“Dio è amore; chi rimane nell'amore
dimora in Dio e Dio rimane in lui” 245
L’evangelista Giovanni nella sua prima lettera “definisce” Dio — ammesso che sia possibile definirlo — “Amore”; e questo per lo scrittore sacro è l'attributo sostanziale di Dio. L’evangelista dichiara che in Dio, che è amore, si può dimorare e per dire questo utilizza il verbo greco “µένω” che in italiano si traduce con “rimanere”, “restare” o “stare”. Leggendo questo passaggio dell’evangelista Giovanni con gli occhi di Marías, si può dire che in Dio la persona umana si può installare a tal punto da restare in lui, e da progettarsi in ogni momento partendo da lui, e che questa è la massima trascendenza alla quale l'uomo può accedere.
Nella filosofia cristiano-cattolica Dio è inizio di tutto ma anche è fine di tutto; dice Marías che per il cristianesimo “… lo peor que puede hacer el
1 Gv 4, 16: La Bibbia, Dehoniane, Bologna 2012, p. 1974.
hombre para conocer es mirar las cosas del mundo, porque la verdad no está en las cosas, sino en Dios” . Per il filosofo spagnolo conoscere la 246
verità significa conoscere Dio in quanto pienezza di essa; anche secondo 247
il suo pensiero la conoscenza di tutto inizia in Dio e solo in Dio le cose prendono un senso.
Come all’inizio di questo scritto si è precisato che non si vuole fare uno studio storico di un'epoca specifica, adesso si deve dire che non si vuole fare un’indagine teologica né su Dio, né sulla Bibbia, e neanche un confronto fra teologia e filosofia, giacché, come dice Marías riferendosi a Tommaso d’Aquino: “Filosofía y teología tienen que ser verdaderas; Dios es la misma
verdad y no cabe dudar de la revelación; la razón, usada rectamente, nos lleva también a la verdad. Por tanto, no puede haber conflicto entre la filosofía y la teología, porque sería una discordia dentro de la verdad” . 248
Quello che invece ora si vuol fare parlando dell'amore e di Dio, è cercare di capire se esiste un vero rapporto fra Dio e l'uomo, e come questo possa avvenire. Come può, infatti, la persona umana installarsi in Dio, che è totalmente trascendente, al punto da restare in Lui?
Con questa domanda si vuole indagare il rapporto fra Dio, che è amore, e l'uomo, sua creatura. L'amore, a questo punto, viene ad essere la realtà più intima e trascendente nella persona umana, non venendo più identificato con un “qualcosa”, o per così dire, “cosificato”, ma con il “Chi”, con il quale non solo si identifica ma anche, e soprattutto, si relaziona.
J. Marías, Historia de la Filosofia, cit., p.133.
246
Gv 14, 6: La Bibbia, cit., p. 1309.
247
J. Marías, Historia de la Filosofia, cit., p. 163.
Si è già detto che l’amore è una decisione nella quale la persona umana trova il vero senso del suo progettarsi ed è la realtà nella quale si deve muovere. L’essere umano deve fondare e installare la propria vita nell’amore, che, come dice Marías “Es un «estado», algo en lo cual se mora
y permanece” . Ma come possiamo definire questo “stato” in modo da non 249
lasciarlo nell'astrattezza assoluta?
Per il cristianesimo, secondo l’affermazione dell’evangelista Giovanni, l’amore è Dio, ed è in lui che tutto nasce e finisce. Nel momento in cui “il
Verbo si fece carne” , l’amore prese forma umana e si incarnò nella 250
persona di Gesù Cristo. Per i teologi Gesù è l’ultima parola — il Verbo — detta da Dio Padre, che si incarnò e si fece amore, ed è per questa umanità di Dio che i filosofi cristiani del medioevo affermavano che Dio si poteva trovare nell’intimità dell’essere umano stesso, come spiega Marías: “…a Dios
lo encuentra el hombre en sí mismo. Y como la verdad es Dios, la vía para llegar a ella es la caritas: solo por el amor llegamos a Dios, y solo Dios es la verdad” . Nel medioevo la filosofia cristiana non concepisce la verità senza 251
la carità e identifica Dio con la verità, alla quale si può arrivare con la “caritas”, che è Dio stesso. La persona umana, allora, può arrivare ad installarsi nell’amore grazie alla via della verità, che si identifica intrinsecamente con Dio, e prendendo questa affermazione come vera, si deve asserire che si arriva all’installazione amorosa tramite la verità che è Dio, pienezza dell’amore.
J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 230. 249
Gv 1, 14: La Bibbia, cit., p. 1259.
250
J. Marías, Historia de la Filosofia, cit., p.133.
L’installazione è uno stato dinamico, nel quale il desiderio dell’essere umano prende la vera forza e la spinta dell’amore, per poter in maniera vettoriale dirigersi verso l’altro con la giusta forza e il giusto coinvolgimento.
Per essere installato nell’amore, all'essere umano non basta di essere innamorato; esso, infatti, deve essere anche installato nell’amore della persona che per prima lo ha amato, come afferma Marías: “«Nadie elige su
amor», decía Antonio Machado; más bien, somos elegidos por él, somos «llamados» a él”. Per Joseph Ratzinger, l’essere umano prima di tutto è
amato e voluto da Dio al punto tale da essere necessario per lui: “Ciascuno
di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario” . Siccome Dio è amore, la conseguenza 252
prima che viene da Lui è l’amore, quindi la persona umana è frutto e manifestazione dell’amore di Dio, e dunque si può anche dire che la persona umana è anche amore.
Essere installato nell’amore significa per la persona umana restare in Dio, nel quale si rimane soltanto per la vocazione del progetto personale: “…
el amor es la forma de la vocación personal […] ” . Nell’amore la persona 253
umana sviluppa la propria realtà personale tramite la presenza dell’altro, e questa presenza viene ad essere la manifestazione della presenza amante di Dio, che ama tramite l’altra persona con un amore che la trascende e trascende l’io. Tale forma d’amore co-implica il progetto personale di entrambi, che si manifesta nella loro personalità amante, perché l’amore fa sì che ognuno rimanga come medesimo. L'io e il tu formano un progetto in
Benedetto XVI, Libreria Vaticana, 2005.
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J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 229.
comune, che è condiviso e nel quale non c’è spazio per la fusione, un progetto in cui la “mismidad” si mantiene, e dunque l’io resta io e il tu resta tu.