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2.3 Proprietà di un target ISOL

2.3.4 Dimensione dei grani

Il raggio medio dei grani, r, deve essere il minore possibile secondo la (2.26). Nel caso di target sinterizzati, come quelli impiegati per il progetto SPES-β, occorre tener conto che la dimensione finale dei grani è strettamente correlata al processo chimico-fisico di sinterizzazione che produce un ingrossamento dei grani a scapito dei vuoti presenti, i quali si riducono visibilmente. Inoltre, la diminuzione del grado di porosità determina un aumento di diffusività degli isotopi nel target incrementando la durata dello stadio diffusivo. Perciò, la scelta della granulometria delle polveri utilizzate per la sintesi del target ha un’importanza decisiva per le dimensioni finali dei grani. Solitamente, vengono scelte polveri fini, ma non sub-micrometriche che sono molto più reattive e favoriscono la coalescenza dei grani durante sinterizzazione (Corradetti, 2013), anche se recentemente target nanostrutturati sono stati impiegati con successo per la produzione di isotopi presso facilities ISOL (Stora, 2013).

2.3.5 Porosità

Come già evidenziato nel §2.2.1, una microstruttura porosa del target può contribuire in modo decisivo a massimizzare la diffusività degli isotopi. Infatti, generalmente si verifica sempre che ν > µ, cioè la velocità di effusione nel vuoto è maggiore di quella di diffusione in un mezzo solido. Perciò, una proprietà essenziale per il target è che possieda un tipo di porosità tale da rendere più probabile la diffusione attraverso i pori piuttosto che nel solido.

Per una valutazione complessiva dell’effetto della porosità sull’efficienza di rilascio occorre tener conto di numerosi fattori tra i quali il grado di porosità, la sua distribuzione dimensionale e morfologia.

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Il grado di porosità totale, o semplicemente porosità, equivale alla frazione volumetrica del vuoto presente rispetto al solido, perciò è inversamente proporzionale alla sua densità e si calcola con la (2.31). La porosità si indica con P (%), mentre ρc (g/cm3) e ρth

(g/cm3) sono rispettivamente la densità sperimentale del campione e la sua densità teorica. La prima si determina sperimentalmente misurando massa e volume del campione di interesse e in questo modo considera tutto il volume occupato dal campione comprensivo dei suoi pori chiusi ed aperti. Invece, la densità teorica è la densità che uno specifico materiale avrebbe se fosse completamente denso, cioè privo di pori ed è ricavabile analiticamente. Le equazioni per il calcolo della densità teorica si trovano in Appendice A.2.

𝑃 = (1 − 𝜌𝑐

𝜌𝑡ℎ) ∙ 100 (2.31)

Oltre alla quantità di pori presenti, anche le loro dimensioni giocano un ruolo fondamentale nel definire le proprietà di rilascio del target. Chiaramente, tanto più grandi saranno i pori del materiale, tanto più verrà favorita la diffusione degli isotopi attraverso gli stessi. La notazione IUPAC definisce “micropori” quei pori con diametro inferiore a 2 nm, “mesopori” quelli con diametro compreso tra 2 nm e 50 nm e “macropori” con diametro superiore a 50 nm. Tramite misure dedicate è possibile determinare la distribuzione dimensionale della porosità e quindi indagare quali siano le loro dimensioni medie.

L’efficienza di rilascio di un target dipende anche dalla morfologia dei pori in base a cui si distinguono pori chiusi, aperti e interconnessi. I pori chiusi sono vuoti isolati e circondati dalla matrice solida, mentre la porosità aperta è costituita da vuoti singoli o tra loro connessi aperti sulla superficie del solido e che permettono il trasporto di massa al loro interno tramite capillarità o convezione. Infine, si definiscono interconnessi o permeabili quei pori aperti che collegano due superfici della matrice attraverso cui si può avere trasporto di materia applicando un gradiente di pressione tra le superfici. Come si vedrà nel §5.1.1, il grado di interconnessione de un materiale è quantificabile tramite misure specifiche, ad esempio di permeabilità.

La Figura 2.1 mostra in modo semplificato i diversi percorsi possibili per un nuclide appena formatosi (in rosso), fino al raggiungimento della superficie del target. Il tragitto (1) è quello interno al cristallo e, come si è detto, è anche il più lento. La diffusione nella matrice può essere di tipo transgranulare se avviene dentro i grani stessi o intergranulare se avviene a bordo grano. Quest’ultima è più rapida della prima grazie alla minore energia richiesta per muoversi lungo i bordi che è dovuta all’elevato disordine presente in queste zone di confine tra i cristalli

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Figura 2.1. Schematizzazione dei diversi percorsi possibili attraverso un target

poroso per un isotope formatosi a seguito di una reazione nucleare tra le particelle del fascio incidente e gli atomi del target

Se è presente anche un certo grado di porosità, sono possibili altri tragitti. Ad esempio, il percorso (2) indica il raggiungimento da parte dell’isotopo di un poro chiuso all’interno della matrice. In questo caso la particella urterà più volte contro le pareti del poro fino a ridiffondere nella matrice. Se invece il poro è di tipo aperto (3) o aperto interconnesso (4) l’isotopo potrà diffondere attraverso il canale fino alla superficie del

target. Perciò, è chiaro come una porosità di tipo aperto contribuisca effettivamente alla

diminuzione dei tempi di diffusione.

Hy et al. (2012) hanno dimostrato che la porosità interconnessa è ancor più vantaggiosa di quella aperta perché aumenta sensibilmente la resa di rilascio del target. Infatti, i pori aperti permettono la fuoriuscita degli isotopi verso entrambe le superfici del solido costituendo un percorso preferenziale per l’effusione degli isotopi nel mezzo gassoso, che risulta molto più rapida rispetto alla diffusione nel solido. D’altra parte, i pori aperti superficiali hanno solitamente una profondità decisamente inferiore allo spessore del

target. Perciò, la particella dovrà compiere un tragitto molto più lungo in fase solida

prima di raggiungere il poro stesso. Infine, la presenza di porosità aperta interconnessa può determinare non solo un sensibile incremento della diffusività, ma anche una diminuzione del numero di collisioni tra le particelle prodotte ed il target stesso, riducendo, quindi, il tempo di estrazione secondo la (2.21).

In sintesi, risulterebbe molto vantaggiosa una microstruttura altamente porosa, anche se la necessità di mantenere una certa resistenza meccanica nonché una minima quantità di materiale fissile pone un limite al grado di porosità massimo.

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