parole e azioni

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ovviamente rivelano tante cose su di un personaggio, ma la scelta del nome appropriato è il modo più veloce per cominciare una storia e segnalare al lettore bambino come interpretare un personaggio. In Dustbin Baby di Jacqueline Wilson, la protagonista è nata il 1 aprile e si chiama April. Se si comporta in modo sciocco, è chiamata “April Fool” (2001, p. 20); quando piange, è chiamata “April Showers” (ibid.), e scherza dicendo che se continuerà a ricordare il passato piangerà ancora di più e sarà chiamata “April Downpour” (2001, p. 66). Ci sono davvero ragazze che si chiamano April, e al tempo stesso Wilson collega il suo personaggio alla festa del pesce d’aprile e al famoso detto “April showers bring May flowers”, in modo da suggerire al lettore tante cose di lei senza aver bisogno di molti esempi. Comunque, tutto ciò richiede che i giovani lettori conoscano la festività e il detto e che comprendano il collegamento fatto da Wilson, ma non sempre essi possiedono tali conoscenze. Il lettore del romanzo di Terry Pratchett I Shall Wear Midnight della serie del Mondo Disco deve sapere dell’esistenza di un panino con carne e pane di segale (rye bread), e che le città possono prendere il nome dai fiumi che le attraversano, come Hay-on-Wye in Galles, per poter cogliere l’elemento giocoso nel nome del paese Ham-on-Rye (2010, p. 11). Quindi, gli autori possono confidare nel fatto che i lettori sanno più di quello che in realtà possono sapere. Come detto nei capitoli precedenti, in alcuni casi questo può togliere potere al lettore o farlo sentire ignorante.

Inoltre, i bambini molto piccoli devono ancora imparare cosa sia il nome, quale sia il loro nome, quello dei loro parenti e amici, e di molti altri oggetti, e come tutto questo sia collegato all’identità: potrebbero quindi essere particolarmente interessati ai nomi e al loro legame con l’elemento denominato. Come dice Alice in Attraverso lo specchio e quel che Alice vi

trovò, dopo che è scappata nella foresta che le fa dimenticare il suo nome, “I

know my name now ... that’s some comfort” (2000, p. 178, corsivo originale). Si tratta di una “confortante” presa di coscienza dell’identità che può anche essere utile dal punto di vista pedagogico.

Il capitolo 1 ha mostrato che il linguaggio espressivo può avere diverse funzioni, e che queste funzioni possono avere scopi diversi. I nomi, in

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particolar modo, si possono usare per rappresentare o dare informazioni su di un personaggio (in modo appropriato o inappropriato), costituendo un metodo più rapido per descrivere le persone e un modo per suggerire indirettamente al lettore cosa pensare sul personaggio. Qualche volta possono anche essere semplicemente un’etichetta o un’etichetta con un suono attraente e divertente. I nomi possono altresì essere allusioni (al testo o fuori da esso), il che può essere piacevole per il lettore che recepisce le presunte intenzioni dell’autore che li ha scelti. In altre parole, i nomi, come le altre tipologie del linguaggio espressivo, possono essere pedagogici e/o divertenti.

Strategie traduttive

Sembra sia possibile dire che se il nome ha un significato e una determinata funzione debba essere tradotto. In realtà, su questo argomento esistono diverse opinioni, ed esistono diverse possibili strategie da seguire quando si devono tradurre i nomi. La prassi in alcune culture è stata quella di tradurre i nomi propri, indipendentemente dai collegamenti, ma ciò può condurre i lettori oltre il contesto culturale della storia (per esempio, Nord 1994, p. 530), potrebbe metterli in difficoltà nella comprensione di a chi o a cosa il nome si riferisca, e può anche significare che le connotazioni siano perdute (ad esempio, Albin, 2003). Pascua-Flebes spiega che:

[i]f the current tendency towards internationalization is respected, most of the proper names used in the source text would be retained in the translation. Apart from being cultural markers, proper names have a merely designative function and usually do not have a meaning that is merely relevant for understanding the story as a whole. However there is another tendency that is particularly evident in translating for children, whereby names that tend to enrich the text with a particular connotation or whose meaning is relevant for the narration process are to be translated or adapted, so that the reader of the translation can access their semantic content. (2006, p. 116)

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Ad ogni modo, è importante che i traduttori riconoscano il significato dei nomi e capiscano i loro potenziali riferimenti e le loro funzioni prima di determinare se e come tradurli. Quindi, il traduttore deve innanzitutto analizzare il nome e le sue funzioni, possibilmente scomponendone i costituenti e scegliendo poi una strategia.

Dopo aver analizzato il testo e l’uso dei nomi al suo interno, i traduttori dovrebbero considerare altri fattori, per esempio la struttura della lingua di partenza e di arrivo e quale vocabolario possiedono, il pubblico del testo di partenza e di arrivo e quali conoscenze e aspettative presumibilmente possiedono, il contesto della storia. Nella letteratura per l’infanzia, la traduzione deve anche tenere conto dei significati e dei suoni che il bambino può comprendere e di quali collegamenti recepirebbe, delle differenze nell’uso dei nomi nelle varie culture, e se i bambini sono a conoscenza di tutto questo.

In seguito i traduttori possono cominciare a valutare le possibili strategie, cercando “di assicurarsi che il nome tradotto funzioni esattamente come quello originale”. In caso di successo, l’originale e la traduzione si possono considerare ‘funzionalmente’ o ‘dinamicamente’ equivalenti” (Van Coille 2006, p. 123). Se nell’originale si usa un nome, ad esempio, per insegnare ai lettori che tutti i nomi hanno un significato e che è anche una divertente scorciatoia per descrivere un personaggio, si potrebbe argomentare che nella traduzione esso deve avere la stessa funzione. Inoltre, i traduttori dovranno controllare se quel determinato nome è mai stato tradotto (come accade nel caso di personaggi storici, o in testi più vecchi) e, nel caso lo sia stato, se e come questo influenzerà la traduzione. Alcuni traduttori potrebero voler consultare delle traduzioni precedenti per trovare delle idee su come tradurre un determinato nome o i nomi in generale, altri invece no. Si veda la tabella 7 per un’analisi del processo traduttivo.

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Tabella 7: Il processo traduttivo dei nomi

Fasi del processo Implicazioni

Analizzare la funzione del nome. Capire perché l’autore ha scelto di usare il nome e qual è il suo scopo nel testo. Analizzare, inoltre, il ruolo generale dei nomi nel testo.

Analizzare il ruolo dei nomi nella cultura di partenza e di arrivo, specialmente dalla prospettiva del bambino.

Valutare quali significati e suoni i bambini possono comprendere e quali collegamenti essi percepiscono. Pensare anche a come la cultura di partenza e di arrivo impiegano i nomi.

Consultare le traduzioni precedenti. Se possibile, consultare le traduzioni precedenti per vedere come un certo nome o altri simili sono stati trattati in questo testo o in altri simili.

Scegliere una strategia traduttiva. Scegliere una strategia per tradurre questo nome e altri del testo (per maggiori approfondimenti si veda oltre).

Alcuni studiosi danno delle indicazioni specifiche riguardo a determinati tipi di nomi. Albin suggerisce che il trasferimento, o il mantenimento e l’uso diretto del nome, sia il metodo migliore “quando si ha a che fare con nomi di persone ed entità note – Jacques Chirac, John Major, George Bush, Microsoft, Enron – dove il nome e i suoi livelli di significato sono compresi da tutti quelli che si tengono aggiornati sugli eventi attuali” (2003). Per i neologismi, le parole macedonia, o i gruppi nominali, i traduttori possono scomporre il nome di partenza, capire il significato dei costituenti e poi cercare di ricrearlo (Manini 1997, p. 171). Manini e altri studiosi pensano che i nomi descrittivi e con funzione di personificazione debbano essere tradotti, e che i nomi allegorici siano facili da tradurre perché “quasi tutti questi nomi coincidono con un nome comune, astratto o concreto, e in tali casi esiste quasi sempre una corrispondenza di parole piuttosto precisa tra la lingua di partenza e quella di arrivo” (1997, p. 166).

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Quando si ha a che fare con i nomi, il genere può creare dei problemi. Van Coillie dice che tutti i nomi olandesi che finiscono in a sono femminili quindi, se un nome di un testo che deve essere tradotto in olandese termina in a ed è maschile, sarà cambiato con un tipico nome maschile olandese, in modo da non confondere i lettori (2006, p. 130). Tuttavia, l’autore o il traduttore possono avere ragioni precise per voler eliminare il genere nominale.

I soprannomi rappresentano un’ulteriore sfida, specialmente se si riferiscono a elementi non esistenti nella cultura di arrivo, o presenti ma non identificati con una parola specifica. Non importa se un nome sia tradotto e, se sì, come lo sia, ma è comunque probabile che alcune connotazioni vadano perse, sta quindi al traduttore decidere se inserire una glossa, una nota, un’introduzione, o altre spiegazioni.

I traduttori possono anche scegliere, o possono essere costretti a farlo, di applicare un sistema di nomenclatura diverso. Per esempio, nelle traduzioni in spagnolo della Collina dei conigli sono stati inseriti dei diminutivi dove non ci sono in inglese (González Cascallana 2006, pp. 103-4), e ciò ha a che fare con le norme in base a cui i nomi sono usati nella vita reale e in letteratura all’interno della cultura di partenza e di arrivo.

Nella Tabella 8 è presente un elenco delle strategie traduttive da seguire per i nomi. Esse sono: conservazione, sostituzione, espansione, adattamento, eliminazione, spiegazione e traduzione letterale.

Tabella 8: Strategie di traduzione per i nomi

Strategia traduttiva

Descrizione

Conservazione mantenere il nome e i suoi collegamenti, se presenti (di solito, solo nel caso di culture e/o lingue tra loro legate, o se una cultura ha influenzato l’altra, o casualmente)

Sostituzione sostituire il nome (con un nome simile, con un altro nome della cultura di partenza, uno della cultura di arrivo, un nome appartenente a un’altra cultura, una descrizione, un termine più generico, o qualche altro espediente letterario o altra forma del linguaggio espressivo)

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Eliminazione rimuovere un nome e/o i suoi collegamenti; questo può far parte di una più ampia strategia di sintesi o adattamento, e può non per forza dipendere dal nome stesso.

Espansione aggiungere un nuovo nome e/o nuovi collegamenti e/o degli altri testi dove non ce n’erano prima; questo può essere un modo di compensare altre strategie, come l’eliminazione, l’adattamento o la sostituzione

Adattamento usare il nome ma cambiarne la grafia, la grammatica, l’uso o altri elementi, per adeguarsi alla cultura o alla lingua di arrivo Spiegazione aggiungere una spiegazione (una parola o frase nel testo, note a

piè di pagina o postille, un’introduzione o una nota del traduttore, un segno)

Traduzione letterale

ricreare un nome nella lingua di arrivo, talvolta senza le connotazioni

La conservazione consiste nel mantenere il nome così com’è. Probabilmente è il metodo più comune, a meno che la cultura d’arrivo in genere non richieda o assecondi il trasferimento dei testi tradotti e l’uso di nomi nuovi e più adeguati alla cultura di arrivo.

Quella della sostituzione è una categoria vasta che consiste nel sostituire il nome con un altro, possibilmente dalla cultura di partenza, di arrivo o anche di un’altra cultura, oppure con una descrizione, con un termine più generale o con qualche altro testo. Tor Edwin Dahl, traduttore di Roald Dahl (nessuna parentela) e di Lemony Snicket dall’inglese al norvegese, esprime il seguente commento negativo riguardo la sostituzione dei nomi:

Penso che scegliere un nome norvegese per un personaggio inglese sia sbagliato. Però l’ho fatto. Ma quando il mondo è più o meno inglese, le persone dovrebbero avere nomi inglesi. Per lo più. Beh, le regole sono sempre difficili. (23 aprile 2010)7

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L’eliminazione e l’ampliamento sono proprio quello che indicano letteralmente, cancellare o aggiungere un nome e/o dei riferimenti e/o altri testi collegati. Se si cancella il nome, può voler dire che anche il personaggio viene eliminato, o potrebbe sottintendere che al posto del nome è inserito qualcos’altro, ad esempio un aggettivo o una locuzione. Ne sono un esempio

the blond man o the girl with the tattoo.

L’adattamento è leggermente diverso dalla conservazione per il fatto che si modificano alcuni aspetti della grafia o dell’uso in modo da potersi adattare