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La questione delle deleghe atipiche dopo la riforma societaria.

4. Alcune questioni preliminari: il carattere non privativo della

6.3. La questione delle deleghe atipiche dopo la riforma societaria.

Prima della novella societaria, come si è evidenziato373, l’art.

2364, 1° comma, n. 4, c.c. consentiva di riservare convenzionalmente all’assemblea competenze gestorie ex lege attribuite all’organo amministrativo per poi (ri)attribuire tali materie agli amministratori attraverso lo schema della delega. Tale procedimento bifasico, del resto,

372 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 217; Cfr. anche S.

PATRIARCA, Brevi considerazioni sull’aumento delegato del capitale sociale, in Riv.

dir. priv., 1997, 493 ss.

non costituiva un ripristino puro e semplice della ripartizione legale di competenze poiché l’istituto della delega, caratterizzato da precarietà e revocabilità, non privava l’assemblea della competenza concorrente. Dopo la riforma del diritto societario, peraltro, non è più consentito trasferire statutariamente competenze gestorie all’organo assembleare

ex art. 2364, 1° comma, n. 4 c.c. Il generale potere di ingerenza

dell’assemblea nella gestione, infatti, si limita alla possibilità di prevedere convenzionalmente l’autorizzazione assembleare per talune operazioni (ex art. 2364, 1° comma, n.5 c.c.). Il fatto che non sia più presente nel codice civile una norma generale che consente di mutare convenzionalmente il riparto legale di competenze gestorie, però, non preclude ogni operatività delle cosiddette deleghe (atipiche) a competenze invariate. Infatti, nel codice, sono presenti svariate norme che attribuiscono poteri gestori precisamente individuati all’organo amministrativo facendo salva una diversa previsione statutaria; un esempio fra tanti è dato dall’emissione di obbligazioni diverse da quelle convertibili in azioni di nuova emissione (art. 2410 c.c.), attribuita all’organo amministrativo, appunto, salvo diversa previsione statutaria374. Tali disposizioni sono accomunate dal riferirsi a materie

374 Altri esempi sono (i) l’emissione di strumenti finanziari che condizionano i tempi

e l’entità del rimborso del capitale all’andamento economico della società (artt. 2410 e 2411, 3° comma, c.c.); (ii) la creazione di patrimoni destinati (art. 2447-ter c.c.); (iii) l’approvazione della proposta e delle condizioni del concordato fallimentare (art. 152 l. fall); (iv) l’approvazione del concordato in corso di liquidazione coatta amministrativa (art. 214 l. fall.); (v) l’approvazione del concordato nel corso di

che rientrano nell’area ibrida e, proprio per questo motivo, è consentito ai soci di attribuire la potestà decisoria all’assemblea, o, meno radicalmente, di utilizzare lo schema della delega assembleare a competenze invariate per incidere sul riparto legale di materie. La delega di competenze assembleari, in definitiva, non è altro che uno dei modi in cui gli azionisti possono incidere sul riparto legale di competenze considerato che, ove la legge consente una traslazione tout court di competenze, parimenti si deve ritenere ammissibile l’utilizzo della delega di competenze assembleari quale soluzione intermedia tra il mantenimento dell’assetto legale e la traslazione375. Come obiezione

all’operatività di deleghe a competenze invariate si potrebbe sostenere che un meccanismo siffatto (sottrazione convenzionale della competenza all’organo amministrativo e attribuzione allo stesso mediante delega) determinerebbe un ripristino del regime legale di competenze dell’organo amministrativo. Contro tale argomento si possono sollevare due obiezioni simili a quelle a suo tempo formulate

amministrazione straordinaria di grandi imprese in stato di insolvenza (art. 78 d.lgs. 270/1999).

375 Cfr. P. MARCHETTI, Le obbligazioni, in AA. VV., il nuovo ordinamento delle

società, Consiglio Notarile di Milano (a cura di), Scuola del Notariato della Lombardia

e Federnotizie, Milano, 2003, 214; M.SARALE, sub art. 2410, commento, in AA.VV.,

Il nuovo diritto societario, commentario, G.COTTINO,G.BONFANTE,O.CAGNASSO E

P.MONTALENTI (diretto da), Bologna, 2004, 1250 ss; A.GIANNELLI, sub art. 2420-ter,

commento, in AA.VV., Obbligazioni. Bilancio, M.NOTARI e L.A.BIANCHI (a cura di), in AA.VV., Commentario alla riforma delle società, P.MARCHETTI,L.A.BIANCHI , F.GHEZZI E M.NOTARI (diretto da), Milano, 2006, 290, nt. 16.

durante la vigenza del diritto societario ante 2003376: in primo luogo non

è detto che il destinatario della delega sia l’organo amministrativo in quanto, nel sistema dualistico, è possibile che il delegato sia il consiglio di sorveglianza377; in secondo luogo, anche qualora l’organo investito

della delega sia il consiglio di amministrazione, comunque non si verifica un ripristino tout court dell’assetto legale poiché la delega presuppone la persistenza della modificazione convenzionale di competenze e realizza esclusivamente una deroga parziale e precaria che non intacca il permanere in capo all’assemblea di una competenza concorrente378. Infine, il principio di (tendenziale) rigidità nel riparto di

competenze fra organi sociali non può costituire un ostacolo all’operare di deleghe a competenze invariate in quanto, come ricordato in precedenza, se la legge ammette, in ipotesi ben individuate, che lo statuto modifichi in senso derogatorio il riparto di competenze tramite una traslazione di materie in capo all’organo assembleare, a maggior

ragione deve ammettersi che si possa configurare uno schema di

cooperazione tra i due organi che si basa sull’istituto della delega379.

Per concludere, infine, si può senza dubbio affermare che le deleghe a competenze invariate, così come le deleghe frazionate, presentano un gradiente di atipicità basso: queste figure di delega, infatti,

376 Vd. Supra. pp. 158 ss.

377 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 221. 378 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 221-222. 379 Cfr.S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 222.

non individuano delle materie totalmente altre rispetto a quelle cui si riferiscono le deleghe tipiche.

Nel caso delle deleghe frazionate, come si è visto, lo spazio di libertà dell’autonomia privata consiste nella possibilità di posizionare in modo autonomo la linea di cesura tra assemblea e amministratori nella ripartizione delle porzioni di potere decisorio relativamente a una competenza determinata. Il frazionamento si fonda su una interpretazione a fortiori che consente di delegare «di meno» in tutte le occasioni in cui è consentito di delegare «di più», ossia la atipicità si ferma sul piano della quantità di potere attribuibile all’organo delegato ma non si fuoriesce qualitativamente dal novero di deleghe tipiche individuate ex lege.

Per ciò che concerne le deleghe assembleari a competenze invariate, allo stesso modo, vi è da rilevare che l’autonomia privata non può liberamente creare nuove ipotesi di delega essendo vincolata dalle norme che consentono il trasferimento di competenze da amministratori ad assemblea; anche in questo caso l’ammissibilità di questo ulteriore gruppo di deleghe atipiche è riconosciuta attraverso un ragionamento a

fortiori in forza del quale ove la legge consente la traslazione

convenzionale di competenze, parimenti deve essere consentita l’operatività della delega.

In entrambi i casi (deleghe «frazionate» e deleghe a competenze invariate), quindi, è la legge e non l’autonomia privata che agisce da

fondamento ultimo dell’attribuzione di competenze agli amministratori così che si può dubitare che nei casi di specie si sia di fronte a una “atipicità” in senso stretto.

Nel prossimo paragrafo si verificherà se esistano deleghe atipiche in cui la autonomia privata svolga un ruolo centrale ed esclusivo nel disegnare nuove ipotesi di delega di competenze assembleari.

6.4 La questione delle deleghe atipiche dopo la riforma societaria. Le deleghe atipiche in senso stretto.

In questo paragrafo si analizzeranno quei percorsi argomentativi che conducono a sostenere l’ammissibilità di deleghe atipiche in senso stretto, ossia attribuzioni di competenze precarie e revocabili che si contraddistinguono per non essere di fonte legale, neppure in via indiretta, bensì fondate sull’autonomia privata.

Come si è constatato in precedenza, le obiezioni che si devono superare per ammettere la legittimità di deleghe atipiche in senso stretto riguardano: (i) l’esistenza di un principio di rigidità nella ripartizione di competenze tra organi sociali che sarebbe ostativo ad ogni deroga allo schema legale al di fuori dei casi espressamente e eccezionalmente previsti dalla legge; (ii) il fatto che in caso di disponibilità delle

competenze assembleari ne risulterebbero lesi gli interessi di soggetti deboli quali gli azionisti di minoranza.

Alla prima di queste obiezioni si può rispondere sostenendo che la delega di competenze assembleari non incide che in modo precario e revocabile sul riparto legale in quanto l’organo delegante mantiene un potere decisorio rispetto alla competenza delegata; la delega (anche quella atipica), quindi, altera la ripartizione dei poteri tra assemblea ed amministratori solo nella misura in cui rende non esclusiva la competenza assembleare, senza condurre a una vera e propria traslazione di poteri. Il vulnus che l’autonomia privata può portare alla tendenziale rigidità della distribuzione di poteri tra organi sociali, in altre parole, non assume un valore sottrattivo rispetto alla sfera di competenze dell’assemblea, limitandosi ad ampliare la platea degli organi abilitati a intervenire con riguardo alla competenza delegata.

Se si guarda alla questione da un punto di vista contrattualistico e si osserva la delega nella prospettiva dell’effetto di privare i soci (contraenti) del potere esclusivo di modifica dello statuto, del resto, è possibile invocare l’applicazione dell’art. 1349 c.c. in materia di determinazione dell’oggetto da parte di un terzo380. Se pure non si opti

per l’applicazione secca della disciplina richiamata alla delega, stanti le differenze tra arbitraggio e delega, nondimeno si può notare come esista

nel diritto comune (e nel diritto societario381) un principio generale che

consente di demandare a terzi il potere di stabilire i contenuti di un accordo, di modo tale che i contraenti (soci) possano tramite clausole del contratto (statuto) affidare a terzi (amministratori) la determinazione di alcuni profili del negozio (per il tramite di decisioni delegate)382.

Da una prospettiva «istituzionalista», peraltro, tradizionalmente si identificava la delega con una eccezione al sistema di checks and

balances del sistema corporativo. L’organizzazione corporativa della

società per azioni, infatti, è fondata su un apparato di competenze originarie e inderogabili fissate dalla legge che ha la funzione di fare da contrappeso alla limitazione della responsabilità dei soci383; in altri

termini, secondo le parole di Spada: «l’adozione dell’ordinamento

corporativo si atteggia come onere ogni qual volta le parti intendano limitare al conferimento la partecipazione alle perdite»384. Se, dunque,

il modello capitalistico-corporativo ha la funzione di assicurare che un socio limitatamente responsabile non detenga un dominio illimitato sull’impresa societaria, non si comprende il motivo per cui la delega,

381 In ambito societario costituiscono espressione del principio sotteso all’art 1349 c.c

le seguenti norme: (i) art. 2473 c.c. (determinazione del valore della partecipazione in s.r.l.); (ii) art. 2264 c.c. (determinazione della misura della partecipazione del socio agli utili e alle perdite).

382 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 226. 383 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 226-227. 384 Cfr. P.SPADA, La tipicità delle società, Padova, 1974, 463 ss.

che procede nella direzione opposta all’accentramento di poteri in capo agli azionisti, debba considerarsi un istituto eccezionale385.

È stato inoltre proposto un approccio giuseconomico che consenta di valutare la legittimità delle deleghe atipiche sulla base di una comparazione dei benefici dell’attribuzione in delega di una determinata competenza all’organo amministrativo con i costi di agenzia (o, più generalmente, gli svantaggi), della privazione della potestà decisoria all’assise dei soci (di minoranza)386. Per quanto riguarda i benefici si

può fare senz’altro riferimento alla immediatezza e rapidità di decisioni che non siano sottoposte al procedimento assembleare, mentre per ciò che concerne i costi si può affermare che l’ampliamento della trasparenza dell’operato degli amministratori (art. 2391 c.c.), l’introduzione (nelle società quotate) della figura dell’amministratore di minoranza (art. 147-ter, 3° comma, t.u.f.) e il rafforzamento degli strumenti di reazione dei soci (art. 2393-bis) hanno attenuato in modo consistente gli svantaggi della attribuzione di poteri agli amministratori387. Gli Autori che hanno compiuto queste riflessioni

circa la ratio del modello corporativo e gli spazi di operatività di deleghe atipiche, inoltre, sembrano trascurare che i costi conseguenti al trasferimento di competenze agli amministratori sono ulteriormente

385 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 227-228.

386 Cfr. S.A. Cerrato, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 228 ss. e N.ROBIGLIO,

Delega dell’aumento del capitale e d.p.r. n. 30/1986, in Riv. soc., 1991, passim.

ridotti dal fatto che la delega non produce un effetto traslativo instaurando, al contrario, un meccanismo cooperazionale e concorrente che non sottrae alcuna prerogativa agli azionisti.

Quanti sostengono le argomentazioni sopra sviluppate in favore della ammissibilità di deleghe atipiche, peraltro, non si spingono sino a suggerire una generale delegabilità di ogni competenza assembleare ma sostengono di poter modellare un sistema selettivo di deleghe atipiche. Sarebbero individuabili, infatti, materie a necessaria competenza assembleare poiché imprescindibili per mantenere un sistema di controlli reciproci tra organi (si pensi al potere di nomina degli amministratori)388.

Sino a questo punto si sono esaminati alcuni argomenti generali che fanno propendere per la individuazione di uno spazio dell’autonomia privata in materia di costruzione di deleghe atipiche. Nel prosieguo si terrà conto del fatto che la riforma societaria ha enucleato una duplice area di materie a cui è riconducibile la totalità delle ipotesi legali di delega: l’area delle competenze ibride e l’area delle modificazioni statutarie meramente formali (art. 2446, 3° comma c.c. e adeguamenti dello statuto a disposizioni normative ex art. 2365, 2° comma, c.c.). In questi due distinti domini, infatti, sarà necessario modulare e svolgere gli argomenti di cui sopra in modo differente per

individuare lo spazio dell’autonomia privata in ciascuna area e i relativi limiti.

Nell’ambito dell’area ibrida la selezione delle competenze delegabili, ad opinione della dottrina 389 , si attua attraverso la

rivalutazione della natura negoziale della delega390 che, come spiegato

poco sopra, consente di applicare in materia societaria l’art. 1349 c.c. in quanto la delega consisterebbe in uno strumento capace di dissociare la titolarità di una posizione giuridica (quella dei soci) dal potere di fissarne il contenuto (da parte degli amministratori). L’applicazione del principio generale sotteso all’art. 1349 c.c., ossia la disponibilità per i contraenti di un patto del potere di determinare l’assetto di interessi dell’accordo, in altre parole, si applicherebbe anche al contratto sociale poiché i soci/paciscenti potrebbero rinunciare, tramite la delega, a determinare il contenuto di determinate clausole contrattuali/statutarie in favore dell’intervento degli amministratori in qualità di terzi. Il potere dell’autonomia privata di fondare un sistema di deleghe atipiche sulla base di tale principio, peraltro, è contenuto e limitato da alcuni caveat.

In primo luogo, non si può trascurare che la dottrina civilistica sostiene che non è ammissibile rimettere al terzo la fissazione di alcuni elementi essenziali come il tipo, la causa e la natura delle prestazioni

389 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 237-238. 390 Vd. Supra. pp. 85 ss.

che nascono dal contratto391; applicata in chiave societaria questa regola

escluderebbe dall’area della delegabilità atipica decisioni quali il mutamento dell’oggetto sociale, la trasformazione, lo scioglimento anticipato, la proroga o la revoca dello stato di liquidazione392. Questo

primo caveat si focalizza sulla natura della decisione e, nello specifico, si basa sulla considerazione che determinate decisioni dal contenuto particolarmente vitale per la sostanza del contratto sociale non siano delegabili a terzi.

Un ulteriore limite si può individuare applicando l’analisi costi/benefici sopra descrittaa ciascuna ipotesi di delega atipica e, nello specifico, sono da ritenere illegittime quelle deleghe di decisioni organizzative rispetto alle quali l’intervento degli amministratori in luogo dell’assemblea non apporti vantaggi in termini di efficienza della

governance societaria 393 . In particolare, si deve accertare che

l’allocazione della competenza in capo agli amministratori sia controbilanciata da un sistema di controllo in favore degli azionisti (regole di disclosure e strumenti di reazione ex post) e che l’organo

391 Cfr. E.GABRIELLI, art. 1349 c.c., commento, in Commentario del Codice Civile, E.

GABRIELLI (diretto da), Dei Contratti in Generale, E.NAVARRETTA E A.ORISTANO (a cura di), I, Torino, 2011, 811.

392 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 239. 393 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 241.

delegato sia il soggetto più indicato ad assumere la decisione in virtù di competenze particolari o conoscenze non accessibili da parte dei soci394.

Trattando dello spazio dell’autonomia privata nell’area delle delegabilità delle modifiche statutaria di forma, occorre anzitutto rammentare come il legislatore abbia individuato solo tre ipotesi di delega tipica in questo campo: (i) la delega a deliberare gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative ex art. 2365, 2° comma, c.c. e (ii) la riduzione obbligatoria del capitale in seguito a recesso (iii) o a perdite qualora la società abbia emesso azioni senza valore nominale ex art. 2446 c.c. Infine, nella prassi, si riscontra che l’assemblea è solita autorizzare gli amministratori ad apportare le modifiche (di forma395)

richieste in sede di omologa. Queste ipotesi sembrano coprire un ampio raggio delle modifiche formali astrattamente ipotizzabili e solo l’ultima rientra all’area della atipicità (modifiche richieste in sede di omologa).

Del resto, vi è da considerare che nell’ambito delle modifiche di pura forma è semplificata l’analisi costi/benefici da effettuare poiché l’organo deliberante non può incidere sulle posizioni soggettive dei soci e, quindi, è possibile eliminare gli oneri assembleari senza quei costi di agenzia che scaturiscono dalla differenza di interessi fra delegante e

394 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 241-243 ove è

presente un catalogo di alcune materie per le quali si può ipotizzare la delegabilità atipica nell’area ibrida.

delegato e dal pericolo di pregiudizi per gli azionisti396; parimenti la

natura delle competenze rientranti in questa area fa sì che sia superflua la verifica circa il possesso in capo al delegato di specifiche competenze o informazioni non accessibili ai soci 397.

L’area delle modifiche di forma, tuttavia, può estendersi sino a ricomprendere anche casi in cui la legge predetermini il risultato finale demandando agli organi sociali la scelta circa le modalità di perseguimento; in tali circostanze può accadere che l’organo delegato sia chiamato a scegliere fra una serie di alternative alcune delle quali siano dotate di potenzialità lesiva nei confronti dei soci398. La dottrina

ritiene che anche in questi casi il saldo costi/benefici delle deleghe atipiche in materia di modifiche di forma possa essere positivo e di conseguenza l’autonomia privata possa individuare nuove ipotesi di delega attribuendo agli amministratori la scelta di cui sopra. È da tenersi fermo, del resto, che, in quest’ultimo caso, (deleghe atipiche di forma in cui è legislativamente predeterminato solo il risultato finale da raggiungere) la disciplina da applicarsi sarà convergente con quella delle deleghe atipiche dell’area ibrida per cui sarà necessaria l’analisi costi/benefici e le verifica del possesso in capo agli amministratori di informazioni non facilmente accessibili da parte dei soci399.

396 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 244. 397 Cfr. S.A.CERRATO, Le deleghe di competenze assembleari, cit., 245. 398 Ibid.

7. Conclusioni

All’esito di questa ricostruzione circa le deleghe atipiche in senso stretto, si può affermare che non sia configurabile un principio generale di delegabilità. Può tuttavia ammettersi un regime selettivo400

di deleghe atipiche.

Per quanto riguarda la delegabilità (atipica) di competenze ibride, infatti, è necessario verificare il rispetto dei limiti ai poteri di determinazione da parte del terzo ex art. 1349 c.c. e la convenienza giuseconomica, in termini di costi benefici, della singola ipotesi di delega atipica.

Per quanto concerne le modifiche statutarie di pura forma, invece, ciò che restringe quantitativamente il campo di operatività della autonomia privata sembra essere il fatto che, al di là della delega agli amministratori per apportare le modifiche rilevate in sede di omologa, non sembrano potersi rintracciare molte altre competenze delegabili oltre alle ipotesi ex lege.

CONCLUSIONI

In sede di conclusioni può essere utile riassumere brevemente i risultati ottenuti riguardo le principali questioni trattate in questo elaborato.

In primo luogo, riguardo la configurabilità di una fattispecie unitaria di deleghe di competenze assembleari, possono ritenersi persuasivi gli argomenti esaminati che propendono per la ricostruzione di un unico istituto giuridico di delega/attribuzione di competenze

convenzionale e non privativo401. Sul punto sono particolarmente

convincenti sia l’argomento teleologico, sia l’argomento fondato sul principio di economia degli atti giuridici. Il primo fa leva sulla necessità di mantenere al contempo rapidità decisionale e poteri di intervento da parte del delegante; il secondo, invece, rileva come una interpretazione dell’attribuzione di competenze ex art. 2365, 2° comma, c.c. quale ipotesi di traslazione secca e abdicativa, non produrrebbe altro risultato che un aggravio procedimentale (i soci, difatti, potrebbero comunque riappropriarsi della competenza delegata attraverso una delibera di revoca). Inoltre, un’analisi sistematica, incentrata sugli istituti affini