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CAPITOLO 4: Epidemiologia di HEV

4.4 DISCUSSIONE DEI RISULTATI RIPORTATI NEL CAPITOLO

Gli studi condotti confermano l'elevata circolazione del virus HEV all’interno degli allevamenti suini italiani, sia in animali giovani che in animali di età più avanzata. In sede di macellazione il genoma di HEV è stato evidenziato nella bile e nelle feci, ma anche nel fegato, sito d’elezione della replicazione del virus ma, soprattutto, organo che può essere destinato al consumo umano. A fronte di questa larga diffusione all’interno dell’allevamento suinicolo intensivo, non è stata evidenziata alcuna presenza di alterazioni patologie macroscopicamente evidenti negli animali, che risultavano essere clinicamente sani. Ciò potrebbe confermare l’ipotesi che l’infezione da HEV evolva, nel suino, in modo asintomatico. Questo aspetto è di particolare rilievo in quanto animali infetti ma clinicamente sani vengono inoltrati al macello, inseriti nella filiera produttiva potendo quindi rappresentare una potenziale fonte di infezione diretta o indiretta, mediante cross-contaminazioni di alimenti consumati crudi, per il consumatore.

E’ stata valutata anche la presenza di anticorpi anti HEV in sieri suini. Come antigene è stata utilizzata la proteina capsidica di un ceppo suino di HEV, codificata dall’ORF2, che ad oggi è ritenuta la regione più importante ai fini della risposta anticorpale, essendo l’unica componente accertata del capside virale (Panda et al., 2007; Aggarwal e Jameel, 2008). Lo screening ha evidenziato una sieroprevalenza media di Ig del 64,5%, con valori più bassi (60%) negli animali più giovani (3-4 mesi) e più elevati (68%) negli animali di 9-10 mesi.

Nell'ambito del progetto di Dottorato di Ricerca, è stato messo a punto e utilizzato un antigene espresso a partire da un ceppo suino italiano (vedi capitolo 3 di questa tesi). Questo antigene sintetico deriva da un ceppo di HEV appartenente al g3, genotipo riscontrato tipicamente nel suino e nei casi umani nei paesi industrializzati. Tale antigene è stato utilizzato per la messa a punto di test ELISA (ELISA-ORF2) e Western blotting. Lo scopo ultimo del lavoro era la valutazione dell'efficienza diagnostica di questi test in alternativa ai test commerciali, basati su antigeni di genotipo g1 o g2, mai identificati nel suino. La valutazione della validità dei test ELISA e Western Blotting messi a punto è stata realizzata esaminando sieri di suino e cinghiale provenienti dalla Sardegna e sieri di suino prelevati in un macello del Nord Italia (4.2, capitolo IV). I sieri sono stati esaminati utilizzando 3 distinti test sierologici: a) ELISA-ORF2, b) Western blotting e, c) ELISA

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commerciale per la diagnosi di infezione nell’uomo, adattato per l’uso nel suino. Per la messa a punto dei primi due test è stato utilizzato l’antigene ricombinante prodotto nello studio. In assenza di un gold standard, per la valutazione dell’accuratezza diagnostica dei 3 test è stato utilizzato un approccio bayesiano. Il test commerciale ha evidenziato positività in 110/133 sieri (87%), tutti confermati positivi anche in ELISA-ORF2. Tuttavia, solo 85 sieri sono stati confermati positivi in WB. Utilizzando il test ELISA commerciale, la sieroprevalenza nei cinghiali è risultata pari al 27% (6/22); solo per 2 sieri, la positività è stata riconfermata anche dagli altri due test. Presumibilmente, i test per la ricerca degli anticorpi anti-HEV nel cinghiale necessitano di ulteriore messa a punto, e conseguentemente i dati riferiti ai cinghiali qui presentati da necessitano di ulteriore conferma. La valutazione bayesiana dell’accuratezza diagnostica dei 3 test impiegati ha evidenziato la validità del test ELISA-ORF2 per la ricerca di anticorpi specifici di suino. Il test basato sull'antigene g3 è maggiormente sensibile rispetto al test commerciale che impiega antigeni di derivazione umana (g1 e g2), e il suo utilizzo potrebbe quindi migliorare le possibilità diagnostiche relative alla ricerca di anticorpi anti-HEV nei suini e possibilmente anche nei casi umani di probabile origine zoonotica, causati da ceppi di HEV appartenenti al genotipo 3.

I dati ottenuti evidenziano un’elevata sieroprevalenza di immunoglobuline anti-HEV nei suini confermando quindi la circolazione endemica di HEV anche negli allevamenti italiani, come nel resto d’Europa.

L’utilizzo della proteina ricombinante capsidica di HEV quale antigene per la ricerca di anticorpi anti-HEV in sieri umani ha confermato la versatilità dell'antigene espresso, e ha confermato la cross-reattività tra genotipi diversi, essendo i sieri umani risultati positivi anche per RNA di HEV appartenenti a g1 e g3.

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Parte sperimentale:

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SEZIONE SPERIMENTALE: CALICIVIRUS

In questa sezione sperimentale verranno presentati i risultati ottenuti nel corso delle ricerche condotte sui calicivirus (norovirus e sapovirus). In sintesi:

 Ricerca, mediante tecniche di biologia molecolare, di norovirus e sapovirus in suini clinicamente sani, e ricerca di norovirus in vitelli affetti da diarrea. E’ stata condotta un’analisi filogenetica sui ceppi virali suini, bovini e umani identificati in Italia, attraverso il confronto con ceppi virali identificati in altri paesi. Lo scopo è stato quello di valutare la diffusione dell’infezione e di acquisire maggiori informazioni sulla distribuzione dei diversi ceppi di questi virus circolanti sul territorio nazionale (CAPITOLO 5 e CAPITOLO 6).

 Messa a punto di esperimenti di immunoprecipitazione utilizzando un anticorpo monoclonale (MAb) generato contro le VLP di un ceppo GII.4 di norovirus umano. Scopo di questo lavoro è stato quello di valutare il legame del MAb a diversi genotipi e varianti di norovirus e di investigare possibili metodi per la concentrazione del virus (CAPITOLO 7).

 Valutazione dell’attivazione del sistema immunitario umano utilizzando VLP di norovirus umano GII.4 su cellule umane mononucleate del sangue periferico (PBMC, Peripheral Blood Mononuclear Cells). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di studiare la risposta immunitaria di norovirus utilizzando PBMC e proteina ricombinante assemblata in VLP per sopperire all’assenza di tecniche per la coltivazione in vitro di norovirus (CAPITOLO 8).

Complessivamente, i risultati hanno contribuito ad ampliare le conoscenze sull’epidemiologia, la filogenesi e la biologia dell’infezione causate dai calicivirus sia umani che animali, verificare anche in relazione alle possibili correlazioni tra ceppi umani e animali.

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CAPITOLO 5: NOROVIRUS E SAPOVIRUS: