CAPITOLO 2 – La relazione tra il citomegalovirus e il trapianto di cellule staminal
3.4 Discussione
Il nostro studio è volto ad indagare l’impatto della riattivazione del CMV sull’outcome dei pazienti pediatrici sottoposti a TCSE: con il termine “riattivazione” intendiamo l’isolamento del virus il cui ceppo risulta essere indistinguibile rispetto al ceppo della precedente infezione, sulla base del sequenziamento di specifiche regioni del genoma virale, o sulla base di tecniche molecolari che comparano i geni definiti come polimorfi5. Nella nostra casistica, pur avendo
avuto episodi di riattivazione del CMV, non abbiamo avuto casi di CMVD.
Come risulta essere apprezzabile dai risultati, non sussistono differenze statisticamente significative tra le curve relative ai pazienti CMVI+ e ai pazienti CMVI- per gli endpoints analizzati.
Analizzando invece il trend di tali curve, per entrambi i gruppi vediamo una variazione della pendenza delle stesse più eclatante nella prima parte del periodo considerato, con successivo raggiungimento del plateau.
Per quanto riguarda le sopravvivenze (la OS, la DFS e la GRFS), il decremento più importante si apprezza nell’arco del primo anno dal TCSE; medesimi riscontri si hanno per quanto riguarda la recidiva, la NRM e la cGVHD: questo andamento può essere motivato dal delicato contesto rappresentato dal periodo immediatamente successivo al TCSE, nel quale coesistono sia la risposta immunitaria non ancora raggiunta, sia la necessità di somministrare la profilassi per la aGVHD.
Le differenze percentuali più alte tra i due gruppi di pazienti sono state riscontrate per la DFS, la GRFS e la cGVHD:
in merito alla DFS notiamo che i valori relativi alle due curve risultano simili nei primi mesi, poi già dal primo anno manifestano una differenza di circa il 10%, che si mantiene anche al raggiungimento del quinto anno (CMVI+ 51,0%, CMVI- 62,6%);
in merito alla GRFS notiamo che i valori relativi alle due curve risultano simili nel primo periodo, per poi presentare ad 1 anno dal TCSE una differenza di circa il 10%, che incrementa fino a circa il 17% al raggiungimento del quinto anno (CMVI+ 32,7%, CMVI-
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in merito alla cGVHD notiamo che i valori relativi alle due curve risultano simili nei primi 6 mesi, poi al primo anno manifestano una differenza di circa il 15%, che incrementa fino a circa il 20% al raggiungimento dei 3 anni (CMVI+ 43,2%, CMVI- 23,1%).
La aGVHD viene considerata in un periodo totale di 100 giorni e ne distinguiamo i gradi:
la aGVHD 2-4 a 20 giorni è risultata essere globalmente del 14,9% (IC 95% 9,1%-24,7% N=86 R=74 E=2), dell’8,5% per i pazienti CMVI- (IC 95% 3,3%-21,7% N=46 R=42 E=0) e
del 22,5% per i pazienti CMVI+ (IC 95% 12,7%-40,0% N=40 R=32 E=2); a 60 giorni è
risultata essere globalmente del 16,1% (IC 95% 10,0%-26,0% N=86 R=69 E=2), del 10,6% per i pazienti CMVI- (IC 95% 4,7%-24,4% N=46 R=38 E=0) e del 22,5% per i pazienti CMVI+
(IC 95% 12,7%-40,0% N=40 R=31 E=2); a 100 giorni è risultata essere globalmente del 16,1%, nello specifico del 10,6% nei pazienti CMVI- e del 22,5% nei pazienti CMVI+;
la aGVHD 3-4 si è manifestata unicamente nei pazienti CMVI+ e per percentuali molto
basse: in tali pazienti, a 20 giorni, la aGVHD 3-4 è risultata essere del 7,5% (IC 95% 2,5%- 22,3% N=40 R=38 E=2), mantenendo tale valore percentuale anche a 60 giorni (IC 95% 1,1%-10,5% N=86 R=80 E=2) e a 100 giorni, per un valore globale del 3,5% sia a 20 giorni (IC 95% 1,1%-10,5% N=86 R=84 E=2), sia a 60 giorni (IC 95% 2,5%-22,3% N=40 R=37 E=2), sia a 100 giorni.
Per entrambi i gradi considerati di aGVHD, dunque, le variazioni più eclatanti si sono verificate nell’arco dei primi 20 giorni post-TCSE, per poi raggiungere un plateau che si mantiene fino ai 100 giorni considerati.
Per quanto riguarda le differenze percentuali più elevate, queste si riscontrano nella aGVHD 2- 4, in quanto a 20 giorni post-TCSE abbiamo una differenza percentuale tra le due curve di circa il 14%, che arriva al valore di circa il 12% al raggiungimento dei 100 giorni (CMVI+ 22,5%, CMVI-
10,6%).
Relativamente alle curve di attecchimento dei PMN, assistiamo ad un incremento importante delle percentuali nel periodo compreso tra il 10° ed il 30° giorno post-TCSE, con una ripidità della curva più elevata rispetto alla pendenza della curva relativa all’attecchimento delle PLT, il cui range temporale di incremento più importante delle percentuali si colloca tra il 10° ed il 55° giorno post-TCSE.
Le mediane relative al tempo di insorgenza della aGVHD (sia 2-4 che 3-4) e al tempo di attecchimento di PMN e PLT non risultano essere particolarmente discordanti, motivo per cui possiamo affermare che la riattivazione del CMV non interferisce con queste tempistiche.
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Per quanto dunque gli andamenti delle curve presentino delle variazioni in base al tempo trascorso dal TCSE, confrontando i pazienti CMVI+ ed i pazienti CMVI- non si notano dei
comportamenti significativamente differenti: questo è motivato dal fatto che sia stata utilizzata la terapia pre-emptive nei pazienti CMVI+.
La terapia pre-emptive, nella nostra esperienza, è stata intrapresa ogni qualvolta la DNAemia del CMV nel paziente superava il cut-off di 10.000 copie/ml e si è basata su GCV (5 mg/kg/bid) e su FOS (90 mg/kg/bid). È preferibile optare per la terapia pre-emptive piuttosto che per la profilassi in quanto la seconda comporterebbe delle tossicità che, in un contesto delicato come il TCSE, possono risultare molto gravi e compromettere l’efficacia del trapianto stesso. Con la terapia pre-emptive interveniamo solo nel momento in cui si apprezza una DNAemia del CMV sufficiente per poter parlare di riattivazione, ma al tempo stesso interveniamo prima che dalla riattivazione si passi alla CMVD (la quale invece richiederebbe un trattamento opportuno e più impegnativo). In sintesi, questo rappresenta un approccio ottimizzato, volto ad intervenire quando strettamente necessario, affinché all’efficacia della terapia si associ la riduzione della tossicità iatrogena. Nella nostra esperienza non abbiamo assistito a tossicità indotte dalla terapia pre-emptive, né si sono verificati fenomeni di resistenza clinica degni di nota.
Particolare attenzione va posta alla relazione che sussiste tra la riattivazione del CMV e la aGVHD di grado 2-4 [Figura 34].
Figura 34: la relazione tra la graft versus host disease acuta e la riattivazione da CMV. aGVHD = graft versus host
disease acuta; CMV = citomegalovirus.
Riattivazione CMV
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Come prima cosa, dal grafico si evince che la aGVHD 2-4 precede la riattivazione del CMV: questo può essere motivato dal fatto che la gestione della aGVHD richiede l’utilizzo di steroidi, responsabili di un’immunosoppressione tale da favorire eventuali fenomeni infettivi, quale la riattivazione del CMV. La curva relativa alla riattivazione del CMV incrementa sempre di più per poi raggiungere il suo plateau tardivamente, mentre la curva relativa all’insorgenza della aGVHD 2-4 raggiunge precocemente il suo plateau, quindi possiamo affermare che l’incidenza di riattivazione risulta essere di circa il doppio rispetto all’incidenza di aGVHD. Questo ci fa capire come la terapia steroidea sia un fattore di rischio di riattivazione, ma non l’unico: la situazione alla base della riattivazione del CMV è più complessa.
Sulla base di ciò, abbiamo preso in considerazione altri possibili fattori di rischio di riattivazione del CMV, ovvero quegli elementi che intervengono a monte rispetto alla riattivazione stessa:
patologia trattata;
tipo di TCSE in base al donatore;
stato sierologico del donatore e del paziente pre-TCSE;
sorgente di cellule staminali;
regime di condizionamento;
somministrazione di ATG.
Per ogni fattore considerato, abbiamo valutato l’incidenza cumulativa della riattivazione del CMV e tutte le curve ottenute hanno manifestato un incremento più eclatante nell’arco dei primi 40 giorni post-TCSE.
Relativamente alla patologia trattata, abbiamo preso in esame le patologie il cui campione fosse più ampio ed abbiamo apprezzato un tempo di riattivazione più precoce per i pazienti affetti da LMA, mentre le percentuali di riattivazione più elevate sono state riscontrate per LLA. Nei soli 2 pazienti affetti da LNH abbiamo avuto un caso di riattivazione, raggiungendo la percentuale del 50%, che non gode di significatività statistica paragonabile alle percentuali relative ai gruppi LMA (36,0%) e LLA (42,9%). Nei pazienti affetti da SMD e da NBL, invece, non abbiamo avuto casi di riattivazione del CMV. In generale, comunque, non riteniamo che la patologia si comporti come possibile fattore di rischio di riattivazione del CMV.
Diversamente dalla patologia trattata, il tipo di TCSE ha dimostrato di comportarsi come un fattore di rischio di riattivazione del CMV. I trapianti APLO hanno manifestato le riattivazioni più precoci, raggiungendo le percentuali più elevate (55,6%); percentuali simili sono state raggiunte anche dai trapianti UCB (54,6%). I trapianti MMUD e MUD mostrano un trend simile,
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raggiungendo percentuali intermedie (rispettivamente 42,3% e 39,1%). I trapianti MSD, invece, hanno manifestato le riattivazioni più tardive, raggiungendo le percentuali più basse (18,2%); i confronti post-hoc tra i gruppi e le curve di sopravvivenza hanno confermato questo dato, in quanto è emersa una differenza statisticamente significativa tra i trapianti MSD e i restanti trapianti APLO, MUD e UCB. Al tempo stesso bisogna tenere in considerazione il fatto che i risultati possono risentire della diversa numerosità dei gruppi considerati (APLO 11%, MSD 14%, MMUD 32%, MUD 29%, UCB 14%). Il nostro risultato è comunque in linea con quanto emerge dalla letteratura: il trapianto MSD è il più sicuro dei disponibili, ma al tempo stesso è anche il più difficilmente reperibile; i trapianti APLO, per contro, spesso vengono scelti vista l’urgenza di dover eseguire il TCSE, ma optiamo per questa scelta qualora non sia disponibile un donatore SMD, MUD o MMUD (l’ultima scelta, qualora non sia disponibile un donatore APLO, verte su UCB).
Anche lo status sierologico D/R si comporta come un fattore di rischio di riattivazione del CMV. Dal grafico è emerso che la riattivazione più precoce si è verificata nei trapianti D+/R+, nei quali
sono state raggiunte anche le percentuali più elevate (54,8%); per contro, la riattivazione più tardiva si è verificata nei trapianti D-/R-, nei quali sono state raggiunte le percentuali più basse
(37,5%). I trapianti D-/R+ presentano una curva il cui andamento è simile a quello mostrato dalla
curva dei trapianti D+/R+, ma le percentuali totali risultano più basse (37,5%). I trapianti D+/R-
hanno mostrato basse percentuali di riattivazione (16,7%), arrivando al plateau più precocemente di tutti. Paragonando i nostri risultati con quelli che emergono dalla letteratura, i trapianti più sicuri si confermano essere quelli D-/R-, per i quali il rischio di infezione è molto
basso; nel nostro studio è emerso un rischio di riattivazione del CMV leggermente superiore nei trapianti D+/R+, mentre in letteratura il trapianto più rischioso è quello D-/R+ (poiché il ricevente
sieropositivo non può beneficiare delle immunoglobuline CMV-specifiche del paziente, essendo quest’ultimo sieronegativo).
Per quanto riguarda la riattivazione del CMV in relazione alla sorgente di CSE, le percentuali di riattivazione più elevate sono state raggiunte dai pazienti che hanno ricevuto da PBSC (46,2%); coloro che hanno ricevuto CSE da BM, invece, mostrano le percentuali più basse (36,5%), con un incremento delle stesse più eclatante e precoce rispetto agli altri gruppi. In generale, comunque, in base ai nostri risultati non consideriamo la sorgente di CSE come fattore di rischio di riattivazione del CMV.
Relativamente al regime di condizionamento, nel nostro studio abbiamo notato che i pazienti sottoposti a regime di condizionamento RIC hanno manifestato una riattivazione del CMV più
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precoce rispetto alla riattivazione nei pazienti sottoposti a regime MA; le percentuali totali raggiunte, però, presentano differenze minime (rispettivamente 37,5% e 40,3%). Sulla base di questi risultati, non consideriamo il regime di condizionamento come un fattore di rischio di riattivazione del CMV.
Considerazioni simili possono essere fatte per il rischio di riattivazione del CMV in relazione all’utilizzo di ATG: i pazienti che non hanno ricevuto ATG hanno manifestato una riattivazione più precoce rispetto ai pazienti che l’hanno ricevuta, ma le percentuali totali raggiunte sono minimamente differenti (rispettivamente 35,7% e 40,6%). Anche in questo caso, dunque, non riteniamo che l’utilizzo o l’omissione dell’ATG nella gestione del paziente rappresenti un fattore di rischio di riattivazione del CMV.