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L’evoluzione della normativa antiriciclaggio è figlia di un processo via via più pervasivo di armonizzazione legislativa a livello europeo. In particolar modo a partire dagli anni ’90, l’impulso positivo comunitario trova le sue maggiori espressioni in quattro Direttive, espressioni del grado d’integrazione raggiunto e della consapevolezza degli effetti negativi che tale pratica criminosa riversa sull’economia.

La scelta della tecnica legislativa non è chiaramente estranea a questo percorso logico; la Direttiva, infatti, a fronte di affermazioni di principi e obiettivi di carattere generale comunemente condivisi, permette una maggiore autonomia per quanto riguarda i modus per raggiungerli, differenziandosi così dal Regolamento, strumento legislativo che comporta l’applicazione senza riserve dei testi così definiti131. La ricerca della stabilità, efficienza e competitività del mercato unico esige un fronte d’attacco comune ai fenomeni che possono destabilizzarne gli equilibri e le dinamiche, al fine di scongiurare provvedimenti nazionali distonici che possano produrre tra i vari paesi potenziali asimmetrie legislative sfruttabili dalla criminalità132.

                                                                                                               

131 Per tutti, si veda CARETTI P., Istituzioni di diritto pubblico, Torino, 2008, pag. 86 ss.

132 UNITA’ D’INFORMAZIONE FINANZIARIA, Rapporto annuale per il 2008, n. 1, Roma, marzo 2009,

Ogni Direttiva porta con sé significativi cambiamenti; nel prosieguo, per ognuna si cercherà di citarne i principali, anche evidenziando talvolta come la normativa nazionale italiana si ponga in anticipo o in ritardo rispetto alle previsioni europee.

2.3.1 La Direttiva n. 91/308/CEE

Quando si tratta della normativa antiriciclaggio europea, è d’obbligo dedicare un’attenzione speciale alla prima Direttiva, la n. 91/308/CEE. Questa ha infatti il merito di aver “tracciato la strada”, laddove non si conoscevano prima forme così incisive di contrasto al riciclaggio. La difficoltà del non aver precedenti, in questo caso, ha prodotto un testo normativo dalle comprovate capacità di adattamento, finendo infatti, per essere totalmente abrogato solamente quasi 15 anni più tardi, nel 2005, con la terza Direttiva, di cui daremo conto più avanti133.

L’incipit del testo, apre all’art. 1 con una serie di definizioni, tra le quali le

più importanti – ai nostri fini – sono “riciclaggio” e “attività criminosa”. Per la prima, il legislatore europeo ha previsto una serie di condotte tipiche, riassumibili in tre categorie:

a) la conversione o il trasferimento di beni frutto di attività criminosa allo scopo di occultare o dissimulare l’origine, ovvero aiutare il reo a sottrarsi alle conseguenze della proprie azioni;

b) l’occultamento o la dissimulazione della natura e della provenienza dei beni prodotti da attività criminosa;

                                                                                                                133 Cfr. infra, cap. 2, par. 2.3.3.

c) la detenzione o l’utilizzazione dei beni provenienti da attività criminosa134. Nel definire, invece, il concetto di attività criminosa la Direttiva rimanda all’art. 3, par. I, lettera a) della Convenzione di Vienna del 1988, relativo alla produzione e al traffico di sostanze stupefacenti, identificando così i cosiddetti reati presupposto; già allora, però, si ravvisava la possibilità di allargare tale ambito oggettivo anche ai proventi derivante da altre attività criminali135.

  La stessa previsione di chiusura, viene riprodotta anche per quanto riguarda i soggetti destinatari della disciplina, ovvero il profilo soggettivo. Se da una parte ci si limita agli istituti bancari, creditizi e finanziari, di nuovo si prevede l’opportunità di estendere questa platea, in particolare, a tutti i professionisti potenzialmente utilizzabili a scopo di riciclaggio136.

Nello scorrere la Direttiva poi, non si possono che riconoscere alcuni dei “pilastri” della normativa antiriciclaggio italiana; sebbene quest’ultima si ponga sicuramente in una posizione di vantaggio – in quanto molto più puntuale e articolata – nel testo comunitario ritroviamo alcune previsioni a noi familiari:

§ obblighi di identificazione del cliente (art. 3) «quando allacciano rapporti

di affari, ed in particolare quando aprono un conto o libretti di deposito od offrono servizi di custodia dei beni»137 o quando compiono operazioni oltre

                                                                                                               

134 COSTANZO P., La disciplina comunitaria, in CONDEMI M. e DE PASQUALE F. (a cura di), op.cit., pag.

65 ss.

135 COSTANZO P., ibidem.

136 Già da queste due notazioni, si intuiscono le tendenze evolutive che di lì a qualche anno sarebbero state

integrate.

i 15.000 ecu138, «a prescindere dal fatto che siano effettuate con un'unica

operazione o con più operazioni tra le quali sembri esistere una connessione»139;

§ obblighi di conservazione della relativa documentazione per almeno cinque anni (art. 4);

§ piena collaborazione con le attività responsabili per la lotta al riciclaggio per tutte le finalità descritte dal decreto, comprese le “segnalazioni di

operazioni sospette” e l’obbligo di astenersi dal compierle qualora si

ritenga che configurino operazione di riciclaggio (art. 7);

§ l’obbligo di istituire «adeguate procedure di controllo interno»140 e che si

«adottino misure adeguate affinché i loro dipendenti siano a conoscenza

delle disposizioni contenute nella presente direttiva»141 (art.11).

La diversa sensibilità sul tema della lotta al riciclaggio rinvenibile nei diversi Stati membri agli inizi degli anni ’90 non ha permesso l’introduzione di un quadro sanzionatorio unico e nemmeno di timide indicazioni perimetrali, se non quella che si limitava ad imporre a ciascun Stato membro di prevedere delle autonome sanzioni in caso di violazione delle disposizioni della presente Direttiva.

Le basi, però, per la creazione di un fronte comune contro il fenomeno del riciclaggio erano state definitivamente gettate.

                                                                                                               

138 European Currency Unit; definibile come la prima moneta europea, era di tipo scritturale. Fu istituita dal

Consiglio Europeo nel 1978, con finalità di redazione del bilancio europeo e il suo valore era dato dalla media ponderata delle valute che compongono l’ecu in relazione all’importanza economica del Paese corrispondente.

139 Direttiva n. 91/308/CEE, ibidem. 140 Cfr. art. 11 Direttiva n. 91/308/CEE, cit. 141 Direttiva n. 91/308/CEE, ibidem.

2.3.2 La Direttiva n. 2001/97/CE

La lettura dei “Considerando” posti all’inizio delle direttive, fornisce un chiaro quadro delle motivazioni che hanno portato al varo dei testi comunitari. Non fa eccezione la Direttiva n. 2001/97/CE, dove si legge: «è opportuno che la direttiva

91/308/CEE [...] che rappresenta uno dei principali strumenti internazionali per la lotta contro il riciclaggio dei proventi di attività illecite, venga aggiornata conformemente alle conclusioni della Commissione e ai desiderata espressi dal Parlamento europeo e dagli Stati membri. In questo modo la direttiva dovrebbe non soltanto riflettere le migliori pratiche internazionali del settore, ma anche continuare a garantire uno standard elevato nella protezione del settore finanziario e di altre attività a rischio dagli effetti dannosi del denaro proveniente da attività criminose»142. La II Direttiva è in effetti, più che un corpo normativo autonomo, un aggiornamento, una modifica di alcuni punti della I Direttiva143.

«Negli anni più recenti è emersa la tendenza ad una definizione molto più

ampia del riciclaggio, fondata su una gamma più vasta di reati base o presupposto, tendenza manifestatasi ad esempio nel 1996 con la revisione delle 40 raccomandazioni del GAFI (Gruppo di azione finanziaria internazionale) ossia del più importante organismo internazionale per la lotta contro il riciclaggio»144; l’aggiornamento e l’ampliamento delle definizioni di riciclaggio e di attività criminosa, quindi, sono forieri di una rinnovata pervasività della disciplina che                                                                                                                

142 Cfr. Considerando numero (1) della suddetta Direttiva, cit.

143 Così come desumibile dal tenore stesso del titolo della II Direttiva: «[...] recante modifica della direttiva 91/308/CEE del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite».

riconosce definitivamente al GAFI un ruolo di primaria importanza nello scenario internazionale145.

In tale contesto si opera una progressiva estensione del profilo soggettivo – solo per citare alcuni, vengono ricomprese molte figure professionali (revisori, contabili esterni, consulenti tributari, agenti immobiliari, notai, etc.) nonché le case da gioco e i commercianti di oggetti di valore (metalli preziosi, opere d’arte, case d’asta) – e di quello oggettivo – arrivando a considerare reato presupposto qualsiasi attività criminosa capace di generare notevoli profitti o illeciti la cui pena prevista sia particolarmente grave.

L’avvento delle tecnologie informatiche, inoltre, ha costituito una nuova frontiera d’espansione per i riciclatori: in questo senso la II Direttiva coglie questa tendenza evolutiva prescrivendo più severi e stringenti obblighi di identificazione del cliente qualora vi siano operazioni on line. Così facendo si pone l’accento sul principio del Know Your Customer (KYC), che dispone la raccolta di informazioni per determinati clienti qualora si superino soglie di rilevanza o semplicemente quando vi sia il sospetto di operazioni a scopo di riciclaggio.

L’abbattimento delle frontiere – fisiche, economiche e sociali – che segnarono quegli anni, ha stimolato altresì il versante della collaborazione tra le autorità responsabili della lotta al fenomeno; con questa Direttiva si fa riferimento ancora ad una collaborazione tra le singole autorità domestiche, ma l’irruzione del terrorismo sullo scenario internazionale sarà motivo di una imminente nuova riscrittura del quadro normativo.

                                                                                                               

145 Le prime 40 Raccomandazioni del GAFI sono state scritte già nel 1990, ma dal 1996, grazie alla loro

riscrittura e all’abbandono di un numerus clausus di reati presupposto, tale organismo si impone nello scenario internazionale come l’autorità per antonomasia sul tema.

2.3.3 La Direttiva n. 2005/60/CE

La Direttiva n. 2005/60/CE (III Direttiva) ha apportato importanti modifiche rispetto alle due Direttive precedenti; dopo i fatti dell’11 settembre 2001, infatti, al tema “classico” del riciclaggio si è aggiunto quello del finanziamento del terrorismo, grazie alle evidenti connessioni delle quali abbiamo già dato ampiamente conto146.

In tale nuovo contesto, la Direttiva ha posto come principio cardine la “valutazione del rischio”, per mezzo del quale deve essere determinata l’intensità degli obblighi antiriciclaggio e il livello delle misure di prevenzione e di contrasto; inoltre, ha riscritto la definizione riguardante le condotte configuranti il riciclaggio – ampliandone ulteriormente la portata – affiancandola ad un sostanziale riordino degli enti e dei soggetti destinatari della disciplina147.

Il nucleo centrale e maggiormente innovativo, però, rimane il rafforzamento delle regole e delle procedure che devono presiedere ai rapporti con la clientela. L’obbligo che prevedeva la semplice identificazione del cliente (KYC) – proprio della II Direttiva – è stato sostituito con il più complesso dovere di Customer Due

Diligence (CDD)148 che indaga con procedure e misure variabili il caso concreto in

funzione del rischio specifico. In questo modo i soggetti obbligati possono calibrare

                                                                                                               

146 Cfr. supra cap. 1, par. 1.4. Inoltre, si veda UNITA’ D’INFORMAZIONE FINANZIARIA, op. cit., pag. 17. 147 Cfr. rispettivamente art. 1 e artt. 2 e 3 della Direttiva 2005/60/CE.

148 Cfr. artt. 6 ss. della Direttiva, tradotti in italiano con l’espressione “Obblighi di adeguata verifica della clientela”.

il rigore degli obblighi di verifica in funzione del rischio associato al tipo di cliente, di rapporto e di prodotto (Risk Based Approach)149.

Altro profilo interessante, se da un lato si ripropongono i tradizionali obblighi di collaborazione attiva, questi hanno come destinatari le Financial

Intelligence Units (FIUs); per questo in Italia, come già ricordato, con il decreto

lgs. 231/2007 di recepimento della Direttiva viene soppresso l’Ufficio Italiano dei Cambi (UIC) e istituita l’Unità di Informazione Finanziaria (UIF). Nell’ambito delle procedure di segnalazione di operazioni sospette alla UIF, le norme pongono particolare enfasi sul profilo della riservatezza delle segnalazioni e sulla necessità che gli Stati membri adottino misure per proteggere da minacce o atti ostili i dipendenti degli enti che hanno operato segnalazioni.

Rafforzando le previsioni della II Direttiva, la formazione del personale diviene sempre più centrale e necessaria, con l’obbligo di prevedere maggiori strumenti d’ausilio per l’individuazione delle attività connesse al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo – come ad esempio, le informazioni date dalle procedure chiamate “feedback generale” e “feedback individuale” volte a informare circa le nuove prassi seguite dai riciclatori e i riscontri tempestivi sullo status e sulla significatività della segnalazioni effettuate.

Per quanto riguarda i controlli, le autorità competenti vengono chiamate a verificare l’attuazione da parte dei destinatari di misure efficaci in ottemperamento

                                                                                                               

149 UNITA’ D’INFORMAZIONE FINANZIARIA, op. cit., pag. 15. Nella Direttiva comunitaria, al

Considerando (22) si legge: «It should be recognised that the risk of money laundering and terrorist financing

is not the same in every case. In line with a risk-based approach, the principle should be introduced into Community legislation that simplified customer due diligence is allowed in appropriate cases».

ai doveri imposti dal testo comunitario, prevedendo la possibilità di disporre delle ispezioni.

Infine, sul piano sanzionatorio, oltre al già citato vincolo di prevedere sanzioni penali o amministrative effettive, proporzionate e dissuasive a carico di persone fisiche e giuridiche, sono poste in risalto le disposizioni riguardanti la responsabilità degli enti150.

Fino al 20 maggio 2015, questo era lo stato dell’arte della normativa antiriciclaggio europea; già dai primi rapporti della UIF si legge come nell’agenda comunitaria vi fosse l’esigenza di un maggior coordinamento delle procedure e dei risultati conseguiti nelle attività antiriciclaggio e antiterrorismo, attraverso l’estensione della collaborazione internazionale tra le FIU e tra le altre autorità, in modo da evitare dispersive e costose duplicazioni, la trasparenza dei veicoli societari e l’inclusione tassativa dei reati fiscali tra i presupposti del riciclaggio – tema che per paesi come l’Italia, costituisce un cancro da combattere con tutte le forze disponibili.

2.3.4 La Direttiva (UE) 2015/849

Il 20 maggio 2015 è stata approvata la “Direttiva (UE) 2015/849 del

Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la

                                                                                                               

direttiva 2006/70/CE della Commissione”. La Direttiva in esame si allinea ai più

recenti standard internazionali, recependo le nuove Raccomandazioni del GAFI del 2012 e risultando così più chiara ed incisiva, soprattutto per quanto riguarda i temi della valutazione del rischio – a livello sovranazionale, nazionale e dei singoli soggetti obbligati – e dei poteri/attività delle FIU151.

Per quanto riguarda il primo miglioramento citato, in aggiunta alle valutazioni già dettate dalla III Direttiva tramite il risk based approach, la IV Direttiva prevede l’elaborazione di tre livelli di valutazione:

1) il Supra National Risk Assessment da parte della Commissione (art.6) che opera a livello sovranazionale e indaga circa i rischi che gravano sul mercato interno e sulle attività transfrontaliere, a testimonianza di come i confini fisico-politici siano pressoché irrilevanti quando si tratta dei temi in esame.

2) il Risk assessment nazionale (art.7), che prevede per tutti gli Stati membri periodiche valutazioni sui rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo presenti nel mercato domestico, avvalendosi ovviamente delle indicazioni fornite dagli assessment sovranazionali prima citati;

3) il Risk assessment individuale (art.8), che ha lo scopo di calibrare gli strumenti di contrasto in base al rischio specifico152.

Per quanto riguarda invece il secondo aspetto sono estesi e rafforzati i poteri delle FIU e la collaborazione tra di esse, confermandone il ruolo di autorità “centrali nazionali”; le stesse hanno il potere di acquisire informazioni da qualsiasi soggetto                                                                                                                

151 UNITA’ D’INFORMAZIONE FINANZIARIA, Rapporto annuale per il 2015, n. 8, maggio 2016, pag. 15. 152 Si rimanda supra, al paragrafo precedente. Inoltre, si veda anche UNITA’ D’INFORMAZIONE

obbligato e di sospendere l’esecuzione delle operazioni segnalate come sospette. In tale contesto vengono escluse le clausole di rifiuto di trasmissione d’informazioni tra le FIU dei vari Stati membri – se non in casi tassativi, in quanto si deve procedere con una risposta «prontamente e nella più ampia misura possibile»153 – stante il fatto che le richieste stesse devono essere sufficientemente circostanziate, motivate e specificandone l’uso che se ne deve fare.

Non di poco conto, inoltre, l'inserimento tanto agognato dei reati fiscali nell’alveo dei reati presupposto da una parte154 e l’inclusione dei casinò e del gioco d’azzardo tra i soggetti destinatari della disciplina dall’altra.

La IV Direttiva vuole altresì dare una risposta al problema della corruzione e per questo prevede norme ad hoc per le PEP (Persona Politicamente Esposta), sicuramente tra le categorie più a rischio e che possono portare ad ingenti danni nel settore finanziario – per lo più causati dalla speculazione conseguente agli scandali155.

Altre disposizioni specifiche sono quella relative alla trasparenza delle informazioni sulla titolarità effettiva delle società e dei trust; a tal fine ogni Paese                                                                                                                

153 Cfr. testualmente art. 55.

154 Testualmente, art. 3, paragrafo 4, lettera f) «tutti i reati, compresi i reati fiscali relativi a imposte dirette e indirette, quali specificati nel diritto nazionale, punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno ovvero, per gli Stati membri il cui ordinamento giuridico prevede una soglia minima per i reati, tutti i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata minima superiore a sei mesi». Se è vero

che la definizione di reato fiscale potrebbe variare da Stato a Stato, gli stessi dovrebbero consentire il più possibile lo scambio di informazioni tra le varie FIU; sul punto si veda RAZZANTE R., art. cit.

155 Si veda anche l’art. 22 «Quando una persona politicamente esposta non ricopre più importanti cariche pubbliche in uno Stato membro o in un paese terzo ovvero cariche pubbliche importanti in un'organizzazione internazionale, ai soggetti obbligati è prescritto di prendere in considerazione, per almeno dodici mesi, il rischio che tale persona continua a costituire e di applicare adeguate misure in funzione del rischio fino al momento in cui ritengono che tale rischio specifico delle persone politicamente esposte cessi».

deve predisporre registri pubblici centrali contenenti le suddette informazioni accessibili alle autorità competenti e a chiunque sia in grado di dimostrare un interesse legittimo (principio del public scruting)156.

Altro tema affrontato, è la protezione dei dati personali ricavati nell’adempimento degli obblighi normativi, nello specifico quelli relativi alle operazioni sospette; questi sono considerati dati sensibili il cui trattamento deve essere riservato157. Non cambiano invece gli obblighi di segnalazione e le tempistiche di conservazione dei dati acquisiti.

Infine, il quadro sanzionatorio: la Direttiva non ne opera ancora una definizione unitaria a livello europeo, determinando con ciò un possibile gap tra le legislazioni degli Stati membri. Detto questo però, agli artt. 58 ss. si obbligano gli stessi ad applicare le misure previste nella Direttiva qualora si sia in presenza di violazione gravi, reiterate e sistematiche; fatta salva la facoltà di prevedere sanzioni penali, devono essere obbligatoriamente previste della sanzioni e delle misure amministrative.

2.3.5 La proposta di modifica della Direttiva (UE) 2015/849

Nonostante la IV Direttiva non sia stata ancora recepita in tutti gli ordinamenti degli Stati membri – tra i quali anche l’Italia – la stessa è già oggetto di proposte di modifica: in particolare si fa riferimento alla Proposta di Direttiva COM(2016) 450 final, adottata dalla Commissione Europea lo scorso 5 luglio 2016,                                                                                                                

156 Cfr. Capo III della Direttiva. Inoltre, cfr. UNITA’ D’INFORMAZIONE FINANZIARIA, Rapporto annuale per il 2014, n. 7, maggio 2015, pag. 11.  

la quale si inserisce in un più ampio contesto di misure volte a rafforzare il piano d’azione per la lotta al finanziamento del terrorismo158.

La nuova Proposta ha come fine ultimo una maggiore trasparenza fiscale, combattendo altresì i fenomeni elusivi e di abuso della normativa; è da leggersi in tal senso il rinnovato impegno di costituire registri nazionali sui beneficiari effettivi delle società e dei trust, l’interconnessione tra gli stessi per una tempestiva collaborazione tra gli Stati membri e l’estensione delle informazioni a disposizione delle autorità per i rapporti sia già in atto che di nuova apertura circa la provenienza dei fondi, in modo da riconoscere quelli provenienti da attività illecite.

Contro il finanziamento del terrorismo, invece si rafforzano i poteri delle FIU per una maggiore collaborazione effettiva (ad esempio cercando di rimuovere gli ostacoli allo scambio di informazioni subordinato alla presenza di accordi o protocolli d’intesa tra gli Stati coinvolti), si introducono disposizioni per neutralizzare i rischi derivanti dalle virtual curriencies (valute virtuali) e dagli strumenti prepagati anonimi (per esempio le carte prepagate, con l’abbassamento delle soglie oltre le quali scatta l’obbligo di verifiche più incisive). Infine, viene istituita una lista cosiddetta “risky” contenenti gli Stati terzi con debolezze                                                                                                                

158 Cfr. documento COM(2016) 50 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa a un piano d’azione per rafforzare la lotta contro il finanziamento del terrorismo,

Strasburgo, 2 febbraio 2016. In quell’occasione, si decise di mettere in atto un Piano d’Azione per rafforzare la lotta contro il finanziamento del terrorismo, così come si legge nelle Questions and Answers: Anti-money