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La dimensione del fenomeno del riciclaggio ha raggiunto, come si ricorda, un livello tale da alterare il normale funzionamento del mercato, generando l’inefficiente allocazione delle risorse finanziarie, distorsioni dei meccanismi di                                                                                                                

concorrenza e il conseguente inquinamento del mercato. La necessità di combattere questo fenomeno perciò ha in ultima analisi, una rilevanza marcatamente sociale71.

In prima istanza occorre procedere con la corretta definizione del fenomeno del riciclaggio, che, dal punto di vista giuspenalistico, consiste in quella (o quelle) attività «volte a nascondere, occultare o comunque ostacolare l’accertamento circa

l’origine illecita delle risorse finanziare o patrimoniali utilizzate in un’operazione finanziaria, ovvero, latu senso, economica»72. A questa si può accostare quella rinvenibile all’art. 2 del decreto legislativo n. 231 del 2007, il nostro corpo normativo principe che, sebbene si limiti «ai soli fini di questo decreto», ne definisce ulteriormente i confini operativi che più ci interessano:

« [...]se commesse intenzionalmente, costituiscono riciclaggio:

a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;

b) l'occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli

                                                                                                               

71 Cfr. supra, Introduzione, mentre in RAZZANTE R., Antiriciclaggio e professionisti, Rimini, 2013, pag. 7, si

legge che il riciclaggio di denaro sporco è pari al 10% del Pil mondiale, con un giro d’affari in Italia di 120 miliardi di euro annui; al di là di differenze che per definizione sono proprie delle stime, si ribadisce la dimensione notevole del fenomeno. Per la conclusione della rilevanza «marcatamente sociale», si veda RAZZANTE R., La regolamentazione antiriciclaggio in Italia - Aggiornato alla delibera della Banca d’Italia

10 marzo 2011, Torino, 2011, pag. 2. 72 RAZZANTE R., ibidem.

stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;

c) l'acquisto, la detenzione o l'utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;

d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti,

l'associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione»73.

Da un punto di vista metodologico, il money laundering si può suddividere in tre fasi:

1. introduzione nel mercato (placement stage): raccolta e collocamento dei proventi da reato presso gli intermediari finanziari, trasformando il denaro contante (o suoi surrogati) in “moneta scritturale”74;

2. stratificazione (laundering o layering): si dissociano i guadagni dalla fonte illecita mediante numerosi trasferimenti e/o altre operazioni progettate ad

hoc, al fine di dissimularne l’origine e rendere più difficoltosa la

ricostruzione delle relative scritture contabili;                                                                                                                

73 Cfr. decreto legislativo n. 231/2007, di attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la Prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione e successive modificazioni

e integrazioni.

74 Cfr. in termini generali, CAMPOBASSO G.F., Bancogiro e moneta scritturale, Bari, 1979. CARBONETTI

F., in La moneta, Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza Legale, n. 2, Roma, 1985, nota come la dottrina economica definisca la moneta non per ciò che essa è, ma per la sua funzione; per questo essa può essere considerata, lato sensu, mezzo di scambio (pag. 19) e quindi, mezzo di pagamento (pag. 14); con ciò, “non sembra vi siano ostacoli alla qualificazione della moneta bancaria come moneta in senso giuridico:

3. integrazione (integration): immissione del denaro nel sistema legale per il tramite di operazioni apparentemente lecite, come ad esempio l’acquisto di immobili o aziende, l’esercizio di attività commerciali o investimenti nel mercato borsistico75.

In relazione a quest’ultima fase si deve notare come anche il semplice posizionamento sul mercato dei beni illeciti senza destare sospetti da parte delle autorità sia già di per sé un guadagno per il riciclatore, in quanto diversamente non potrebbe nemmeno utilizzare questa ricchezza; la reimmissione del denaro e/o di beni nel circuito legale, perciò, prescinde da qualsivoglia ragionamento economico, o meglio di “economicità”76, andando ad alterare ulteriormente gli equilibri del mercato a svantaggio di quei soggetti che sostengono i cosiddetti “rischi di impresa” e la relativa tassazione. Operare mediante politiche concorrenziali antieconomiche permette, alla lunga, di estromettere i competitors e di ottenere così il controllo di interi settori dell’economia77.

Trasversale a tutte le fasi è, invece, la possibilità di avvalersi dei cosiddetti “paradisi fiscali” la cui presenza, nonostante accordi internazionali e miglioramenti normativi ne abbiano ridotto il novero, rimane certamente un problema difficilmente superabile78. Molti di questi paesi, infatti, traggono gran parte della                                                                                                                

75 RAZZANTE R., op. cit., pag. 8.

76 Intesa come ottenimento di condizioni di equilibrio tra i flussi economici e monetari in entrata ed in uscita.

Tale infatti è la definizione dell’operare secondo economicità, rinvenibile in qualunque testo d’economia. Fra tutti, segnalo SOSTERO U., L’economicità, in SANTESSO E. (a cura di), Dispensa di Economia Aziendale, Venezia, 2009, pag. 139 e ss.

77 CARBONE M. e TOLLA M., Elementi normativi internazionali e nazionali in materia di riciclaggio, Bari,

2010, pag. 19.

78 Cfr. l’istituzione della famosa White List – con il Decreto del 4 settembre 1996 del Ministro delle Finanze – e

loro ricchezza dalla permissività della legislazione adottata in tema di tassazione e degli obblighi delle norme AML, attraendo i cultori di un capitalismo definibile come “deviato”79, dove la libertà d’impresa e della proprietà privata prevale sui beni e sugli interessi pubblici.

Di fronte al fenomeno del riciclaggio, per le modalità con cui si può perpetrarlo e per i danni che è in grado di produrre all’economia, non si può che rispondere con un impianto di tutela sempre più “sistemico”. In tale contesto, un ruolo di primaria importanza, sia per la materia prima di riferimento80, sia per il

focus che ci interessa, è giocato dall’ordinamento che regola il comparto creditizio

e finanziario. Non a caso l’autorità nazionale preposta alla lotta al riciclaggio – l’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) – benché totalmente autonoma, è incardinata presso la Banca d’Italia, cui è affidata la vigilanza sulle banche e sugli                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

recenti invece è il Protocollo che modifica la Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione

svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, con Protocollo aggiuntivo, conclusa a Roma il 9 marzo 1976, così come modificata dal Protocollo del 28 aprile 1978, fatto a Milano il 23 febbraio 2015, che abolisce il segreto bancario a partire dal

2017.

79 Mutuando un’espressione del libro Dizionario di dottrina sociale della Chiesa – Scienze sociale e Magistero,

UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE – CENTRO DI RICERCHE PER LO STUDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA (a cura di), Milano, 2004, che riferendosi ai concetti di “capitalismo sano” e “capitalismo deviato” sostiene che in quello sano «l’uomo non rimane sopraffatto dal capitale

finanziario: è lui che, per virtù d’ingegno e di volere, si agguerrisce di mezzi e presidi materiali per meglio tesoreggiare e accrescere le forze utili di natura, renderle suddite ai propri fini e avvalorare il proprio braccio, garantendo il primato dell’uomo sul capitale; in quello deviato, invece, il capitale esercita una funzione indebita e diviene un fattore di disordine sociale, perché subordina a sé il lavoro. Nell’economia contemporanea prevale il secondo capitalismo», pag. 179. Proseguendo nel ragionamento, lato sensu, anche

VASAPOLLO L., in La crisi del capitale – Compendio di economia applicata: la mondializzazione

capitalistica, Milano, 2009, pag. 102, dove si legge con riguardo alla pratica della finanza speculativa «significa esportare ovunque un capitalismo finanziario che attacca ogni forma di solidarismo in nome dell’individualismo, dal darwinismo economico-sociale, creando idiosincrasia per tutto ciò che è pubblico, per tutto ciò che significa relazioni sociali a contenuto valoriale non misurato attraverso la moneta».

80 URBANI A., op. cit., pag. 25. In maniera più incisiva, sempre URBANI A., op. cit., Sinergie tra regole generali di vigilanza e disciplina antiriciclaggio, pag. 118 ss.

intermediari finanziari81. Come si avrà modo di evidenziare nel prosieguo, sono numerosi i trait d’union tra la UIF e la Banca d’Italia. Qui invece, occorre sottolineare come l’ordinamento del credito sia precursore di nuove tendenze legislative comunitarie, poi applicate anche ai corpi normativi antiriciclaggio. Il Testo Unico Bancario del 1993, che sostituisce le vecchie leggi del ’36-‘38, ne è un primo chiaro esempio; l’introduzione di concetti quali “despecializzazione”, “vigilanza prudenziale” e “sana e prudente gestione” assurgono al ruolo di veri e propri postulati. Ad esempio il concetto della “sana e prudente gestione”, sebbene a volte possa sembrare una «formula volutamente generica, che non definisce quali

comportamenti gestionali debbano essere adottati o, viceversa, evitati dagli intermediari” 82 incorpora un carattere di grande elasticità, prestandosi a diventare la chiave di lettura delle specifiche situazioni riferibili sia al singolo soggetto vigilato che al mercato nel suo insieme. In questo modo vengono individuati i principi del corretto agere bancario83, lasciando poi ai singoli soggetti ampi spazi decisionali con riguardo alle modalità di perseguimento. Tale impostazione di fondo è rinvenibile già nelle Raccomandazioni del GAFI e nelle Direttive del Parlamento e del Consiglio europeo; le prime sono delle linee guida, mentre le seconde “semplicemente” delle direttive, e non regolamenti. Se per un verso sarebbe stato oltremodo difficile concepire il contrario, dall’altro queste soft law

                                                                                                               

81 Alla Banca d’Italia si affiancano altre autorità, come la CONSOB, l’ISVAP e l’IVASS, con competenze di

supervisione su specifici settori di attività e/o su altre categorie di intermediari.

82 Testualmente MALUSARDI M., La funzione preventiva della “sana e prudente gestione” in chiave antiriciclaggio, in DI BRINA L. e PICCHIO FORLATI L. (a cura di), Normativa antiriciclaggio e contrasto della criminalità economica, Padova, 2002, pag. 172. Sul tema, si veda anche VISCO I., op. cit., pag. 9. 83 Per una interessante visione dell’etica come metodo dell’agere finanziario, si veda CAPRIGLIONE F., Etica della finanza, mercato, globalizzazione, Bari, 2004, in particolare il capitolo II, Etica della finanza, pag. 47 ss.

stabiliscono appunto dei principi generali che, una volta tarati in base alle specificità dei vari contesti, dovranno poi essere rispettivamente considerati e/o adottati dalle singole autorità nazionali.

L’ultimo (ri)ordinamento del credito84, infine, è stato operato con la Circolare 285 del 2013, di recepimento della CRD IV (Capital requirements

directive) e che rappresenta ad oggi l’espressione massima della struttura prima

descritta, citando espressamente «principi generali e linee applicative»85; inoltre, l’impianto sistemico di tutela a cui si faceva prima riferimento e che prevede norme non disarticolate dal contesto, ma sempre più interconnesse, si esplica anche nel fatto che il testo della novella IV Direttiva Antiriciclaggio 86 – almeno nell’ordinamento italiano e sempre con le dovute eccezioni – non sembra apportare modifiche metodologiche particolarmente importanti, ma semmai opera alcuni

                                                                                                               

84 Come si può desumere dalla Premessa della Circolare 285/2013, dove si legge «Le novità intervenute nel contesto regolamentare internazionale e dell’Unione europea rendono necessaria un’azione complessiva e sistematica di adeguamento dell'ordinamento nazionale. A tale esigenza risponde questa Circolare, che non si limita a un’opera di mero adattamento alle disposizioni sovraordinate, ma opera parallelamente la revisione sostanziale e il coordinamento redazionale dell’intera normativa bancaria di competenza della Banca d’Italia, coerentemente con l’obiettivo strategico di contribuire alla creazione di un single rulebook ispirato a un approccio tecnicamente rigoroso e prudente in linea con quello sinora seguito dalla regolamentazione italiana. In questa prospettiva, la Circolare riordina le vigenti disposizioni di vigilanza per le banche nelle aree rimesse alla potestà regolamentare secondaria della Banca d’Italia (...)».

85 Cfr. ad esempio, della suddetta Circolare, la Parte Prima, Titolo IV, Capitolo 1, Governo societario, Sezione I

– Disposizioni di carattere generale.

86 DIRETTIVA (UE) 2015/849 del PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 maggio 2015 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione.

approfondimenti e apporta migliorie in linea con posizioni che già erano state prese in ambito nazionale87.