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Un altro settore nel quale la divaricazione tra la disciplina della liquida-zione coattiva e quella della stabilizzaliquida-zione dell’impresa attraverso una sua riorganizzazione finanziaria evidenzia una differente gerarchizzazione degli interessi presi in considerazione dal legislatore è quello delle crisi bancarie.

Con la recente introduzione della disciplina del c.d. bail-in, infatti, si è dato luogo a una profonda deviazione dello schema classico che

pre-vede l’alternativa liquidatoria quale conseguenza della crisi finanziaria di un’impresa, per introdurre un sistema che mira al salvataggio dell’impresa bancaria (anche) a discapito degli interessi di (alcuni) creditori e dei soci.

Com’è noto, la Direttiva 2014/59/UE (c.d. Bank Recovery and

Resolu-tion Directive o BRRD) ha istituito un quadro armonizzato a livello

dell’U-nione in tema di risanamento e di risoluzione degli enti creditizi e delle im-prese di investimento. In particolare la Direttiva ha attribuito alle Autorità nazionali preposte alla risoluzione delle crisi bancarie il potere di adottare misure volte a pianificare, prevenire o risolvere un’eventuale situazione di crisi o dissesto di una banca allo scopo di garantire la continuità delle sue funzioni essenziali, di evitare gli effetti negativi della crisi sulla stabilità finanziaria prevenendo il contagio del mercato, di salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario straordi-nario degli Stati e di tutelare, da un lato, i depositanti contemplati dalla direttiva 2014/49/UE e gli investitori contemplati dalla direttiva 97/9/ CE e, dall’altro lato, i fondi e le attività dei clienti (art. 31, BRRD). Con il Regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, è stata inoltre prevista una procedura uniforme (Single

Resolution Mechanism SRM) per la risoluzione degli enti creditizi di

inte-resse sistemico e di alcune imprese di investimento7.

Alla disciplina dell’Unione è stata data attuazione in Italia con i d.lgs. nn. 180 e 181 del 16 novembre 2015 il cui principio cardine è quello di assicurare il salvataggio delle banche in crisi addossando gli oneri del risa-namento, nell’ordine, prima agli azionisti, poi agli obbligazionisti ed infine ai depositanti non garantiti (da qui il termine bail-in): e ciò, si badi, non solo quando la risoluzione sia avviata in ragione di una crisi finanziaria della banca, ma anche quando questa sia stata determinata da gravi irrego-larità nella gestione8. Questo sistema fa gravare il peso della crisi bancaria

7 In argomento, vedi A. Guaccero, Global Crisis, Globalization of Remedies. Comparative

Remarks on the Approach to Banking and Financial Crises in the US and the EU, in Ann. Dir. comp., 2017, p. 345 e ss.

8 Ai sensi dell’art. 17, 1° comma, d.lgs. n. 180/2015, l’utilizzo del bail-in nell’ambito di una procedura di risoluzione, è possibile solo se la banca si trova in dissesto o a rischio di dissesto, non si possono ragionevolmente prospettare misure alternative che permettono di superare tale situazione in tempi adeguati e la sottoposizione della banca alla liquida-zione ordinaria non permetterebbe di salvaguardare la stabilità del sistema, di proteg-gere depositanti e clienti, di assicurare la continuità dei servizi finanziari essenziali. La nozione rilevante di dissesto è contenuta al secondo comma dell’art. 17, secondo cui la banca è considerata in dissesto o a rischio di dissesto quando si verifica (o vi è il rischio che si verifichi nel prossimo futuro) almeno una delle seguenti circostanze: a) risultano irregolarità nell’amministrazione o violazioni di disposizioni legislative, regolamentarie o

(e persino della cattiva gestione degli amministratori che pure non abbia determinato l’insolvenza) non più sui soli detentori di capitale di rischio (cui l’insuccesso della banca sarebbe indirettamente imputabile per ave-re scelto un management inadeguato), ma anche su alcune categorie di creditori, adottando così una soluzione assai diversa da quella che trova generalmente applicazione nel caso di insolvenza di un’impresa di diritto comune e che si spinge sino all’ablazione coattiva dei diritti dei soci e di alcune categorie di creditori9.

In sostanza, il bail-in, nella misura in cui incide sulle partecipazioni al capitale della banca e sulle pretese dei creditori, attribuendo loro even-tualmente una partecipazione azionaria nel caso in cui le loro pretese non

statutarie che regolano l’attività della banca di gravità tale che giustificherebbero la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività; b) risultano perdite patrimoniali di ecceziona-le gravità, tali da privare la banca dell’intero patrimonio o di un importo significativo del patrimonio; c) le sue attività sono inferiori alle passività; d) essa non è in grado di pagare i propri debiti alla scadenza; e) è prevista l’erogazione di un sostegno finanziario pubblico straordinario a suo favore (salva la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 18 d.lgs. n. 180/2015, in presenza delle quali la banca non si considera in dissesto. Con riguardo a tale disciplina è interessante notare che, tra le circostanze integrano il dissesto, le irrego-larità gestorie di cui alla lett. a) non attengono a profili di natura patrimoniale, sicché si ammette l’apertura di una procedura che compromette fortemente i diritti di soci e credi-tori anche in assenza di un deficit patrimoniale. In argomento, su questo specifico punto si veda Santoni, La disciplina del bail-in, lo stato di dissesto e la dichiarazione dello stato

di insolvenza, in AGE, 2016, p. 517 e ss.; in generale, sui presupposti della risoluzione

vedi Stanghellini, Risoluzione, bail-in e liquidazione coatta: il processo decisionale, in R. Lener, U. Morera, F. Vella (a cura di), Banche in crisi. Chi salverà i depositanti?, in AGE, 2016, p. 574 e ss.

9 L’ablazione dei diritti di azionisti e creditori è stata ritenuta di dubbia compatibilità con i princìpi costituzionali posti a tutela della proprietà (art. 42 Cost.) e del risparmio (art. 47 Cost.). Sul problema della legittimità costituzionale del bail-in, vedi G. Guizzi,

Il Bail-in nel nuovo sistema di risoluzione delle crisi bancarie. quale lezione da Vienna?, in Corr. giur., 2015, p. 1492; L. Di Brina, “Risoluzione” delle banche e “Bail-in” alla luce dei principi della Carta fondamentale dell’UE e della Costituzione nazionale, in Riv. trim. dir. econ., 2015, p. 223; G.L. Carriero, Crisi bancarie, tutela del risparmio, rischio sistemico,

in AGE, 2016, p. 373 e ss.; P. Grossi, La tutela del risparmio a settant’anni

dall’approva-zione dell’articolo 47 della Costitudall’approva-zione, in Bancaria, 2017, p. 6. In giurisprudenza, vedi

Trib. Arezzo, 11 febbraio 2016 e App. Firenze, 6 maggio 2016, entrambe in Riv. trim.

dir. econ., 2016, II, p. 70 e ss. con nota adesiva di D. Rossano, Il salvataggio della BPEL e l’accertamento dello stato di insolvenza alla luce della nuova normativa in materia di crisi bancarie, che hanno ritenuto non fondata l’eccezione di legittimità costituzionale,

affer-mando che non sussiste violazione né dell’art. 47 Cost., perché il bail-in, assicurando la stabilità finanziaria, ha anche una funzione di protezione degli interessi dei risparmiatori, né dell’art. 3 Cost., in quanto la posizione sostanziale di creditori e azionisti in una situa-zione di crisi è assimilabile ed è giustificato un loro trattamento omogeneo.

possano trovare integrale soddisfazione sul patrimonio sociale, determina un’alterazione forzosa della struttura finanziaria dell’impresa bancaria che le consente di continuare ad esercitare la sua attività nonostante si sia veri-ficato il dissesto10. Tale tecnica di ricapitalizzazione non ha in comune con le procedure concorsuali la finalità di ripartire tra i creditori le perdite de-terminate dalla crisi della banca, ma costituisce piuttosto uno strumento al-ternativo alle regole su cui tradizionalmente si basa il sistema concorsuale11. Vi è quindi una espressa preferenza del legislatore per il bail-in rispetto all’alternativa liquidatoria in nome del superamento del dissesto e della tutela della stabilità sistemica.

A protezione degli interessi dei creditori rimane il principio del c.d.

no creditor worse off (art. 52, d.lgs. n. 180/2015), secondo cui nessun

cre-ditore deve subire perdite superiori a quelle che avrebbe subito se la ban-ca fosse stata liquidata attraverso una procedura ordinaria d’insolvenza, e sono previste alcune eccezioni al principio del bail-in, nonché la possibi-lità per l’Autorità di risoluzione, al verificarsi di particolari condizioni, di escludere in tutto o in parte dalla sua applicazione altre passività (art. 49 d.lgs. n. 180/2015). Al riguardo, è stato sostenuto che, in fin dei conti, il

bail-in non fa altro che anticipare un esito che si sarebbe comunque avuto

nel caso di normale decorso di una procedura di natura liquidatoria, dove comunque i titolari del capitale di rischio e gli obbligazionisti subordinati non avrebbero ricevuto alcun rimborso e i creditori sarebbero stati soddi-sfatti nei limiti del patrimonio disponibile. La normativa prevede infatti che: (i) l’intera operazione debba tenere conto di una valutazione pro-spettica (dell’attivo e del passivo) realizzata da un esperto indipendente (art. 51, d.lgs. n. 180/2015); (ii) il peso delle perdite debba essere fatto

10 Cfr. C. Sandei, Il bail-in tra diritto dell’insolvenza e diritto dell’impresa, in Riv. dir. civ., 2017, p. 892.

11 Così ivi, p. 893. Sul rapporto tra bail-in e procedure concorsuali vedi M. Speranzin, voce «Bail-in (e condivisione degli oneri)», in Dig. disc. priv. – Sez. comm., Agg. ********, Torino 2017, p. 36, secondo cui il bail-in occuperebbe una posizione intermedia tra l’amministrazione straordinaria e la liquidazione coatta amministrativa (riservata ormai a situazioni di crisi irreversibile), quale alternativa percorribile solo nel caso in cui il salva-taggio della banca sia prevedibile; O. Capolino, Risanamento e risoluzione delle banche:

riparto delle funzioni, compiti e responsabilità, in M. Mancini, A. Paciello, V. Santoro,

P. Valensise (a cura di), Regole e Mercato, vol. I, Torino 2016, pp. 632, 653, che ritiene applicabili alle banche anche gli altri istituti di soluzione della crisi previsti dalla legge fallimentare, come gli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis, l. fall; in senso contrario, Stanghellini, La disciplina delle crisi bancarie: la prospettiva europea, in Dal Testo unico

bancario all’Unione bancaria: tecniche normative e allocazione di poteri, Atti del convegno

gravare in primo luogo sugli azionisti e poi, eventualmente, sui creditori, e comunque nel rispetto del principio di parità di trattamento secondo l’ordine delle rispettive cause di prelazione [art. 52, 2° comma, lett. a), d.lgs. n. 180/2015]; (iii) nessuno possa subire perdite maggiori di quelle che subirebbe in caso di fallimento della banca [art. 52, 2° comma, lett. b), d.lgs. n. 180/2015]. Secondo questa impostazione, persino la successiva, eventuale, decisione di conversione forzata delle passività in azioni [art. 52, 1° comma, lett. d) ed e), d.lgs. n. 180/2015], sarebbe un’eventualità già prevista dal ‘normale’ sistema delle crisi bancarie, essendo assimilabile a ciò che accade nel caso di concordato nella liquidazione coatta, sottoposto alla sola approvazione del tribunale anche senza coinvolgimento dei creditori12.

È stato tuttavia efficacemente notato che il principio del ‘no creditor

worse off’ non è in grado di riportare il finanziatore nell’esatta condizione

in cui si sarebbe trovato in caso di liquidazione. La caratteristica del bail-in è infatti quella per cui il valore del patrimonio della banca in risoluzione, che costituisce il limite al di là del quale si attua l’ablazione dei diritti di soci, obbligazionisti e creditori è frutto di una stima affidata un esperto indipendente. Qualora sulla base di tale valutazione il socio o il creditore siano stati destinatari di un write down e/o una debt conversion, tale per cui le perdite subite sono maggiori di quelle che avrebbero sopportato in una liquidazione coatta amministrativa, essi hanno diritto a ricevere un inden-nizzo pari alla differenza. Non è però consentito – salvo che per motivi di eccezionale urgenza l’operazione sia stata compiuta sulla base di una stima provvisoria – il diritto di ottenere un write-up dei titoli per lo stesso impor-to (art. 51, 3° comma, d.lgs. n. 180/2015).

Le caratteristiche del bail-in evidenziano quindi che esso ha principal-mente la funzione di garantire un ordinato svolgimento delle crisi bancarie al fine di consentire la realizzazione dell’interesse pubblico alla minimiz-zazione dell’impatto del dissesto sui contribuenti, sul sistema finanziario

12 Cfr. M. Perrino, Il diritto societario della crisi delle imprese bancarie nella prospettiva

europea: un quadro d’insieme, in RDS, 2016, p. 288, il quale però ammette che, rispetto

al concordato nella liquidazione coatta, il debt for equity swap che si realizza nel bail-in ha anche o principalmente la funzione di coinvolgere il capitale di credito nei costi del risanamento. In senso conforme E. Rulli, Dal salvataggio pubblico alla risoluzione

ban-caria: rapporti con i principi della concorsualità e prime esperienze applicative, in Riv. trim. dir. ec., 2015, n. 3 suppl., p. 296, sebbene osservando che la risoluzione non tiene «in

al-cuna considerazione la par condicio creditorum». In una posizione intermedia Capolino,

Risanamento e risoluzione delle banche…, cit.., p. 658 e ss., per la quale la disciplina del bail-in si distinguerebbe da quella previgente per la scelta di coinvolgere i creditori e per

e sull’economia, la minimizzazione del costo della crisi per i depositanti, il mantenimento della stabilità del sistema economico-finanziario, sia con funzione di deterrenza, sia - in una prospettiva ex post – nel momento in cui la crisi è ormai emersa e deve essere gestita in modo da limitare le per-dite e nel tentativo di impedire un contagio sistemico13.

Gli strumenti a disposizione delle Autorità di risoluzione mirano ad assicurare che i valori del patrimonio della banca in crisi siano conservati (e che siano correlativamente minimizzate le perdite) e l’operatività della banca sia mantenuta (limitando le ricadute sistemiche della crisi). Il pe-sante impatto che gli strumenti a disposizione delle Autorità di risoluzione possono avere sui diritti della banca, dei suoi azionisti e dei suoi creditori può quindi giustificarsi unicamente perché il dissesto dell’intermediario può mettere in pericolo obiettivi riconducibili alla tutela di un interesse pubblico14.

13 Stanghellini, Risoluzione, bail-in e liquidazione coatta…, cit., p. 570.

14 Così ibidem. Il tema dell’incidenza sui diritti individuali di «proprietà» [intesa nella sua più ampia accezione di posizione individuale suscettibile di valutazione economica, che dunque comprende anche gli azionisti e i creditori: si veda Guizzi, Il bail-in nel nuovo

sistema di risoluzione delle crisi bancarie. Quale lezione da Vienna?, cit., p. 1491 e ss., e

Stanghellini, La struttura finanziaria della società per azioni al tempo della grande crisi, in G. Carcano, C. Mosca, M. Ventoruzzo (a cura di), Regole del mercato e mercato delle regole.

Il diritto societario e il ruolo del legislatore, Atti del convegno (Venezia 13-14 novembre

2015), Milano 2016, p. 257 e ss. è stato oggetto di una serie di importanti pronunzie del-la Corte di giustizia dell’Unione europea, che hanno esaminato del-la compatibilità fra stru-menti di intervento autoritativo motivati dalla crisi finanziaria e diritti degli investitori.

15 La funzione teorizzata prevalentemente esecutiva delle procedure concorsuali tradizio-nali ne metteva in luce la ‘neutralità’ rispetto all’organizzazione dell’impresa societaria: nel senso che, trattandosi di dar luogo a operazioni di mera liquidazione di un patrimonio e di distribuzione del relativo ricavato ai creditori, tale attività non avrebbe prodotto alcuna