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La disciplina del riparto di competenze fra organi social

Il d.lgs. 17-01-2003 n. 6, come è noto, ha profondamente innovato la disciplina societaria. In questa sede ci si concentrerà, nello specifico, sulle modifiche che sono rilevanti per lo studio del riparto di competenze fra organi sociali nell’impresa societaria e, in particolare, si tenterà di ricostruire i rapporti tra assemblea e amministratori così come delineati dall’art. 2380-bis, 1° comma, c.c. e dall’art. 2364, 1° comma, n.5, c.c.

L’art 2380-bis, 1° comma, c.c. afferma: «La gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per il compimento dell’oggetto sociale». Il testo dell’articolo, quindi, delinea una competenza esclusiva dell’organo amministrativo in materia gestoria dando così esplicito riconoscimento legislativo a quelle posizioni dogmatiche che, anche prima della riforma societaria, propendevano per l’identificazione di una competenza gestoria generale in capo agli amministratori77.

L’art. 2364, 1° comma, n.5, c.c., dal canto suo, specifica che: «L’assemblea ordinaria (…) delibera sugli altri oggetti rimessi dalla legge alla competenza dell’assemblea, nonché sulle autorizzazioni

eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti». Come si è considerato poco sopra78, alcuni autori, durante la

vigenza del codice civile nella sua versione pre-riforma societaria, avevano proposto di leggere la riserva statutaria di competenze a favore dell’assemblea ex art. 2364, 1° comma, n. 4, c.c. (ora abrogato) in senso restrittivo, optando cioè per una interpretazione della norma che consentisse al più di sottoporre al vaglio autorizzatorio dell’assemblea la decisione circa alcune operazioni individuate statutariamente79. Tale

prospettiva sembra aver trovato accoglimento nell’art. 2364, 1° comma, n.5, c.c. che ha dato veste legislativa a tale indirizzo ermeneutico, circoscrivendo i poteri gestori degli azionisti alla mera possibilità di autorizzare atti degli amministratori individuati dallo statuto.

Tali norme segnano quindi una nuova fase nel lungo processo di marginalizzazione delle competenze assembleari in materia gestoria e possono considerarsi il punto di arrivo di tendenze dottrinali formatesi durante la vigenza della disciplina societaria pre-riforma.

L’organo assembleare, in definitiva, all’esito del processo evolutivo che si è cercato di descrivere sembra divenuto un organo non

autonomo e estraneo rispetto alla gestione sociale.

78 Vd. Supra p. 35

79 È venuta meno inoltre la possibilità di sottoporre determinati oggetti all’esame

L’ organo assembleare, infatti, opera attraverso deliberazioni che necessitano di attuazione da parte degli amministratori80 e, inoltre, non

può deliberare senza l’ausilio dei componenti dell’organo amministrativo i quali godono di un potere di iniziativa e di proposta riguardo le decisioni assembleari81.

L’art 2364, 1° comma, n.5, c.c., del resto, sembra aver condotto a definitivo compimento il processo di estraniazione dell’assemblea dalla gestione societaria; il potere di gestione dell’assemblea, in particolare, si sarebbe ridotto a una ristretta potestà autorizzatoria per quegli atti degli amministratori per cui il placet assembleare sia richiesto dallo statuto.

All’esito della riforma del 2003, dunque, sembra definirsi un riparto netto di funzioni: l’assemblea conserva le competenze attribuitele nominativamente dalla legge in materia di nomine, organizzazione, programmazione e indirizzo mentre l’organo amministrativo, in virtù dell’art. 2380-bis c.c., diviene l’unico detentore di competenze gestorie. Tale riparto di competenze risulta quindi

80 In proposito cfr. P.SPADA E M.SCIUTO, Il tipo della società per azioni, in Trattato

delle società per azioni,G.E.COLOMBO eG.BPORTALE (diretto da), Torino, 2004, 51,

scrivono di una «triade di competenze» e di corrispondenti organi/uffici: deliberazione (assemblea), amministrazione (amministratore unico-consiglio di amministrazione), esternazione (rappresentante legale).

81 Cfr.M.MAUGERI, Considerazioni sul sistema delle competenze assembleari nella

connotato da rigidità e non interferenza tra organi per le competenze rientranti nelle rispettive funzioni.

In dottrina, del resto, sono presenti posizioni che tendono a relativizzare la portata dell’allontanamento dell’organo assembleare dalla gestione e che, di conseguenza, sostengono che il riparto di competenze sia meno rigido di quanto possa apparire da una prima lettura dell’impianto delineato dalla combinazione degli artt.. 2364, 1° comma, n.5, c.c. e 2380-bis c.c.82. A tal proposito mi sembra doveroso

esaminare almeno alcuni degli argomenti addotti da coloro che contestano che vi sia una totale estraneazione dell’assemblea dall’area della funzione gestoria.

In primo luogo, è stato prospettato83 che il solco che separa le

competenze gestorie degli amministratori da quelle assembleari sarebbe un dato storicamente e legislativamente determinato e non potrebbe considerarsi in alcun modo un modello normativo imposto da assolute esigenze di razionalità ed efficienza. Tale argomento che mette in luce come siano legislativamente praticabili e storicamente praticate84

soluzioni alternative all’assetto attuale, del resto, pur avendo il merito di

82 Tra gli autori che sposano questo indirizzo interpretativo cfr. M.SCIUTO, Il ruolo

dell’assemblea dei soci nel tipo s.p.a., in Giur. comm., 2018, I, 337, ss.;S.A.CERRATO,

il ruolo dell’assemblea nella gestione dell’impresa: il sovrano ha veramente abdicato?,

in Riv. dir. civ., 2009, II, 133 ss.

83 Cfr. M.SCIUTO, Il ruolo dell’assemblea, cit., I, 348. 84 Vd. Supra. pp. 23 ss.

ricordare all’interprete che il riparto di competenze fra organi sociali, così come si presenta attualmente, è senza dubbio storicamente determinato, non sembra essere di alcun interesse per chi sia interessato a esaminare non gli elementi immutabili della struttura societaria ma il contingente dato normativo.

Per comprendere il grado di estraneità dell’assemblea dalla funzione gestoria, peraltro, è determinante valutare l’incidenza dei poteri autorizzatori dell’organo assembleare. In tal senso, occorre anzitutto osservare che l’assemblea non detiene solo poteri autorizzatori per il compimento di determinati atti degli amministratori a seguito di riserva statutaria ex art. 2364, 1°comma, n.5, c.c., gli azionisti, infatti, sono titolari di ulteriori poteri autorizzatori loro riservati dalla legge. In questo senso, può essere utile fornire una elencazione di alcune delle operazioni che necessitano ex lege di autorizzazione assembleare: acquisti pericolosi (art. 2443-bis c.c.), acquisto e gli atti di disposizione di azioni proprie (art. 2357 c.c. e art. 2357-ter c.c.), acquisto di azioni della controllante (art. 2359 e art. 2359-quater c.c.), concessione di prestiti o garanzie per l’acquisto di azioni proprie (art. 2358, 2° comma, c.c. come modificato dal d. lgs. 4 agosto 2008 n. 142). Tali operazioni sono caratterizzate da una natura ibrida, in quanto rientrano senza dubbio nella gestione ma, al contempo, sono idonee a incidere su profili organizzativi quali la composizione della compagine sociale e il tipo e

la intensità del rischio che i soci hanno assunto85. Proprio questa

pertinenza ai principi della organizzazione societaria, del resto, sembra essere il dato fondamentale per comprendere la necessità dell’autorizzazione dell’assemblea.

Per quanto riguarda la potestà autorizzatoria ex art. 2364, 1° comma, n.5, c.c., la sostituzione dell’espressione «altri oggetti attinenti alla gestione» con «atti degli amministratori» sembra indicare che non vi sia alcuno spazio per una competenza gestoria piena dell’assemblea, la quale sarebbe relegata a esercitare una competenza eventuale, in quanto statutariamente determinata, e meramente autorizzatoria.

L’interrogativo di fondo cui occorre dare una risposta, in definitiva, riguarda la sussumibilità del potere autorizzatorio in una fattispecie di interferenza gestoria. In altri termini, cioè, occorre verificare se i poteri autorizzatori dell’assemblea comportino una qualche compartecipazione alla funzione gestoria o se, al contrario, l’autorizzazione assembleare debba essere considerata, in accordo con la definizione generale di autorizzazione, come una mera rimozione di limiti alla libera esplicazione di competenze gestorie esclusivamente attribuite all’organo amministrativo.

Coloro che sostengono la persistenza di poteri gestori in capo all’assemblea sono soliti affermare che l’autorizzazione assembleare

configurerebbe una fattispecie di co-partecipazione, se non addirittura di co-decisione all’assunzione di determinate operazioni gestorie individuate dalla legge o nello statuto. Nello specifico, secondo tale tesi, il diniego dell’autorizzazione assembleare determinerebbe un divieto la cui violazione esporrebbe gli amministratori ai rimedi previsti in caso di inosservanza degli obblighi correlati all’ufficio 86 . Il placet

autorizzatorio dell’assemblea, del resto, imporrebbe agli amministratori che decidessero di non portare a termine l’operazione autorizzata di motivare le ragioni della loro determinazione87 e, inoltre, il loro

comportamento potrebbe essere valutato per verificare se sussista una giusta causa di revoca88.

All’esito di questa ricognizione circa i poteri autorizzatori dell’assemblea si può ben dire che, quantomeno, sussiste in capo

86 Cfr. G.E.COLOMBO, Amministrazione e controllo, in Il nuovo ordinamento delle

società. Lezioni sulla riforma e modelli statutari, Milano, 2003, 177; G.BPORTALE,

Rapporti fra assemblea e organo gestorio nei sistemi di amministrazione, in Il nuovo diritto delle società. Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, P.ABBADESSA E G.B PORTALE (diretto da), I, Torino, 2006, 26 ove si definisce il potere autorizzatorio come «penetrante ingerenza in senso ostativo al potere dell’organo amministrativo»; F. BRIOLINI, Gli strumenti di controllo degli azionisti di minoranza sulla gestione, in

Amministrazione e controllo nel diritto delle società. Liber Amicorum Antonio Piras,

Torino, 2010, 19.

87 P.ABBADESSA A.MIRONE, Le competenze dell’assemblea nelle s.p.a., in Riv. soc.,

2010, 291 ss.

88 F.BONELLI, Gli amministratori di s.p.a. dopo la riforma delle società, Milano, 2004,

11, nt. 8; A.TUCCI, Gestione dell’impresa sociale e “supervisione” degli azionisti.

L’esperienza italiana a confronto con la disciplina delle public companies nordamericane, Milano, 2003, 213 ss.

all’organo assembleare un qualche potere di ingerenza gestoria seppur dimidiato rispetto alla disciplina vigente prima della riforma societaria.

Peraltro, non è agevole determinare se questo residuo di potere gestorio assembleare possa considerarsi una vera e propria breccia nella rigida ripartizione di competenze tra organi sociali o se, al contrario, si debba relativizzare il portato gestorio dei poteri autorizzatori dell’assemblea mettendo in luce come tale potere possa al più assumere le caratteristiche di una co-partecipazione e giammai di una decisione di qualsivoglia operazione. Quel che è certo è che, come ammettono anche i più strenui difensori della tesi della persistenza di competenze gestorie in capo all’assemblea89, le modifiche normative conseguenti

alla riforma societaria hanno causato un notevole affievolimento dei poteri di ingerenza dell’assemblea che, secondo il diritto vigente, non può più divenire centro di decisione di operazioni gestorie a seguito di modifiche statutarie90.

Gli interpreti che affermano che il ruolo gestorio dell’ assemblea si sarebbe affievolito ma non sino a scomparire, del resto, hanno individuato alcune norme del diritto societario che attribuiscono

89 Cfr. S.A.CERRATO, Il ruolo dell’assemblea, cit., 144.

90 C. ANGELICI, La società per azioni, cit., 352 sostiene che la competenza degli

amministratori per la gestione sia tendenzialmente inderogabile e riflette sul fatto che il rapporto tra assemblea e amministratori è asimmetrico a testimonianza della grande espansione della sfera di potere dell’organo amministrativo con la riforma societaria.

competenze gestorie all’organo assembleare. Tali norme possono dividersi in tre gruppi:

a) Un primo gruppo consta di norme che attribuiscono legislativamente competenze gestorie all’organo assembleare;

b) Un secondo gruppo di disposizioni è composto da norme che consentono di variare statutariamente la disciplina di default in modo tale da assegnare determinate operazioni alla competenza assembleare;

c) Il terzo gruppo di norme in esame, invece, è costituito da norme che attribuiscono competenze ibride91 all’organo assembleare.

Tra le disposizioni del primo gruppo vi sono norme che riguardano le seguenti materie: prestazioni accessorie (art. 2345, ultimo comma, c.c.), azioni e strumenti finanziari a favore dei prestatori di lavoro (art. 2349, 2° comma, c.c.), omissioni degli amministratori (art. 2406, 2°comma, c.c.), partecipazioni sociali (art. 2361, 2° comma, c.c.) denuncia al collegio sindacale (art. 2408, 2° comma, c.c.), denuncia al tribunale (art. 2409, 4° comma, c.c.), riduzione del capitale per perdite

91 Con tale espressione si indicano quelle competenze che rientrano sia nella funzione

(art. 2446 c.c.), nomina e revoca dei liquidatori (art. 2487, 1° comma, lett c, c.c.).

Nel secondo gruppo di disposizioni rientrano le seguenti operazioni ibride: la decisione sull’ammissione della società ad un concordato preventivo o fallimentare (art. 152 l.fall), l’emissione di obbligazioni o di strumenti finanziari (art. 2410 c.c.), la costituzione di patrimoni destinati (art. 2447-ter c.c.), l’attribuzione di strumenti finanziari agli amministratori (art. 114-bis t.u.f.), l’adozione di misure difensive per resistere a una offerta pubblica di acquisto ( art. 104 t.u.f.)

Le norme ricomprese nei primi due gruppi, del resto, come riconosciuto in dottrina 92 , configurano ipotesi eccezionali di

competenze gestorie assembleari ma non possono controbilanciare il dato tipologico dell’art. 2380-bis c.c.

L’individuazione del terzo nucleo di norme è vincolata a una determinata opzione interpretativa che contesta la rigida separazione concettuale fra organizzazione e gestione93. Nella dottrina prevalente, i

momenti della gestione e dell’organizzazione, infatti, identificano rispettivamente i distinti livelli ordinamentali dell’impresa, cui pertiene la gestione, e della società, che si compendia in tutte quelle attività che non rientrano nella gestione economica dell’impresa e che si riconducono all’organizzazione. Tali livelli, secondo la tesi che si sta

92 Cfr. S.A.CERRATO, Il ruolo dell’assemblea, cit., 149.

esaminando sarebbero sì distinti ma compenetrati94; di conseguenza

sarebbe vasta l’area di competenze che presentano profili sia organizzativi che gestori e, in particolare, numerose competenze attribuite dalla legge all’assemblea in virtù della loro rilevanza organizzativa avrebbero un rilievo anche gestorio. Fra le decisioni organizzative aventi valenza (anche) gestoria si possono citare le seguenti: aumenti e riduzione del capitale; sacrificio del diritto di opzione in caso di aumento oneroso; emissione di titoli azionari e di altri strumenti finanziari ex art. 2411, 3° comma, c.c. convertibili in azioni proprie di nuova emissione; fusione e scissione; creazione, mutamento o soppressione di sedi secondarie. Secondo la prospettiva che si sta esaminando 95 tali operazioni ibride di competenza assembleare

dimostrerebbero la persistenza di una significativa potestà gestoria dell’organo assembleare.

In proposito, mi sembra che si possa osservare che l’esistenza di ambiti in cui le funzioni societarie si compenetrano e la necessità di attribuire le operazioni relative a un organo, imponga di effettuare un giudizio di prevalenza fra la rilevanza organizzativa e quella gestoria del singolo atto. Il legislatore, nello specifico, per le competenze sopra individuate, sembra aver considerato preminente il livello societario

94 In tal senso cfr. V.CALANDRA BUONAURA, Gestione dell’impresa, cit., 109 ss.; S.A.

CERRATO, Il ruolo dell’assemblea, cit., 150.

95 Ossia quella interpretazione che propende per una lettura estensiva dei residui poteri

rispetto a quello imprenditoriale. In altri termini, in presenza di operazioni ibride, la legge deve operare un’opera di bilanciamento e assegnare il potere in questione all’organo che è detentore della funzione prevalente. Se quindi esistono competenze ibride e, conseguentemente, l’assemblea è talora chiamata a esercitare funzioni (anche) gestorie ciò non implica che l’organo assembleare e quello amministrativo non possano essere considerati come veri e propri «poli di attrazione» delle decisioni rientranti nelle rispettive aree funzionali.

I tre gruppi di disposizioni sopra esaminate, dunque, senz’altro attenuano la impenetrabilità del diaframma eretto tra soci e amministratori ma non sino al punto di porre in dubbio la tendenziale e crescente separazione delle funzioni societarie.

Infine, è doveroso concentrarsi sul problema delle competenze implicite dell’assemblea di cui, peraltro, si è già discorso96; secondo una

certa dottrina, infatti, come si è visto, esisterebbe una classe di decisioni dall’ingerenza così penetrante: «sui diritti partecipativi degli azionisti e

sui loro interessi patrimoniali radicati nella proprietà della quota» che

«l’organo amministrativo non può ragionevolmente immaginare di

adottarle sotto la propria esclusiva responsabilità, senza coinvolgere l’assemblea»97. In proposito, non sembra convincente l’obiezione

96 Vd. Supra pp. 27 ss.

97 Questo è il principio portante della sentenza Holzmuller, in proposito cfr., oltre a nt.

formulata da quanti sostengono che l’art. 2380-bis non lascerebbe sussistere alcuno spazio di ingerenza dell’organo assembleare in quanto la riserva all’organo amministrativo di una competenza generale in materia gestoria sarebbe ostativa all’individuazione di qualsivoglia competenza implicita98. Tale critica, infatti, perde forza qualora si noti

come le competenze implicite dell’assemblea, nell’esperienza italiana, siano enucleate analogicamente a partire da una serie di disposizioni normative (artt. 2365 c.c., 2420-bis c.c., 2441 c.c., 2487 c.c., 2500-

sexies c.c., 2502 c.c., 133 t.u.f.) che individuano competenze ibride a

prevalenza organizzativa assegnate ex lege all’organo assembleare99. Le

competenze implicite dell’assemblea, dunque, non avrebbero la conseguenza di causare un accrescimento dei poteri gestori degli azionisti bensì quello di riservare all’organo assembleare quelle operazioni organizzative, o al più ibride a prevalenza organizzativa, che individuano la naturale area funzionale dell’assemblea

98 Cfr. M.MAUGERI, Considerazioni, cit., 408 nt. 81. Maugeri, fa riferimento anche ad

altri argomenti contrari alla individuazione di competenze implicite che tralascio perché meno importanti per il ragionamento che si sta sviluppando. A seguito della novella societaria e dell’abrogazione di ogni riferimento alla possibilità di interpello assembleare ex art. 2364, del resto, non è più convincente l’argomento formulato supra pp. 28 ss., a mente del quale per le decisioni particolarmente incisive sui diritti degli azionisti si sarebbe dovuto interpellare l’assemblea e non riconoscere uno spazio alle competenze implicite.