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CAPITOLO 3 – LA RICERCA

3.7 Discussione dei risultati

Dai risultati esposti è possibile derivare alcune riflessioni. L’obiettivo principale del presente studio è stato quello di indagare l’esistenza di possibili differenze nei tratti della personalità dei pazienti affetti da epilessia, sia rispetto a soggetti “sani”, sia rispetto alle varie forme cliniche della malattia; quindi si è andati a ricercare una differenza statisticamente significativa.

I dati dello studio mostrano effettivamente la presenza di una differenza statisticamente significativa tra pazienti epilettici e sani, seppur lieve, e tra le tre diverse tipologie di pazienti epilettici, prese qui in esame, nei punteggi alle sotto-scale e ai fattori del TCI.

Appare, quindi, confermata l’ipotesi di partenza secondo cui i pazienti affetti dalle tre differenti tipologie cliniche di epilessia mostrano differenze statisticamente significative in alcune sotto-scale del TCI e in alcuni dei suoi fattori. Più nel dettaglio, dal confronto tra il campione clinico e quello di controllo sono emerse differenze significative nelle sotto-scale Congruente secondo natura e Oblio di sé/autoconsapevolezza. Mentre non risultano differenze significative tra i due gruppi per quanto riguarda i fattori.

I soggetti affetti dai tre diversi tipi di epilessia hanno ottenuto punteggi significativamente differenti nelle sotto-scale: Stravaganza/riservatezza, Paura dell'incertezza/sicurezza, Affaticabilità e astenia/energia, Responsabilità/colpevolizzazione, Ricchezza di risorse/apatia, Congruente secondo natura e Ansia anticipatoria/ottimismo. Risultano, inoltre, significative differenze tra i gruppi clinici sui fattori: Evitamento del danno e Autodirettività.

Sorgono dei quesiti inerenti le possibili cause sottostanti alle differenze tra gruppi solo per alcuni fattori e sotto-scale del TCI; sarebbero auspicabili studi che approfondiscano tali differenze.

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Proviamo a confrontare il presente studio con la letteratura scientifica attualmente a disposizione, a proposito della relazione tra epilessia e personalità in base al modello dimensionale psicobiologico della personalità di Cloninger. In particolare, dal confronto con lo studio condotto da Yazici et al. (2013) emergono alcune differenze, nonché aspetti in comune: dal nostro studio non sono emerse differenze significative né sulle sotto-scale né sui fattori del TCI tra i punteggi ottenuti dai maschi e dalle femmine del gruppo dei pazienti affetti da epilessia, mentre nello studio condotto da Yazici et al. (2013), il sesso femminile è risultato essere un predittore per punteggi più alti nel fattore HA.

I soggetti affetti da epilessia e i soggetti appartenenti al gruppo di controllo non risultano essere differenti nei fattori del TCI, a differenza dello studio di Yazici in cui i pazienti epilettici hanno ottenuto punteggi differenti rispetto al gruppo dei controlli sani; i tratti si differenziano in modo significativo tra i due gruppi.

Nel nostro studio sono emerse differenze significative nei punteggi al TCI tra i tre gruppi di pazienti con differenti diagnosi di epilessia nei fattori di Evitamento del danno e Autodirettività in analogia con lo studio di Yazici.

A fronte di questi risultati non si può escludere la presenza di tratti della personalità associati a differenti forme di epilessia, questo dato alimenta numerosi interrogativi rispetto alle possibili cause di tale fenomeno. Queste differenze potrebbero dipendere sia dall’epilessia in sé sia dall’uso dei farmaci impiegati per il suo trattamento o, addirittura, potrebbero essere interpretate come conseguenza dello stigma al quale sono soggetti tali pazienti.

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CONCLUSIONI

Questo studio aveva come obiettivo quello di indagare l’eventuale presenza di differenze significative tra pazienti epilettici e soggetti “sani” e tra le tre diverse tipologie di epilessia prese in esame rispetto alle sotto-scale e ai fattori temperamentali e caratteriali del TCI. Solo per alcuni fattori e sotto-scale sono emerse differenze significative tra i gruppi.

Nei precedenti capitoli sono stati delineati i contorni dell’epilessia in quanto patologia caratterizzante il gruppo clinico esaminato nel presente elaborato, con la finalità di fornire un quadro generale della patologia e dei suoi risvolti in ambito psicologico e sociale, con particolare riferimento alle credenze più diffuse tra la gente, nonché allo stigma al quale sono sottoposte le persone affette da tale condizione.

L’epilessia è il più comune disturbo cronico del SNC senza differenze di età, razza, provenienza geografica o socioeconomica. Nonostante sia una malattia che si manifesta con crisi episodiche, può influenzare più o meno direttamente tutta l’esistenza di chi ne è affetto. Il paziente potrebbe sentirsi “cronicamente” malato, sia per fattori psicologici che per fattori sociali, dal momento in cui a tale condizione si accompagnano limitazioni e perdita di indipendenza.

L’esordio di una malattia cronica come l’epilessia può avere una forte influenza sullo sviluppo dell’identità personale e sull’immagine che la persona ha di sé, così come può comportare numerosi problemi a livello psicologico e comportamentale. La sofferenza è generalmente aggravata più dall'atteggiamento della società e dagli effetti dello stigma che non dalla malattia stessa. Ancora oggi, nelle persone che soffrono di epilessia, pesano non solo la gravità delle crisi, ma anche la disinformazione sulla malattia.

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In questo senso, si può ben comprendere come il ruolo del medico curante debba spesso spingersi oltre la sola risoluzione delle crisi e come sia estremamente utile un approccio multidisciplinare in cui vengano interpellate, in modo sistematico e continuativo, altre figure professionali tra cui lo psichiatra e lo psicologo clinico; è essenziale che tali figure agiscano congiuntamente sin dall'inizio della patologia epilettica.

L’assistenza psicologica,utile per ridurre l’impatto soggettivo che una tale diagnosi comporta, è necessaria in una grande maggioranza di pazienti con epilessia già diagnosticata, soprattutto a causa della non accettazione individuale della malattia e di tutto ciò che essa implica a livello familiare e sociale.

Un buon esito della terapia deve prendere in considerazione le ripercussioni della malattia sull’attività scolastica o professionale, sulle relazioni familiari e sociali e, più in generale, sulla qualità della vita. Tutto ciò deve, però, essere sempre rapportato alle vite dei singoli soggetti che vivono l'epilessia e ai loro contesti sociali e culturali.

La personalità e la presenza di alcuni cambiamenti comportamentali nell’epilessia sono riscontrati dalle osservazioni dei clinici oltre che da alcune ricerche condotte in questo ambito. Tuttavia, né l’entità, né l'eziologia di questi cambiamenti è ancora chiaro (Yazici, Yazici, Aydin, Orhan, Kirpinar & Acemoglu, 2013).

I correlati psicopatologici dell’epilessia comprendono una serie complessa di determinanti eziopatogenetiche, di natura organica, intrapsichica e psicosociale. Possiamo avere fattori neurologici e psicosociali tra cui: il tipo di crisi e le cause sottostanti, l’età di esordio e la durata della malattia, la frequenza e la gravità degli attacchi, nonché il relativo controllo farmacologico, il grado di stress sperimentato, lo stigma percepito e la discriminazione sociale incontrata. Questi fattori hanno sicuramente un notevole impatto sul vissuto soggettivo e sulle modalità d’interazione personale.

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Un ruolo importante è svolto anche dal modo in cui il soggetto gestisce a livello cognitivo ed intrapsichico la situazione di disagio causata dalla malattia (Barisone, Lerda, Ansaldi, De Vincenzo & Angelini, 2004). Alcuni studi dimostrano che esistono minori difficoltà psicosociali se si sviluppano strategie attive nell’affrontare la malattia e sottolineano come i problemi emotivi siano strettamente correlati alla qualità della vita, indipendentemente dal controllo delle crisi epilettiche.

Considerando la gravità e la frequenza delle crisi epilettiche, che possono comportare alle volte uno stile di vita restrittivo, è interessante comprendere se le manifestazioni psichiatriche siano maggiormente ascrivibili ai disagi sociali legati alla malattia o, piuttosto, ne rappresentino un epifenomeno.

Emergono, così, diverse prospettive: nella prima, si ritiene che lo stigma possa compromettere il concetto di sé e lo sviluppo dell’adattamento sociale.

Nella seconda prospettiva, più tradizionale, è l’epilessia di per sé, in quanto condizione cronica, a determinare livelli più o meno gravi di psicopatologia; infine, un approccio più recente ritiene che i vari correlati comportamentali, emotivi e di personalità dell’epilessia siano il risultato del processo di adattamento alla malattia. In particolare, icomportamenti volti a nascondere la malattia sembrano svolgere una funzione di adattamento alla propria condizione. Tra i principali sintomi caratterizzanti il quadro psicopatologico del paziente epilettico troviamo: sintomi psicotici, comportamenti aggressivi, violenza, suicidio,disfunzioni sessuali, e un’ampia gamma di disordini emotivi e cognitivi come depressione, ansia e diminuzione dell’autostima.

Un’ulteriore possibile causa di psicopatologia associata all’epilessia, potrebbe essere ricondotta alle specifiche aree cerebrali caratterizzanti le differenti manifestazioni cliniche delle crisi epilettiche; le alterazioni neurologiche che ne conseguono possono associarsi a modificazioni, più o meno gravi, della personalità. Alcuni studi hanno indagato, con le tecniche di

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neuroimaging, le aree cerebrali e i neurotrasmettitori che hanno un’implicazione con alcuni tratti di personalità, favorendo una migliore comprensione della loro relazione e suggerendo che i tratti di personalità potrebbero avere basi neurobiologiche (Serpelloni, Bricolo & Gomma, 2010). Anche uno studio dello stesso Cloninger, in collaborazione con l’Università di Parma , ha dimostrato che le differenze individuali nei tratti di personalità riflettono variazioni strutturali in specifiche regioni cerebrali (Gardini, Cloninger & Venneri, 2009).

Non si deve, inoltre, sottovalutare la responsabilità dovuta agli effetti secondari dei farmaci impiegati nel suo trattamento, i quali possono influenzare i circuiti neurali che mediano la personalità, contribuendo allo sviluppo di psicopatologia.

Quindi, eventuali sintomi comportamentali specifici nei pazienti con epilessia, nonché i divari nei punteggi ottenuti al TCI, possono essere spiegati dai cambiamenti cerebrali organici connessi alla malattia o dall’assunzione di farmaci antiepilettici.

Persino i fattori familiari possono avere un’importanza cruciale nello sviluppo e nel mantenimento di problemi psicopatologici. Infatti, anche le famiglie con un figlio malato, quando condividono pregiudizi e stereotipi negativi ricorrenti riguardanti l’epilessia, incontrano dei problemi ad accettare la malattia, sulla quale non hanno informazioni corrette, con conseguenti difficoltà nell’adattamento psicologico e sociale. Alcuni genitori, poi, mettono in atto comportamenti di iperprotezione che risultano essere deleteri per i figli malati, i quali possono diventare eccessivamente dipendenti dalla famiglia, emotivamente immaturi, passivi e incapaci di stabilire relazioni con i pari, oltre che mancare di competenze sociali in generale.

Rispetto all’epilessia è sorto spontaneo l’interrogativo se effettivamente i soggetti affetti da questa malattia rispecchiassero gli stereotipi proposti dalla società. Dal presente studio non è possibile confermare tali stereotipi non

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essendo emerse differenze significative tra soggetti sani ed epilettici, se non per due sole sotto-scale del TCI. Sicuramente sarebbe necessaria una maggiore informazione ed educazione riguardo questa patologia, che possa rendere la società più sensibile ad essa.

Si possono trarre delle conclusioni ipotetiche in merito ai risultati ottenuti al TCI dal gruppo clinico affetto dalle tre diverse tipologie di epilessia che ci diano maggiori indicazioni sui divari nei punteggi al TCI. Più nel dettaglio, i pazienti affetti da epilessia focale criptogenica riportano punteggi più elevati rispetto agli altri due gruppi di pazienti nelle seguenti sotto-scale: Stravaganza/riservatezza (afferente al fattore Ricerca della novità); Paura dell’incertezza/sicurezza, Affaticabilità e astenia/energia e Ansia anticipatoria ottimismo (afferenti al fattore Evitamento del danno nel quale riportano punteggi più elevati). Questi dati potrebbero essere interpretati come tendenza del soggetto alla stravaganza, al pessimismo e all’ansia anticipata, all’apprensione, alla stancabilità e all’affaticabilità.

Per quanto riguarda i pazienti affetti da epilessia generalizzata idiopatica, questi ultimi riportano punteggi più elevati rispetto agli altri due gruppi nelle sotto-scale di: Responsabilità/colpevolizzazione, Ricchezza di risorse/apatia e Congruente secondo natura (afferenti al fattore Autodirettività); mentre riportano punteggi inferiori nelle sotto-scale di: Paura dell’incertezza/sicurezza, Affaticabilità e astenia/energia e Ansia anticipatoria ottimismo (afferenti al fattore Evitamento del danno nel quale riportano punteggi più bassi). Potremmo interpretare questi risultati come tendenza dei pazienti affetti da epilessia generalizzata idiopatica ad essere maggiormente responsabili, ricchi di risorse e disciplinati. Di contro, l’aver ottenuto punteggi più bassi nelle sotto-scale afferenti al fattore temperamentale dell’Evitamento del danno (HA) può far pensare che questi pazienti siano maggiormente dotati di ottimismo, coraggio, audacia ed energia.

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Infine, i pazienti affetti da epilessia focale sintomatica riportano punteggi inferiori nella sotto-scala Ricchezza di risorse/apatia e nel fattore Autodirettività, al quale la sotto-scala appartiene, che potrebbe indicare una tendenza ad essere privi di scopi.

Il presente studio, in accordo con la letteratura presa in esame, permette di confermare cambiamenti specifici di personalità tra gli epilettici secondo il modello dimensionale della personalità di Cloninger. Ciò indica l’esistenza di una possibile relazione tra caratteristiche dell’epilessia e tratti di personalità.

Essendo questa una ricerca esplorativa, fornisce risultati indicativi; sarebbe quindi auspicabile replicarla con un campione più ampio per confermarne i risultati e assicurarne una maggiore validità.

I risultati del nostro studio devono essere valutati con cautela, considerando i limiti che derivano, ad esempio, dalla selezione del campione di controllo. Si tratta di soggetti selezionati nella cerchia di conoscenze, quindi questo potrebbe limitare la rappresentatività del campione preso in esame. Lo studio potrebbe essere replicato selezionando un campione di controllo maggiormente rappresentativo della popolazione.

Un ulteriore limite è rappresentato dal fatto di aver indagato gli aspetti della personalità esclusivamente mediante l’uso del TCI. Tale ambito avrebbe richiesto l’impiego di ulteriori strumenti diagnostici.

Essere affetti da epilessia, indubbiamente può cambiare la vita di una persona, per questo, risulta particolarmente importante avvertire intorno a sé un ambiente supportivo, soprattutto all’interno della famiglia, ma ciò non sempre si verifica. Il rischio, altrimenti, è quello di aggiungere ai problemi di tipo medico, ulteriori problemi a livello psicologico, relativi a uno scarso adattamento alla propria condizione e alla non accettazione di sé se non come “diverso”.

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Ringraziamenti

A questo punto, non mi resta altro che ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile questa ricerca e più in generale il compimento di questo percorso di studi, a loro va la mia gratitudine.

Tengo a ringraziare coloro che hanno deciso di partecipare a questo studio, dedicandomi il proprio tempo.

Desidero ricordare l’U.O. di Neurologia dell’A.O.U.P., senza la loro collaborazione sarebbe stato impossibile realizzare questo lavoro.

In particolare ringrazio la mia Relatrice Dott.ssa Irene Ghicopulos per la presenza costante nel chiarire ogni mio dubbio e per gli innumerevoli incoraggiamenti.

Ringrazio il Dott. Filippo Giorgi, per la fiducia concessami e per avermi gentilmente accolta nel suo ambulatorio consentendomi di reclutare i pazienti necessari alla stesura dell’elaborato.

Ringrazio, inoltre, il mio Controrelatore Prof. Alfonso Iudice per l’immensa disponibilità e per i preziosi suggerimenti.

Ringrazio il Dott. Francesco Logullo dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona, per il solo fatto di aver creduto in me, avermi sempre supportata e sopportata pazientemente e amorevolmente, ed avermi ascoltata quando ne avevo più bisogno.

Ringrazio sentitamente la Dott.ssa Claudia Cusmai e il Dott. Angelo Carrieri che mi hanno seguita con costanza, sempre disponibili a dirimere i miei dubbi durante la stesura di questo lavoro.

Un grazie di cuore va alle mie compagne di “avventura” che mi hanno accompagnata lungo questi anni di formazione. In modo particolare desidero

ringraziare Annalisa Ponti, Valeria Centello, Federica Amati e Letizia Pecorella, i miei angeli custodi, senza le quali mi sarei sentita persa.

Ultimi, ma non per importanza, i miei ringraziamenti vanno a Daniele Falabretti, fidanzato e compagno di vita insostituibile,per la pazienza infinita, il sostegno emotivo e l’amore dimostratomi. Mi ha accompagnata in questo percorso dall’inizio, standomi vicino e cercando di capirmi nei momenti più difficili, trasmettendomi sempre profonda stima e sicurezza. Lo ringrazio per essersi preso cura di me, per esser sempre stato presente e pronto a strapparmi

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