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I diritti riconosciuti alle associazioni degli utenti nella legge n 146/1990 86

CAPITOLO 2 L’ANALISI DELLA LEGGE N 146/90 E LE SUCCESSIVE

2.7. Il ruolo delle associazioni dei cittadini utenti e i diritti a loro riconosciuti 76

2.7.2. I diritti riconosciuti alle associazioni degli utenti nella legge n 146/1990 86

Con l’introduzione della legge n. 281/1998, “Disciplina dei diritti dei consumatori

e degli utenti”115, venivano identificate le associazioni abilitate a tutelare gli interessi di

queste categorie.

Diventava perciò necessario anche un aggiornamento della legge n. 146/1990, dove nel testo originario, il ruolo di queste associazioni era prettamente marginale. Le stesse, dovevano essere inserite nel processo valutativo delle prestazioni indispensabili e legittimate ad agire in giudizio, in caso di scioperi che presentavano degli illeciti.

È stata proprio la legge n. 83/2000, a dare un ruolo più centrale a questi nuovi soggetti, ritenendo che, coinvolgendo gli utenti nei conflitti sindacali, si potesse limitare gli effetti pregiudizievoli degli scioperi sui diritti fondamentali della persona (Persiani, 1992, p. 17). ≪La tutela degli utenti durante gli scioperi costituisce una finalità di marcata connotazione solidaristica in quanto volta a proteggere situazioni rilevanti sul piano collettivo, come interessi diffusi≫ (Rienzi, 2015, p. 323).

L’art. 7-bis della legge n. 146/1990, è stato introdotto con la riforma n. 83 del 2000, prevedendo, per le associazioni riconosciute nell’elenco del Ministero dello Sviluppo Economico una vera e propria class action. Queste associazioni possono agire in giudizio nei confronti delle organizzazioni sindacali che abbiano revocato spontaneamente un’azione di sciopero una volta indetto, violando quanto disposto dall’art 2 comma 6. Lo stesso vale nei confronti delle amministrazioni, enti e imprese erogatrici di pubblici servizi che non hanno rispettato gli obblighi informativi previsti dall’art. 2 comma 6. Questa norma responsabilizza le imprese e le amministrazioni a fornire informazioni tempestive, dettagliate e complete verso l’utenza, in relazione alla revoca di un’astensione collettiva e istituendo anche una forma di bilateralità delle parti, per sanare le conseguenze dell’effetto annuncio (Rienzi, 2015, p. 324).

La norma dispone che ≪le associazioni degli utenti riconosciute ai fini della legge 30 luglio 1998, n. 281, sono legittimate ad agire in giudizio ai sensi dell'articolo 3 della citata legge, in deroga alla procedura di conciliazione di cui al comma 3 dello stesso

115 Questa legge è stata sostituita e inglobata (abrogata) dal citato d.lgs n. 206 del 6 settembre 2005,

definito ≪Codice del Consumo≫, con l’intento di sempli]icare e riordinare la normativa vigente in materia di tutela dei consumatori.

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articolo, anche al solo fine di ottenere la pubblicazione, a spese del responsabile, della sentenza che accerta la violazione dei diritti degli utenti, limitatamente ai casi seguenti:

a) nei confronti delle organizzazioni sindacali responsabili, quando lo sciopero

sia stato revocato dopo la comunicazione all'utenza al di fuori dei casi di cui all'articolo 2, comma 6, e quando venga effettuato nonostante la delibera di invito della Commissione di Garanzia di differirlo ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettere c), d), e) ed h), e da ciò consegua un pregiudizio al diritto degli utenti di usufruire con certezza dei servizi pubblici;

b) nei confronti delle amministrazioni, degli enti o delle imprese che erogano i

servizi di cui all'articolo 1, qualora non vengano fornite adeguate informazioni agli utenti ai sensi dell'articolo 2, comma 6, e da ciò consegua un pregiudizio al diritto degli utenti di usufruire dei servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza≫ (Presidente della Repubblica- l. n.146/1990, 1990).

Nel corso degli anni, la nascita e il proliferare di questi soggetti (associazioni e comitati per la difesa degli utenti-consumatori) hanno sensibilizzato la politica verso forme di tutela e salvaguardia dei lori diritti, riconoscendo gli strumenti processuali più idonei ad una azione collettiva (Rienzi, 2015, p. 325).

Sulle finalità dell’azione prevista, riconosciuta alle associazioni di utenti, le opinioni in dottrina non sempre sono state uniformi: qualcuno sosteneva in essa una sanzione accessoria; altri parlavano di una forma di risarcimento per danno specifico o di una “aggravante” del provvedimento inibitorio. Diversamente altri sostenevano che, più che sanare una situazione già accaduta, fungeva da deterrente e preveniva il ripetersi di analoghe situazioni dannose in futuro (Pilati, 2000, p. 149).

Il legislatore probabilmente aveva previsto questa norma a favore dell’interesse collettivo per arginare condotte illecite che potevano produrre dei danni. Danni che non sono in concreto risarcibili o facilmente quantificabili (Pilati, 2000, p. 150).

Rispetto ad altri settori, dove le motivazioni dello sciopero sono spesso note alla collettività e comunque si cerca di trovare una forma di solidarietà nei confronti dei consumatori, nei pubblici servizi questo non avviene. Le ragioni, nelle molte proclamazioni indette da un subisso di sigle sindacali, rimangono il più delle volte oscure all’utenza, che è la prima a subire il disagio. Basterebbe un po’ d’informazione e coinvolgimento in più, e forse ci sarebbe meno astio verso i lavoratori che operano in questi settori (Nunin, 2001, p. 224).

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Secondo la norma, queste azioni possono essere esercitate anche in deroga al procedimento di conciliazione previsto dal comma 3, dell’art. 3 della legge n. 281/1998116. Con questo s’intende che l’azione giudiziale non può precedere il

procedimento conciliativo, ma può comunque essere avviata durante il procedimento stesso.

Secondo l’art. 7-bis, il ricorso all’azione è legittimato non tanto dai diritti costituzionalmente garantiti e contemplati dalla l. n. 146/1990, quanto dal diritto riconosciuto agli utenti di poter ≪usufruire dei servizi pubblici secondo standard di qualità ed efficienza nonché il diritto di usufruire con certezza dei servizi pubblici≫ (Rienzi, 2015, p. 326).

Resta inteso, che seppur in virtù dell’art. 140 del Codice del Consumo vengono riconosciuti alle associazioni diritti ad agire, non è riconosciuta l’azione risarcitoria, la quale può essere esercitata individualmente dai singoli utenti nei confronti delle sigle sindacali o delle amministrazioni e imprese di pubblici servizi che abbiano commesso delle violazioni. Palese invece, risulta la volontà del legislatore in quell’azione inibitoria, volta a far cessare o proibire atti e comportamenti lesivi nei confronti dei consumatori e dell’utenza.

Quando l’illecito abbia già prodotto conseguenze dannose, la tutela inibitoria non è più sufficiente, rimane pertanto il solo ricorso in via giudiziale per sanare le situazioni create. Sarà compito del giudice poi valutare le misure idonee a rimuovere gli effetti dannosi delle violazioni riscontrate. Tra i provvedimenti, uno di questi è la pubblicazione del provvedimento deciso su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale (ex art. 140, comma 1, lett. c) Codice del Consumo) (Rienzi, 2015, p. 327).

L’art 7-bis della legge n. 146/1990 individua come perseguibili i seguenti comportamenti:

la revoca anticipata dello sciopero, da parte delle organizzazioni sindacali

dopo avene data comunicazione all’utenza. Si tratta di forma sleale di condotta sindacale perché impatta sul conseguente effetto-annuncio. La revoca è considerata legittima se è stato raggiunto un accordo tra le parti o vi sia stato un intervento della CGSSE o dell’Autorità competente a vietare lo sciopero;

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l’inadempimento agli inviti della Commissione sul differimento dello sciopero, secondo l’art. 13, comma 1, lett. c), d), e), ed h), dove si configuri un pregiudizio

all’utenza nell’usufruire con certezza dei pubblici servizi;

la mancata informazione agli utenti ai sensi dell’art. 2 comma 6 da parte delle imprese, amministrazioni o enti che erogano il servizio. Da questo ne consegue un

pregiudizio all’utenza al fine di usufruire un servizio pubblico secondo standard di qualità ed efficienza (Rienzi, 2015, p. 327).