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L’art. 3 della Costituzione italiana ricono- sce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni per rendere effet- tivo questo diritto. Questo non è purtroppo sempre vero, né per i cittadini italiani, tanto meno per i cittadini stranieri.

Le condizioni lavorative dei cittadini stra- nieri sono spesso mediamente peggiori di quelle dei lavoratori autoctoni e possono produrre discriminazioni che assumono diverse forme, per lo più riconducibili alla condizione di “manodopera vulne- rabile” in cui si trova la quasi totalità dei cittadini immigrati. In un mercato del la- voro in cui la precarietà e la mancanza di tutele sono sempre più frequenti, questa

specifica condizione dei cittadini migranti si concretizza, in particolare, nelle seguenti difficoltà:

– il mancato riconoscimento dei titoli di studio e del percorso professionale svolto nel Paese d’origine;

– l’inserimento dei lavoratori stranieri nei livelli contrattuali più bassi, anche quando svolgono mansioni più qualificate di quanto non risulti dai loro contratti; – l’imposizione di orari più lunghi e turni più sfavorevoli, richieste di straordinari, mansioni più pesanti e pericolose, e di re- tribuzioni più basse; – scarso ricorso alla formazione e mancata applicazione delle norme sulla sicurezza nei settori (come quello delle costruzioni) in cui è più alto il ricorso alla manodopera straniera (Galossi e Mora, 2007). Altra caratteristica tipica del mercato del lavoro italiano è la cosiddetta “segrega- zione occupazionale”, ovvero la tendenza a relegare i cittadini stranieri in settori la- vorativi ben delimitati, che in genere sono quelli a più bassa qualifica: l’ISTAT18 parla

di un terzo dei lavoratori stranieri inserito nel “segmento inferiore” del mercato del la- voro, mentre circa un quarto dei lavoratori stranieri si occupa di servizi alle famiglie (Ambrosini, 2005). Il 32,4% dei lavoratori immigrati è concentrato in sole cinque

16 Amnesty International, Italia. Presenza temporanea,

diritti permanenti. Il trattamento dei cittadini stra- nieri detenuti nei “Centri di permanenza temporanea e assistenza” (CPTA), Londra, 2005. Vedi anche Medici

senza Frontiere-Missione Italia, Rapporto sui Centri di

permanenza temporanea e assistenza, Roma, 2004.

17 Cfr. Zancan N., Immigrato muore nel CPT di Torino.

I compagni: “Non è stato soccorso”, in «la Repubblica»,

25/05/2008.

18 ISTAT, La partecipazione al mercato del lavoro della

popolazione straniera. I-IV trimestre 2005, Roma, 2006.

19 Università di Venezia/Lab. Immigrazione, Inclusione

ed esclusione delle donne immigrate in Alto Adige,

2006, pp. 113-30; vedi, con riferimenti alla situazione toscana, i libri di Battaglino, Gerardi, e Sampieri, 2005, e Luatti, Bracciali e Renzetti, 2007, riportati in bibliografia professioni (muratori, addetti alle pulizie, collaboratori domestici e assistenti fami- liari, braccianti e manovali), un’incidenza cinque volte maggiore rispetto agli italiani. La bassa qualifica delle professioni degli immigrati non corrisponde poi ai titoli di studio conseguiti: il 40% di coloro che pos- siedono la laurea ed il 60% dei diplomati svolgono un lavoro non qualificato o un’at- tività comunque manuale.

La segregazione occupazionale è partico- larmente evidente nel caso delle lavoratrici immigrate, per le quali si può parlare di discriminazione multipla basata sull’ori- gine e sul genere. Oltre a presentare un tasso di disoccupazione più alto rispetto alle italiane (il 15,4% nel 2005 rispetto al 9,7% delle donne italiane), sono perlopiù occupate in settori, come quello domestico e assistenziale, dove prevale il lavoro irre- golare e precario, e in cui la qualità della vita si riduce notevolmente.19 Interessante la specificità della professione infermieri- stica, in cui è possibile evidenziare molte disparità tra cittadine italiane e cittadine straniere. Orari più lunghi, paga inferiore, inquadramento nelle qualifiche più basse e contratti a termine sono spesso il risul- tato dell’impossibilità delle infermiere con cittadinanza non italiana di partecipare a concorsi pubblici e di essere assunte quindi

nel servizio sanitario pubblico a tempo indeterminato.20

Un altro fenomeno strutturale del mercato del lavoro italiano riguarda il lavoro nero, che in alcuni settori, come quello agricolo, assume caratteristiche paragonabili a vere e proprie forme di schiavitù. Queste con- dizioni sono state raccontate negli ultimi anni da numerose inchieste giornalistiche e ricerche21, ma solo recentemente le autorità hanno cominciato a prendere alcuni prov- vedimenti, ancora insufficienti, per com- battere lo sfruttamento dei lavoratori im- migrati, ad esempio offrendo la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per protezione sociale in condizioni di sfrutta- mento e violenza sui luoghi di lavoro.22 Un altro dei settori più colpiti dal lavoro nero è certamente quello dell’edilizia, in cui si stima che il 15,9% dei lavoratori non abbia un regolare contratto.23 A questo si aggiunge il cosiddetto “lavoro grigio” in cui dietro ad un contratto a tempo parziale si nasconde in verità un monte ore lavorate molto più alto. Il settore delle costruzioni vede un’ampia presenza di lavoratori stra- nieri (12,6% nel 2006), che sempre più spesso si rivolgono ai sindacati per denun- ciare forme di discriminazione nel tratta- mento lavorativo. Una ricerca di uno dei maggiori sindacati italiani dei lavoratori edili evidenzia che la grande maggioranza

20 Università di Venezia/Laboratorio Immigrazione,

Racism and Trade Unions in the Health Sector, public

report 4, Progetto RITU, 2006; Simm, Caritas/Migran- tes, Gli infermieri immigrati nella sanità italiana, rap- porto prelim., 2006.

21 Vedi ad esempio Fabrizio Gatti, Io schiavo in Puglia, in «L’Espresso», n. 35, del 7/9/2006 e Medici senza Frontiere, I frutti dell’ipocrisia, Roma, 2005 e 2007.

22 Ministero dell’Interno, circ. 4/8/2007. Tale provve- dimento estendeva le caratteristiche dell’art. 18 che prevedeva la concessione del permesso di soggiorno a chi era vittima di sfruttamento sessuale.

23 Fillea/CGIL, Il lavoro non regolare in edilizia. Consi-

degli immigrati che si rivolgono ai suoi sportelli denunciano salari non in linea con i contratti nazionali di lavoro, circa una metà dichiara di ricevere un salario di soli 25 euro al giorno, più del 30% viene pagato solo per tre giorni alla settimana, mentre i lavoratori specializzati spesso denunciano di essere inquadrati nei livelli retributivi più bassi.24

Per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro, nel 2007 gli incidenti ai cittadini non co- munitari sono cresciuti del 3,7% rispetto al 2005, mentre l’andamento generale degli infortuni ha registrato un calo dell’1,3%. Gli infortuni degli extracomunitari si con- centrano nelle attività notoriamente più ri- schiose (costruzioni, industria dei metalli, trasporti e ristorazione), ma è significativo il dato del personale addetto ai servizi do- mestici: nel 2006 gli infortuni occorsi a cit- tadini non comunitari sono stati il 58% del totale di tutti i lavoratori che operano nel settore, a causa, secondo l’INAIL, di «livelli di formazione inferiori a quelli dei colleghi italiani, esperienza minore, necessità di la- vorare comunque e precarietà».25

4.5. Il diritto alla casa

Il diritto alla casa non è previsto dalla Co- stituzione italiana, né per i cittadini italiani né per quelli stranieri, anche se la Costitu- zione stabilisce che «la Repubblica favori- sce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione». Il Testo Unico sull’immigrazione del 1998 ha affermato il principio della parità di trattamento tra italiani e stranieri per quanto riguarda l’accesso ai servizi e ha sancito che gli enti locali adottino provvedimenti che mirino a rimuovere «gli ostacoli che di fatto impe- discono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riguardo a quelli inerenti all’alloggio […]». Il Testo Unico prevede inoltre che i cittadini stranieri in possesso di carta di soggiorno oppure di permesso di soggiorno valido almeno due anni e che esercitano una re- golare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di acce- dere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie per agevolare l’accesso alle locazioni e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa. Le politiche abitative sono quasi intera- mente gestite dalle Regioni all’interno di un quadro nazionale, per questo motivo

24 FILCA-CISL, I lavoratori immigrati nel settore delle

costruzioni, Roma, novembre 2006.

25 INAIL, Rapporto annuale sull’andamento infortuni-

stico 2006, Milano, 2007. le diverse regioni e province autonome in- terpretano e applicano in maniera diversa la normativa sull’abitazione, in particolare per quanto riguarda i cittadini immigrati. In generale, tutte le leggi regionali garanti- scono l’accesso alle graduatorie per l’asse- gnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica ai cittadini degli Stati apparte- nenti all’UE e ai cittadini di altri Stati ma sia tali leggi che i relativi regolamenti co- munali di attuazione possono contenere norme fortemente discriminatorie che limitano di fatto l’accesso degli stranieri alle graduatorie (come ad esempio la previ- sione di un numero minimo di anni di resi- denza oppure l’assegnazione di un maggior punteggio in base all’anzianità di residenza nella regione). In Italia esiste ormai da molti anni un pro- blema casa che investe sia i cittadini italiani che quelli stranieri. Il mercato dell’alloggio ha infatti una connotazione particolare ri- spetto agli altri Paesi europei, caratterizzata da un quadro generale di difficoltà nell’ac- cesso all’abitazione che colpisce in partico- lare le fasce di popolazione con reddito me- dio o basso (disoccupati, lavoratori precari, immigrati, pensionati, studenti…). Ormai da molti anni la politica a livello nazionale non dà e non tenta nemmeno di dare ri- sposte a situazioni che diventano sempre più gravi ed influenzano in modo evidente la qualità della vita:26 la cronica mancanza di alloggi di edilizia residenziale pubblica; un mercato degli affitti con pochi appar- tamenti a disposizione ed a prezzi ormai inaccessibili; prezzi per l’acquisto dell’abi- tazione alle stelle ed ostacoli nell’accesso ai mutui per quelle categorie di lavoratori che, a giudizio delle banche, non danno sufficienti “garanzie”.

Tali problemi, che affliggono gran parte delle famiglie in Italia, si acuiscono spesso per i cittadini stranieri, costretti a fare i conti con un mercato limitato (poche case a disposizione e spesso sotto la soglia dell’abitabilità) ed apertamente ostile. Per comprendere la difficoltà dei cittadini stra- nieri ad accedere ad un’abitazione digni- tosa occorre considerare anche una serie di comportamenti discriminatori (quando non esplicitamente razzisti) che si riscon- trano sia nel mercato privato delle abita- zioni sia nell’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Basta consultare uno qualsiasi dei giornali di annunci economici in cui si offrono case per rendersi conto che molti proprietari non sono disposti ad affit- tare ad extracomunitari. Le agenzie immo- biliari, dal canto loro, anche se si trovano di fronte ad atteggiamenti evidentemente discriminatori, in genere accettano la situa- zione senza eccessive obiezioni, trovando quasi sempre delle giustificazioni in qual- che modo ritenute plausibili. Il veto spesso è dettato da pregiudizi di tipo culturale, ma può provenire anche da preoccupazioni di carattere economico (paura di mancati pa- gamenti del canone, di danni all’immobile,

26 A fronte di una politica a livello nazionale estre- mamente carente in tema di sostegno all’alloggio, in Italia vi sono molte iniziative promosse da enti locali insieme ad associazioni e cooperative per facilitare l’accesso alla casa ai cittadini stranieri. Si tratta per- lopiù di attività di informazione e orientamento nel

mercato immobiliare, intermediazione per l’affitto della casa o per l’accesso ai mutui bancari, fondi di garanzia da attivare in caso di morosità o danni all’appartamento ed attività di mediazione sociale per l’integrazione abitativa.

frequente irreperibilità dell’inquilino, pre- carietà lavorativa e logistica, svalutazione dell’immobile). La forte diffidenza dei pro- prietari nei confronti degli immigrati tende a scomparire quando si prospettano buone possibilità di speculazione: affitti altissimi e sproporzionati rispetto alle condizioni dell’immobile, pagamenti in nero, tolle- ranza per sovraffollamento con quote a po- sto-letto. Un’interessante ricerca condotta qualche anno fa ma ancora attualissima mostra la presenza di un mercato degli af- fitti “parallelo” per i cittadini stranieri, con canoni aumentati anche del 60-70%.27 Ma il “regime speciale” riguarda anche il tipo di abitazione. Approfittando della dif- ficoltà degli immigrati a trovare un alloggio e della loro necessità di gestire situazioni di irregolarità, vengono proposte loro abi- tazioni fuori mercato, edifici sotto i limiti di abitabilità già considerati inutilizzabili dalla popolazione autoctona.

Il pagamento di affitti sproporzionati porta anche ad una condizione di sovraffolla- mento delle abitazioni degli stranieri. Nelle regioni italiane in cui il disagio abitativo è meno serio, la percentuale di cittadini stranieri che vivono in condizioni di sovraf- follamento grave28 varia tra il 4,3% (Friuli

Venezia-Giulia) ed il 6% (Marche), mentre

le regioni che presentano il maggiore squi- librio tra cittadini italiani e stranieri ve- dono il dato attestarsi tra il 10,1 e il 13,8% (Puglia, Lombardia, Campania, Sardegna e Val d’Aosta). Tenendo conto che il tasso di sovraffollamento grave per gli italiani è pari allo 0,9%, si comprende che chi affitta agli stranieri spesso specula sui prezzi, costrin- gendoli ad abitare la casa in più persone per dividere il costo dell’affitto.29

Analizzando i dati del censimento 2001, l’ISTAT ha confermato che vi sono molti cittadini stranieri che vivono in alloggi diversi dall’abitazione, e trattandosi pre- sumibilmente per la maggior parte di per- sone senza un titolo di soggiorno, il dato è probabilmente sottostimato. L’1% degli stranieri (percentuale dieci volte maggiore di quella degli italiani) vive infatti in alloggi precari e disagevoli, come roulottes, con- tainers, baracche, garages, soffitte, ecc. e lo 0,3 % non ha alloggio. La maggior parte di coloro che vivono in abitazione si trovano in affitto (75,8%), e solo nel 16,3% dei casi abitano in una casa di proprietà (72,6% per gli italiani). Dall’analisi dei dati del censi- mento emerge anche che la popolazione straniera abita generalmente in edifici più vecchi e in peggior stato di conservazione di quelli abitati dagli italiani.30

27 Ares 2000, Il colore delle case. Primo rapporto sulla

condizione abitativa degli immigrati in Italia, Roma,

2000.

28 Il sovraffollamento grave è la condizione di una per- sona che vive in una casa in cui il rapporto tra numero di residenti e numero di stanze è superiore a due. 29 CNEL, Indici di integrazione degli immigrati in

Italia. IV rapporto, Roma, 2006.

30 STAT, La situazione abitativa degli stranieri residenti

in Italia, in ISTAT, Gli stranieri in Italia: analisi dei dati censuari, Roma, 2005.

31 131.000 nel 2006, vedi Scenari Immobiliari, Osser-

vatorio nazionale immigrati e casa. Rapporto 2007,

Roma, 2007. Questa ricerca si basa su un’indagine su 620 agenzie immobiliari.

32 Vedi in proposito anche i dati forniti da UNAR- Ufficio Nazionale Anti Discriminazioni Razziali, 2006 e 2007. È ormai noto, e confermato anche dagli esperti del settore, il fatto che negli ultimi anni stiano aumentando in maniera co- stante gli immigrati che comprano casa in Italia, con un aumento negli ultimi tre anni pari al 19%.31 La grande maggioranza de- gli immigrati si orienta verso l’acquisto di abitazioni di fascia medio bassa e general- mente da ristrutturare e viene stimato che solo la metà delle richieste di acquisto da parte di immigrati riescono a tradursi in acquisto entro un anno. Questo succede sia per il budget basso che in genere hanno a disposizione sia perché «non tutti i vendi- tori sono disposti ad accettarli come con- troparte negoziale». Il dato di per sé positivo di questo boom negli acquisti, nasce non solo da un sempre maggior radicamento e stabilizzazione dei cittadini immigrati nella società italiana, ma anche dalle oggettive difficoltà, descritte precedentemente, che incontrano nell’abitare in Italia.32

La mancanza prolungata di un alloggio dignitoso può però portare anche a forme gravi di esclusione sociale. È il caso dei Rom e dei Sinti, costretti a vivere in aree dismesse, edifici abbandonati e barac- copoli nelle periferie delle grandi città. Questi insediamenti sono privi d’acqua, riscaldamento, elettricità e servizi igienici,

le strutture sono pericolanti e la mancanza di illuminazione, la difficoltà di accesso e gli impianti elettrici di fortuna, sono causa potenziale di incidenti e incendi. La situa- zione nei campi non autorizzati è poi resa estremamente precaria dal fatto che le au- torità di polizia sottopongono regolarmente le comunità rom a sfratti forzati (spesso seguiti dall’espulsione delle persone senza un regolare permesso di soggiorno), senza assicurare loro una sistemazione alterna- tiva. La situazione abitativa dei Rom e dei Sinti in Italia è stata ben delineata, oltre che da ricerche e indagini di associazioni ita- liane ed europee (Monasta e Sigona, 2006), dal rapporto dello Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulle forme contemporanee di razzismo e discriminazione. Il rapporto sottolinea come queste minoranze siano quelle che subiscono le peggiori discrimi- nazioni nel settore dell’alloggio e descrive le difficili condizioni igieniche e la man- canza di qualsiasi tipo di servizio riscon- trate durante una visita compiuta in un campo rom a Roma.33 Nonostante che in

molte regioni italiane enti locali e associa- zioni stiano sviluppando progetti di grande interesse di dismissione dei campi e di reinserimento in abitazioni con modalità e percorsi specifici,34 a livello nazionale si

è cercata una soluzione alla questione dei

33 Human Rights Council, Report of the Special Rap-

porteur on contemporary forms of racism, racialdiscri- mination, xenophobia and related intolerance, Doudou Diène. Mission to Italy, 27th February 2007. Sull’ argo-

mento, vedi anche la ricerca di Ambrosini e Tosi, 2007. Si considerino, inoltre, le conclusioni del Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa contenute nella decisione. 7/12/2005 (ERRC VS Italia, reclamo 27/2004), di aperta condanna dell’Italia per violazione dell’art. 31 (diritto all’abitare) e dell’art. E (divieto di discriminazione) della Carta europea dei diritti sociali rivista. Il Consiglio dei ministri del

Consiglio d’Europa ha adottato questa decisione il 3 maggio 2006 nella risoluzione ResChS(2006)4. (N.d.C.).

34 STAT, La situazione abitativa degli stranieri resi-

denti in Italia, in ISTAT, Gli stranieri in Italia: analisi dei dati censuari, Roma, 2005. Vedi in particolare i

progetti promossi da Regione Toscana e molti enti locali e soggetti associativi della Toscana e finalizzati al superamento dei campi Rom. Vedi anche: www. michelucci.it.

campi rom e della paura che generano nei territori, con iniziative di tipo emergen- ziale. Ad esempio, nel 2007 si sono stipulati con i comuni delle grandi città i “Patti per la sicurezza”,35 che prevedono in molti casi azioni specifiche rivolte agli insediamenti abitativi non autorizzati e ai campi rom (a Roma è stato pianificato l’allontanamento dei campi rom dalla città e la costruzione di quattro “villaggi della solidarietà” nella cin- tura esterna). Alcune associazioni in difesa dei Rom hanno messo in evidenza come questi patti mirino a creare dei veri e pro- pri “ghetti” e ad aggravare ulteriormente la segregazione abitativa dei Rom in Italia36 e di fatto hanno costituito un importante precedente per i successivi e attuali provve- dimenti, dalle schedature e censimenti dei cittadini Rom, alla nomina di commissari straordinari per l’emergenza Rom.

4.6.