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Lo sciopero virtuale e le proposte di modifica della legge 121

CAPITOLO 3 L’IMPATTO DELLA LEGGE N 146/1990 NEL SETTORE DEL

3.4. Lo sciopero virtuale e le proposte di modifica della legge 121

Il problema che affligge lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, è che il danno causato dall’astensione dei lavoratori, più che riversarsi nei confronti dell’impresa o dell’amministrazione, si trasferisce ai cittadini utenti, rompendo la simmetria propria della lotta sindacale qualificata nel rispettivo sacrificio delle parti (Prosperetti, 2015, p. 431).

Secondo la giurisprudenza più recente, negli scioperi economici168, sono state

dichiarate illegittime quelle forme di sciopero “anomale”, dove il danno causato all’imprenditore è sproporzionato rispetto alla mancata retribuzione del lavoratore. Queste forme si caratterizzano per l’irregolarità, parziale e discontinua dell’astensione e sono qualificate negli scioperi: senza preavviso (cd. “a sorpresa”); con brevi interruzioni frazionate (cd. “a singhiozzo”); in tempi diversi, tra attività strettamente collegate di vari gruppi di lavoratori (cd. “a scacchiera”). Il danno causato da queste forme di sciopero,

168 In questo caso non rientrano tra questi gli scioperi nei servizi pubblici essenziali, anche se alcuni

di questi possono essere mossi da ragioni economiche. Il motivo risiede nel contesto socio-politico in cui si svolge lo sciopero, perché le ≪organizzazioni sindacali contano soprattutto sulla reazione dell’opinione pubblica e degli utenti al fine della normalizzazione del servizio≫; diversamente da quanto accade nella fisiologia dell’azione di autotutela che contraddistingue lo sciopero economico (Santini, 2011, p. 143).

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dette anche “articolate”, blocca l’intero ciclo produttivo creando il massimo danno all’organizzazione dell’impresa, mentre il lavoratore consegue la minima perdita di retribuzione (Prosperetti, 2014, p. 31 ss.; Massimario giurisprudenza del lavoro, 1952).

Nei servizi pubblici essenziali, dove alcuni di questi godono di sovvenzioni, o devono fornire un servizio che non necessariamente si autosostiene, a volte la mancata erogazione crea vantaggi economici all’impresa. Senza considerare che la riattivazione del servizio stesso (talvolta non immediata), va a compensare anche perdita di retribuzione del lavoratore attraverso il lavoro straordinario (Prosperetti, 2015, p. 432).

Denominatori comuni degli scioperi nei servizi pubblici essenziali e presenti anche nel settore ferroviario, sono sicuramente: il danno all’utenza, la mancata informazione da parte dei media sulle ragioni dello sciopero; il pluralismo sindacale, in particolare quello autonomo. Invece, quello che contraddistingue questo tipo di attività da altre attività economiche imprenditoriali private, è la difficoltà di delocalizzare l’attività stessa, anche se i processi di liberalizzazione messi in atto nelle pubbliche amministrazioni, non mettono al riparo i lavoratori dalla concorrenza (fatto peraltro presente anche nel settore ferroviario).

Per ovviare al danno cagionato agli utenti e riportare a un corretto confronto in termini di sacrifici i lavoratori e l’impresa (dove il sacrificio dell’impresa deve comunque essere maggiore rispetto al sacrificio economico del lavoratore), da poco più di un ventennio si è iniziato a parlare di sciopero “virtuale”. Nello sciopero virtuale, il lavoratore rinuncerebbe in tutto o in parte la propria retribuzione pur effettuando l’intera prestazione nell’arco di durata dello sciopero. L’impresa invece, verserebbe la normale contribuzione previdenziale al lavoratore, oltre ad una maggiorazione della retribuzione spettante (il doppio o il triplo), che andrebbe versata in un fondo di categoria utilizzato per fini sociali o di miglioramento del servizio. Inoltre, sarebbe prevista l’esenzione degli oneri fiscali dovuti per la retribuzione del lavoratore.

Su questa forma di sciopero, non tutte le organizzazioni sindacali sarebbero d’accordo. A maggior ragione, le associazioni datoriali sono tutte contrarie perché rappresenterebbe un costo e sposterebbe l’opinione pubblica dalle imprese al lavoratore, qualora le motivazioni dell’astensione fossero opportunamente pubblicizzate dai media. Ivi per cui, l’approdo a questa forma alternativa di sciopero diventa difficilmente percorribile attraverso una regolamentazione di tipo pattizio in molti settori (Prosperetti, 2015, p. 434).

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Con l’intento di mettere fine al disagio dell’utenza e provare ad introdurre anche questa forma di sciopero, la politica ha iniziato a promuovere delle iniziative parlamentari. Due le proposte dei senatori: Maurizio Sacconi con il d.d.l. n. 1286 del 04 febbraio 2014, intitolato “Delega al Governo per la regolamentazione e prevenzione dei

conflitti collettivi di lavoro con riferimento alla libera circolazione delle persone”

(riguardante il settore dei trasporti pubblici e i relativi servizi strumentali); e Pietro Ichino con il d.d.l. n. 2006 del 14 luglio 2015, dal titolo “Disposizioni per la regolazione

del conflitto sindacale nel settore dei trasporti pubblici e integrazione della disciplina generale dell’assemblea sindacale”.

Entrambe le proposte, pur non limitandosi al tema dello sciopero, si aggiungono alla normativa attuale e a quanto disciplinato in materia di servizi pubblici essenziali regolando quasi esclusivamente i trasporti.

La proposta del d.d.l. Sacconi prevede innanzitutto una modifica sostanziale all’attuale ruolo e funzione della Commissione di Garanzia (valida per tutti i servizi pubblici essenziali), trasformandola in una “Commissione per le relazioni di lavoro". Quest’ultima, da organismo super partes diventa mediatore politico attraverso l’aggiunta di funzioni quali l’arbitrato e la conciliazione obbligatoria. La proposta poi, prevede l’introduzione dello sciopero virtuale per via contrattuale, che però può diventare obbligatorio per determinate categorie professionali, qualora attraverso l’astensione, si realizzi l’impossibilità di erogare il servizio principale ed essenziale. Si aggiunge pure il divieto ≪di forme di protesta o astensione dal lavoro in qualunque attività o settore produttivo che, per la durata o le modalità di attuazione, possono essere lesive del diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione≫, cd. “norme anti-manifestazione” (art. 1, comma 2, lettera l, d.d.l. 1286/2014 (Senato della Repubblica, 2019)).

Diversamente, il d.d.l. Ichino, pur prevedendo anch’esso lo sciopero virtuale sotto forma pattizia, va ha innovare l’art. 20 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970), sul diritto di assemblea, attraverso una disciplina che interessa indistintamente tutti i lavoratori sia pubblici che privati169. Sulla necessità di normare le assemblee nei servizi

169 La proposta di Ichino è quella di inserire due ulteriori commi dopo l’attuale secondo. Il primo

recita: ≪La richiesta dell’assemblea deve essere presentata, salvi i casi di motivata urgenza, con almeno cinque giorni di anticipo rispetto al suo svolgimento. La collocazione temporale dell’assemblea destinata a svolgersi in orario di lavoro è stabilita dal datore di lavoro, salvo diverso accordo tra lo stesso e l’organizzazione sindacale richiedente, tra il sesto e il decimo giorno dalla presentazione della richiesta, in modo da ridurre al minimo il pregiudizio all’organizzazione e del lavoro e al suo regolare svolgimento». Il successivo: «Nelle aziende che gestiscono servizi rientranti nel campo di applicazione della legge 12

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pubblici essenziali è sicuramente d’accordo anche la CGSSE, che dalla sua, si è già espressa con la discutibile delibera di orientamento n. 17/108, in materia di assemblee in orario di lavoro170 (così secondo Carmen La Macchia al Seminario Nazionale (FILT

CGIL, 2017)).

Entrambi i disegni di legge prevedono la proclamazione diretta dello sciopero (espletate le procedure di raffreddamento e conciliazione), solo qualora ci sia la maggioranza in termini di “rappresentatività sindacale”. La rappresentatività è misurata secondo i criteri stabiliti dagli accordi interconfederali, o in mancanza dal Testo Unico sulla Rappresentanza del 10 gennaio 2014. Qualora il soggetto sindacale o la coalizione, non abbiano sottoscritto i predetti accordi o non raggiungano la maggioranza devono sottoporre la proclamazione di sciopero a “referendum”. Due distinzioni interessano i d.d.l.: Ichino prevede la partecipazione di almeno la metà dei lavoratori aventi diritto e di questi, la metà (50% più 1), che si esprima favorevolmente allo sciopero; Sacconi invece, richiede che la rappresentatività sindacale superi almeno il 20% e che il voto favorevole di tutti i lavoratori aventi diritto superi la soglia del 30%. Ulteriori richieste del d.d.l. Sacconi sono: la dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero da parte del lavoratore (norma condivisa peraltro anche dalla CGSSE); e che l’intervallo tra uno sciopero e la successiva proclamazione sia legato al grado di rappresentatività.

Queste norme di accesso allo sciopero valgono per tutti i livelli interessati da vertenze (aziendale, sovraziendale, per categoria professionale), ma non riguardano lo sciopero generale.

Rispetto allo sciopero virtuale sopra descritto, un suo utilizzo potrebbe essere considerato non tanto in sostituzione allo sciopero tradizionale, ma come procedura di raffreddamento obbligatoria. Il danno economico che l’impresa dovrebbe sostenere sarebbe già una prova di forza ≪virtuale≫ dei lavoratori, nell’ipotesi di uno sciopero reale. Inoltre, una considerevole partecipazione dei lavoratori, potrebbe essere un dato

giugno 1990, n. 146, lo svolgimento dell’assemblea in orario di lavoro non può comportare interruzione del servizio pubblico. Qualora non sia possibile lo svolgimento dell’assemblea in orario di lavoro senza che si produca l’interruzione, essa si svolge in orario aggiuntivo, con pagamento ai lavoratori partecipanti della retribuzione ordinaria aggiuntiva corrispondente» (artt. 5 e 6 d.d.l. n. 2006/2015 (Senato della Repubblica, 2019)).

170 La Commissione, secondo questa delibera, ha formulato che: ≪L’esercizio del diritto di assemblea

in orario di lavoro rientra nel campo di applicazione della legge n. 146/1990, come successivamente modificata, allorquando, pur essendosi svolto nel formale rispetto delle norme di legge e del contratto collettivo che ne regolano l’esercizio, in base ad un apprezzamento globale delle circostanze di fatto, risulti essere stato diretto ad eludere la tutela imperativa predisposta dall’ordinamento in materia di esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, in violazione del divieto di frode alla legge≫ (Del n. 17/108 (Commissione di Garanzia Sciopero, 2019)).

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significativo da utilizzare in alternativa alle consultazioni referendarie (Prosperetti, 2015, p. 444).

3.4.1. Le richieste della Commissione per un’eventuale modifica della legge.

Nell’ultima relazione annuale alle Camere (Roma 18 giugno 2019), la Commissione, in un’ipotesi di aggiornamento della legge, ha chiesto un ampliamento dei propri poteri diventando un soggetto attivo nella composizione delle controversie per cercare di ridurre il livello di conflittualità nel mondo pubblici servizi. Sempre in termini di poteri, ha proposto una revisione dell’istituto della precettazione, assegnandole la facoltà di poter differire e concentrare le eventuali astensioni collettive al fine salvaguardare maggiormente gli interessi dell’utenza (Commissione di Garanzia Sciopero, 2019, p. 23 ss.).

Per quanto riguarda le sanzioni, la CGSSE ha segnalato la necessità di rivedere gli importi delle stesse (pari a €2500 min. - €100000 max.), dichiarando che ad oggi questi risultano inadeguati per le grandi organizzazioni sindacali e irrilevanti per le amministrazioni o per le grandi imprese. Continuando, la stessa ha proposto sanzioni alternative per chi eroga il servizio, qualificate in una possibile perdita della concessione (difficilmente percorribile quando si tratta di una PA), o in una perdita di profitto legata ai costi sostenuti dagli utenti (ad esempio attraverso la proroga degli abbonamenti o un buono per l’acquisto di un nuovo titolo di viaggio).

In tema di sanzioni, l’Autorità denuncia l’esigenza di classificare le sanzioni individuali (ovviamente in base alla gravità dell’infrazione), che il datore di lavoro deve applicare al lavoratore su disposizione esplicita della Commissione, soprattutto quando non sia identificabile l’organizzazione sindacale che sta dietro ad una coalizione spontanea di lavoratori.

Infine, anche se non strettamente legato a una proposta legislativa, la Commissione, con lo scopo di abbassare il livello del conflitto nei servizi pubblici essenziali, ha rivolto un appello alle Istituzioni politiche chiedendo rinnovi contrattuali nei termini previsti per la scadenza e un maggior coinvolgimento dei soggetti sindacali171 nelle linee programmatiche e d’intervento del Governo. Inoltre, ha invitato le

171 Non tutti i soggetti sindacali, ma quelli ≪più soliti, rappresentativi e strutturati≫ (Commissione

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associazioni riconosciute degli utenti ad un ruolo più attivo nel formulare pareri che interessino gli accordi e le regolamentazioni sulle prestazioni indispensabili, ricordando che lo strumento della class action previsto dall’art. 7 bis, non è mai utilizzato.

3.5.

Situazione attuale del conflitto ferroviario secondo i report della