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Produzione di dischi di LaC x con fibre polimeriche lunghe come filler

4.3 Produzione del disco

4.3.1 Miscelazione e macinatura

La prima operazione di miscelazione e macinatura delle polveri ha un’importanza fondamentale e deve essere condotta in modo strettamente accurato. Essa, infatti, influenza direttamente le proprietà del prodotto finale perché determina la velocità della reazione di carburizzazione e della sinterizzazione. Infatti, poiché la reazione tra l’ossido di lantanio e la grafite avviene in fase solida, è controllata dalla diffusione reciproca degli atomi di carbonio e ossigeno nelle zone di contatto tra le due fasi. Aumentando la superficie specifica delle polveri è possibile incrementare la diffusione velocizzando sia la reazione chimica di riduzione sia i fenomeni di sinterizzazione, che sono anch’essi basati su di essa (Biasetto et al., 2010). Inoltre, la macinazione favorisce una maggiore uniformità della distribuzione dei grani di LaC2 e grafite e, quindi, delle proprietà del campione evitando la presenza di grani grossi di fasi diverse nel prodotto finale. Questi ultimi infatti potrebbero risultare deleteri in condizioni di esercizio per l’insorgenza di tensioni termiche dovute alla presenza di zone a differente conducibilità termica. In sintesi, è necessario aumentare la superficie specifica delle polveri

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compatibilmente con le esigenze di manipolazione e il sistema miscelante a disposizione per consentire un contatto più intimo possibile tra le fasi.

Il dispositivo impiegato per la macinazione è un mulino a palle planetario della ditta Retsch composto da una giara metallica rivestita internamente in agata in cui si inseriscono la miscela da macinare e le palle, anch’esse in agata (Figura 4.3a). Questa viene chiusa con un apposito coperchio e fissata tramite un sistema di sicurezza ad un albero di rotazione all’interno del dispositivo che, una volta azionato, conferirà alla giara una doppia rotazione attorno ad un asse centrale e a se stessa. Tutto l’apparato meccanico è contenuto in una scatola di plastica che ne ammortizza il rumore, come mostrato da Figura 4.3b.

(a)

(b)

Figura 4.3. Dispositivo di macinazione: a) giara, coperchio e palle, e b) giara

fissata al dispositivo di rotazione

Il processo di macinazione impiegato si rifà a quello ottimizzato da uno studio accurato di Mella (2013) il quale aveva notato che macinazioni troppo spinte causavano la rottura e la deformazione delle fibre. In particolare quelle di polipropilene si trituravano al punto da formare una sorta di “pasta” polimerica difficile da disperdere.

Per questo motivo egli pensò di dividere la macinazione in due stadi calibrando i parametri di macinazione (numero di sfere e velocità di rotazione) in modo da ottenere due risultati diversi. Nella prima fase vengono inserite solo le polveri e si ha una frantumazione molto spinta, con elevato numero di sfere e velocità di macinazione, che ne affina al massimo le dimensioni. Nella seconda fase si aggiungono le fibre e lo scopo è quello di miscelarle uniformemente con le polveri evitandone, però, la rottura che causerebbe una diminuzione del grado di interconnessione dei pori. Nonostante questi accorgimenti Mella (2013) notò comunque la presenza di una certa quantità di fibre di polipropilene rotte dopo il secondo stadio di macinazione.

87 In Tabella 4.4 sono riassunte tutte le quantità relative ai diversi stadi, il numero di sfere, le velocità di macinazione ed il tempo impiegato. La velocità è indicata in giri al minuto o rpm (revolutions per minute).

Tabella 4.4. Informazioni riassuntive sui due stadi di macinazione,

con indicazione sottostante delle quantità impiegate di polveri e fibre

Stadio Miscelato Numero di sfere Velocità

(rpm)

Tempo (min)

1 La2O3 + grafite + resina fenolica 9 400 45 2 La2O3 + grafite + resina fenolica +

fibre 3 150 45 Primo stadio Reagente m (g) La2O3 10.688 grafite 4.312 resina fenolica 0.3 TOT 15.3 Secondo stadio wtnom,f (%) m(g) 2 0.3 4 0.6 6 0.9 8 1.2 10 1.5

Nel primo stadio di macinazione vengono inserite solamente le polveri dei reagenti secondo le percentuali in peso indicate in Tabella 4.2, wtmix, in modo tale da macinare circa 15 g di miscela. Nel secondo stadio vengono aggiunte al macinato le fibre nelle percentuali nominali, wtnom,f, e si rimacina tutto insieme. Come si può osservare, sia la velocità di macinazione sia il numero di sfere diminuiscono dal primo al secondo stadio. Per i campioni senza fibre la macinazione prevede solamente il primo stadio che serve per ottimizzare le dimensioni delle polveri per i processi successivi di carburizzazione e sinterizzazione.

(a) (b)

Figura 4.4. Miscele ottenute dopo (a) il primo stadio della macinazione (miscela per

blank) e (b) il secondo stadio della macinazione per un campione NY 4.0 10 %

Si è cercato di mantenere nella giara un ridotto volume di miscelato poiché il funzionamento del sistema di macinazione dipende strettamente dalla libertà concessa alle palle di muoversi all’interno della giara. Inoltre, con l’aggiunta delle fibre nello

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stadio successivo si raggiunge un volume molto maggiore a causa della loro bassa densità. Per di più, la massa macinata pari a poco più di 15 g è risultata ideale per la produzione dei dischi per cui sono stati impiegati circa 7.5 g per campione.

In Figura 4.4a si può osservare l’aspetto che ha la miscela dopo il primo stadio di macinazione, che è stata direttamente utilizzata per la produzione dei blank: il suo colore è molto scuro a causa della presenza della grafite. Invece, la Figura 4.4b accanto riporta la foto di una miscela con le fibre ottenuta dopo il secondo stadio di composizione indicata nella didascalia. Confrontando le miscele prodotte si è osservato che il loro volume aumenta sensibilmente con la percentuale e la lunghezza delle fibre e si ha formazione di grovigli di fibre nella miscela, visibili in Figura 4.4b.

4.3.2 Pressatura

Della miscela ottenuta di polveri e fibre sono stati pesati 7.5 g, successivamente pressati per ottenere un disco delle dimensioni sopracitate (diametro di 40 mm e spessore di circa 1 mm). A questo scopo è stata impiegata una pressa idraulica automatica acquistata dai Laboratori Nazionali di Legnaro dalla ditta Mario di Maio (Figura 4.5), avente un carico massimo di 210 ton.

Figura 4.5. Pressa idraulica della ditta Mario di Maio impiegata per la produzione

dei dischi

Per la produzione del disco è stato utilizzato un apposito stampo, progettato presso i Laboratori di Legnaro, avente un corpo conico principale con una camicia interna di acciaio inossidabile. La miscela è stata introdotta all’interno di esso tra due pastiglie e pressata tramite un punzone e un coperchio sovrastante, come si osserva da Figura 4.6. Le pastiglie e il punzone sono realizzati in metallo duro costituito da carburo di tungsteno in una matrice di cobalto. Sia all’interno della camicia sia sulle pastiglie è stato accuratamente applicato dello stearato di calcio come lubrificante solido. Lo

89 stampo completo dei suoi componenti (Figura 4.6 a destra) è stato poi inserito nella pressa e sottoposto ad un carico di 90 ton per 10 minuti, secondo una procedura già ottimizzata da Mella (2013).

Figura 4.6. Componenti dello stampo utilizzato per la pressatura dei dischi

Una volta terminata la fase di pressatura il disco è stato estratto dallo stampo utilizzando un apposito sistema di estrazione manuale in lega di alluminio progettato nuovamente ai Laboratori di Legnaro. L’apparato, mostrato in Figura 4.7a, è dotato di una scatola cilindrica chiusa superiormente da un tappo filettato e la cui parte inferiore è forata e attraversata da una vite.

(a) (b)

Figura 4.7. Sistema di estrazione manuale: a) componenti del sistema, e b) fasi di

un’estrazione

Nella scatola viene inserito lo stampo capovolto e precedentemente privato della base e del coperchio e sopra di esso si avvita il tappo. Tramite la vite è possibile far risalire un punzone di ottone che estrae a poco a poco le pastiglie ed il disco dallo stampo (Figura 4.7b). Per far sì che la superficie inferiore dello stampo sia in battuta sul tappo dell’estrattore si utilizza un cilindro cavo di riempimento in nylon.

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Figura 4.8. Disco pressato con composizione NY 4.0 mm 4 %

I campioni estratti dallo stampo hanno un colore molto scuro simile a quello della miscela. Le fibre sono ben visibili in superficie, come mostra l’esempio di Figura 4.8, e sembrano prevalentemente orientate lungo la superficie, come si avrà modo di confermare nel §5.2.4.3.

4.3.2.1 Cricche dopo pressatura

Si è osservato che i dischi dei campioni con le fibre più corte e a minor percentuale di fibre, in particolare i blank, presentavano subito dopo pressatura una cricca lunga su una o entrambe le superfici circolari del disco. Nella maggior parte dei casi queste cricche correvano lungo i bordi laterali del disco (Figura 4.9a), ma talvolta erano anche centrali (Figura 4.9b). La loro presenza ha provocato il ripetuto distacco di pezzi dai campioni soprattutto in seguito ai trattamenti termici in cui la fuoriuscita di gas ha allargato le crepe già presenti creandone anche di nuove (§4.4.5). Nella figura seguente vengono mostrati a mo’ di esempio due campioni che hanno presentato queste crepe con indicazione della loro composizione.

a) PP 1.6 mm 4 %

cricca laterale

b) blank

cricca centrale

Figura 4.9. Cricche dopo pressatura a) laterali e b) centrali per campioni di diversa

composizione

Si è ipotizzato che tali cricche siano un effetto del ritorno elastico del verde che supera la soglia di coesione delle polveri, ovvero la resistenza minima che posseduta dal verde addensato. In sostanza il disco non riesce a mantenere le forma impartitagli dallo stampo a causa dell’elevato rapporto tra diametro e spessore e perciò si rompe. Una

91 conferma è costituita dal fatto che i campioni a maggior percentuale di fibre o con fibre più lunghe non presentassero tali cricche. Infatti, in questo caso il reticolo di fibre presente nella matrice esercita un’azione compattante sulle polveri aumentandone la coesione.

Un’ulteriore ipotesi avanzata è che tale fenomeno fosse causato dalla sensibile difformità di spessore che è stata riscontrata per molti dischi (§5.2.3.2).

Nel primo caso il problema sarebbe risolvibile cambiando le dimensioni del disco, in particolare riducendo il rapporto diametro/spessore. Tuttavia, ciò comporterebbe la progettazione e la realizzazione di un nuovo stampo, cosa che non è stata possibile nel corso dell’attività sperimentale descritta. Nel secondo caso, la difformità di spessore sarebbe dovuta all’eventuale disallineamento dei piatti di compressione e delle pastiglie che racchiudono il disco. Quest’ipotesi, però, non è ancora stata confermata: mentre l’allineamento dei piatti è stato verificato, rimane da controllare quello delle pastiglie nello stampo.