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LA PERSONA COME RELAZIONE E PROGETTO NELLA FILOSOFIA DI JULIAN MARIAS

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Corso di laurea magistrale in Filosofia e Forme del Sapere

Tesi di Laurea

LA PERSONA COME RELAZIONE E PROGETTO

nella filosofia di Julián Marías

Relatore: Candidato:

Prof. Adriano Fabris Bryan Jesús Irias Alfaro

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(3)

Indice

Introduzione………..1

I. Marías e la circostanza orteghiana………..6

A- Ortega e Marías……….……….………..9

B- “Io sono io e la mia circostanza”.……….………11

B.I- La ragione vitale di Ortega.……….………14

C- La “circostanzialità”.……….……….……….17

II. Marías e la persona……….…….20

A. L’antropologia metafisica come filosofia della vita umana.………..24

B. La persona come essere futuribile.……….……….27

C. La corporeità personale……….………30

D- La corporeità come installazione.……….…….…….………….33

D.I- L’immaginazione e il progettare……….………36

D.II- Il concetto vettoriale della persona..……….……40

II.I- La persona e il tempo.……….….……….………..45

II.I. A- Il tempo come struttura personale.……….…….…..49

II.I.B- La temporalità nella persona.……….……….54

III. L’incontro personale.………..60

A- Progetto e pre-tensione……….………64

(4)

C- Relazione e progetto.……….………..….………72

C.1- La relazione come manifestazione.………..……..75

C.2- La corporeità come intima manifestazione.………79

C.3- Il volto come manifestazione del tu.……….………83

D- Io e tu.……….……….…..……….……….86

IV- La felicità come impossibile necessario.……….……….90

A- Nella vita, la morte.……….………92

B- La felicità è vivere.……….……….95

C- Il “Tu” come felicità e progetto.……….………99

D- Essere libero vivendo la felicità.……….……….…..…102

E- Desiderare la felicità.……….………..106

V . L’amore è il vero progetto.……….……….111

A- L’essere umano come “animal amorosum”.……….…………114

B- L’amore come progetto.……….………..117

B.1- Amore è alterità……….………120

B.2- Né fusione né possesso.……….………123

C- Dimensione teologica dell’amore [Installarsi nell’amore è stare in Dio]..125

D- Persona, immagine di Dio, immagine d’amore.……….…….129

(5)

Conclusione……….……….………135 Bibliografia..….……….……….…..144

(6)

Introduzione

Julián Marías (1914-2005), giovane discepolo del maestro José Ortega y Gasset, intraprende gli studi filosofici presso l'Università di Madrid, animato da intenti ben precisi e soprattutto cosciente della propria vocazione: quella di scrivere filosofia seguendo i passi del maestro Ortega. 1

È interessante osservare come il giovane e coraggioso filosofo affronti il difficile periodo che vive la Spagna del suo tempo per questioni politiche e ideologiche, in particolare la guerra civile (1936-1939). Marías, senza lasciarsi sopraffare da quest’ultima, apre le porte alla filosofia della vita e della persona umana. In lui il pensiero “vitalista” di Ortega trova spazio per potersi sviluppare e, di conseguenza, perfezionare seguendo un suo determinato cammino.

L’impeto di Marías trova ispirazione anche nel pensiero metafisico di Xavier Zubiri, che per lui diventa fonte di particolare rilievo. È così, dunque, che il giovane discepolo del “vitalista” Ortega e del metafisico Zubiri trova la strada per costruire una filosofia della vita e della persona umana, intesa come realtà radicale in cui essa stessa si trascende.

Pur riconoscendo in Ortega e Zubiri i maestri che influiscono sul pensiero del giovane ed entusiasta filosofo, non dobbiamo ritenere che il

Cfr. A. Savignano, Storia della filosofia spagnola del XX secolo, Morcelliana,

1

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pensiero di Marías sia la risultante di un semplice convergere di quello dei suoi maestri. Potremmo invece affermare che Marías da entrambi i filosofi trae spunto per l’organizzazione del proprio pensiero.

A questo si aggiunga che il presente lavoro non intende proporre una dissociazione fra la teoria di Julian Marías e quella del maestro Ortega. Per questo il filosofo spagnolo afferma, infatti, che “La genealogía intelectual es

decisiva, porque la vida intelectual se hace en comunidad; pero en ella al contrario de la vida civil es el hijo quien reconoce al padre. El hijo no es padre ni puede serlo, precisamente porque viene de él, y no piede reducirse a él porque lo humano es irreducible […] es decir se moviliza desde su nivea propio, y por esto la fidelidad a un maestro, lo que podríamos llamar filiación legitima no es mas que inovación” . Questa filiazione intellettuale è ben 2 individuata da María Teresa Russo che afferma: “Marías partirà dalle

intuizioni del suo maestro, ma sapendo elaborare un pensiero originale e senza esserne un pedissequo ripetitore” . 3

Marías non rimane, quindi, nel “vitalismo” orteghiano poiché vuole fondare una metafisica della vita, puntando alla dinamicità della vita e della persona stessa; è proprio questo che lo fa andare oltre il maestro Ortega, come afferma la Russo: “La metafisica può anche essere definita come una

Obras, vol. II, p. XXI.

2

M.T. Russo, Alla ricerca del bene e del meglio: Etica ed educazione morale in

3

(8)

teoria della vita umana. La nozione di vita non va intesa in senso biologico, ma biografico: non si tratta della vita in generale, ma della propria vita” . 4

All’inizio del proprio percorso intellettuale, Marías stravolge la filosofia dell’essere umano identificando la persona umana con un «chi», non con un «che cosa» e analizzandola come relazione e progetto. Queste due caratteristiche sono identificate dal filosofo spagnolo con l’essere futuribile dell’essere umano: l’essere “futurizo” fa sì che la persona umana sia in costante movimento, e da tale movimento progetti la propria vita.

Partendo da questa affermazione, è interessante notare come la filosofia di Marías possa rispondere a molti problemi della vita quotidiana dell’essere umano. Il filosofo, infatti, tratta il tema della relativizzazione della vita umana, concentrandosi, così, sul problema più profondo della sua epoca: quello della “cosificazione” della persona stessa. Allontanandosi da questo punto di vista, invece, Marias presenta la vita della persona umana come una realtà non finita, una realtà che si “sta facendo” nel qui ed ora che l’essere umano “sta vivendo”.

Per trattare le tematiche relative all'essere umano come progetto, alla relazione personale e alla vita della persona umana è stata fatta, in questa sede, una scelta fra le opere di Marías, con particolare riguardo a quelle che sembrano avere un ruolo significativo, nella sua filosofia, in relazione a tali

M.T. Russo. Corporeità e relazione. Temi di antropologia in José Ortega y Gasset

4

(9)

argomenti: Antropología Metafísica, Mapa del Mundo Personal, Persona e La

felicidad humana. Tale scelta è stata dettata dal fatto che certamente questi

scritti non possono essere avulsi da tutta l'opera filosofica di Marías, ma di essi si deve tener conto in particolar modo per avere un migliore inquadramento del pensiero dello studioso.

Veniamo ora a descrivere quella che sarà l'articolazione del presente lavoro.

Nel primo capitolo (“Marías e la circostanza orteghiana”) verrà analizzato il contesto storico-politico in cui Marías ha sviluppato il proprio pensiero; a seguire, nel secondo capitolo (“Marías e la persona”), sarà svolta un'indagine sui termini e i concetti con i quali il filosofo si rapporta alla persona umana. Nel terzo capitolo (“L’incontro personale”) si cercherà di vedere come l’essere umano si relaziona con l’altro, per poi scoprire nel quarto capitolo (“La felicità come impossibile necessario”) come la relazione personale, grazie alla libertà, si apre metafisicamente ad una relazione più grande e più profonda, concludendo infine, come ben esplicitato dal titolo del quinto ed ultimo capitolo, che “L’amore è il vero progetto”.

Come si evince da quanto illustrato, il presente lavoro non ha, quindi, pretese di esaustività ma si prefigge l’obiettivo di gettare le basi per una nuova ed approfondita ricerca sul pensiero filosofico di Julián Marías: da qui, il desiderio di partire, illustrando il lessico filosofico dello studioso, dall’innovativa indagine che Marías attua in merito al movimento relazionale

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della persona umana che, identificandosi con un «chi», può essere compresa solo grazie alla relazione in cui essa stessa vive e si progetta.

(11)

I. Marías e la circostanza orteghiana.

Quando si tratta l’epoca tra il 1914 e il 1945, cioè il periodo delle guerre mondiali, si apre una ferita nel cuore di tutta l’umanità.

Soffermarsi, tuttavia, soltanto sull’aspetto storico comporta il rischio di escludere la dimensione biografica della persona: non si tratta soltanto di una biografia raccontata come se fosse un romanzo ambientato in un’epoca buia della storia dell’umanità, in cui il protagonista si vede cambiato dagli eventi, ma di un racconto che faccia emergere come la storia sia già presente nella “vita biografica”. Ma perché si possa parlare di biografia, questa deve essere raccontata da qualcuno che abbia vissuto in prima persona quel tempo, in modo che possa narrare non soltanto i fatti ma anche le esperienze.

Per usare le parole di Julián Marías, “Se trata de vida biográfica, es

decir, de una realidad que incluye entre sus caracteres el ser biográfica, esto es, acontecer de tal forma que se puede contar o narrar” , con una 5

prospettiva narrativa.

Julián Marías Aguilera nasce il 17 giugno 1914 a Valladolid e muore il 14 dicembre 2005 a Madrid. Marías elegge come patria intellettuale la capitale spagnola, dove, anche attraverso l'ingresso all’Università di Madrid nel 1931, sviluppa il suo pensiero filosofico e partecipa attivamente alla vita politica.

J. Marías, Antropología Metafísica, Revista de Occidente, Madrid 1970, p. 60.

(12)

Nel corso della sua carriera universitaria, nel 1934 , conosce 6

personalmente Unamuno, e incontra un gruppo di professori di altissimo livello come Garcia Morente, Xavier Zubiri e José Ortega y Gasset3. Gli ultimi due sono considerati da Marías maestri di cui è particolarmente orgoglioso.

Zubiri e Ortega saranno per lui le fonti da cui “prendere luce" per portare avanti la sua teoria della persona come relazione in mezzo a una circostanza determinata chiamata “vita personale”, insieme con una realtà radicale in cui si sviluppa la vita biografica; questi argomenti, però, dovranno essere sviluppati e approfonditi più avanti, perché saranno punti cardine nella teoria di Marías.

L'attività intellettuale di Marías viene interrotta nel 1936, quando egli ha 22 anni, a causa dello scoppio della guerra civile spagnola, a cui l’autore, pur giovanissimo, prende parte: “Julián Marías era un joven de 22 años,

hondamente cristiano y partidario de la República. Reprobaba las barbaridades cometidas en el Madrid republicano, pero entendía que su causa inmediata había sido el alzamiento militar. Colaboró como periodista en el ABC e Madrid, y en febrero de 1939 se adhirió al golpe del teniente coronel Casado y de su admirado Julián Besteiro,“ 7

A. Savignano, Storia della filosofia spagnola del XX secolo, cit., p. 192.

6

http://ccaa.elpais.com/ccaa/2012/05/20/catalunya/1337538957_770334.html.

7

(13)

La guerra civile, avvenuta in mezzo a due conflitti mondiali, avrebbe potuto frenare l’impeto intellettuale del filosofo, ma, al contrario, sembra quasi che gli abbia dato una spinta speciale per continuare a vivere la sua vocazione filosofica, come si può notare dalle parole di Armando Savignano: “Dopo la guerra civile, Marías per non venir meno alla sua vocazione — «La

mia vocazione filosofica era imperiosa; non meno di quella di scrittore; l’unica via d’uscita autentica era di scrivere libri di filosofia» — optò per il cosiddetto “esilio interiore”, col fermo proposito di continuare l’insegnamento della scuola di Madrid“ . 8

Questa decisione aiutò il ventiduenne Marías a riflettere non solo sul senso della vita della persona umana, ma anche sul senso che la persona umana deve dare alla propria vita: “Marías opera una vera e propria svolta

ontologica affermano che («la difficoltà sta nel pensare, non già la vita umana […] bensì la persona che vive»)” . La circostanza orteghiana per il 9

giovane allievo assume un altro senso, perché lui non si limita ad essa e alle sue conseguenze sulla vita umana, ma si domanda come la vita della persona umana conferisca un senso più profondo e ricco alla circostanza che sta vivendo.

La traiettoria intellettuale di Marías, a causa di questa indagine sulla persona e sulla sua “circostanzialità” e deltentativo di andare oltre la circostanza del maestro Ortega, fa sì che in questi anni filosofo incontri

A. Savignano, Storia della filosofia spagnola del XX secolo, cit., p. 184.

8

Ivi, p. 207.

(14)

professori del calibro di Zubiri e Garcia Morente, e personaggi importanti della vita culturale spagnola come Unamuno e Ortega, che ebbero con lui non soltanto una relazione intellettuale maestro-allievo, ma anche un'amicizia profonda e sincera. Queste persone saranno la base del pensiero di Marías attraverso sia confronti che riflessioni comuni (specialmente Subiti e Ortega), necessari per perfezionare le teorie del filosofo.

A- Ortega e Marías 10

Ortega fu definito “maestro” da tanti studiosi, in particolare da Marías, che, come abbiamo visto, ebbe con lui non soltanto uno scambio intellettuale “alla pari” , ma anche e soprattutto un rapporto di amicizia intima e profonda. José Ortega y Gasset nasce a Madrid l’8 maggio 1883, e muore il 18 ottobre 1955. Consegue la licenza e il dottorato in filosofia presso l’Università di Madrid. I suoi studi lo portano in Germania per approfondire tematiche antropologiche con figure filosofiche come quella di Heidegger. La sua Spagna e la Germania sono le terre in cui lo studioso trova terreno fertile per la crescita e lo sviluppo del proprio pensiero

Dopo il dottorato Ortega inizia in Germania la sua ricerca filosofica, che lo porta a conoscere, a Marburgo, persone influenti nell’ambiente intellettuale, come Herman Cohen e Paul Nartop Queste ricerche e i suoi

Cfr. Gli scritti giovanili di Ortega in. A. Savignano. Storia della filosofia spagnola 10

(15)

primi scritti gli aprono le porte per insegnare a Madrid, dove vince la cattedra di metafisica. il suo pensiero e la sua ricerca, comunque, non smettono di crescere, anzi lo portano a fare continui viaggi in Germania e anche in America Latina, in particolare due: uno in Argentina e uno in Cile.

Come abbiamo già detto, nel 1936 scoppia la guerra civile spagnola. Durante questo avvenimento, la Spagna lo esilia a causa del suo pensiero politico-filosofico. Nel 1936, dunque, Ortega va in esilio prima Parigi, poi in Portogallo e in Argentina. Deve aspettare 10 anni perché il governo franchista autorizzi il suo ritorno in patria “nel 1946, il governo franchista

autorizza il ritorno in patria di Ortega” . Questo permette a Ortega di tornare 11

a casa e di ritrovarsi con delle persone che lo aspettavano per concretizzare il desiderio di dare alla Spagna un nuovo slancio sia filosofico che politico. Tale progetto trova la sua realizzazione quando “nel 1948 fonda, col fedele

discepolo Marías, lo Instituto de Humanidades” . In questo stesso anno, in 12

Germania, lo studioso incontra Heidegger, col quale si confronta sul problema dell’essere umano, trattato in Essere e Tempo.

Tanto Marías quanto il suo maestro Ortega ai tempi della loro vita universitaria conobbero grandi professori, o meglio, grandi persone che li aiutarono a ragionare e ad avere sul mondo uno sguardo diverso dagli altri. Questa è la circostanza che ognuno di loro trovò nella propria realtà personale.

Ivi, p.129.

11

Ibidem.

(16)

Questa circostanza potrebbe essere interpretatacome una scelta obbligatoria che limita e non lascia andare oltre, come pensa Ortega, mentre la cosa si potrebbe vedere, come dimostra Marías, in un altro modo, ovvero che questa circostanza tante volte osservata e chiamata “destino”, per quanto ineluttabile, deve essere abbracciata liberamente dalla persona: “El destino tiene que ser adoptado, aceptado, apropiado, hecho «mío»; no es

objeto de elección, pero tiene que ser elegido; solo así es rigurosamente destino personal o, con otro nombre, vocación”13. È che così che, essendo “più io”, posso pienamente con l’altro, il tu, proiettarmi verso questa circostanza, paradossalmente scelta senza opzioni.

Abbiamo appena elencato diverse tematiche come la circostanza, la libertà, l’altro — il tu — , il “proyectarme” ed altre che dovremo sviluppare con maggiore chiarezza. Questi termini hanno una base fortemente orteghiana, che è superata e riproposta da Marías, iniziando dal mondo e dalla circostanza.

B- “Io sono io e mia circostanza”. 14

“En suma: la reabsorción de la

circunstancia es el destino concreto del hombre” . 15

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 262.

13

J. Ortega y Gasset. Meditaciones del Quijote e ideas sobre la novela, Revista de 14

Occidente. Madrid 1958, p. 18. Ibidem.

(17)

Il tema della circostanza in Marías trova un porto sicuro nel 1914, anno in cui Ortega y Gasset scrive la prima sua opera, Meditaciones del

Quijote e ideas sobre la novela, in cui medita, per l’appunto, sulla figura di

Don Chisciotte. In essa, Ortega si sofferma solo sulla veridicità storica del

Quijote, dato che per una cosiddetta “moda”, erano state messe in dubbio la

reale esistenza di Miguel de Cervantes e, di conseguenza, anche la sua opera e la grande figura di Don Chisciotte della Mancia. Ciò fa scattare in Ortega il desiderio di far riscoprire la parte storica cervantina, ricorrendo prima ai fatti circostanziali e storici, e poi alla sua vita e alle sue opere. Ortega vede nelle opere di Cervantes un elemento decisivo per la vita e la cultura spagnola.

Questa cosiddetta “moda” di mettere in dubbio Cervantes va di pari passo, secondo Marías, con la corrente fenomenologica nei suoi sviluppi idealistici e in particolare con la teoria del “mondo vitale”, concepita del suo filosofo più importante, E. Husserl . Costui con l’idealismo fenomenologico 16

sostiene che gli oggetti ideali siano eterni e atemporali; questa sarebbe la sua logica pura degli oggetti ideali . Questi esistono soltanto nelle idee, 17

pertanto è possibile dubitare di essi, perché soltanto l’io è reale.

Cfr. La fenomenologia de Husserl, in J. Marías, Historia de la filosofia, Revista de

16

occidente, Madrid 1980. p. 400. Cfr. Ivi, p. 394.

(18)

Ortega si oppone a questa visione, superandola e compiendo così il salto dall’idealismo al vitalismo. Marías spiega in modo conciso l’atteggiamento intellettuale di Ortega: “Los objetos ideales se distinguen de

los reales por su carácter esencial. El ser ideal es intemporal y el ser real está sujeto al tiempo es hic et nunc, aquí y ahora” , ma per essere qui e ora 18

si deve por forza vivere o, usando le parole di Marías, e per andare oltre al suo maestro, per essere qui e ora si deve “stare vivendo”.

Ortega, per salvare la figura di Cervantes, che visse in un tempo -aquí

y ahora-, in una circostanza, inizia con la sua teoria della circostanza e con

essa emerge una delle frasi più celebri del suo pensiero filosofico, composta da due parti, che sono reciprocamente necessarie: la prima “Yo soy yo y mi

circunstancia…” , che si riferisce alla relazione dell’io col mondo, e la 19

seconda “y si no la salvo a ella no me salvo yo" , in cui si invertono le 20

corrispondenze e si parla della supremazia del mondo sull'io. Ortega, dunque, afferma che è il mondo a dare il senso all’io.

Questa dipendenza circostanziale viene rinforzata dalla cultura, come dice Savignano: “la circostanza, non meno dell’io, dev’essere «salvata»

conferendole senso mediante la riflessione che si attua nella creazione culturale […] la cultura è posta al servizio della vita” . Ortega mostra nella 21

Ivi, p. 394.

18

J. Ortega y Gasset. Meditaciones del Quijote e ideas sobre la novela, cit., p. 18.

19

Ibidem.

20

“Io sono io e mia circostanza, e se non salvo essa non mi salvo io”. A. Svignano, Storia della filosofia spagnola del XX secolo, cit., p.142.

(19)

sua teoria che l’io, la persona, ha due fasi e queste si corrispondono per necessità: si tratta della parte antropologica e della parte sociologica, come sviluppo della persona nella società . Queste sarebbero le parti in cui la 22

persona si sviluppa: l'io, ovvero l’interiorità e l’intimità, e la circostanza, cioè il relazionarsi e lo svilupparsi socialmente con gli altri nel mondo.

B.I- La ragione vitale di Ortega.

“La vida es la forma

concreta de la razón” . 23

Come detto in precedenza, Husserl, con la sua teoria del mondo vitale, afferma che il mondo delle cose esiste soltanto nella percezione dell'io, come afferma Marias: “para Husserl, lo indubitable es la percepción

como tal” , Con questa teoria si riafferma l'ego sum cartesiano, soltanto nel 24

quale le cose esistono.

È qui che Ortega si distacca da Husserl e dall’idealismo, proprio perché per lui l’io è sì la cosa prima, ma non è l’unico esistente, in quanto ad esso si accompagnano le cose con le quali si fa la circostanza: “la verdadera

realidad primaria -realidad radical- es la del yo con las cosas” . Ciò non 25

significa soltanto che tutto giri intorno all’io — a me — come in una sorta di

Cfr. M.T. Russo. Corporeità e relazione. Temi di antropologia in José Ortega y

22

Gasset e Julián Marías, cit., p. 27.

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 71.

23

J. Marías, Historia de la filosofía, Revista de occidente, Madrid 1980, p. 398.

24

Ivi, p. 435.

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egocentrismo, ma che per reciprocità anch'io giro intorno alle cose. Questa reciprocità, per usare l'espressione orteghiana, si può chiamare meglio col termine “complicación”, il quale viene spiegato da Marías così: “Ortega llama

complicación a aquella relación por la cual una parte está unida a otra, pero sin estar contenida en ella” , questa relazione di complicazione rispetta 26

l’autonomia sia dell’io sia delle cose.

Per Ortega le due parti - io e il mondo - sono necessariamente reciproche, perché concorrono a formare la realtà primaria e radicale, che è la mia. È la mia realtà perché in questa “mi trovo vivendo” con le cose: “ no

se trata de dos elementos -yo y cosas- separables al menos en principio […] sino que la realidad radical es ese quehacer del yo con las cosas, que llamamos la vida” . Dall’attenta lettura che Marías fa del suo maestro 27

emerge che i due hanno una visione del mondo condivisa, nella quale l’io e il mondo devono entrare in relazione per dare un senso alla realtà circostanziale dell'io, che accade in un momento preciso, dato che, come ben spiega Marías: “la realidad radical es el <<ámbito>> o <<donde>> en

que encuentro toda realidad; y es, a la vez lo que queda cuando elimino toda interpretación” . È evidente come Marías e il suo maestro Ortega 28

condividano questo distacco dall’idealismo, liberando la realtà da ogni interpretazione per entrare in essa tramite la relazione.

Ivi, p. 397.

26

Ivi, p. 435.

27

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 65.

(21)

La relazione col mondo deve essere fatta senza mezzi, deve essere pura e pulita perché sia una vera e propria relazione diretta. Questa si fa innanzitutto con la mia vita qui e ora, nel momento in cui “io mi sto facendo” con le cose, nel momento in cui sto vivendo. Questo farsi con le cose è il vero vivere, è questo contatto nello spazio-tempo che mi fa essere cosciente che sto realmente vivendo nel mio presente.

Lo stare vivendo nella mia circostanza mi fa convivere con gli altri mediante la relazione, ed è questo che Ortega chiama “ragione vitale”: “porque vivir es

no tener más remedio que razonar ante la inexorable circunstancia” . 29

Si può capire allora che la ragione vitale di Ortega consiste proprio nello stare vivendo di Marías, e questo vivere si fa capendo e comprendendo la realtà con la propria vita. Questo farsi della vita con le cose “significa

referir algo a la totalidad de mi vida” . . È questo riferimento alla mia vita che 30

mi permette di “comprendermi” come ragione di relazione, come organo di comprensione relazionale in cui la vita stessa ragiona per capire che “una

realidad humana solo resulta inteligible desde la vida referida a esa totalidad en que está radicada. Solo cuando la vida misma funciona como razón conseguimos entender lo humano” , ed è così che la vita stessa è ragione 31

vitale.

J. Marías, Historia de la filosofía, cit., p. 440.

29

Ibidem.

30

Ibidem.

(22)

C- La “circostanzialità”

“La circunstancialidiad de la vida

humana remite inexorablemente al «estar», que está incluido en el stare de la circunstancia” . 32

Nelle pagine precedenti abbiamo visto che la circostanza non è un repertorio di cose messe insieme nel quale io mi trovo senza poter agire; anzi, per Marías la persona umana agisce e deve agire sempre per dare senso a ciò che la circonda, e il filosofo spiega questo perfettamente parlando della vita come dramma, e paragonando il mondo ad un palcoscenico nel quale la persona umana può agire: “La circunstancia […]

no es un conjunto de cosas, sino un escenario o mundo en que ese drama acontece, el «yo» no es cosa alguna, sino proyecto o programa, y esa circunstancia lo es porque es mía” . 33

Su questo palcoscenico chiamato mondo, in cui la mia vita – o, direbbe Ortega, la mia realtà radicale - si svolge, la persona interagisce entrando in relazione con gli altri uguali a lei, che si trovano nello stesso scenario cercando di dare senso alla circostanza che li coinvolge.

In questo mondo si scopre davvero l'altro come un tu personale, un tu che interagisce e “con-vive” con me in questa realtà radicale mediante la

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 98.

32

Ivi, p. 62.

(23)

relazione personale. La personalità della relazione con l’altro si concretizza attraverso l’immediatezza io-tu, e deve essere radicalmente rivolta al futuro, come caratteristica fondamentale della persona e conseguenza della relazione, in quanto “Toda relación estrictamente personal —amistad, amor

— lo prueba: en ella el «estar» es un «seguir estando», hecho de duración y primariamente de futuro, un constante estar yendo y viniendo; sobre todo, un «ir a estar»” . Essere in relazione con l’altro, con un “chi” al quale posso 34

guardare e che posso conoscere attraverso il suo viso inconfondibile, presuppone già un movimento in avanti: “importa retener ese carácter frontal

de la persona, debido a que la vida es una operación que se hace hacia adelante” . Questo significa essere attivo verso la circostanza per stabilire 35

una relazione con l'altro per andare verso qualcuno e trovarlo.

La relazionalità con l’altro mi dà la possibilità di agire sulla mia realtà e il mio mondo -la mia circostanza-. La circostanza viene arricchita dalla relazione, che mi spinge alla ricerca di un futuro non fatto, che si deve iniziare a costruire qui ed ora, in questo reale presente, di cui non posso dubitare non perché ci sono soltanto io, ma anche un tu col quale sto vivendo.

Fino adesso abbiamo conosciuto la circostanza sia in Ortega che in Marías. Costoro mi hanno spinto non soltanto a proseguire le mie ricerche riguardo alla circostanza, ma anche a dare un contributo fondamentale

Ivi, p. 45.

34

Ibidem.

(24)

all'analisi della relazione col tucome persona. Si approfondiranno inoltre gli aspetti personali e relazionali per non incorrere nel rischio di personificare la cosa e reificare la persona e la relazione, cioè il tu.

(25)

II. Marías e la persona

“[…] La realidad mas importante de este mundo, a la vez la más

misteriosa y elusiva, y clave de toda comprensión efectiva: la persona humana ” . 36

Il tema della persona percorre ogni scritto di Marías, è il punto base e fondamentale della sua filosofia. Lui vede la circostanza non come un limitante che agisce sulla persona, impedendole di cercare nuovi orizzonti, ma come una realtà radicale in cui la persona si trova. Il filosofo, dunque, legge la circostanza in funzione della persona perché è soltanto in questa realtà circostanziale che la persona può agire soprattutto e primariamente sulla sua propria vita personale e, per conseguenza, sulla realtà che la circonda.

Questa realtà circostante è il mondo, che però è più di un semplice insieme di cose che possono circondare la persona, perché “ […] con cosas

solas no hay mundo. Hago falta yo para que pueda hablarse de mundo y mundanidad” . Le cose sono per Marías un mezzo tramite il quale la 37

persona può interagire col mondo; questo è ciò che essa con la sua vita: “Mi

vida es lo que yo hago y lo que me pasa; yo con las cosas, haciendo algo

J. Marías, Persona, Alianza, Madrid 1996. p. 9.

36

J. Marías, Antropología Metafísica. p. 21.

(26)

con ellas, viviendo” . Questo, però, non vuol dire che sono soltanto io a 38

poter agire sul mondo e sulle cose in esso contenute, e neanche vuol dire che questo mondo è soltanto mio: questo mondo è anche mondo per gli altri. Come detto in precedenza, non si può parlare di mondo se manco io, questo mondo è mondo se ci sono io, ed anche l'altro, il tu. Lui può dire che questo è mondo in quanto ci sono io, quindi è un mondo di convivenza relazionale, un mondo per gli altri, in cui il mondo esiste per il fatto della relazione e la presenza umana.

A questo punto del nostro percorso sono entrati nello scenario mondano – del mondo – gli attori principali, che sono l’io e il tu, ma anche le cose, delle quali abbiamo già parlato. Rimangono, però, delle incognite: come si può capire la persona che siamo io e tu, come possiamo entrare nello scenario che è il mondo, e quale è il nostro ruolo in questo mondo così complesso ma anche così bello.

Facendo il tentativo di capire “concettualmente” la persona, Marías cerca di dare una definizione che non sia una definizione vera e propria, ma che sia soltanto un avvicinarsi all’essere della persona che sono io. Per lui non è possibile chiudere l'io in una definizione, e neanche farlo conoscere soltanto tramite essa, perché la persona umana che è l’io deve essere conosciuta mediante un'esperienza vitale: “El descubrimiento de la persona

humana acontece mediante un dato primario y esencial pero acaso

Ivi, p. 61.

(27)

desorientador: la corporeidad” . Questa esperienza d’incontro, che è vitale, 39

viene tramite la corporeità, come se fosse la conferma che la persona può essere conosciuta solo in prima persona, tramite una relazione diretta. Il suo essere corporea aiuta ad entrare nella circostanzialità, nel mondo, come afferma María Teresa Russo:“ […] è grazie al corpo che è possibile inserirsi

nel mondo, occupare uno spazio, percepire le cose” . 40

La corporeità fa sì che la persona possa non soltanto percepire le cose ma anche convivere con esse. L’essere corporeo è quello che costituisce la persona, non solo facendole occupare uno spazio, ma anche permettendole di entrare nel tempo, rendendo la vita umana una struttura drammatica, che si trova nella persona: “La persona, por su irrealidad,

inseguridad y contingencia, es lo mas vulnerable, pero con un núcleo invulnerable, precisamente porque nunca está dada” . 41

Questa esperienza di scoprirsi corporalmente deve essere vissuta nel qui e ora, come sostiene con forza Marías: “Esta y solo esta, es la que

Ortega llamó realidad radical, en el sentido de que es raíz de todas las demás, las cuales han de construirse y aparecer en su ámbito o área” . 42

Questa realtà radicale, come si è già chiarito prima, è la nostra vita, la mia vita, ed è per mezzo di essa che tutte le altre realtà acquisiscono un senso

J. Marías, Persona., cit, p. 14.

39

M.T. Russo. Corporeità e relazione. Temi di antropologia in José Ortega y Gasset

40

e Julián Marías, cit., p.119.

J. Marías, Persona., cit, p.17.

41

J. Marías, Antropología Metafisica, cit., p.61.

(28)

vitale: “Toda realidad en cuanto realidad — en quanto hallada por mí de

cualquier modo que sea — radica en mi vida, está radicada en ella” . La 43

mia vita fa sì che la realtà, la circostanza che è il mondo abbia un senso; manca, però, il mio “stare vivendo” (estar viviendo) perché questo mondo sia personale. Lo “stare vivendo” per la persona comincia nello “starsi facendo” (estarse haciendo) con le cose, ed è nel farsi con le cose che la realtà diventa la realtà della persona umana, perché è proprio la persona a dare un senso alla realtà stessa.

Marías dichiara che “Entendemos por persona una realidad que no es

solo real. Una persona 'dada' dejaría de serlo.” . Marías dice una cosa che 44

sembra ovvia, che la persona è una realtà, ma afferma anche che essa non finisce lì, perché non potrà mai essere una realtà né fatta né data; per lui è una caratteristica della persona l’essere un realtà incompiuta a cui manca un qualcosa; se questa realtà si completasse la persona non sarebbe più tale. Essa, infatti, non è un prodotto finito; la persona umana è un farsi a se stessa in ogni momento: “El hombre, en cuanto persona no es cosa ni nada

semejante” . 45

Ma perché la persona non è una realtà che non è soltanto reale? La persona come realtà biografica è vera e reale, e la sua circostanza lo dimostra. Ma questo non essere soltanto reale e questo “stare venendo” fa

Ibidem.

43

Ivi. p. 45.

44

J. Marías, Persona., cit, p. 85.

(29)

essere la persona trascendente, e questo trascendere la realtà la fa guardare al di là del presente, verso il futuro: “La persona es una realidad proyectiva,

futuriza, que escapa al presente y lo trasciende” . Il carattere di 46

trascendenza costituisce l'essere futuribile della persona ed è essenziale per il suo starsi facendo.

A. L’antropologia metafisica come filosofia della vita umana.

“El hombre está en el cosmos, pero

mi vida no se reduce a ese cosmos, sino que lo engloba y envuelve con otras realidades y conmigo” . 47

Julián Marías nel prologo di “Antropología metafísica”, — il suo scritto più celebre a parere di molti filosofi — dichiara che tale opera non è il 48 culmine o l’apice del suo lavoro, ma soltanto un passaggio per capire meglio la vita umana: “… este paso más intenta comprender la vida humana en su

estructura empírica, tal como la encontramos realizada en «el hombre»” . 49 Marías va oltre il maestro Ortega cercando di fondare una metafisica della vita, della quale vuol mantenere il dinamismo, non rimanendo nel “vitalismo” e nello storicismo, correnti che hanno percorso tutto il XX secolo.

Ivi, p. 15

46

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 82.

47

Cfr. J. Burgos, Introducción al personalismo, Palabra, Madrid 2012, p. 209.

48

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., pp. 9-10.

(30)

Prima di poter parlare di metafisica, per l’autore spagnolo si deve parlare dell’essere umano e della sua realtà vitale, in modo da comprendere, così, la vita stessa della persona umana. Marías afferma che la filosofía ha sbagliato nel chiedersi cosa sia l’uomo, poiché questa è una domanda molto astratta: “(Aunque la filosofía y la ciencia lleven dos mil quinientos años

preguntando erróneamente «¿Qué es el hombre?», y recibiendo, como era de esperar, respuestas inválidas.) A la pregunta «¿quién es?» la respuesta normal y adecuada es: «Yo»” . Quando il soggetto della domanda non è più 50 un “che cosa” ma un “chi”, l'interrogativo si fa più chiaro e diretto, riferendosi ad un “qualcuno”, che può rispondere e soprattutto narrare la sua storia biografica

Nell'antropologia metafisica non si possono dissociare le cose dalle persone, e nemmeno queste due entità possono essere mescolate. L’essere umano partendo dalla domanda “Cosa è il mondo?” arriva poi a chiedersi: “Di chi è questo mondo?”. Per essere tale – affermeremo con Marías più avanti – il mondo appartiene all'individuo che si manifesta nel suo “stare vivendo”. Non si può dissociare la storicità del mondo dalla sua parte biografica, e la biografia del mondo viene raccontata in prima persona da coloro che vivono in esso.

L’essere umano è circondato da cose e anche da persone con le quali fa il proprio mondo. Per Marías, la persona che è nel mondo non diventa parte di esso, è il mondo che diventa parte della persona e dalla sua circostanzialità, infatti per il filosofo spagnolo: “Todas las cosas conocidas

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 44.

(31)

son derivables de otras o de su conjunto […] con una sola excepción que no es «cosa»: la persona humana” . Marías sembra quasi voler iniziare un 51 itinerario che va dalla natura e dall'antropologia della persona umana fino alla sua trascendenza, alla metafisica antropologica, ma senza strappare l’essere umano dalla propria naturale circostanza, che sarà il suo punto di partenza.

Essendo un corpo, l'essere umano manifesta nella propria corporeità la sua intimità e la sua trascendenza, andando così oltre le cose ed anche oltre se stesso, perché grazie a questa corporeità “El hombre, entonces, no

es una cosa, ni un organismo, ni un animal, sino previamente a todo ello algo mucho más hondo: una estructura de la vida humana” . Essendo una 52 struttura della vita umana, la persona fa del mondo che la circonda la propria esperienza vitale, rendendolo la sua realtà radicale, cioè la sua propria vita, che ha come ingredienti essenziali corporalità, temporalità e mortalità.

In quanto realtà radicale, la vita umana è metafisica dato che è primariamente un corpo, una realtà corporale che si radica in un io e viceversa, e per questo Marías sottolinea che: “La antropología en el sentido

plenario y adecuado de este término sería la ciencia de esta estructura empírica; mientras que la teoría de la vida humana como realidad radical es la metafísica” . Questa realtà radicale, che è la vita umana di un «chi», trova 53

J. Marías, Persona, cit., p. 127.

51

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 84.

52

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 94.

(32)

nell'antropologia metafisica di Marías il punto di partenza e anche il punto di arrivo, come afferma Savignano: “L’antropologia metafisica non è solo un

punto di arrivo, ma anche un punto di partenza […] Si tratta, come sottolinea Marías di scoprire più profondamente il “chi” individuale e la dimensione rigorosamente personale della vita umana” . 54

La filosofia antropologico-metafisica della vita umana si occupa, nello studioso spagnolo, non della della vita in generale ma della vita individuale: “Lo que es realidad estricta es mi vida, es decir, yo con las cosas, yo

haciendo algo con mi circunstancia… La vida humana "en general" no existe, no es real; la que lo es es mi vida” . La realtà della persona umana non è 55 una realtà fra le altre, ma è la realtà di qualcuno, di un «chi» che si trascende per mezzo di essa e che si manifesta come realtà radicale nella vita dell’io.

B. La persona come essere futuribile.

“El hombre es futurizo, está proyectado hacia el futuro y s u v i d a c o n s i s t e e n expectativa” . 56

La parola “futuribile” fa pensare subito e soltanto al futuro e questa non è un'intuizione sbagliata; in questo modo, però, si pensa al futuro

A. Savignano, Storia della filosofia spagnola del XX secolo, cit., p. 206.

54

J. Marías, Idea de la Metafísica, Columba, Buenos Aires 1954, p. 46.

55

J. Marías, La felicidad Humana, Alianza, Madrid 1989. p. 58.

(33)

distaccandolo dal presente e dimenticando la radice biografica della persona. Con “radice biografica” si intende nel suo complesso la persona che si sta progettando a partire dal presente che sta vivendo, con la consapevolezza, però, del suo passato e della sua storia. Dimenticare la radice biografica significa dimenticare la ragione vitale della persona umana, cioè la sua stessa vita, che ha come caratteristica fondamentale l’essere futuribile e progettante: “Lo decisivo, sin embargo, es que la condición futuriza afecta a

la propia persona” . Questa condizione non riguarda soltanto il futuro della 57

persona, ma coinvolge tutto l’essere personale, che ha un passato ed è un presente, entrambi volti al futuro.

La persona umana, oltre ad essere futuribile, ha un suo carattere progettante; infatti Marías afferma: “El núcleo irreductible de la persona

humana, es, su carácter proyectivo, es decir la inclusión de lo que no es, lo futuro o mas bien, futurizo” . Il progettarsi della persona verso il futuro fa 58

capire meglio il suo dramma, il quale avviene perché la persona non ha alcuna sicurezza che i suoi progetti vadano a buon fine. Questi, infatti, hanno come base il presente, nel quale sono stati progettati, ma il continuo “starsi facendo” con le cose è l'unica garanzia che l'uomo può dare al suo futuro, perché ciò che ancora non è lo fa progetto, ed esso si realizza soltanto vivendo.

Il farsi non porterà la persona ad essere come fine ultimo la somma delle sue esperienze, anzi, la porterà sempre ad andare avanti, perché “Su

J. Marías, Mapa del mundo personal, Alianza, Madrid 1993. p. 18.

57

J. Marías, Persona, cit., p. 167.

(34)

ser actual es estarse haciendo, mejor, estar viniendo” . Questa 59

incompletezza che appartiene alla persona umana percorrerà tutta la sua realtà, perché quest'ultima, a causa del suo “stare venendo” , mai sarà 60

compiuta. Si può dire, dunque, che questo è l’essere della persona: lo “starsi facendo” in ogni momento, in ogni incontro. Questa dinamicità verso il futuro è ciò che costituisce la persona umana e la mantiene in un presente che non è soltanto reale, ma anche trascendente.

Marías afferma: “[…] la persona es intrínsecamente futuriza, está proyectada hacia el futuro, es anticipación” ; la persona, cioè, in virtù del 61

suo carattere futuribile e progettante, è un “chi” (quién) che per mezzo dei suoi progetti anticipa la realtà di qualcosa o di se stessa, una realtà che ancora non è, o che almeno adesso non sta accadendo. Sembra impossibile, però questo avviene per il progetto, per mezzo del quale la persona, in un modo o nell'altro, arriva ad anticipare quello che desidera. Il progettarsi non è qualcosa che soltanto si immagina e che rimane nella sfera dell'utopia; come spiega Marías: “...mi realidad esta constituida por esa condición futuriza

como ingrediente intrínseco” . Questo carattere intrinseco, fra futuribile, 62

progetto e immaginazione, contribuisce alla “drammaticità” della vita personale ed evidenzia che la vita umana è “indigente”, bisognosa degli altri, della relazione con loro ed anche del loro progettarsi. Quando progetto il

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 45.

59

Ivi, p. 213.

60

J. Marías, Persona, cit., p. 31.

61

J. Marías, Mapa del mundo personal, p. 18.

(35)

futuro, non lo faccio da solo, lo faccio con qualcuno che non è impersonale, ma è un “chi” col quale posso condividere il futuro stesso.

Nel momento in cui mi progetto con l’altro, che è un tu che, come me, si progetta, succede che “el encuentro con ellos no es rigurosamente

presente, sino qui acontece en el futuro, en lo que podemos llamar un cruce de proyectos” . Progettarsi con l'altro è incontrarlo realmente ed anche 63

incontrare me stesso, è trovare e lasciarmi trovare come esperienza radicale.

C. La corporeità personale.

“Ni el mundo es una cosa, ni el cuerpo tampoco; sobre todo cuando tomo respecto de él la perspectiva propia y adecuada: mi cuerpo”. 64

La persona umana si trova installata in un mondo non soltanto fisico, ma anche reale. In virtù di questa realtà fisica, l'io entra in relazione col mondo tramite la sua corporeità, che lo porta ad una relazione in uno spazio-tempo determinato. La corporeità del mondo fa sì che la persona venga delimitata, ma non limitata a causa della sua circostanza. La persona, però, progettando quella circostanza la fa diventare sua propria.

J. Marías, Persona., cit, p. 80.

63

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 148.

(36)

Il rapporto di “circunstancialidad” (circostanzialità) è fisico e corporale, e per la sua forma concreta di corporeità influisce sulla persona e fa di lei 65

un essere mondano: “El mundo es un ingrediente de la vida humana — la

circunstancia en cuanto es término de mis proyectos e interpretaciones — […] La vida humana es esencialmente mundana — de un mundo o de otro —, en el sentido de ser circunstancial” . L’io per la sua corporeità diventa 66

mondano; non è il mondo a farlo diventare tale, ma è il trovarsi di fronte alla corporeità del mondo che rende l'uomo consapevole della sua mondanità.

L’essere mondano permette alla persona la relazione sia col mondo – che non è soltanto cose – sia con quelli che stanno con essa nel mondo: “El

mundo no es cosa, ni una suma o conjunto de cosas; es el ámbito o donde «en» que están las cosas y en que -en otro sentido del verbo estar- estoy yo” . Questo “ámbito” è il mondo, inteso come il luogo dove la persona si 67

trova con le cose che la circondano.

Che nel mondo stiano anche le cose vuol dire che le cose ed io stiamo nel mondo allo stesso tempo ma non nella stessa maniera, perché le cose, essendo inerti, esistono in maniera circostanziale. Il mondo è la circostanza, ed è l'io a definirla dandole un senso, poiché le cose per il loro essere inerti non possono scegliere di non avere una data circostanza, pertanto sono limitate e delimitate. Ibidem. 65 Ivi, p. 117. 66 Ivi. p.118-119. 67

(37)

Qua, dunque, si intravede l'altro senso del verbo “stare”: le cose possono soltanto stare, stare in senso passivo, cioè non possono fare altrimenti che stare; la persona umana, invece, si progetta, ovvero fa diventare attivo il verbo “stare” col suo “starsi facendo” con le cose.

Non essendo una cosa che sta lì ferma, la persona può scegliere il “circum”, quello di cui circondarsi, e tale scelta la porta a dare un senso a quello che la circonda. Il senso della circostanza è soltanto circondarmi, e sono io a definirla, come dice Marías: “El ser de la circunstancia consiste en

circunstar, y esto quiere decir circunstarme, porque soy yo quien define el circum o «al-rededor»” . Ciò che circonda la persona è fatto anche di cose, 68

e queste non saranno mai una realtà primaria , perché la realtà primaria che 69

dà senso alla circostanza sono io; sono io colui che fa con le cose e si fa con esse.

Come detto in precedenza, a causa del suo essere corporale la persona umana entra in relazione con le cose, anch'esse corporee. Le cose, essendo un corpo, sono soltanto mondane, non relazionali di per sé. La persona umana è la realtà primaria che si fa con le cose e che le trova: è questa realtà che può fare il movimento verso le cose per relazionarsi con quelle, dato che le ha trovate nel suo stare vivendo. La persona è realtà primaria perché è in un continuo farsi, e si fa non soltanto perché ha un corpo ma perché è un corpo. Grazie a questa corporeità la persona non si può confondere mai con le cose, perché queste hanno solo un corpo, mentre il suo essere corporale non può farla diventare una cosa, in quanto essa “No

Ivi. p. 119.

68

Ivi. p. 121.

(38)

es nunca estática, sino un «estar haciendo» que es a la vez «estar haciéndome»: estar viviendo” . 70

Per Marías il fatto che la persona umana sia corporale è, come abbiamo visto, l’aspetto principale per entrare nella relazione qui ed ora; questo, infatti, permette di trovare l’altro, con cui mi posso relazionare direttamente; per Marías “La condición carnal, la corporeidad, es la que hace

posible la mundanidad” . L’essere corporale comporta per la persona 71

umana l’essere relazionale; essere in relazione con gli altri significa essere fatto per la relazione. Tramite il suo essere mondano la persona umana può entrare in relazione in un momento determinato e in uno spazio determinato, in cui essa si installa.

D- La corporeità come installazione.

“La vida es una operación que se hace hacia adelante” . 72

Quando le persone cominciano ad avere un contatto fisico tra di loro normalmente iniziano questa relazione con un gesto, un abbraccio, una carezza ecc. Marías quando si riferisce a queste forme di comunicazione dice: “ Todo eso contribuye a la instalación corpórea desde la cual -no se

olvide- se llega a la instalación mundana” . 73

Ivi. p. 122

70

J. Marías, Mapa del mondo personal, cit., p. 198.

71

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 97.

72

J. Marías, Mapa del Mundo Personal, cit., p. 45.

(39)

La corporeità personale — si è detto — permette la relazione, però permette anche alla persona umana di essere installata nel mondo, nel qui ed ora. Come afferma il filosofo spagnolo dando alla corporeità un’altra caratteristica che è quella dell’installazione: “La instalación mundana

coincide con la condición humana misma, con la circunstancialidad; pero su forma concreta es la corporea: corporalmente estoy instalado en el mundo, cuyas cualidades son correlativas de mi corporeidad. Pero, sobre todo, yo estoy instalado en mi cuerpo” . Il mondo e la persona sono correlativi per la 74 loro caratteristica corporeo-materiale: essa permette alla persona umana di stare in un tempo determinato e in uno spazio concreto.

La corporeità fa sì che l'uomo possa installarsi in un corpo che è il suo corpo; l’essere corporeo è il vincolo fattuale che permette alla persona la relazione con le cose e il mondo. Commentando lo stesso paragrafo di Marías e integrandolo col pensiero di Ortega y Gasset, la Russo afferma: “Mondo e corpo sono pertanto inseparabili: parafrasando la famosa frase di

Ortega “yo soy yo y mi circustancia”, il primo “io” – afferma Marías – indica la mia realtà totale, corporea e mondana, mentre il secondo io indica il chi, la egoità, che si oppone alla circostanza, che non è né corporeo né mondano, in quanto unità di corpo, psiche, spirito” . 75

Il loro essere correlativi e inseparabili non consente tuttavia di metterli allo stesso livello, come afferma la Russo: l’io, che non è soltanto corpo, è anche psiche ed spirito. Il corpo, però, mai può essere ridotto a proprietà o

J. Marías, Antropologia Metafisica, cit., p. 148.

74

M.T. Russo, Corporeità e relazione, Temi di antropologia in José Ortega y Gasset

75

(40)

merce: “La corporeità va interpretata, in quanto struttura simbolica, come

espressione dell’intimità” . il corpo, essendo espressione dell’intimità della 76

persona, è custode della biografia della persona, custodisce, cioè, la sua storia passata, il suo momento presente ed anche i suoi progetti futuri.

L'io è installato perché è nel suo corpo, ma questo stare non è un rimanere fermo , il corpo porta con sé la dinamicità della sua realtà radicale, che accade nel momento presente. Marías enfatizza in maniera molto chiara che "la instalación no tiene carácter estático, porque no se trata de una

localización de cosas en un espacio o lugar, sino de mi manera de estar viviendo” . Essere installato, quindi, non è sinonimo di rimanere statico in 77

luogo determinato, ma consiste in uno stare che permette alla persona un movimento progressivo che la porta ad affacciarsi verso il futuro.

Invece di essere una staticità, l’installazione è una stabilità nel momento che si sta vivendo: “La instalación, en cambio, aparece definida por

una cierta estabilidad; aunque no sea permanente, aunque se sepa que no es permanente, se la vive como duradera; solo estoy instalado en la medida en que puedo contar con seguir instalado, al menos «por ahora»” . Questa 78

stabilità viene preceduta da un movimento progressivo; questo movimento permette che la persona possa progettarsi dal momento in cui è installata; la persona umana, dunque, non va avanti soltanto per pura inerzia, ma progetta la sua traiettoria e la definisce progressivamente.

Ivi. p. 123.

76

J. Marías, Antropología Metafísica, cit., p. 107.

77

Ivi, p. 99.

(41)

Per il filosofo spagnolo, la staticità non è parte dell’essere umano, perché l’installazione è un mezzo che ha due movimenti: il prima, cioè dove la persona stava installata e progettava il momento che sta vivendo adesso, e il dopo, cioè il momento che viene progettato adesso. Per Marías la persona umana “Solo puedo proyectar —y esto quiere decir proyectarme—

desde eso que ya estaba haciendo, desde aquello «en» que ya estaba […] A eso llamo instalación. No puedo vivir hacia adelante más que desde una manera previa de estar — previa respecto a cada proyecto y cada hacer — en la cual estoy «instalado» ” . 79

D.I- L’immaginazione e il progettare.

“[…] la imaginación;

ella permite proyectar y realizar.” 80

Parlando dell’installazione della persona umana, abbiamo introdotto un concetto importantissimo nella teoria di Marías, che è quello di “proyecto”. Progettare vuol dire letteralmente “gettare avanti, ideare, avere l’intenzione di

fare qualche cosa” . Per esempio, se si vuole costruire un edificio, prima si 81

Ivi, p.100. 79 Ivi, p. 264. 80 Cfr. http://www.treccani.it/vocabolario/progettare/ 81 (27 agosto 2017. 17:50)

(42)

deve avere l’idea del prodotto finito, progettandone la collocazione, le dimensioni, le spese, i materiali, i colori ecc.

Progettare è anche immaginare come si vuole quello che si progetta, e nell'ambito personale significa immaginare come sviluppare la propria vita tramite il progetto stesso; la persona, dunque, si immagina affacciandosi al futuro, rimanendo, però, nel presente, che sta vivendo. Questa immaginazione non vuol dire che la vita della persona diventa un'utopia, anzi, vuol dire che la persona, per la sua caratteristica di essere corporea e installata, deve essere anche progetto e immaginazione, componenti fondamentali dell’essere futuribile.

Marías fa capire meglio l'immaginare definendolo come “pre-vivere”: “Vivir es previvir; este apriorismo esencial de la vida es posible gracias a la

imaginación en que la vida se proyecta vectorialmente” . Attenzione, però: si 82

può correre il rischio di non vivere il presente se si vive soltanto immaginandosi nel domani e progettando il proprio futuro. Pre-vivere vuol dire che si sta vivendo prima, nel momento in cui lo immagino e lo progetto, quel momento che ancora non è arrivato. La persona come essere futuribile è quella che ha la capacità di progettarsi ed immaginarsi vivendo nel momento presente, e deve avere la capacità di stare vivendo mentre concepisce il suo progetto.

L'immaginarsi e il progettarsi non devono mettere la persona fuori dalla sua realtà radicale anzi, la realtà deve essere arricchita da queste caratteristiche della persona. Il vivere la realtà radicale consiste nell'essere

J. Marías, Antropología Metafisica, cit., p. 260.

(43)

consapevole che si è un essere biografico, che sta vivendo nel suo presente costruendo in esso le basi del suo futuro. L'immaginarsi è progettarsi, ma il progetto non deve rimanere nell'immaginario, anzi deve andare oltre l'immaginazione, perché è questo che dà al progetto lo slancio verso la sua realizzazione.

La persona, essendo progetto per la sua capacità di progettarsi, tramite la sua immaginazione anticipa quello che ipoteticamente potrebbe accadere con la realizzazione del progetto. Per Marías quando si sta vivendo, si sta anche pre-vivendo; questo è l'insieme d’immaginare e progettare: “Yo tengo que previvir mi vida, anticipándola en la imaginación” . 83

Anticipare e pre-vivere non significano “vivere” nel futuro dimenticandosi dell’oggi, ma accogliere la vita nella sua complessità, o meglio nella sua drammaticità.

Tuttavia, la persona quando si sta facendo, quando sta vivendo, si rende conto di non essere una realtà data e nemmeno finita; è tramite il progetto e l’immaginazione che essa si fa e si rifà in ogni momento della sua vita, del suo stare vivendo, senza mai completarsi. È soltanto quando sta vivendo, infatti, che la persona può progettarsi, e fa questo nel farsi con le cose, perché è facendosi oggi che costruisce il domani.

La metafora del costruire può aiutare a capire in cosa consistono il progettare e l'immaginare. Per costruire, come si è detto prima, si deve tenere conto di tutto ciò di cui si ha bisogno, quindi la persona può fare un suo progetto di vita nel momento in cui è consapevole soprattutto di ciò che

Ivi. p. 269.

(44)

desidera, che la muove e che la spinge a creare il suo futuro tramite il progetto. Ma la parte importante del costruire è l’io, colui che costruisce la propria vita e la proietta verso il futuro. Ovviamente se la persona non sta vivendo il qui ed era, cioè il momento che deve vivere, non può progettare quello che immagina e quello che vuole.

La persona umana, avendo la consapevolezza del suo non essere una realtà data e finita, si rende conto che si deve fare e che la sua circostanza-mondo non soltanto dipende da lei ma anche dalla sua relazione con le cose; questa consapevolezza la porta all'essere progetto per mezzo dell'immaginazione, ed è questa, l'immaginazione, che rende possibile il passaggio dalla persona consapevole di non essere una realtà finita alla persona consapevole che è un essere futuribile attraverso il progetto personale.

La persona umana quando si progetta si rende conto che non può rimanere nell'oggi, perché inizia guardare un orizzonte che prima non aveva, giacché “los proyectos determinan un horizonte” . Il progetto personale 84

determina la strada verso quell'orizzonte, a cui si arriva soltanto per mezzo dello starsi facendo con le cose, o meglio nello stare vivendo. Ma per immaginare un orizzonte la persona deve progettarsi tenendo conto di quello che desidera, deve essere in movimento, rimanendo però installata nell’oggi. La persona vede l'orizzonte e lo guarda dal suo essere stabile e installata nella sua realtà radicale, pur sapendo che questa non sarà permanente, per

J. Marías, Persona, cit., p. 126.

(45)

la sua dinamicità, perché la realtà per l'essere umano è la realtà che si sta facendo in ogni momento della vita.

Dunque, la persona quando si progetta si sta facendo con le cose, e il suo stare vivendo fa sì che essa, tramite l'immaginazione, guardando il suo orizzonte, metta in moto il suo progetto. Il progettare non deve essere inteso come un semplice mettere insieme delle cose, perché esso è molto di più, è la vita stessa.

D.II- Il concetto vettoriale della persona.

“La vida se hace hacia

adelante; el hecho de que acontece, su temporalidad, le marca esa dirección y ese avance en que la futurición consiste” . 85

Julián Marías, col suo tentativo di capire la persona, cerca di guardarla da tutte le angolazioni possibili, o meglio, nella sua complessità che non è soltanto reale ma è anche progettante e immaginaria. Per avvicinarsi alla persona in maniera più efficace, il filosofo cerca un concetto che possa definirla durante il passaggio che essa compie dal passato al futuro; il concetto e la figura che utilizza sono quelli del vettore.

Cfr. J. Marías. Antropología Metafísica. cit., p. 108.

(46)

In fisica il vettore ha delle caratteristiche precise: un’intensità, una direzione e un verso. Si deve ricordare anche che esso ha un inizio, rappresentato graficamente da un punto. Questa immagine ricorda che la persona è installata in un punto preciso (il presente), come quello in cui inizia il vettore, che prosegue con una freccia.

Marías vede questo simbolo come giusto per rappresentare la vita personale: “La flecha, símbolo del vector, símbolo de la acción vital, adquiere

así una significación más rica y precisa” ; ma allo stesso momento un po' 86

povero e incompleto , pperché per lui è un simbolo al quale manca qualcosa 87

per poter rappresentare al meglio la vita umana. Per questo motivo il filosofo preferisce l'immagine della freccia accompagnata dall'arco: la freccia rappresenta la forza e il desiderio del progettarsi in avanti, e l'arco è il punto di riferimento per dare alla freccia la corretta direzione.

Nella vita personale e biografica, Marías identifica l’intensità e l'orientamento con l'importanza e il senso della vita: “Esos dos conceptos de

«intensidad» y «orientación», propios del vector, biográficamente se convierten en «importancia» y «significación», o si se prefiere, «sentido». Las cosas me «llevan» según su importancia, y en un sentido determinado por el que para mí tienen […]” . Adesso si può capire meglio l'affermazione 88

di Marías che il mondo – che non è altro che la mia vita – non è un insieme di cose, dato che il motore dell'azione personale non sono le cose ma il senso

Ivi, p. 110. 86 Ibidem. 87 Ivi. p. 111. 88

(47)

che l’io conferisce loro, perché ognuna di quelle cose ha nella persona un senso e un'importanza diversa.

Il vettore, che è la vita umana, non sempre ha lo stesso orientamento; esso va infatti in diverse direzioni con un'intensità che però non è sempre uguale, ma viene definita in base all'importanza, al valore o al senso che la persona sta dando alla cosa o alla relazione verso la quale si sta dirigendo, come afferma il filosofo: “[…] la vida como realidad está articulada en una

pluralidad de orientaciones vectoriales que apuntan en diversas direcciones y con desigual intensidad” . Come il vettore nasce in un punto per andare 89

verso altro, così è anche l’intensità della relazione: questa nasce in primo luogo nell’io – colui che dà senso e intensità alla relazione – , e la dirige verso l’altro, col quale si fa relazionandosi.

Per fare un paragone col vettore, la vita sarà mossa verso la relazione dal desiderio che di essa ha la persona, e l'intensità del vettore dipenderà dall'importanza attribuita alla relazione stessa. Marías, commentando Spinoza, dice che è il desiderio a muovere più profondamente l'essere umano verso quello che desidera: “El deseo es abarcador y envolvente,

quizá «irresponsable»[…] pero es la fuente de la vitalidad, el principio que nos mueve a todo, incluso a querer, cuando es con autenticidad” . 90

Il desiderio che abbraccia tutto e coinvolge tutto è proprio, secondo Spinoza, l’essenza dell'essere umano. Se il desiderio viene dal profondo della persona, cioè dall’essenza dell’essere, esso viene a dare pienezza alla

Ivi. p. 114.

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Ivi, p. 113.

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