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L’autoregolamentazione “pura” (Prima Fase) 29

CAPITOLO 1 LO SCIOPERO NEL SETTORE FERROVIARIO ITALIANO PRIMA

1.2. Dall’art 40 all’approvazione della legge n 146/1990 17

1.2.4. L’autoregolamentazione “pura” (Prima Fase) 29

All’inizio del secondo dopoguerra iniziavano i primi tentativi di autoregolamentazione dei sindacati confederali, attraverso l’adozione di un proprio statuto scritto36. Secondo Giugni, comunque, le regole procedurali degli scioperi

preesistevano, probabilmente, alla loro formulazione scritta≫, in quanto esse costituivano ≪le condizioni essenziali per la realizzazione del contratto collaborativo che è immanente all’attività contrattuale≫ e che tali principi riconosciuti di ≪equità sociale≫ erano fissati dai collegi probivirali (Giugni, 1960, p. 132).

Verso la seconda metà degli anni Sessanta, si assisteva all’inizio vero e proprio dell’autodisciplina di tipo unilaterale. Alcuni sindacati unitari del settore ferroviario, come SAUFI-SFI-SIUF, nel 1967, sottoscrivevano un codice37 le cui norme trattavano sia

la tutela del patrimonio aziendale che la salvaguardia dei diritti degli utenti38 (Di Cerbo,

1980, p. 99 ss.). A questo primo codice, i confederali CGIL-CISL-UIL, rispondevano stilando la Proposta della Federazione unitaria del 21 dicembre 1979 - 2 gennaio del 1980, in cui si delineava un’articolata procedura per la proclamazione degli scioperi, muovendosi all’interno del perimetro dei servizi ≪volti a garantire la tutela della salute e dell’incolumità delle persone ed in quelli [che la Federazione individua come, ndr.] interessi collettivi da salvaguardare necessariamente≫, prevedendo l’applicazione di sanzioni statutarie in caso di inadempimento della procedura (Di Cerbo, 1980, pp. 112- 113). Tale proposta si configurava come una normativa-quadro da rispettare in tutte le categorie e serviva come base di partenza per la formulazione di tutti i codici di autodisciplina. Così, i sindacati confederali nel settore dei trasporti, grazie al codice del

36 La CGIL nel 1945 a seguito del I° congresso di Napoli, la CISL e la UIL nel 1950. 37 Successivamente revisionato nel 1971, aderisce anche la sigla FISAFS.

38 La parte riservata alla salvaguardia degli utenti era molto limitata. Non era prevista nessuna

durata massima per il primo sciopero indetto, nessun periodo di “franchigia” (periodo nel quale non si poteva scioperare), e nessuna menzione ai collegamenti con le isole. Erano invece previsti: un periodo di preavviso che andava dai 4 agli 8 giorni a seconda che lo sciopero fosse locale o nazionale, una tempestiva comunicazione all’opinione pubblica ed alle strutture sindacali preposte ad informare l’azienda. Venivano categoricamente esclusi i lavoratori che operavano nelle centrali telefoniche interne come assenti le norme sanzionatorie e generica l’eventuale possibilità delle controparti di intervenire per sanare la vertenza.

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1980, valido per tutti i settori nel trasporto pubblico, e al codice del 1982, valido per quello ferroviario39, confermavano la loro capacità di compattarsi in Federazione

unitaria (Pascucci, 2015, p. 202).

I codici appena citati erano molto articolati a causa del gran numero di norme40.

Essi specificavano quali strutture sindacali fossero adibite a dichiarare, sospendere o revocare uno sciopero, lasciando però sempre aperta la possibilità di raggiungere un’intesa al fine di sanare una vertenza con la Federazione. Tali codici, inoltre, prevedevano un’apertura sindacale su iniziativa della pubblica amministrazione, in caso di rottura delle trattative o nel periodo di preavviso, per cercare una sedazione del conflitto.

Il sistema sanzionatorio invece si presentava molto carente, prevedendo solo sanzioni per i dirigenti sindacali in caso di mancato rispetto delle procedure previste e dei relativi codici di categoria (Proposta del 1980). Queste suscitavano molti dubbi sulla loro effettiva applicazione, tanto da difettare di credibilità dell’impianto stesso previsto dal codice statutario (Pascucci, 1989).

Non poche perplessità erano inoltre legate alla questione dell’efficacia vincolante del codice stesso, in quanto destinato a regolamentare solo gli iscritti all’associazione che lo aveva adottato. Per di più, il codice al suo interno prevedeva norme diversificate: quelle relative alla proclamazione dello sciopero e alle procedure di consultazione, che riguardavano i dirigenti sindacali; quelle applicative, comportamentali, che riguardavano i lavoratori. Il problema evidenziato, dipendeva dal comma 1 dell’art. 39 della Costituzione, secondo cui ≪l’organizzazione sindacale è libera≫, pertanto, in virtù di questo principio, i lavoratori non sindacalizzati o aderenti ad un altro sindacato, non avevano nessun obbligo di rispettare un’autodisciplina derivante da un organo a loro estraneo. Questa mancanza di efficacia erga omnes, evidenziava un limite

39 In quell’anno seguiva anche il codice di autodisciplina di FISAFS.

40 In questi codici rispetto al passato, erano previsti: periodi di franchigia; sospensione immediata

degli scioperi in caso di calamità naturali o avvenimenti particolarmente gravi; durata massima di una giornata per il primo sciopero che poteva essere estesa a due giorni per quelli successivi per la medesima vertenza; l’obbligo degli 8 giorni di preavviso; l’esclusione di scioperi in concomitanza con altri relativi al trasporto di massa (non valevano quelli generali); venivano garantiti i collegamenti con le isole; la garanzia dell’approvvigionamento delle materie prime in caso di scioperi prolungati o reiterati laddove la loro mancanza determinasse rischio e pericolo per la salvaguardia delle persone e degli impianti. Inoltre, non potevano essere effettuati scioperi articolati per impianti o singoli livelli professionali (scioperi a “scacchiera”). Per gli scioperi di durata inferiore alla giornata, dovevano svolgersi in un’unica soluzione con continuità d’orario (vietati gli scioperi “a singhiozzo”), in modo da salvaguardare l’utenza e i relativi disagi dei pendolari. In qualunque caso, il sindacato aveva ≪la più ampia facoltà d’iniziativa≫ qualora fossero in gioco valori fondamentali ≪delle libertà civili e sindacali, della democrazia e della pace≫ (Di Cerbo, 1980).

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dell’autodisciplina che poteva riflettersi anche sull’adeguatezza rispetto agli interessi della collettività: ne derivava che piccole organizzazioni sindacali o un gruppo di lavoratori auto-organizzati, potevano proclamare scioperi in virtù dell’art. 40 Cost. creando non pochi problemi alla collettività (Pascucci, 2015, p. 203).

In conclusione, il concerto di questi due problemi, ossia l’inesistenza o inefficacia di un apparato sanzionatorio e la ridotta incisività soggettiva dei codici, potevano inibire il grande lavoro fatto dal sindacato in termini di autoregolamentazione sia da un punto di vista del suo significato politico che da quello del valore giuridico dell’autodisciplina (Rusciano, 1984, p. 8). Per quanto riguarda il primo problema, il sindacato confederale, seppur con buoni propositi, aveva intrapreso una strada dai risultati alquanto incerti, sottovalutando il proliferare dei sindacati autonomi e la minima convinzione, in termini di garanzie, che questi codici trasmettevano nell’opinione pubblica; non di meno, vigeva il problema della scarsa trasparenza e affidabilità delle controparti negoziali (Romagnoli & Treu, 1977, p. 52 ss.). Rispetto all’ultima questione, però, non tutti gli aspetti si configuravano come negativi, ad esempio era possibile coinvolgere nella redazione dei codici lo stesso sindacalismo autonomo e le controparti datoriali (in particolare quelle pubbliche), alle quali si richiedevano degli obblighi simili a quelli assunti dal sindacato, in vista di una più rispettosa condotta delle relazioni industriali.

Relativamente al valore giuridico, la fase ≪dell’autoregolamentazione pura≫, non fu sufficiente a regolamentare la vastità e la complessità delle problematiche dovute anche alle profonde differenze tra i diversi servizi pubblici. A testimonianza di questo, vi sono l’evoluzione di questa fase in quella dell’≪autoregolamentazione mista o guidata≫ e il successivo intervento legislativo.

1.2.5. L’autoregolamentazione “mista” o “guidata” nel settore dei trasporti