• Non ci sono risultati.

Senza un forte coinvolgimento di asso- ciazioni, gruppi e ONG espressioni della società civile è assai dubbio che sarebbero stati raggiunti gli importanti punti di ar- rivo precedentemente illustrati. Né appare probabile che le carenze sopra sottolineate possano essere superate se non grazie a un rinnovato impegno di sensibilizzazione dal basso. Nell’àmbito delle mobilitazioni 8 Si veda: www.misna.it, 13 febbraio 2008. per la pace ci sono vaste e differenti espe- rienze, per impostazione politica e tema di interesse; sebbene ogni sforzo per avanzare verso una diminuzione della violenza sugli scenari bellici sia funzionale al migliora- mento del quadro generale, si deve tuttavia citare una linea di attivismo incentrata sulla specificità del tema dei bambini-soldato. Un passo centrale a tale riguardo si ebbe nel 1998 con la creazione della Coalizione

Stop all’uso dei bambini-soldato, lanciata a

livello internazionale dai seguenti soggetti: Amnesty International, Human Rights Watch, Terre des Hommes, Save the Chil- dren, Servizio Gesuiti per i rifugiati e Uffi- cio dei Quaccheri presso le Nazioni Unite. Da allora si sono aggiunti molti gruppi di attivisti e ONG, fra cui Defence for Children International, World Vision International. La Coalizione possiede una struttura reti- colare articolata su base nazionale e regio- nale, ed è presente in circa 35 Paesi. Ogni quattro anni diffonde un rapporto globale di grande corposità, con un’introduzione generale e schede su tutti i paesi coinvolti. Nello svolgere le sue attività mantiene un forte contatto con le agenzie dell’ONU più legate alla tematica: UNICEF, Alto Com- missariato ONU per i rifugiati, UNESCO, Onhcr. A livello italiano ne fanno parte Alisei, Amnesty International-Sezione italiana, Cocis, Focsiv, Centro dei Gesu- iti per i rifugiati-Italia, Telefono Azzurro, Terre des Hommes-Italia, UNICEF Italia e Save the Children-Italia. La Coalizione ha improntato le sue strategie nell’ottica di al- largare il consenso intorno al tema e alle re- lative convenzioni, sostenendo con la forza dell’evidenza stessa la tassativa necessità di agire contro pratiche lesive di ogni stan- dard minimale di diritti umani. Entro tale impostazione, l’attività della Coalizione può considerarsi sostanzialmente riuscita, avendo ottenuto i documenti sopra elen- cati, la cui elaborazione riposa sul lavoro di monitoraggio, ricerca, condivisione di saperi ed esperienze. Un passo importante di tale percorso fu compiuto nel 1997 con la Conferenza di Città del Capo nella quale le principali ONG interessate al problema col supporto di UNICEF hanno elaborato una prima base definitoria orientata alla soluzione dei problemi: bambino-soldato venne definito «ogni persona sotto i diciotto anni che è parte in ogni modalità di una forza armata o di un gruppo armato, regolare o irrego- lare, anche nei ruoli di cuochi, portatori, messaggeri, e chiunque accompagni tali gruppi, fuorché i familiari. La definizione include le ragazze reclutate a scopi sessuali e per matrimoni coatti. Non ci si riferisce quindi solo a bambini che maneggiano o hanno maneggiato armi».9 A distanza di dieci anni, UNICEF e il mi- nistero francese degli Esteri hanno orga- nizzato una conferenza a Parigi nel corso della quale due documenti finali10 hanno

9 Si veda il documento riassuntivo rinvenibile al seguente indirizzo: www.unicef.org/emerg/files/ Cape_Town_Principles(1).pdf.

10 Trattasi di una breve dichiarazione di intenti e di un documento di analisi più approfondito. Sono entrambi consultabili sul sito della campagna: www. child-soldiers.org.

“Stop all’uso dei bambini-soldato!”

Global Report 2008

Ecco alcune richieste e raccomandazioni contenute nel terzo Rapporto globale sui bambini-soldato della Coalizione inter- nazionale “Stop all’uso dei bambini-sol- dato!”, con particolare attenzione ai doveri dell’Italia.

(I precedenti Rapporti sono del 2002 e 2004: www.childsoldiersglobalreport.org)

Le richieste

Arruolamento sotto i 18 anni: in 63 Paesi

è ancora permesso. Almeno 63 governi – compresi Regno Unito e Stati Uniti – con- sentono ancora l’arruolamento volontario di minorenni, in tempo di pace, nonostante la maggiore età sia fissata a 18 anni nella gran parte del mondo.

L’Italia può fare di più. L’Italia, nel 2002,

ha ratificato il Protocollo Opzionale e dal 2004, con la legge 226, ha stabilito a 18 anni l’età minima per l’arruolamento volontario. Tuttavia finora non è mai stata ritirata la Dichiarazione di riserva fatta in occasione della ratifica del Protocollo Opzionale, sull’arruolamento volontario di ragazzi di 17 anni.

Le raccomandazioni

Ai governi e alla comunità internazionale raccomanda di:

promuovere la messa al bando, a livello in- ternazionale, dell’uso dei bambini-soldato e l’adozione del Protocollo opzionale da parte di tutti quei Paesi che non l’hanno ratificato e quindi ancora prevedono l’ar- ruolamento volontario di minori di 18 anni;

riassunto il processo di revisione dei Prin- cìpi di Città del Capo alla luce dell’espe- rienza acquisita nei dieci anni trascorsi, approfondendo e delineando in maggiori dettagli le linee guida per i complessi pro- cessi di liberazione dei bambini, loro rein- serimento nella società e ricongiungimento con la famiglia. Appaiono di particolare interesse l’impostazione non verticistica, diretta a integrare il bambino come sog- getto consapevole dotato di una propria volontà.

Riprendendo l’analisi del ciclo della vita del bambino-soldato proposto preceden- temente, articolabile nella sequenza reclu- tamento-addestramento-combattimento- morte/fuga/rilascio, si vede come le fasi su cui agire siano sostanzialmente la prima e l’ultima (non essendo possibile influire du- rante la permanenza dello stesso all’interno del gruppo armato). Per impedire il reclutamento già si è detto della configurazione di esso come reato punibile in base al diritto penale interna- zionale. Un tipo di disincentivo rivolto non al singolo ma al gruppo combattente nella sua interezza consiste nell’imposizione di sanzioni commerciali ed economiche volte a colpire gli interessi economici sottostanti. Il campo delle opzioni possibili è vastis- simo, spaziando dalle pressioni sulle so- cietà commerciali collegabili coi gruppi in questione al blocco dei conti bancari, fino alle campagne d’opinione per far crescere la coscienza del problema. A tal proposito si può citare la campagna sui “diamanti insanguinati”, partita alla fine degli anni Novanta, volta a denunciare il sostentamento di gruppi combattenti grazie al commercio di diamanti. Sul piano dell’attenzione dell’opinione pubblica essa ebbe pieno successo nel divulgare i termini del problema, spingendo la principale im- presa attiva nel campo del commercio di diamanti – De Beers – a mostrare interesse e volontà di attivarsi sul tema, sostenendo il processo di certificazione dei diamanti attestandone la provenienza, che infine en- trò in vigore nel 2003.11 Nonostante vi siano

molte critiche alla validità di tale strumento – in primis l’insussistenza di controlli real- mente incisivi – l’indubbio miglioramento della politica della regione epicentro del fenomeno pare suggerire una valutazione articolata e bisognosa di ulteriore analisi: l’area interessata comprende Sierra Leone, Liberia, Angola, Costa d’Avorio, Repubblica democratica del Congo, e occorre verifi- care la misura in cui la certificazione abbia influito nei difficilissimi percorsi verso la pace in atto in alcuni di questi paesi. Nel caso in cui si verifichi una correlazione positiva va compiuta un’ulteriore valuta- zione sulla applicabilità di tale metodolo- gia in contesti profondamente differenti. Va detto che la portata di tale tema eccede il tema dei bambini-soldato (nonostante

prevedere, in tutti gli accordi di pace, di- sposizioni per un immediato rilascio dei bambini-soldato e includere i programmi di educazione tra le misure prioritarie in favore di tali minori;

adoperarsi affinché siano incrementati e implementati anche con adeguati fi- nanziamenti i programmi di disarmo, smobilitazione e reinserimento per gli ex bambini-soldato, con speciale attenzione alle ex bambine-soldato.

Al governo italiano di:

- ritirare la Dichiarazione di riserva ad arruolare ragazzi di 17 anni che siano vo- lontari, resa in occasione della ratifica del Protocollo opzionale;

- specificare a livello legislativo cosa si intende per “partecipazione diretta” alle ostilità;

- rendere obbligatoria l’educazione ai di- ritti umani nelle scuole, comprese quelle militari;

- rivedere la legge 185/90 affinché sia vie- tata la vendita di armi leggere a quei paesi in cui i minori di 18 anni sono coinvolti nelle ostilità, come bambini-soldato; - assicurare ai minori migranti e richie- denti asilo in Italia, utilizzati e impiegati come bambini-soldato, adeguata prote- zione e assistenza, finalizzate al loro recu- pero fisico e psicologico.

11 Tale certificazione ha assunto il nome di Kimberly Process, si veda in merito: www.kimberleyprocess. com.

l’Africa occidentale sia notoriamente una delle aree più colpite da tale fenomeno), per approdare alle possibilità stesse di riso- luzione dei conflitti esistenti.

Facilitare la fuoriuscita dei minori dai gruppi combattenti significa da un lato fare pressioni sui comportamenti e sulle politiche dei gruppi stessi secondo le ipo- tesi di lavoro precedentemente illustrate; dall’altro rivolgere le proprie attività verso il bambino/a singolo/a per dare concrete prospettive di reinserimento nella società onde evitare il ritorno alla vita militare. Le esperienze di disarmo e reinserimento hanno talvolta dato risultati assai promet- tenti. Prendendo ad esempio l’attività svolta nell’Africa occidentale12, si vede come sia possibile attivare una preziosa sinergia di forze fra i soggetti istituzionali (le agenzie ONU e i governi locali), le ONG transnazio- nali (presumibilmente più a contatto con la realtà effettiva della popolazione) e la so- cietà civile locale, la quale – anziché ridursi come è a volte il caso a un semplice bacino d’intervento esterno senza altro ruolo col- laborativo e sussidiario rispetto a strategie decise altrove – spesso possiede una note- vole capacità e competenza, rafforzate dalla conoscenza della cultura e del contesto lo- cale. Dove tale sinergia ha trovato una for- mula di congrua collaborazione reciproca, i risultati hanno restituito la vita di migliaia di bambini alla normalità.

Ciò che da più parti si lamenta è tuttavia un impegno finanziario considerato in- sufficiente, soprattutto vista la comples- sità dell’assistenza sanitaria e psicologica verso bambini il cui sviluppo è stato gra- vemente compromesso da atti di brutalità estrema (e nel caso di bambine spesso di natura sessuale). Bambini e bambine che rischiano di trovarsi soli senza riferimenti, in conseguenza del rilascio negoziato dalle parti internazionali o dalla fine delle osti- lità; bambini e bambine che sono riusciti a sottrarsi con la fuga da situazioni umana- mente intollerabili e che si trovano a dover progettare, in autonomia, il loro futuro.

Per saperne di più

Testi di riferimento: AA.VV., Disegni di guerra. La

guerra civile in Sierra Leone raccontata dagli ex bam- bini-soldato, EMI, Bologna, 2000; Albanese G., Solda- tini di piombo. La questione dei bambini-soldato, Fel-

trinelli, Milano, 2005; Bertozzi L., I bambini-soldato.

Lo sfruttamento globale dell’infanzia. Il ruolo della società civile e delle istituzioni internazionali, EMI,

Bologna, 2003; Caritas Italiana (a cura di), Non chia-

marmi soldato. I bambini combattenti tornano a casa: frammenti di pace in Sierra Leone, EGA, Torino, 2002;

Carrisi G., Kalami va alla guerra. I bambini-soldato, Ancora, Milano 2006; Kaldor, M., Le nuove guerre, Carocci, Roma, 1999; Rosen D.M., Un esercito di bam-

bini. Giovani soldati nei conflitti internazionali, Cor-

tina, Milano, 2007; Singer P.W., I signori delle mosche.

L’uso militare dei bambini nei conflitti contemporanei,

Feltrinelli, Milano, 2006.

Narrativa e testimonianza: A) Adulti: Ayala Sosa R.,

Dall’odio all’amore. El Salvador: parla una bambina della guerra, Ibis, Como, 2001; Beah I., Memorie di un soldato bambino, Neri Pozza, Vicenza, 2007; Dongala

E., Johnny Mad Dog, Epoché, Milano, 2006; Kourouma A., Allah non è mica obbligato, e/o, Roma, 2002; Saro Wiwa K., Sozaboy, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2005; Ungulani Ba Ka K., La gabbia vuota. L’oscura

notte dei bambini-soldato in Mozambico, Edizioni

Lavoro, Genova, 2007; B) Ragazzi: Bayle R.-M., Moussa

e Jason bambini soldato. Quando i bambini ritornano dalla guerra, EGA, Torino, 2007; Binet L., La guerra di Maaka e Pavel. La Cecenia sotto la pressione russa,

EGA, Torino, 2005; Melis A., Una bambina chiamata

Africa, Piemme, Casale M.to, 2005; Ferrara A., Il bam- bino col fucile, Città Aperta, Troina, 2007.

Filmografia: Edward Zwick, Blood Diamond-Diamanti

di sangue (USA, 2007); Sean Fine e Andrea Nix, War Dance (USA, 2007, doc.).

12 Prendendo tale area come riferimento, nella quale si sono svolti i conflitti più interessati al reclutamento di minori, si può utilmente consultare il rapporto Child

soldiers and Disarmament, Demobilization, Rehabi- litation and Reintegration in West Africa, 2006, a cura

APPROFONDIMENTI

APPROFONDIMENTI