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Gli assetti organizzativi ed i presidi a salvaguardia dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo nelle banche.

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale

in Amministrazione, Finanza e Controllo

Tesi di Laurea

Gli assetti organizzativi e i

presidi a salvaguardia dei rischi

di riciclaggio e finanziamento

del terrorismo nelle banche

Relatore

Ch. Prof. Alberto Urbani

Correlatore

Ch. Prof. Giuliana Martina

Laureando

Luca Bettin

Matricola 829574

Anno accademico

2015 / 2016

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INDICE

INTRODUZIONE...6

Capitolo Primo LA CRIMINALITA' ORGANIZZATA, IL RICICLAGGIO E IL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO 1.1 Premessa...19

1.2 La criminalità organizzata in Italia ...23

1.2.1 La situazione in Sicilia ...26

1.2.2 La situazione in Calabria...29

1.2.3 La situazione in Campania ...31

1.2.4 La situazione in Puglia e Basilicata ...33

1.2.5 Altre organizzazioni criminali nazionali e straniere ...34

1.3 Il fenomeno del riciclaggio ...35

1.4 Il finanziamento del terrorismo...42

Capitolo Secondo IL QUADRO NORMATIVO NAZIONALE E COMUNITARIO 2.1 Premessa...47

2.2 La legislazione nazionale ...48

2.2.1 Il profilo penale ...49

2.2.2 Il profilo amministrativo e preventivo ...53

2.3 Le Direttive comunitarie ...63

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2.3.2 La Direttiva n. 2001/97/CE ...67

2.3.3 La Direttiva n. 2005/60/CE ...69

2.3.4 La Direttiva (UE) 2015/849 ...71

2.3.5 La proposta di modifica della Direttiva (UE) 2015/849 ...74

Capitolo Terzo ASSETTI ORGANIZZATIVI E PRESIDI AML/CFT NELLE BANCHE 3.1 Premessa: la normativa secondaria ai sensi dell’art. 7, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 ...77

3.2 I principi generali ...78

3.3 Gli assetti organizzativi delle banche contro l’AML/CFT...80

3.3.1 I presidi antiriciclaggio: la funzione antiriciclaggio ...83

3.3.2 (segue): il responsabile delle segnalazioni di operazioni sospette ...85

3.3.3 (segue): la funzione di revisione interna ...86

3.3.4 (segue): presidi in materia di rete distributiva e mediatori ...87

3.3.5 (segue): la formazione del personale...88

3.4 La Circolare 285/2013 e le relazioni con il Provvedimento emanato ai sensi dell’art. 7 comma 2 del d. lgs. 231/2007: premessa...88

3.4.1 Il processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP) ...89

3.4.2 (segue): governo societario, controlli interni e gestione dei rischi ...95

3.4.3 La diffusione della cultura del controllo ...105

3.5 Il Mutual Evaluation Report del GAFI sul sistema antiriciclaggio italiano...108

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BIBLIOGRAFIA...123

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INTRODUZIONE

Il Decreto Legge 3 maggio 1991, n.143, convertito, con modificazioni, dalla Legge 5 luglio 1991, n. 197, avrebbe compiuto quest’anno 25 anni. Ad un quarto di secolo da quello che è passato alla storia come il primo vero corpo normativo antiriciclaggio in Italia1, la normativa sul tema è stata più volte rimaneggiata, ampliata e sostituita; sono stati cambiati molti aspetti fondamentali – solo per citarne alcuni, i reati presupposto, i soggetti destinatari, le modalità di prevenzione ed il quadro sanzionatorio – ma ciò che è rimasta invariata è l’impostazione di fondo delle normative, ciò che si vuole prevenire e se del caso, punire, c’est-à-dire il riciclaggio di «denaro, beni o altre utilità proveniente dai delitti» e di colui che ne ostacola la corretta «identificazione della loro provenienza»2.

Se è vero che la prima definizione giuridico-penale del reato di riciclaggio risale al 1990, per mezzo della legge n. 55 del 19 marzo, i cultori della materia ricorderanno già altri provvedimenti legislativi precedenti che ne descrivevano alcune forme. Il primo è, come noto, risalente al 19783; si pone, così, il quesito più logico e consequenziale, ovvero quali siano i motivi per cui il riciclaggio, fenomeno riconosciuto giuridicamente da quasi 40 anni, sia così difficile da combattere e da debellare, emergendo con sconfortante periodicità nelle cronache giornalistiche.

Tra i primi profili d’indagine, si possono individuare certamente le peculiarità storiche e sociali del nostro Paese. Queste ci rendono protagonisti – in negativo – di organizzazioni criminali presenti da secoli nella realtà del nostro                                                                                                                

1 URBANI A., Disciplina antiriciclaggio e ordinamento del credito, Padova, 2005, pag. 18.   2 Estratto dell’art. 23 della L. n. 55 del 19 marzo 1990.  

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territorio, quali ad esempio Camorra, ‘ndrangheta e Cosa Nostra, che sono solo alcune delle mafie presenti in Italia e in particolare nelle regioni meridionali, con tratti distintivi quali «dinamicità e capacità operativa, che giungono a forme

egemoniche nel settore del traffico della droga, delle armi, del riciclaggio di denaro sporco, potendo anche contare su evidenti connessioni con altre potenti organizzazioni criminali nazionali e straniere» 4; tutto ciò si mescola alla nota capacità delle stesse di «insinuarsi nei gangli della vita pubblica, in particolare

degli enti di Governo locale» 5. A tal proposito, già da prima degli anni 2000, era evidente come ci fosse stato un travalicamento dei confini geografici originari6 e che il modello di stampo mafioso fosse stato esportato prima nel resto d’Italia e poi nel mondo7. Rimanendo nel belpaese, basti sapere che dal 1991, anno di entrata in vigore della legge che prevede, al termine del suo iter, lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazioni di stampo mafioso8, sono più di 250 i casi registrati, con comuni sia del Nord che del Sud Italia; a complemento, si possono ricordare solo nel biennio 2014-2015, le inchieste sul Mose di Venezia, di Mafia Capitale e dell’Expo di Milano. Con ciò detto, si testimonia la capacità delle organizzazioni criminali di evolversi con nuovi modus operandi più “raffinati”,                                                                                                                

4 CANCELLIERI A.M., così nell’intervento nell’ambito di Interrogazioni a risposta immediata – Misure di contrasto alla 'ndrangheta e iniziative di competenza per porre fine a fenomeni di connivenza tra politica e 'ndrangheta, seduta n. 675 dell’Assemblea, Camera dei Deputati, Roma, 1 agosto 2012, Resoconto

stenografico, pag. 31.

5 CANCELLIERI A.M., ibidem.  

6 POLLARI N., Tecniche delle inchieste patrimoniali per la lotta alla criminalità organizzata, Roma, 1993,

pag. 19.

7 Sull’argomento, si veda compiutamente AA. VV., Nuova guida agli adempimenti antiriciclaggio e antiusura – Manuale operativo per le banche, gli intermediari finanziari, i sindaci e gli amministratori, Roma, 1998. 8 Per una iniziale introduzione al tema, si veda il Documento di sintesi della discussione sulle problematiche concernenti la normativa sullo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente al fenomeno di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, Camera dei Deputati, Roma,12 luglio 2005.

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preferendo ai canoni classici della violenza omicida e degli attentati perpetrati fino agli anni ’90 una sempre più spinta corruzione, con affiliati militanti tra i cosiddetti “colletti bianchi”. La metamorfosi operata è del tutto evidente9.

Ancora una volta e senza paura di cadere in qualsivoglia agone politico, si può ribadire come la criminalità organizzata, in particolare di stampo mafioso, abbia infiltrazioni su gran parte del territorio della Repubblica10 e sia un fenomeno, a tutti gli effetti, italiano.

L’avvento della globalizzazione in primis e di internet in secundis, rappresentano due delle grandi conquiste del XX secolo, consentendo l’abbattimento delle frontiere tout court, quali quelle nazionali, finanziarie, economiche, culturali e linguistiche; questo ha portato ad una progressiva integrazione del commercio mondiale e una crescente dipendenza tra i mercati dei paesi, al punto che avvenimenti che si verificano in Cina o negli Stati Uniti hanno ripercussioni in tutti i mercati del mondo11. La recente crisi cominciata nel 2007-2008 è la riprova di come si possa, o meglio, si debba parlare di mercato globale.

Alle evidenti possibilità di crescita economica che tali fenomeni hanno portato, si è accompagnato altresì lo sviluppo di reti criminali molto più ampie e connesse, rendendo attaccabile il sistema e le sue strutture su innumerevoli fronti,

                                                                                                               

9 Come sostenuto da RUTA C. e GAYRAUD J.F., Colletti criminali. L’intreccio perverso tra mafie e finanze,

Roma, 2014, oppure GRATTERI N. e NICASIO A., La mala pianta, Milano, 2010.

10 Sul punto, si veda l’intervento di Roberto Saviano intitolato La ’ndrangheta al nord – Vieni via con me,

trasmissione televisiva del 15 novembre 2010 di Fabio Fazio e Roberto Saviano.

11 AMATURO A., La definizione di terrorismo, in Finanziamento del terrorismo e antiriciclaggio, di

RAZZANTE R. (a cura di), Bergamo, 2011, pag. 34. Concorde anche CUCUZZA O., Segreto bancario,

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alcuni dei quali sconosciuti fino ai primi anni ’8012. Il riciclaggio si è così trasformato in un fenomeno transnazionale, con adepti in Paesi diversi capaci di operare su tutti i mercati indistintamente in virtù di sempre minori vincoli, sia legislativi che tecnologici. Stime recenti testimoniano come nel mondo il mercato del riciclaggio nel 2013 sia stato pari al 3-5% del Pil mondiale, con cifre che vanno dai 600 ai 1500 miliardi di dollari13.

La portata del fenomeno era – ed è – tale da non poter essere affrontato dalle singole autorità nazionali, ma c’era bisogno di basi comuni per avviare una lotta coesa; per questo motivo nascono numerose autorità sovranazionali, tra le quali la più importante a livello mondiale è il GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale) o FATF (Financial Action Task Force), istituito nel 1989, che stabilisce le linee guida per le legislazioni antiriciclaggio dei paesi aderenti e prevede forme di coordinamento e scambio delle informazioni tramite le Financial

Intelligence Unit (FIU) nazionali. Oltre al GAFI, vi sono anche molte altre autorità,

tra le quali non si possono non citare il Gruppo Egmont, il Moneyval, nonché il ruolo di valutatore della compliance normativa svolto dall’International Monetary

Found (IMF).

L’importanza di queste organizzazioni è andata man mano crescendo, di                                                                                                                

12 Sul punto, si veda l’intervento di SAVIANO R. intitolato La ’ndrangheta al nord – Vieni via con me,

trasmissione televisiva del 15 novembre 2010.

13 Stima del Fondo Monetario Internazionale (FMI), riportata da SAVIANO R. al Forum des 100 a Losanna, 7

maggio 2015. Per quanto riguarda la situazione italiana, nel rapporto annuale della Guardia di Finanza del 2013, rinvenibile nel suo sito istituzionale www.gdf.gov.it, il denaro sporco immesso in Italia rappresenta più del 10% del Pil nazionale, sottraendo circa 75 miliardi di euro al Fisco; si tenga a mente che sono valori che superano ampiamente gli importi medi (tra i 35 ed i 50 miliardi) delle ultime manovre finanziarie/leggi di stabilità italiane. In linea con queste cifre, anche i dati riportati da VISCO I., in occasione dell’intervento tenuto al convegno della Banca d’Italia e Fondazione Cirgis, Contrasto all’economia criminale: precondizioni per la

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pari passo con l’ampliamento del relativo raggio d’azione; dall’ormai noto 11 settembre 2001 con l’attentato alle Twin Towers, l’esposizione mediatica a livello internazionale, come spesso accade14, è stata propulsore di una rinnovata legislazione antiriciclaggio che, in virtù dell’innegabile elemento di complementarità, ha visto l’aggiunta del tema del riciclaggio come canale di finanziamento al terrorismo. A pochi giorni dalla sopra citata data, il 29 e 30 ottobre 2001, il GAFI ha, infatti, ampliato il proprio mandato ed emanato le prime 8 Raccomandazioni Speciali15.

A questo punto occorre fare un breve excursus: il terrorismo è un fenomeno che ha origini ben più longeve e vede le prime forme organizzate già negli anni ’30. È però a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 che la storia attribuisce l’inizio del terrorismo di stampo moderno, così come noi lo conosciamo, in particolare con il dirottamento dell’aereo di linea israeliano diretto a Tel Aviv, il 22 luglio 1968, da parte di terroristi appartenenti al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. In quegli anni in Europa nascono l’IRA, il PKK, la RAF e le Brigate Rosse, solo per citarne alcune16. Il mosaico perciò è assai ricco e variegato e non si deve per forza identificare il terrorismo, in maniera del tutto superficiale, solo con quello odierno di stampo islamico religioso; non è il focus centrale di questo lavoro, ma si vuole ricordare che molti paesi, anche quelli cosiddetti “civilizzati”, hanno avuto delle organizzazioni terroristiche operanti al loro interno e che, in alcuni, tuttora sopravvivono. Si testimonia così, come l’unica arma veramente efficace contro                                                                                                                

14 URBANI A., op. cit., pag. 15.  

15 CASSESE E., Il sistema delle fonti, in CONDEMI M. e DE PASQUALE F., Profili internazionali dell’attività di prevenzione e contrasto del riciclaggio di capitali illeciti – Fonti, organismi e forme di collaborazione, a cura degli stessi, Roma, 2004, pag. 49.

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queste organizzazioni sia la cultura e il progresso, mentre risposte di tipo armato non facciano altro che alimentare i focolai dell’odio e della violenza. Si può solo auspicare che la politica vada verso tale direzione, senza ascoltare la “pancia” e le soluzioni che nel breve, possono risultare maggiormente popolari.

Ciò che è certo e maggiormente pertinente in queste sede, comunque, è l’etimologia della parola usata per definire gli individui di queste organizzazioni: dal latino “terrere”, non lascia scampo a nessuna interpretazione differente se non quella istintivamente provocata dalla parola stessa, i.e. terrore. Non a caso tale termine ha genesi nel periodo della Rivoluzione Francese, anni definiti del “Regime del Terrore” per via del diffuso sentimento di incertezza e di sospetto, di cospirazioni e di condanne a morte senza appello17. Oggi, benché la definizione del fenomeno terrorismo sia stata oggetto di continue rivisitazioni ed aggiornamenti da parte di più autorità18, dettati anche dalla diversa sensibilità storico-sociale sul

                                                                                                               

17 Così, testualmente, ROMANI L. nel vocabolario online Treccani della lingua italiana, per

“terrore-terrorismo”: “nel significato storico – «il periodo (e quindi anche il regime) della rivoluzione francese che va

dal 31 maggio 1793 (espulsione dalla Convenzione dei Girondini) al 9 termidoro, cioè al 27 luglio 1794 (caduta di Robespierre)» – terrore deriva dal francese terreur [...] così come, in modo analogo, terrorismo e terrorista derivano, rispettivamente, dalle voci francesi terrorisme e terroriste. Nel XX secolo, infine, in ragione dell'emergenza di diversi episodi di violenza organizzata, all'accezione storica di terrorismo si è affiancata quella ancora oggi largamente attuale, nella quale il sostantivo indica l'uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne l'ordine, mediante azioni quali attentati, rapimenti, dirottamenti di aerei e simili” , consultato in settembre 2016.

18 Una per tutte, si veda la definizione data dal CONSIGLIO D’EUROPA, decisione quadro n. 475 del 13

giugno 2002: «Articolo 1 – Reati terroristici e diritti e principi giuridici fondamentali. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché siano considerati reati terroristici gli atti intenzionali di cui alle lettere da a) a i) definiti reati in base al diritto nazionale che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno a un paese o a un'organizzazione internazionale, quando sono commessi al fine di:

- intimidire gravemente la popolazione, o

- costringere indebitamente i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, o

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tema, rimane di fondo quel sentimento di paura e di terrore, appunto, a cui prima si accennava19.

Per completare il profilo del mandato del GAFI che, come si scriveva, è l’organizzazione mondiale di riferimento in materia, nel 2008 tra le sue competenze è stato incluso altresì il contrasto al finanziamento dei programmi di proliferazione delle armi di distruzione di massa; si comprende perciò, senza bisogno di ulteriori digressioni e lasciando alla riflessione propria di ognuno di noi, la potenziale pericolosità dei settori verso i quali i terroristi hanno indirizzato i propri sforzi.

Tornando al quadro normativo e focalizzandosi in particolare su quello di stampo europeo, la legislazione antiriciclaggio ha visto l’emanazione di diverse direttive volte ad armonizzarne la lotta, arrivando alla sua quarta versione con la                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

- destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un paese o un'organizzazione internazionale:

a) attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso; b) attentati gravi all'integrità fisica di una persona;

c) sequestro di persona e cattura di ostaggi;

d) distruzioni di vasta portata di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, compresi i sistemi informatici, piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli;

e) sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci; f) fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche e chimiche, nonché, per le armi biologiche e chimiche, ricerca e sviluppo;

g) diffusione di sostanze pericolose, il cagionare incendi, inondazioni o esplosioni i cui effetti mettano in pericolo vite umane;

h) manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali il cui effetto metta in pericolo vite umane;

i) minaccia di realizzare uno dei comportamenti elencati alle lettere da a) a h)».  

19 Punti d’incontro con tale presa di posizione sono rinvenibili in una delle prime definizioni di terrorismo, in

occasione della CONVENZIONE PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DEL TERRORISMO, che testualmente descriveva il terrorismo come “quei fatti criminali diretti contro uno Stato, il cui scopo o la cui

natura è provocare il terrore presso persone determinate, gruppi di persone o presso la collettività”, Ginevra,

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Direttiva n. 849 approvata lo scorso 20 maggio 201520. La scelta di emanare delle direttive, piuttosto che regolamenti, ha sicuramente il pregio di avere la possibilità di adattare i testi normativi alle specificità di ogni paese aderente; allo stesso tempo, però, questo processo richiede tempi più lunghi per i singoli recepimenti, provocando dei possibili gap tra le legislazioni dei diversi stati potenzialmente sfruttabili dalle organizzazioni criminali. Per questo motivo e per la continua

escalation di attentati21, il bisogno di maggiore celerità nell’adeguarsi alle nuove disposizioni per una migliore prevenzione del fenomeno è un’esigenza concreta22; ne è la riprova – ad esempio – l’anticipazione del termine ultimo per il recepimento della IV Direttiva, inizialmente previsto per luglio 2017 e anticipato al 31 dicembre 201623.

Nel frattempo, a livello nazionale rimane ancora in vigore il decreto legislativo n. 231 del 2007, di recepimento della III Direttiva e che ha costituito una svolta non di poco conto. Di fatto, questo provvedimento ha gettato le basi del passaggio da una legislazione di stampo rule-based ad una capace di adattarsi alle metamorfosi del fenomeno criminoso, fornendo disposizioni di carattere generale affiancate solo in parte da obblighi specifici; il tutto tarato in base a due principi cardini, quelli del risk-based approach e della proporzionalità – elementi che caratterizzeranno molti dei corpi normativi posteriori, non solo in tema antiriciclaggio. Spetta quindi ai destinatari della disciplina, rinvenibili agli articoli                                                                                                                

20 Provvedimento pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, L. 141/73 del 5 giugno 2015.

21 Per una lista che purtroppo, vede un continuo aggiornamento, si veda l’articolo di SIRONI F., L’elenco completo degli attentati nel mondo nel 2015 e 2016, l’Espresso, 13 gennaio 2016.

22 Cfr. UNITA’ DI INFORMAZIONE FINANZIARIA, Rapporto annuale 2015, Roma, 2016, pag. 15 e ss.   23 Cfr. quanto previsto con la PROPOSTA DI DIRETTIVA COM(2016) 450 FINAL, adottata dalla

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10 e ss. del suddetto decreto, il compito di auto valutare la propria esposizione al rischio di riciclaggio, di scegliere forme di governo societario le più confacenti, di predisporne i presidi a loro tutela e così via.

Si può quindi intuire come ci sia stato un cambiamento epocale nel metodo utilizzato in materia, lasciando agli operatori maggiore libertà di decisione-organizzazione e non più solamente degli obblighi imposti dall’alto; la collaborazione attiva, altro dictat della normativa sopracitata, si esplica anche in questo, ovvero conoscendo la propria clientela – cfr. principio know your customer (KYC) e customer due diligence (CDD) – si è maggiormente in grado di conoscerne gli specifici rischi connessi e di conseguenza, procedere con le adeguate cautele.

Allargando la prospettiva di analisi, molti dei principi contenuti nel d. lgs. 231/2007, sono la naturale evoluzione di impostazioni rinvenibili già nel d. lgs. n. 385 del 1993, ovvero il Testo Unico Bancario (TUB); quest’ultimo, invero, nato anche dall’esigenza di adattare la normativa bancaria e creditizia interna ad un più ampio respiro di tipo internazionale, già abbandonava la vigilanza di tipo strutturale in favore di una vigilanza definita prudenziale24. In qualità di Autorità preposta a tale funzione, si capisce quindi come la Banca d’Italia assuma un ruolo di preminenza nella lotta contro i fenomeni in discussione, essendo delegata altresì ad emanare la normativa di secondo livello.

Proprio in tal senso, core business di questo elaborato è il Provvedimento

recante disposizioni attuative in materia di organizzazione, procedure e controlli interni volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che

                                                                                                               

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svolgono attività finanziaria a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, ai sensi dell’art. 7 comma 2 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.

Questo sarà oggetto di un’approfondita analisi, in virtù di una sempre più importante identificazione dei rischi che in acronimo vengono designati come AML (Anti Money Laundering) e CFT (Combating the financing of terrorism). L’individuazione dei presidi antiriciclaggio, dei rischi connessi, delle scelte organizzative, procedurali e di controllo idonee, dei funzionari preposti, dei loro compiti, delle loro responsabilità; tutti aspetti diventati di imprescindibile importanza e incentivati da un quadro sanzionatorio sempre più corposo e sostanziale. È necessaria perciò una sempre maggior consapevolezza di ciò che succede all’interno della propria struttura.

Infine, altro corpo normativo secondario che riprende in toto i principi finora descritti è sicuramente la Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 – emanata dalla Banca d’Italia in attuazione della CRD IV – che, tra gli altri, dedica interi capitoli riguardanti l’individuazione della forma di governo societario, degli assetti organizzativi e dei presidi antiriciclaggio che più si convengono essere adatti alla valutazione dell’esposizione al rischio.

La mole di normative prodotte a protezione degli intermediari finanziari e delle banche testimonia che questi, per definizione, rimangono quindi i canali prediletti dalle attività criminali per il money laundering in quanto «rischio tipico dell’intermediazione finanziaria» 25; se è vero, infatti, che al tradizionale sistema “bancocentrico” si sono affiancati altri tipi di intermediari e strumenti che hanno                                                                                                                

25 Così RAZZANTE R., Il riciclaggio come rischio tipico dell’intermediazione finanziaria, in Diritto Bancario,

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spostato l’attenzione e gli sforzi dei riciclatori verso altri lidi26, le banche hanno prontamente risposto per mezzo del noto comma terzo dell’art. 10 TUB, che permette loro, oltre al consueto binomio, anche «ogni altra attività finanziaria [...]

nonché attività connesse e strumentali». L’evoluzione alla quale le banche sono

state chiamate non può prescindere dall’utilizzo anche e in alcuni casi soprattutto di questo comma, esponendole a nuovi rischi che fino a metà degli anni ’90 non si ritenevano poter essere afferenti anche al mondo bancario. La “despecializzazione” introdotta con il Testo Unico Bancario si evolve oggi in un cambiamento del focus operativo e dei tradizionali modelli di business bancari; basti citare le riforme in atto nel mondo delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo27, per non parlare dell’ascesa di banche definibili per le loro caratteristiche, se non altro atipiche28.

Una volta approfondita la normativa antiriciclaggio nazionale, in ultima istanza può giovare fare un confronto con le parallele normative di altri paesi coinvolti in questa lotta: i Mutual Evaluation Report del GAFI costituiscono la migliore occasione per meglio comprendere le debolezze del nostro sistema e intraprendere le necessarie misure correttive, senza vergogna di ispirarsi anche alle legislazioni degli altri paesi29.

                                                                                                                26 URBANI A., op. cit., pag. 8.

27 Come testimoniato dal lavoro pubblicato dal MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, Evoluzione e riforme del settore bancario italiano, Roma, luglio 2016, pag. 8 e ss.

28 Per una visione recente, si rimanda a KING B., Breaking Banks. La banca reinventata: innovatori, visionari e strateghi protagonisti di un mondo che cambia, Bari, 2015.

29 Per un elenco completo dei rapporti di Mutual Evaluation disponibili si consulti il sito www.fatf-gafi.org o, in

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La complessità di tutti gli argomenti appena citati è tale che, da sola, giustificherebbe la scelta dell’argomento di questo elaborato.

A questa però, si aggiunge la passione per un tema dalla pregnante attualità, che quotidianamente denuncia fatti di riciclaggio e che probabilmente costituisce la patologia più grave del mercato domestico; inoltre, se da un punto di vista italiano, le attività terroristiche nel nostro territorio sono state finora marginali, dall’altro, in quanto anche cittadini europei, viviamo in un clima di forte tensione e paura a causa dall’imprevedibilità di questi accadimenti. Se a questi diffusi sentimenti si aggiungono i problemi dettati dalla difficile situazione economico-sociale post crisi 2008, il rischio è che si formino movimenti politici che parlino alla “pancia” del paese, fomentando il ritorno di nazionalismi di tipo estremista che tanto hanno fatto male nel corso della storia. Di qui, la necessità di conoscere le modalità per evitare il più possibile l’innesco di tali meccanismi può risultare decisiva.

Tutti questi profili attribuiscono ad ognuno di noi un dovere civico, prima ancora che professionale, di informazione e di prevenzione del riciclaggio e di riflesso, di prevenzione del terrorismo.

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“Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell'esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell'amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere.”

Giovanni Falcone

“Un uomo fa ciò che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana.”

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Capitolo Primo

LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA,

IL RICICLAGGIO E IL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO

1.1 Premessa

Gli argomenti che si andranno a trattare nei prossimi capitoli richiedono la definizione di alcune nozioni cardine, in modo da creare una mappa concettuale che ci potrà poi tornare utile in questo percorso. L’aggiunta di alcuni focus argomentativi, a latere del fulcro centrale dell’elaborato, si ritiene potranno quindi arricchire le diverse argomentazioni e fornire un più significativo quadro del fenomeno del riciclaggio, prescindendo solamente da elencazioni squisitamente dottrinali, ma gettando uno sguardo anche su temi più a monte, ovvero la criminalità organizzata, o più a valle, come il finanziamento del terrorismo.

Innanzitutto, però, si deve partire dalla definizione del fenomeno della criminalità organizzata; posto che questa si differenzia dalla criminalità ordinaria, giacché la prima attacca l’economia di un paese e le sue regole democratiche, mentre la seconda offende e lede direttamente beni che fanno capo a singoli cittadini30, si deve rilevare come nemmeno negli ambienti specialistici vi sia una definizione universalmente condivisa31. A livello europeo la legislazione in vigore

poggia le basi su quanto è rinvenibile all’art. 1 della Decisione quadro                                                                                                                

30 VIGNA P.L., La dimensione internazionale della criminalità organizzata, discorso di inaugurazione

dell’anno accademico 1997-1998, S.F.P.I., Roma, 28 novembre 1997.

31 Si veda IACOPINO S., Documento di Lavoro sulla Criminalità Organizzata in occasione della Commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro, Parlamento Europeo, 1 ottobre

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2008/841/GAI del Consiglio del 24 ottobre 200832, suffragata dall’art. 2 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, adottata dall’Assemblea Generale il 15 novembre 2000, con la risoluzione numero 55/2533. In estrema sintesi, si potrebbe pervenire così alla seguente spiegazione: «quel gruppo strutturato, esistente per un periodo di tempo, composto da più di due

persone che agiscono di concerto, al fine di ottenere, con l'esercizio della funzione intimidatoria, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o altro vantaggio materiale, e che pregiudica seriamente la coesione economica e sociale dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, e di conseguenza lo stesso mercato unico» 34.

Il bisogno di occultare (placement), travestire di una parvenza legale (layering) e di investire i vantaggi finanziari e/o materiali prima citati nei circuiti                                                                                                                

32 Testualmente, la Decisione quadro sopra citata: «Articolo 1 – Definizioni - Ai fini della presente decisione quadro:

1) per «organizzazione criminale» si intende un’associazione strutturata di più di due persone, stabilita da tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore a quattro anni o con una pena più grave per ricavarne, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale; 2) per «associazione strutturata» si intende un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata.

33 Dove testualmente si legge: Article 2 - Use of terms - For the purposes of this Convention:

(a) “Organized criminal group” shall mean a structured group of three or more persons, existing for a period of time and acting in concert with the aim of committing one or more serious crimes or offences established in accordance with this Convention, in order to obtain, directly or indirectly, a financial or other material benefit. (...)

(c) “Structured group” shall mean a group that is not randomly formed for the immediate commission of an offence and that does not need to have formally defined roles for its members, continuity of its membership or a developed structure».

34 Si veda IACOPINO S., Documento di Lavoro sulla Criminalità Organizzata in occasione della Commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro, Parlamento Europeo, 1 ottobre

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dell’economia più o meno lecita (integration) – i.e. le tre fasi che caratterizzano il fenomeno del riciclaggio35 – cresce con l’aumentare delle dimensioni operative di questi “gruppi strutturati”, che si avvalgono dello sviluppo dei mercati finanziari e della globalizzazione, beneficiando degli stessi canali che favoriscono gli scambi legittimi, delle maggiori possibilità di comunicazione, delle innovazioni tecnologiche e anche della difficoltà, aggravata da consistenti, costi che la ricerca e la selezione di adeguate e coordinate informazioni comportano per le varie autorità, nazionali e internazionali36. È proprio nei gap legislativi tra i vari stati che le criminalità organizzate riescono ad introdursi, nonché dalla “interessata tolleranza di alcuni Stati e dall’opacità di taluni centri off-shore” 37, altrimenti detti paradisi fiscali. A complemento di quanto detto si aggiunga la comprovata capacità di corruzione da parte delle organizzazioni criminali – in particolare di stampo mafioso – che si insinuano nei gangli della vita pubblica, in specie negli enti di Governo locale38, alterando la normale operatività del mercato. Le ricadute non si riverberano solo sull’ordine pubblico, ma attentano anche alla stabilità

economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-  economico-   35 Cfr. infra, cap. 1, par.1.3.

36 Come da testimonianza di DRAGHI M., intervento L’azione di prevenzione e contrasto del riciclaggio tenuto

nell’ambito della Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle criminalità organizzata mafiosa o

similare, Roma, 14 giugno 2007.

37DRAGHI M., ibidem. Per un maggior approfondimento sul tema dei paradisi fiscali, si veda

BALDASSARRE A e CONDEMI M. A., I centri off-shore, in Profili internazionali dell’attività di prevenzione

e contrasto del riciclaggio di capitali illeciti – Fonti, organismi e forme di collaborazione, di CONDEMI M. e

DE PASQUALE F. (a cura di), Roma, 2004, pag. 216-246. Più recenti inoltre: CASSETTA A., PAUSELLI C., RIZZICA L. e TONELLO M. L., Financial flows to tax havens: determinants and anomalies, in Quaderni

dell’antiriciclaggio dell’Unità di Informazione finanziaria per l’Italia – Analisi e studi, n.1, Roma, 2014;

GARA M. e DE FRANCESCHIS P., I Paradisi fiscali: caratteristiche operative, evidenze empiriche e

anomalie finanziarie, in Quaderni dell’antiriciclaggio dell’Unità di Informazione finanziaria per l’Italia – Analisi e studi, n.3, Roma, 2015.

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finanziaria dei paesi, minando il corretto funzionamento dei meccanismi di mercato a vantaggio degli operatori disonesti.

Ciò detto, nei prossimi paragrafi del capitolo si vogliono descrivere le principali caratteristiche delle maggiori organizzazioni criminali – dedicando particolare attenzione a quelle di stampo mafioso – per fornire, così, una fotografia dello “stato dell’arte” sulla situazione del territorio della Repubblica 39 ; l’anticipazione della definizione e di alcuni dei caratteri prima descritti sono quindi funzionali ad una trattazione in medias res.

L’ampio spazio dedicato alle varie organizzazioni testimonia – onde ve ne fosse ancora bisogno – la portata del fenomeno criminale e l’entità dei capitali da reimmettere nel circuito legale.

Si indagheranno poi, i profili principali del fenomeno del riciclaggio, fornendone la definizione, descrivendone le fasi che lo caratterizzano e la rilevanza via via maggiore che la lotta a tale fenomeno ha assunto nel contesto dell’ordinamento creditizio-finanziario.

Ultimo, ma non meno importante, il paragrafo del finanziamento del terrorismo; come già accennato40, il trait d’union tra il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo rende quantomeno necessaria una breve disamina di

                                                                                                               

39 Per una trattazione più ampia e pregnante dell’argomento, si rinvia a: FALCONE G. e PADOVANI M., Cose di Cosa Nostra, Milano, 1991; LUPO S., Storia della mafia. Dalle origini ai nostri giorni, Roma, 2004;

TRANFAGLIA N., Mafia, politica e affari 1943-2008, Milano, 2008; LODATO S., Trent’anni di mafia. Storia

di una guerra infinita, Milano, 2008; DI MATTERO N. e PALAZZOLO S., Collusi. Perché politici, uomini delle istituzioni e manager continuano a trattare con la mafia, Milano, 2015. Per come si sono diffuse nel

mondo le mafie made in Italy, si veda FORGIONE F., Mafia export. Come ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra

hanno colonizzato il mondo, Milano, 2009.

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questo tema affermatosi, in particolare, dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 200141.

1.2 La criminalità organizzata in Italia

La criminalità organizzata in Italia si presenta come un carattere endemico del nostro sistema socio-economico; la sua nascita e il suo sviluppo seguono in maniera del tutto parallela e proporzionale l’avvento della società industriale – prova ne è la comparsa nella maggior parte dei codici europei del 1800, pur con diverso rigore, della fattispecie delittuosa42 – ed il codice penale italiano punisce il reato di associazione per delinquere già dal 1893.

Funzionale alla trattazione del tema sono le previsioni nell’impianto normativo vigente di tre articoli di riferimento, i.e. l’associazione per delinquere di cui all’articolo 416, le associazioni di tipo mafioso anche straniere di cui all’articolo bis e lo scambio elettorale politico-mafioso di cui all’articolo

416-ter43. Grazie ai primi due, si può idealmente scomporre la criminalità organizzata in

                                                                                                               

41 Nel prosieguo, sovente per indicare la disciplina dell’antiriciclaggio si potrà usare la sigla “AR”

(antiriciclaggio) oppure “AML” (Anti-Money Laundering), mentre per la lotta al terrorismo “CT” (Combating

Terrorism) o “CFT” (Combating the Financing of Terrorism).

42 CUCUZZA O., Criminalità organizzata e fattispecie penali: luci e ombre, in Rivista della Guardia di Finanza, n. 1, 1993.

43 Per completezza d’informazione, si riportano il testo dei suddetti tre articoli, aggiornati a ottobre 2016:

Art. 416 c.p. – “Associazione per delinquere”

«Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o

costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni. Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.

I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori. Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la reclusione da cinque a quindici anni. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più. Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601

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un dualismo che ben rappresenta la situazione italiana, con organizzazioni criminali da una parte e mafie dall’altra, mentre l’ultimo articolo è l’espressione di quella forza corruttiva di quest’ultime più volte ricordata44. Seguendo la numerazione del codice penale, potrebbe sembrare che l’associazione di stampo mafioso abbia un                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     e 602, nonché all'articolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 si applica la reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal secondo comma. Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609-undecies, si applica la reclusione da quattro a otto anni nei casi previsti dal primo comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal secondo comma.»

• Art. 416-bis c.p. – “Associazioni di tipo mafioso anche straniere.”

«Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione

da sette a dodici anni. Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da nove a quattordici anni. L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche , di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.

Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da nove a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da dodici a ventiquattro anni nei casi previsti dal secondo comma.

L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito. Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.

Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra, alla ‘ndrangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.»

• Art. 416-ter – “Scambio elettorale politico-mafioso.”

«Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo

416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma.»

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carattere di specialità rispetto all’associazione per delinquere45, in evidente contrasto con quella che è la situazione nazionale, dove la criminalità organizzata è per lo più costituita dalle varie mafie e che, spesso e volentieri, come si avrà modo di leggere, fanno da tramite per le altre organizzazioni criminali nazionali e straniere. L’introduzione tardiva dell’articolo 416-bis, perciò, oltre che risultato di un naturale processo di maturazione delle norme che vede necessariamente un aggiornamento in continuum delle stesse, può essere attribuita alla resistenza politica e sociale al riconoscimento del fenomeno mafioso che solo l’impegno e la vita di grandi “uomini di Stato” hanno scardinato46; «la forza di intimidazione

diffusa ovvero di una condizione di assoggettamento e di omertà finalizzate al perseguimento degli scopi tipici»47, in tale prospettiva, sembra essere una citazione particolarmente calzante per definire i tratti tipici delle associazioni di stampo mafioso.

Sono molti i distinguo da fare48, a causa delle peculiarità che connotano le organizzazioni che operano nello scenario domestico, più o meno violente,                                                                                                                

45 FAVA U., La criminalità organizzata, in AA. VV., Nuova guida agli adempimenti antiriciclaggio e antiusura – Manuale operativo per le banche, gli intermediari finanziari, i sindaci e gli amministratori, Roma,

1998, pag. 23.

46 L’introduzione dell’articolo 416-bis risale, infatti, solamente al 1982 – rispetto alla data del Regio Decreto n.

1398, del 19 ottobre 1930 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 ottobre 1930, n. 251, che istituiva il nuovo codice penale, il cosiddetto Codice Rocco – avvenuta per mezzo della famosa legge “Rognoni-La Torre”, n. 646 del 13 settembre e risultato dello sdegno pubblico causato dall’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa il 3 settembre dello stesso anno per mano di Cosa Nostra. Tale episodio, insieme ad altri che nel prosieguo verranno citati, hanno mutato il famoso “negazionismo” di esponenti religiosi, procuratori generali e politici degli anni ’60 al più tenue “riduzionismo”, od altrimenti detto “neo-negazionismo”: sul tema, si veda l’articolo di CASELLI G. C., Neo-negazionismo: vince la retorica, de Il Fatto Quotidiano, 25 maggio 2016.

47 FAVA U., ibidem.

48 La suddivisione operata nei prossimi paragrafi ricalca quella della relazione semestrale della DIREZIONE

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specializzate in determinati settori, variamente votate a relazioni con altre organizzazioni transnazionali e così via. Di contro, il tratto comune rimane certamente l’operare nell’illecito e una spiccata “duttilità di fronte al

contingente”49; nonostante, infatti, i continui colpi assestati dalle autorità, in particolare dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA)50, i vuoti di potere creati vengono prontamente colmati, anche a causa del profondo disagio sociale che in alcune regioni rappresenta fertile terreno per una continua crescite degli affiliati.

1.2.1 La situazione in Sicilia

Storicamente, la prima organizzazione criminale di stampo mafioso è “Cosa nostra”, di cui si hanno notizie dai primi anni del XIX secolo. Nei primi documenti che la descrivono, risalenti al 1838, si può leggere: «Vi ha in molti paesi delle

unioni o fratellanze, specie di sette che diconsi partiti, senza colore o scopo politico, senza riunione, senza altro legame che quello della dipendenza da un capo, che qui è un possidente, là un arciprete. Una cassa comune sovviene ai bisogni, ora di fare esonerare un funzionario, ora di difenderlo, ora di proteggere un imputato, ora di incolpare un innocente. Sono tante specie di piccoli governi nel governo. La mancanza della forza pubblica ha fatto moltiplicare il numero dei

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

svolta ed i risultati conseguiti dalla stessa DIA. In particolare, si farà riferimento alla Relazione del Ministro

dell'Interno al Parlamento sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Secondo semestre 2015, Roma, 5 agosto 2016.

49 PANSA A., La criminalità transnazionale, in AA.VV., Nuova guida agli adempimenti antiriciclaggio e antiusura – Manuale operativo per le banche, gli intermediari finanziari, i sindaci e gli amministratori, Roma,

1998, pag. 36.

50 Istituita nei primi anni ’90 su ispirazione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con l’obiettivo di

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reati. [...] Così come accadono i furti escono i mediatori ad offrire transazione pel ricuperamento degli oggetti involati. Il numero di tali accordi è infinito»51.

La struttura organizzativa principe vede l’aggregazione di vari consociati in una “famiglia”, o “cosca”, condividendo spesso vincoli o rapporti di affinità, con il fine di controllare tutti gli affari leciti od illeciti della zona in cui operano. Tra gli affiliati, poi, viene eletto a maggioranza un rappresentante che parteciperà alle riunione per nominare, insieme ai rappresentanti delle famiglie contigue, il “capomandamento”. A questo punto, si aprono varie casistiche: al di là delle singole differenze, la struttura verte primariamente sulla votazione ed elezione di un rappresentante comune, che in base al potere di cui dispone, decide in prima persona oppure attraverso organi collegiali – i.e. le “commissioni” – le strategie criminose del caso.

Gli epicentri operativi sono le province di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta e in generale, la Sicilia; la costante attività di repressione da parte delle autorità ha smantellato e indebolito molte delle cosche storiche dell’isola, causando un generale clima di instabilità, così da registrare un continuo avvicendamento da parte di nuovi boss, spesso autoproclamatisi, inclini all’affarismo e che ripudiano il rispetto delle antiche regole associative, con alleanze anche con altre fazioni storicamente avversarie. A parziale tutela di tale instabile sistema, vi sono i cosiddetti “consigli degli anziani”, che, in una logica di

                                                                                                               

51 Come da rapporto del 1838 di Pietro Calà Ulloa, Procuratore di Trapani, al Ministro della Giustizia, citato nel

documento della Commissione Parlamentare Antimafia Legislatura VI, citato da CARRARO L., La genesi

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cooperazione orizzontale, dirimono i contenzioni e contengono le possibili situazioni conflittuali52.

Il braccio armato dell’organizzazione si concentra su attività di tipo coercitivo e predatorio, dirette verso ogni settore economico che talvolta si appoggiano anche a professionisti e imprenditori compiacenti; a tal proposito, la generale crisi economica che più di altre affligge questa regione, ha moltiplicato i reati d’usura e la creazione di canali di finanziamento illegali funzionali alla progressiva sostituzione nella conduzione delle attività economiche. L’infiltrazione nel tessuto economico-imprenditoriale siciliano è tale da permettere a “Cosa nostra” di porsi come alternativo – e spesso unico – interlocutore, quanto ad offerta di capitali finanziari e relazioni commerciali altrimenti non rinvenibili. Grazie ad affiliati negli enti territoriali, l’organizzazione è in grado di pilotare i finanziamenti e gli affidamenti di appalti pubblici, tanto da spingere gli stessi imprenditori in

primis a ricercare i contati malavitosi. La protezione fornita, la vigilanza, la

circolazione di informazioni riservate e l’accesso ai circuiti politici, rendono così all’organizzazione criminale una sorta di “riconoscimento pubblico” che le permette una certa accettazione sociale, sovente difficilmente scardinabile53.

A livello nazionale le proiezioni di “Cosa nostra” sono per lo più afferenti ad attività di tipo predatorio nell’imprenditoria, specie nel settore edilizio, e corruttivo negli enti locali, non discostandosi di molto, quindi, dal modus operandi

                                                                                                               

52DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA, Relazione del Ministro dell'Interno al Parlamento sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, Secondo semestre 2015,

pag. 14-15.

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originario, se non per il mantenimento di un profilo più basso e di collaborazione con altre criminalità locali e straniere.

Le ultime indagini della DIA, infine, hanno evidenziato una crescente connessione con le organizzazioni criminali straniere alle quali viene lasciata la gestione di alcune attività ritenute marginali o, comunque, più esposte all’azione repressiva delle autorità, quali lo sfruttamento della prostituzione (affidato ad albanesi, rumeni e nigeriani), la contraffazione (cinesi e nordafricani) e lo sfruttamento di essere umani (cinesi, romeni e nigeriani). Sempre in tale ottica si registrano con sempre maggiore frequenza il ricorso agli extracomunitari nei ruoli di distributori di sostanze stupefacenti, nonché nel compimento di altre attività delittuose e nello sfruttamento del lavoro irregolare attraverso il caporalato. Ultima nota, il traffico di stupefacenti: nonostante il narcotraffico abbia subito un grave ridimensionamento a causa dei numerosi arresti negli ultimi anni, gli sforzi evolutivi delle “famiglie” siciliane sembrano rivolgersi verso un ritorno agli antichi fasti nel ruolo di maggiori intermediari con i cartelli colombiani e le mafie di tutto il mondo, in particolare attraverso la rotta atlantica con la “Cosa nostra statunitense”54.

1.2.2 La situazione in Calabria

La mafia calabrese, o meglio “ ‘ndrangheta”, è da più parti indicata come la più potente al mondo. Nata sul finire del 1800, si caratterizza per una struttura più disarticolata rispetto a “Cosa nostra”: «Una mafia liquida, che si infiltra                                                                                                                

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dappertutto, riproducendo, in luoghi lontanissimi da quelli in cui è nata, il medesimo antico, elementare ed efficace modello organizzativo. Alla maniera delle grandi catene di fast food, offre in tutto il mondo, in posti fra loro diversissimi, l’identico, riconoscibile, affidabile marchio e lo stesso prodotto criminale. Alla maniera di Al Qaida con un’analoga struttura tentacolare priva di una direzione strategica ma caratterizzata da una sorta di intelligenza organica, di una vitalità che è quella delle neoplasie, e munita di una ragione sociale di enorme, temibile affidabilità. Il segreto per la ‘ndrangheta è questo, tutto nella tensione fra un qui remoto e rurale e arcaico e un altrove globalizzato, postmoderno e tecnologico. Tutto nella dialettica fra la dimensione familiare del nucleo di base, e la diffusione mondiale della rete operativa. La capacità di far coesistere con inattesa efficacia una dimensione tribale con un’attitudine moderna e globalizzata è stata fino ad oggi la ragione della corsa al rialzo delle azioni della ‘ndrangheta nella borsa mondiale delle associazioni criminali»55.

Il principale mercato di riferimento è la gestione del narcotraffico, grazie al quale le cosche, dette anche “ ‘ndrine”, accumulano capitali finanziari esorbitanti da destinare al riciclaggio e al reinvestimento in attività più o meno lecite. Tale specializzazione, giocoforza, richiede una vocazione internazionale che, a complemento delle attività criminose originarie e alle pratiche arcaiche ancora perseguite in Calabria – ad esempio attività coercitive, lottizzazioni di aree edificabili, smaltimento di rifiuti ed il ricorso ai matrimoni forzati delle cc.dd. “spose bambine” – fanno della “ ‘ndrangheta” una delle maggiori holding criminali                                                                                                                

55 FORGIONE F., Relazione annuale sulla ‘ndrangheta, nell’ambito della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, Roma, 19 febbraio 2008, pag. 23.

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mondiali56. La complessità di tale sistema è gestito per il tramite di professionisti compiacenti altamente qualificati, che sfruttano le asincronie legislative nei vari paesi del mondo, con l’obiettivo di ottenere la più alta redditività sul mercato: muoversi nel deep web, sfruttare la libera circolazione dei capitali, creare una rete di contatti globale e ricercare nuovi business potenziali sono attività proprie di questa organizzazione.

In Italia le cosche “ ‘ndranghetiste” si sono spinte fino al Piemonte, alla Lombardia, alla Liguria, al Veneto, all’Emilia Romagna e al Lazio; in ambito internazionale da sottolineare le infiltrazioni in Germania, Canada e Stati Uniti, principali snodi delle rotte finanziarie illecite e di traffico di stupefacenti57.

1.2.3 La situazione in Campania

In Campania e in particolare nei quartieri della capitale partenopea, la mafia si chiama “Camorra” e la sua genesi è riconducibile alla seconda metà del 1800, durante gli anni che precedono l’Unità d’Italia. L’organizzazione si presenta storicamente priva di complesse strutture organizzative sovra ordinate e per una presenza pulviscolare composta da numerosi gruppi eterogenei, a volte espressione addirittura di singoli quartieri cittadini oppure di scissioni che intervengono con i

clan preesistenti. Di “Camorra” e della sua pericolosità si parla già nel rapporto del

prefetto di polizia De Blasio del 1860, che scriveva «questa triste genia conosciuta

dal volgo sotto il nome di camorra si compone di un’associazione di uomini

                                                                                                               

56 DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA, rel. cit., pag. 63-64. 57 DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA, rel. cit., pag. 65.  

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perversi ed iniqui, che, forti della propria forza fisica, taglieggiano l’universale imponendo inique tasse prezzo della pace a coloro che per viltà di carattere e per sottrarsi alle minacce di sangue pagano loro una mercede». E ancora, sempre lo

stesso anno si esponeva in un rapporto del Ministero dell’Interno: «La camorra è

un sodalizio criminoso, che ha per iscopo un lucro illecito, e che si esercita da uomini feroci sui deboli per mezzo delle minacce e della violenza»58. Il carattere particolarmente violento dell’organizzazione permane ancora oggi59, probabilmente proprio a causa della mancanza di una organizzazione unitaria che si traduce in una continua ridefinizione dei singoli clan e in comportamenti criminali schizofrenici; a conferma di ciò, non si parla più di “Camorra”, ritenuta alla stregua di retaggio storico, ma più compiutamente di “Camorre”60.

Le attività nelle quali la “Camorra” – rectius: le “Camorre” – operano sono il contrabbando, la ricettazione e lo spaccio di stupefacenti, anche tramite il subappalto delle singole attività criminose ad autonome cellule criminali dalle quali ricevere una percentuale dei proventi; inoltre, sono attivi nel traffico di rifiuti, nella gestione illegale di videopoker e del gioco on-line, senza dimenticare le infiltrazioni nell’imprenditoria agroalimentare, la corruzione – particolarmente endemica – e l’usura. Non a caso questi “quartieri-Stato” si autodefiniscono “O’ Sistema” 61.

Infine, sono stati riscontrati gruppi camorristi in molte regioni del centro e nord Italia, mentre all’estero si registrano contatti nei paesi dell’est Europa, in                                                                                                                

58 MAZZANTI G.M. e RAGO S., Legalità e credito – L'investimento in sicurezza per sostenere la libera attività d'impresa, Milano, 2012, pag. 139.

59 Cfr. dati statistici dei rapporti semestrali della DIA, rinvenibili al sito della stessa Autorità. 60 DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA, rel. cit., pag. 101-102.  

61 Così GRASSO P., procuratore nazionale antimafia, nell’ambito della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, Roma, 30 gennaio 2007, pag. 12.

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