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Disability in America: il modello dell’Institute of Medicine

I Modelli Teorici della Disabilità

2.4. Disability in America: il modello dell’Institute of Medicine

Nel 1991 nell’ambito del testo “Disability in America” elaborato da Pope e Tarlov dell’Institute of Medicine di Washington, Nagi fornì una revisione del suo modello. In particolare Nagi osservò che alcune menomazioni sfiguranti o stigmatizzanti potevano portare ugualmente alla disabilità pur senza causare limitazioni funzionali al livello dell’organismo (Nagi, 1991). Egli mise in risalto l’importanza del ruolo dei fattori ambientali nel processo del disablement: “la disabilità è la limitazione nell’eseguire dei ruoli e dei compiti definiti socialmente attesi in un individuo all’interno di un ambiente fisico e socioculturale. Questi ruoli e compiti sono organizzati in sfere di

attività di vita come quelle della famiglia od altre relazioni interpersonali, il lavoro, l’occupazione ed altre attività di natura economica, l’istruzione, le attività ricreative e la cura di sé” (Nagi, 1991, pag. 315). Inoltre, esaminò il rapporto tra i livelli da lui descritti: “non tutte le menomazioni o le limitazioni funzionali portano alla disabilità, e pattern simili di disabilità possono risultare da diversi tipi di menomazioni o limitazioni funzionali. Inoltre, tipi identici di menomazioni e simili limitazioni funzionali possono risultare in diversi pattern di disabilità” (Nagi, 1991, pag. 315). Catalogò anche alcuni fattori che avrebbero potuto mediare il legame tra menomazioni, limitazioni funzionali e disabilità, che includevano la definizione e le reazioni dell’individuo alla situazione, la definizione della situazione da parte di altri, le loro reazioni ed aspettative, e le caratteristiche dell’ambiente ed il grado in cui questo è libero, o gravato, da barriere fisiche e socio-culturali (Nagi, 1991). Citando tali fattori Nagi introdusse il ruolo delle caratteristiche della persona, delle sue reazioni, ma anche il ruolo dell’ambiente, che venne distinto in ambiente sociale (le reazioni e le aspettative degli altri significativi) ed ambiente fisico (che può essere gravato da barriere fisiche) (Masala, Petretto, 2008). Il modello di Pope e Tarlov aggiunse e perfezionò diverse dimensioni del modello di Nagi: propose tre interazioni dei fattori di rischio, biologici, ambientali (sociali e fisici) e relativi allo stile di vita/comportamentali, che influenzavano ciascun elemento del processo di disabilità: la patologia, la menomazione, le limitazioni funzionali e la disabilità. Identificare questi fattori può essere il primo passo verso l’identificazione dei meccanismi di azione, e lo sviluppo di interventi di prevenzione (Pope, Tarlov, 1991). Ci possono essere molti fattori di rischio, percorsi causali associati alla disabilità e condizioni disabilitanti, e Marge (1988) ne ha elencato sedici più importanti: problemi genetici, complicazioni alla nascita, malattie acute e croniche, violenza, ferite involontarie e intenzionali, problemi di qualità ambientale, mancanza di forma fisica, abuso di alcool e droghe, uso di tabacco, disturbi alimentari, carenze educative, metodi educativi deleteri, credenze culturali e familiari

deleterie, condizioni di vita non igieniche, inaccessibilità a cure sanitarie adeguate, stress. Inoltre, i fattori di rischio possono intervenire in diversi stadi del processo di disabilità, e spesso sono ben distinti dai fattori precipitanti le condizioni iniziali; inoltre, i fattori di rischio possono essere sia endogeni (attraverso le scelte individuali) che esogeni (attraverso l’ambiente sociale e fisico) (Pope, Tarlov, 1991). Il modello dello IOM integrò le teorizzazioni di Nagi con il concetto di impatto sulla qualità della

vita come parte del processo disabilitante (IOM, 1991); essa corrisponde al

totale benessere, comprendente le determinanti fisiche e psicosociali.

Le componenti della qualità della vita includono le performance nei ruoli sociali, lo stato fisico e quello emozionale, le interazioni sociali, il funzionamento intellettuale, lo stato economico, lo stato di salute percepito dalla persona (Wenger et al., 1984). Gli indicatori della qualità della vita includono gli standard di vita, lo stato economico, la soddisfazione nella vita, la qualità dell’abitazione e del quartiere nel quale si vive, l’autostima e la soddisfazione lavorativa. La qualità della vita è inoltre il prodotto di forze diversificate che influenzano, ad esempio, l’educazione e le opportunità lavorative, o che portano a diversi trattamenti dei gruppi all’interno della popolazione (Pope, Tarlov, 1991). La qualità della vita è rilevante per tutti gli stadi del processo della disabilità, a iniziare dalla patologia. Infatti, il graduale deterioramento delle funzioni, come il caso di qualche malattia cronica, dovrebbe essere visto nel contesto di come ne è colpita la qualità della vita. Per le persone esposte a queste circostanze, impedire il deterioramento delle funzioni è equivalente a mantenere la loro vita ad un certo livello di qualità (Pope, Tarlov, 1991). A loro volta, le condizioni sociali influenzano enormemente la salute e il benessere di questi individui. Quegli individui che hanno limitazioni funzionali potrebbero non avere l’opportunità di partecipare alla vita di comunità, se questa non agevolasse le loro limitazioni. Inoltre, le percezioni della personale indipendenza e della qualità della vita sono importanti nel determinare il modo in cui gli individui rispondono ai cambiamenti in ciascuno dei quattro stadi del

processo della disabilità (Pope, Tarlov, 1991). La qualità della vita della persona in condizioni di disabilità può essere migliorata o almeno mantenuta stabile se il funzionamento non può essere migliorato. Le modificazioni ambientali, come la costruzione di rampe negli edifici o la riduzione degli atteggiamenti negativi e degli stereotipi, possono aiutare a migliorare la qualità di vita di un individuo.

In conclusione, il rapporto dello IOM, considerando i fattori di rischio, la qualità della vita e l’importanza delle caratteristiche dello scenario sociale e fisico nell’influenzare il grado individuale di disabilità, ha contribuito a far conoscere il modello concettuale della disabilità di Nagi ad un più vasto pubblico e aiutato a stimolare la ricerca sugli aspetti ambientali del processo di disabilità.

2.5. Il modello del National Center for Medical Rehabilitation Research