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I Modelli Teorici della Disabilità

2.8. Peculiarità e scopi dell’I.C.I.D.H

Nel 1993, in seguito alle critiche espresse dagli utilizzatori dell’I.C.I.D.H., si decise di avviare concretamente un aggiornamento della classificazione, attraverso un processo di revisione e una metodologia di lavoro differenti dalla precedente (Leonardi, 2005).

L’obiezione principale posta all’ I.C.I.D.H. era l’utilizzo non agevole e pertanto è stato ritenuto che la revisione dovesse tendere alla semplificazione, più che all’aggiunta di particolari. I fattori contestuali, fattori esterni (ambientali) e fattori interni (personali), costituivano delle componenti importanti del processo di handicap, e dovevano essere ulteriormente sviluppati.

Nel 1996 venne organizzato un meeting a Ginevra nel quale furono presentate diverse proposte, sulla base delle quali venne prodotta la Bozza Alfa dell’I.C.I.D.H.-2 e si procedette con una prima verifica pilota. Nel meeting di revisione dell’I.C.I.D.H., tenutosi nell’aprile del 1997, venne presentata una nuova bozza della versione “Beta-1” dell’I.C.I.D.H.-2, che venne pubblicata per la prova sul campo nel giugno 1997. Sulla base dei dati e di altri feedback raccolti nel corso delle prove sul campo, venne realizzata la bozza “beta-2”, che fu discussa durante il meeting annuale sull’I.C.I.D.H.-2 a Londra e che poi venne pubblicata per la prova sul campo nel luglio 1999 (Leonardi, 2005).

L’OMS definì alcuni principi fondamentali per impostare la revisione dell’I.C.I.D.H., così riassumibili:

1. Universalità: al pari del funzionamento umano, la disabilità dovrebbe essere vista come un aspetto universale dell’umanità, non come definizione di caratteristiche di qualche gruppo minoritario;

2. Ambiente: considerate le intuizioni del modello sociale, i fattori ambientali devono essere inclusi come componente dello schema di classificazione;

3. Linguaggio Neutrale: la nuova classificazione è principalmente una classificazione positiva dei livelli di funzionamento umano, non una classificazione esclusiva dei problemi di funzionamento. Un obiettivo essenziale della revisione è stato quello di evitare qualsiasi terminologia negativa e tipicamente medica.

4. Parità: la classificazione non dovrebbe fare differenza fra il fisico e il mentale, ma semplicemente classificare tutte le funzioni umane. Ciò implica che la classificazione sia eziologicamente neutrale: tutti i livelli di disabilità sono definiti operativamente senza riferimenti a cosa possa causare il problema;

5. Modello Biopsicosociale: si tratta del più importante principio della revisione coinvolto nel modello sottostante di disabilità, al quale sarà interamente dedicato il prossimo capitolo.

Una varietà di modelli concettuali sono stati proposti per capire e spiegare la disabilità e il funzionamento, espressi nella dialettica tra il modello medico e quello sociale: il primo vede la disabilità come un problema personale, causato direttamente dalla malattia, dal trauma o da altre condizioni di salute, che richiedono cure mediche fornite dai professionisti nella forma di trattamento individuale (WHO, 1999, pag. 25). Il modello sociale della disabilità, invece, lo inquadra come un problema generato dalla società, e principalmente come un impegno di piena integrazione degli individui nella società. La disabilità non è un attributo dell’individuo, ma una complessa combinazione di condizioni, molte delle quali sono create dall’ambiente sociale. Quindi la gestione dei problemi richiede azioni sociali, ed è compito della società realizzare le modificazioni ambientali necessarie per la piena partecipazione delle persone con disabilità in tutte le aree della vita sociale. L’I.C.I.D.H.-2 tenta di ottenere un’integrazione dei due modelli, con la quale poter fornire un panorama coerente delle diverse dimensioni di salute a livello biologico, individuale e sociale (WHO, 1999, pag. 25).

La nuova classificazione doveva assolvere a diversi compiti: essere funzionale alle esigenze avvertite nei diversi Paesi, settori e discipline

sanitarie; risultare utile per la pratica, per identificare i bisogni di assistenza sanitaria e sociale e per predisporre programmi di intervento (per esempio prevenzione, riabilitazione, azioni sociali); essere in grado di fornire una visione coerente dei processi coinvolti nelle conseguenze delle condizioni di salute; essere sensibile alle differenze culturali e utilizzabile in maniera complementare alla famiglia delle classificazioni dell’OMS; risultare applicabile in maniera transculturale, così da diffondere i principi di universalità; inoltre, era previsto un arricchimento di ulteriori schemi riguardanti i fattori contestuali (fattori esterni ambientali e fattori interni- personali), componenti importanti del processo della disabilità (Leonardi, 2005).

L’I.C.I.D.H.-2 fornisce una descrizione di situazioni riguardo al funzionamento umano e alla disabilità, e serve da cornice per organizzare le informazioni, presentandole in modo comprensibile, interrelato e facilmente accessibile.

Tale classificazione organizza le informazioni secondo tre dimensioni: corporea, individuale e sociale, rispettivamente denominate: “funzioni e strutture corporee”(B), “attività”(A) e “Partecipazione”(P) (WHO, 1999, pag. 12). Tali dimensioni contengono vari domini di funzioni e strutture corporee, prestazioni di attività e coinvolgimento nelle situazioni della vita e coprono le seguenti aree: la dimensione corporea (comprendente a sua volta due classificazioni, una per le funzioni dei sistemi corporei, e una per la struttura corporea); la dimensione delle attività (che copre la gamma completa di attività svolte da un individuo, e i capitoli sono organizzati da attività semplici a quelle complesse); la dimensione della partecipazione (che classifica le aree di vita in cui un individuo è impegnato, a cui ha accesso, ha opportunità o barriere sociali, e i domini sono organizzati dalle aree più semplici a quelle complesse).

I fattori contestuali sono componenti integrali della classificazione e si articolano nei fattori ambientali e nei fattori personali. I primi hanno un

impatto su tutte e tre le dimensioni e sono organizzati dall’ambiente più prossimo alla persona a quello più generale.

Il termine “dimensione” si riferisce ai livelli di funzionamento, mentre il termine “dominio” denota le categorie in ciascuna dimensione.

Le dimensioni dell’I.C.I.D.H.-2 sono concepite come aventi due poli: uno per indicare i problemi (menomazioni, limitazioni delle attività o restrizioni nella partecipazione), mentre l’altro per indicare aspetti non problematici (neutri o positivi) di stati funzionali (WHO, 1999, pag. 12).

La parola “Funzionamento” è usata come termine ombrello per gli aspetti positivi o neutri delle dimensioni a livello corporeo, individuale o sociale, mentre “Disabilità” è usata come termine ombrello per i problemi in queste dimensioni. Le dimensioni sono classificazioni distinte ma parallele; cosi le dimensioni B, A e P possono essere usate da sole o in maniera interrelata per arrivare a una valutazione più comprensiva.

Ciascuna dimensione identifica i domini che sono categorie di classificazione. Il primo qualificatore per ciascuna dimensione e componente è uniforme e specifica l’entità o l’importanza del funzionamento o della disabilità in quella categoria. Il secondo qualificatore è dimensione-specifico ed è spiegato in una sezione pertinente di ciascuna dimensione (WHO, 1999, pag. 14).

Come risultato di prove sul campo e consultazioni durante il processo di revisione sono state introdotte le nuove caratteristiche nell’I.C.I.D.H.-2: tutti i concetti (le tre dimensioni di disabilità e le componenti ambientali) e tutte le categorie all’interno delle tre dimensioni sono funzionalmente definiti; le dimensioni sono designate da termini neutri; il termine “disabilità” usato nell’I.C.I.D.H. è stato sostituito dalla dimensione attività e “l’handicap” è stato riformulato come “partecipazione”: ciò ha introdotto una connotazione positiva di tale dimensione (WHO, 1999, pag. 189). Con la formulazione della bozza beta dell’I.C.I.D.H.-2 iniziarono le prove sul campo con impostazione transculturale e multisettoriale, che si conclusero nel Settembre 2000.

Alla stesura, elaborazione e validazione della nuova classificazione hanno partecipato più di settanta Paesi per un lavoro durato più di sette anni. Sulla base delle osservazioni raccolte in questo periodo e in seguito al consulto con i centri collaboratori dell’OMS e con il Committee of Experts on

Measurement and Classification dell’OMS venne prodotta la versione

precedente a quella finale dell’I.C.I.D.H.-2 (Dicembre 2001). Questa, dopo essere stata sottoposta a revisione dal Comitato Esecutivo dell’OMS nel gennaio 2001, diede vita alla versione finale dell’I.C.I.D.H.-2, presentata e accettata, nella 54° World Health Assembly il 22 maggio 2001, con il nome di International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF). Nell’Aprile 2002 si è svolta a Trieste la “WHO Conference on Health and

Disability”, la quale ha presentato l’ICF ai Ministri della Sanità e del

Welfare provenienti da 75 Paesi, con lo scopo di stimolare una discussione tra i principali referenti politici sui concetti e sui sistemi di classificazione e di misura. L’obiettivo finale è stato poi quello di promuovere l’impegno dei Ministri della Sanità per l’utilizzo e l’applicazione della nuova Classificazione Internazionale dell’OMS e di aprire un tavolo di discussione sulle prospettive di applicazione della Classificazione Internazionale a livello mondiale (Leonardi, 2005).

2.9. ICF: La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della