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CAPITOLO 2 – La relazione tra il citomegalovirus e il trapianto di cellule staminal

2.10 Recenti studi circa l’impatto del CMV sull’outcome del TCSE

L’importanza dell’infezione da CMV nel contesto del TCSE ad oggi è rilevante. Purtroppo vi è un’elevata eterogeneità nella definizione degli endpoints e nei metodi statistici utilizzati; sfortunatamente a questo consegue la possibilità di bias significativi nella stima degli endpoints chiave, compresi NRM, recidiva, GVHD e attecchimento70. Ulteriori bias analitici possono

derivare dalla sottostima del ruolo della biologia del CMV e dal contesto complesso rappresentato dal TCSE. Questo può precludere una comparazione adeguata tra gli studi, anche se tali comparazioni rappresentano l’arma migliore di cui disponiamo per migliorare l’outcome del TCSE70.

In letteratura abbiamo numerose esperienze, ma la mancanza di ampi trials in merito e la questione relativa ai metodi di analisi retrospettiva rappresentano dei fattori limitanti; inoltre, tali esperienze spesso sono condotte da singoli centri che applicano i propri criteri, non essendo disponibili dei protocolli standardizzati per la terapia pre-emptive.

Dal momento che il TCSE si sta evolvendo come approccio terapeutico per le sue caratteristiche immunomodulanti, questo viene applicato non solo per le patologie maligne, ma ad oggi

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rappresenta il trattamento di vari disordini ematologici: per questo motivo è essenziale valutare la sicurezza e la fattibilità di questa metodica, affinché possano essere evitate complicanze. Un’ampia analisi retrospettiva pubblicata dall’EBMT (European Blood and Marrow Transplantation) ha valutato l’impatto dell’infezione da CMV su 49.542 pazienti, suddivisi in 29.349 pazienti sieropositivi (R+) e 20.193 pazienti sieronegativi (R-): non è stata notata alcuna

differenza fra i soggetti R-, mentre è stata riscontrata una differenza potenzialmente significativa

fra i soggetti R+, in relazione al regime di trattamento71. Inoltre, i pazienti R+ sottoposti a

trattamento mieloablativo hanno dimostrato migliori OS e NRM rispetto ai pazienti sottoposti a trattamento a ridotta intensità (RIC, reduced intensity conditioning): è possibile quindi che le cellule CMV-specifiche del paziente che sopravvivono al RIC possano influire sull’outcome del TCSE71. Al tempo stesso, però, non sappiamo definire con precisione se questa conseguenza è

un effetto biologico “diretto” o se piuttosto è derivante da un aumentato rischio di infezioni concomitanti; inoltre, in questo studio non vengono menzionate la GVHD e la sua profilassi: sulla base di ciò, è possibile che il risultato conseguente al RIC sia derivante da un trattamento profilattico per GVHD più aggressivo, che può sfociare in un importante rischio di infezioni o riattivazioni da CMV.

Alcuni studi hanno riscontrato un’associazione tra la riattivazione precoce del CMV (intesa come tale se avviene prima dei 100 giorni post-trapianto) e la ridotta incidenza di recidiva per la LMA (leucemia mieloide acuta) a seguito del TCSE allogenico72. Sulla base di ciò, il CIBMTR (Center for

International Blood and Marrow Transplant Research) ha valutato il proprio database per analizzare l’impatto della riattivazione del CMV sulla recidiva di malattia ematologica. Sono stati valutati 9.469 pazienti trapiantati tra il 2003 e il 2010, di cui 5.310 affetti da LMA, 1.883 affetti da LLA (leucemia linfoblastica acuta), 1.079 affetti da LMC (leucemia mieloide cronica) e 1.197 affetti da SMD (sindrome mielodisplastica)73. La riattivazione del CMV non ha avuto alcun effetto

di prevenzione sulla recidiva di malattia ematologica a prescindere dalla diagnosi; inoltre, la riattivazione del CMV è stata associata con una più alta NRM73. Dunque, la riattivazione da CMV

è stata associata con una più bassa OS per tutte e quattro le patologie studiate73. In conclusione

di questo studio, la riattivazione da CMV continua ad essere un fattore di rischio per un peggior outcome post-TCSE e non sembra conferire una protezione contro la recidiva di malattia ematologica73.

Un altro studio, invece, ha valutato l’effetto di prevenzione da parte della riattivazione precoce del CMV in 136 pazienti affetti da LNH (linfoma non-Hodgkin), di cui 94 affetti da LNH a cellule B mature e 42 affetti da LNH a cellule T mature e a cellule NK, sottoposti a TCSE allogenico74.

L’incidenza cumulativa di recidiva a 5 anni dal TCSE allogenico è stata del 38% per gli 82 pazienti senza viremia/antigenemia per CMV, mentre è stata del 22% per i 54 pazienti con

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viremia/antigenemia da CMV; l’analisi multivariata per viremia/antigenemia da CMV ha confermato il ridotto rischio di recidiva per la riattivazione da CMV74. Questo risultato dimostra

un possibile miglioramento dell’incidenza di recidiva dopo la riattivazione del CMV in pazienti con LNH post-TCSE74.

La possibile relazione tra l’infezione da CMV e l’effetto della graft-versus-leukemia è intrigante e non ancora chiara75; inoltre, non sappiamo se questo effetto può essere mediato da una

stimolazione immune diretta o se è il risultato dell’espansione della popolazione di cellule T non- specifiche.

Se storicamente la viremia pre-trapianto era considerata un ulteriore fattore di rischio per l’insuccesso del trapianto stesso, con possibile impatto sulla OS, diverse esperienze hanno mostrato invece come la viremia pre-trapianto sia paragonabile alla viremia post-trapianto in termini di OS, GVHD e tassi di recidiva; inoltre, i pazienti che sono andati incontro ad infezione da CMV e i pazienti senza una rilevabile DNAemia da CMV sono comparabili in termini di outcome76.

In conclusione, è possibile che l’impatto del CMV negli outcome classici (come OS) possa essere migliorato ricorrendo alle terapie preventive nel contesto del TCSE; questo resta però un concetto poco chiaro, considerato oltretutto che non abbiamo numerosi studi che analizzino il problema sulla popolazione pediatrica. Sulla base di ciò, il nostro studio si pone l’obiettivo di valutare l’esperienza reale di un singolo centro che possa evidenziare alcuni aspetti cruciali dell’infezione da CMV dopo il TCSE nei pazienti pediatrici.

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CAPITOLO 3 – Studio condotto dal Centro Trapianti dell’Unità

Operativa di Oncoematologia Pediatrica dell’Azienda

Ospedaliero-Universitaria Pisana

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