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Interesse comune dei creditori e logica economica delle procedure

concorsuali.

L’impostazione che, nell’individuare l’interesse comune dei creditori nelle procedure concorsuali in quello alla migliore e più rapida soddisfazione delle pretese creditorie, sostiene l’identità di ratio tra fallimento e concor-dato potrebbe in astratto trovare un fondamento sul piano economico. In-fatti, quando le risorse a disposizione dell’imprenditore per adempiere alle sue obbligazioni diventano scarse, cioè insufficienti al pagamento integrale dei creditori, la tutela del credito cessa di essere un problema che investe il debitore ed un singolo creditore e diventa un problema di gruppo, che coinvolge tutto il ceto creditorio2. In altri termini, prima che si verifichi la crisi, tra gli interessi di cui sono portatori i singoli creditori non esiste

alcun rapporto, in quanto la soddisfazione dei bisogni di uno non subisce alcuna interferenza dalla soddisfazione dei bisogni degli altri. Quando in-vece il debitore non è più in grado di adempiere integralmente e regolar-mente alle proprie obbligazioni, gli interessi dei creditori si pongono tra loro in un rapporto di strumentalità3.

Dal punto di vista economico, tale strumentalità è stata spiegata sulla base di modelli comportamentali elaborati dalla teoria dei giochi. In par-ticolare, è stato osservato che la fattispecie che ricorre nel momento in cui il patrimonio del debitore risulta insufficiente per il pagamento integrale dei crediti appartiene alla categoria dei problemi che la dottrina economica chiama di common pool4, che si verificano quando più soggetti in competi-zione tra loro tendono a massimizzare lo sfruttamento di una risorsa esau-ribile in assenza di una regola che ne disciplina l’utilizzazione5. Quando il patrimonio del debitore in stato di crisi (o di insolvenza) diventa insuffi-ciente al pagamento integrale dei debiti, esso può essere equiparato ad una risorsa esauribile che più soggetti in concorrenza tra loro hanno interesse a sfruttare6. In questa ipotesi, i creditori tendono a porre in essere

compor-3 Sul punto vedi: Jaeger, L’interesse sociale, cit., p. 7, il quale parla, per queste ipotesi, di posizione di «indifferenza» tra gli interessi; Sacchi, Il principio di maggioranza nel

concordato e nell’amministrazione controllata, cit., p. 235. Distingue tra le regole proprie

di Bankruptcy e quelle di Non-Bankruptcy, T.H. Jackson, Bankruptcy, Non-Bankruptcy.

Entitlements and the Creditors’ Bargain, 91 Yale L.J. (1982), p. 857 e ss.

4 Angelici, Diritto commerciale, vol. I, Roma-Bari 2002, p. 226 sottolinea come l’esigenza di coordinare i comportamenti assunti dal ceto creditorio (considerato come gruppo), sia imprescindibile nelle ipotesi di dissesto dell’imprenditore commerciale per la soluzione di

common pool problem in un’ipotesi di common disaster. Jackson, The Logic and Limits of Bankruptcy Law, Cambridge 1986, p. 7 individua quale scopo della legislazione

concor-suale quello di risolvere un common pool problem. Nella letteratura economico-giuridica statunitense, nello stesso senso, si vedano, tra gli altri: Id., Of Liquidation, Continuation,

and Delay: An Analysis of Bankruptcy Policy and Nonbankruptcy Rules, 60 Am. Bankr. L.J.

(1986), p. 399 e ss.; R.V. Butler, S.M. Gilpatric, A Re-examination of the Purposes and

Goals of Bankruptcy, 2 Am. Bankr. Inst. L. Rev. (1994), p. 269 e ss.

5 Sulla definizione di common pool problem, vedi A.E. Friedman, The Economics of the

Common Pool: Property Rights and Exhaustible Resources, 18 UCLA L. Rev. (1970-1971),

p. 855 e ss.

6 I meccanismi che condizionano i comportamenti nelle ipotesi di common pool problem potrebbero risultare maggiormente chiari riportando un esempio di Jackson, The Logic

and Limits of Bankruptcy Law, cit., p. 11. Si immagini che più soggetti siano legittimati

a pescare il pesce contenuto in un lago, in assenza di regole che ne disciplinino lo sfrut-tamento. In astratto la scelta ottimale per ognuno dei pescatori sarebbe quella di limitare la quantità di pescato annuo, in modo da permettere ai pesci di riprodursi e conseguen-temente massimizzare il profitto nel lungo periodo. Tuttavia ciascuno dei concorrenti non potrà essere mai sicuro che anche gli altri adotteranno la scelta più razionale,

limi-tamenti finalizzati a massimizzare la quantità di denaro recuperabile e ad anticipare le mosse dei concorrenti. Ciascuno, dunque, cercherà prima de-gli altri di attuare strategie dominanti attraverso de-gli strumenti che la legge appresta per la tutela ordinaria del credito: proporrà, così, azioni esecutive o atti conservativi sul patrimonio del debitore; si procurerà garanzie o di-ritti di prelazione; ovvero tenterà di ottenere un pagamento preferenziale7. Queste scelte strategiche potrebbero astrattamente consentire la massima realizzazione dell’interesse di un singolo creditore, ma, in una logica di gruppo, si presentano come soluzioni sub-ottimali, non in grado di con-sentire la più elevata soddisfazione di tutti gli appartenenti alla collettività8. Secondo il modello delineato, i creditori che per primi recupereranno il proprio credito con i mezzi ordinari si assicureranno una soddisfazione tendenzialmente piena: gli altri, invece, rischieranno di rimanere, in tutto o in parte, insoddisfatti. Tale evenienza, pur potendo costituire un’alterna-tiva ottimale per alcuni, non lo è per tutti, proprio perché il patrimonio

tando la propria pesca. Ognuno, quindi, sarà portato a massimizzare il proprio profitto nel più breve tempo possibile, nell’incertezza che gli altri concorrenti possano esaurire l’intera quantità di pesce presente nel lago. Ma, se tutti coloro che hanno il diritto di pescare ponessero in essere questa scelta strategica, i pesci contenuti nel lago ben presto si esaurirebbero e consentirebbero a ciascuno di ricavare dalla propria attività un profitto ben minore di quello che avrebbero ottenuto coordinando i propri comportamenti. Ciò dimostra come, in presenza di un gruppo di soggetti, con uguali diritti sulla stessa risorsa esauribile, l’adozione di una scelta egoistica comporta una perdita per tutti coloro che fanno parte del gruppo. Affinché tutti i pescatori possano ottenere il massimo profitto occorrerà quindi fissare regole che impongano loro di agire in modo coordinato, così come agirebbe un solo pescatore.

7 Cfr., nell’ambito di una più ampia riflessione, R. Mangano, La revocatoria delle

attribu-zioni indirette, Torino 2005, p. 65.

8 L’adozione di scelte strategiche sub-ottimali è propria di quelle situazioni che possono essere ricondotte al modello ideale del così detto ‘dilemma del prigioniero’, nel quale, l’assenza d’informazione sulle scelte operate dagli altri ‘concorrenti’ (situazione che pone ciascuno di essi «behind a veil of ignorance»), determina comportamenti poco efficienti, secondo il modello di comportamento c.d. ‘minimax’. Sul dilemma del prigioniero, in generale, vedi D. Luce, H. Raiffa, Games and Decisions, New York 1957, p. 95; D. Kreps, P. Milgrom, J. Roberts, R. Wilson, Rational Cooperation in the Finitely repeated

Prisoners’ Dilemma, in Journal of Economic Theory, 1982, p. 245 e ss; A. Rubinstein, Finite automata play the repeated prisoner’s dilemma, ivi, 1986, p. 83 e ss. Sul valore del veil of ignorance e dell’informazione nella teoria dei giochi, cfr: K. Binmore, A.M.

Bran-denburger, Common Knowledge and Game Theory, in K. Binmore (ed.), Essay on the

Foundation of Game Theory, Oxford 1990, p. 320 e ss.; J.G. Riley, Informational Equi-librium, in Econometrica, 1979, p. 331 e ss. Sull’applicabilità del modello del dilemma

del prigioniero alle ipotesi di insolvenza, vedi D.G. Baird, R.H. Gertner, R.C. Picker,

del debitore non è sufficiente a garantire il pagamento integrale di tutte le obbligazioni9.

Se, invece, le modalità dell’adempimento fossero oggetto di contrat-tazione tra i creditori e con il debitore, si potrebbe ottenere non solo una soddisfazione maggiormente diffusa, ma anche un abbattimento dei costi del credito, nonché la conservazione del valore di going concern dell’impre-sa che, con la disgregazione atomistica dei beni aziendali provocata dalle azioni individuali, andrebbe inevitabilmente perso10.

Tuttavia, in assenza di norme imperative che regolino il concorso, i cre-ditori non saranno naturalmente e autonomamente inclini a concordare i propri comportamenti perché l’adozione tempestiva di scelte strategiche individuali può essere più redditizia per i così detti creditori forti, cioè quelli che, a causa della loro posizione contrattuale o della loro maggiore capacità di acquisire informazioni, per primi si rendono conto dell’insuffi-cienza patrimoniale. Per questa ragione è necessario predisporre un sistema di regole volte alla più efficiente gestione del dissesto, che imponga ai cre-ditori, normalmente attraverso l’azione di un soggetto esterno (curatore, commissario straordinario, etc.), di agire in maniera coordinata, così da superare la tendenza naturale all’accaparramento delle risorse patrimoniali del debitore per la soddisfazione dei propri interessi egoistici11.

9 Sulla base di analoghe considerazioni, il Reichsgericht tedesco (cfr. RG, 3 febbraio 1914, in RGS, 84, p. 125 e ss.), in un caso citato, tra gli altri, da Sacchi, Il principio di

maggio-ranza nel concordato e nell’amministrazione controllata, cit., p. 234, nell’ipotesi di un

agri-coltore che si era obbligato, con distinti contratti, a fornire a più soggetti una particolare quantità di sementi, e che si era trovato nell’impossibilità di adempiere integralmente alle sue obbligazioni, ha deciso di attuare una decurtazione proporzionale delle diverse presta-zioni, in modo da soddisfare, almeno parzialmente, ma in egual misura, tutti i creditori.

10 Come si legge, tra le altre, in United Sav. Ass’n of Texas v. Timbers of Inwood Forest

As-socs., Ltd., 484 U.S. 365, 108 S. Ct. 626, 98 L. Ed. 2d 740 (1988), la finalità, propria

dei piani di riorganizzazione, di permettere (nell’interesse dei creditori) il realizzo di una somma intermedia tra il going concern value ed il valore di liquidazione è espressa anche dalla Camera dei Rappresentanti degli U.S.A. nel corso dei lavori preparatori alla riforma del Bankruptcy Act nel 1977, allorché affermò: «The question of whether creditors are entitled (on confirmation of a plan of reorganization) to the going-concern or liquidation value of the business is impossible to answer. It is unrealistic to assume that the bill could or even should attempt to answer that question. The bill only sets the outer limits on the outcome: it must be somewhere between the going-concern value and the liquidation value». Il concetto è espresso anche nel corso dei lavori preparatori della riforma

dell’In-solvenzordung tedesca, su cui cfr. S. Smid, Grundzüge des Insolvenzrechts, München 20024, p. 388 e ss.

11 Sul punto cfr. nuovamente Jackson, The Logic and Limits of Bankruptcy Law, cit., p. 7 e ss., il quale, da un lato sostiene che lo scopo della normativa concorsuale risiede proprio

Le procedure concorsuali, dunque, sarebbero destinate in primo luogo a soddisfare l’interesse a beneficiare di una più equa distribuzione delle conseguenze del dissesto riequilibrando le posizioni di vantaggio acquisite da coloro che possono godere di una posizione di forza a danno di coloro che sono destinati a subire passivamente le conseguenze dell’insolvenza.

nella necessità di prevedere un sistema di esecuzione collettiva per i creditori, dall’altro riconosce che proprio tale scopo delle procedure di insolvenza costituisce il loro limite: nel senso che la funzione redistributiva del fallimento non può spingersi al punto di mo-dificare l’assetto di interessi consolidatisi prima dell’apertura del concorso, non potendo, in sostanza, alterare la posizione giuridica relativa di ciascun creditore.

12 Cfr. L. Stanghellini, Proprietà e controllo dell’impresa in crisi, in Riv. soc., 2004, p. 1042, il quale sottolinea come il diritto dell’impresa in crisi non sia «una provincia se-parata dal diritto che regola l’impresa e le società», bensì «ne costituisce proiezione ed attuazione, sia pure in un mutato contesto».

13 Cfr. Libonati, Prospettive di riforma…, cit., p. 332 che parla di «sostituzione della ge-stione dell’impresa in bonis da parte del capitale di rischio, con una gege-stione dell’impresa in crisi da parte dei creditori»; A. Mazzoni, Capitale sociale, indebitamento e circolazione

atipica del controllo, in P. Balzarini et al. (a cura di), La società per azioni oggi. Tradizione, attualità e prospettive, Convegno internazionale di studi (Venezia 10-11 novembre 2006),

t. 1, Milano 2007, p. 512; M. Sciuto, La classificazione dei creditori nel concordato

pre-ventivo (un’analisi comparatistica), in Giur. comm., 2007, I, p. 566 e ss.; Stanghellini, Le crisi di impresa fra diritto ed economia. Le procedure d’insolvenza, Bologna 2007, p. 25.

Con particolare riferimento alle esigenze informative interne nelle procedure di insol-venza, pur nell’ambito di un diverso ragionamento, vedi S. Turelli, L’informazione sulla

gestione nelle società per azioni in liquidazione, in P. Abbadessa, G.B. Portale (a cura di), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, vol. 4, Torino 2007,

p. 28 e ss. Nella letteratura nordamericana si vedano, tra tutti, F.H. Easterbrook, D.R.