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Nelle discussioni degli ultimi mesi è palese che la sicurezza sociale delle donne sposate è incompleta Sempre più spesso ci rendiamo conto che il sistema vigente è

LE LOTTE SINDACALI CONTRO LA SOTTOOCCUPAZIONE FEMMINILE.

E) Nelle discussioni degli ultimi mesi è palese che la sicurezza sociale delle donne sposate è incompleta Sempre più spesso ci rendiamo conto che il sistema vigente è

ingiusto in quanto non tutela per niente le mogli ed è in contraddizione con i principi Amburgo, fosse unita al dipartimento di “politica culturale” per lavorare in modo autonomo e diventare un dipartimento indipendente.

116 Sintesi della riforma pensionistica del 1972. Grundlagentexte zur Emanzipazion der Frau:

1) Principio di equivalenza indebolito: dai 25 anni assicurativi e meno del 75% della retribuzione media = base imponibile fissa a persona del 75%. Offerti, successivamente, salari e stipendi bassi. Misure per abbattere la distribuzione dei salari ingiusta. Soprattutto le donne ne trassero vantaggio.

della giustizia. Le mogli che lavorano non sono sufficientemente assicurate e non ricevono alcun contributo nel caso di invalidità precoce. In caso di divorzio non hanno alcun diritto a ricevere la pensione vedovile dell'ex marito. Inoltre la pensione vedovile è piuttosto bassa per le donne e loro riescono a coprire appena i costi per il vivere quotidiano.

Un cambiamento di questa situazione può essere raggiunto solo con la creazione del diritto di un' indipendente assicurazione pensionistica della donna. Di regola, prima del matrimonio è istituita l'assicurazione attraverso l'attività lavorativa, compresa la formazione professionale; questo deve protrarsi anche durante il matrimonio. Dall' inizio del matrimonio entrambi i coniugi devono essere considerati, nel diritto alla pensione, come un' unità, vale a dire che il diritto alla pensione vale per entrambi i partner. Questo significa che la pensione deve essere ripartita in parti uguali. Durante il periodo dell'educazione dei figli, i premi di assicurazione sono introdotti con mezzi pubblici nell'ambito dei risarcimenti per danni e perdite familiari; i premi ed il calcolo dei contributi deve essere posto almeno al 75% , o meglio ancora al 100% del reddito medio. La persona che educa il bambino, mentre svolge anche un altro lavoro, deve ricevere un compenso, che corrisponde ad una piccola percentuale. Il coniuge che non ha lavoro e che si occupa dell'educazione di almeno un figlio fino alla maggior età ha il diritto all'assicurazione per la vecchiaia, che deve essere versata dal consorte.

− Aiuto nell' ambito familiare ed i quello del lavoro: Dopo la piattaforma programmatica prendiamo in seria considerazione gli interessi economici, sociali e culturali del lavoratori/ trici e delle loro famiglie. Su questa base vengono proposti dalla Commissione federale delle donne del DGB, durante il Congresso federale del DGB, gli aiuti per le famiglie dei lavoratori. Per principio devono essere offerte ai bambini dei lavoratori le stesse opportunità di formazione degli altri bambini per un buon sviluppo, dare sostegno finanziario alle famiglie svantaggiate ed applicati gli stessi diritti per entrambi i coniugi. Per questi motivi si chiede soprattutto: Le condizioni economiche devono essere assicurate tramite il nuovo

regolamento del risarcimento per perdite familiari (ad esempio nel caso di incidente sul posto di lavoro). Il compito di educare i figli deve essere diffuso: deve essere concessa, alla madre o al padre, nei primi 18 mesi dopo la nascita di un figlio, una licenza straordinaria col pagamento di un' indennizzo pattuito. Un ulteriore educazione deve essere data ai bambini dai 3 anni in su negli asili. Oltre a ciò si debbono costruire nuovi asili nido pubblici. Deve essere fatto un nuovo regolamento degli orari di lavoro che tenga conto delle molteplici mansioni dei coniugi nella famiglia e nella professione.

Il 1972- l'anno della lavoratrice.

Il DGB proclamò il 1972 l'anno della lavoratrice e sostenne l'idea che la sua situazione poteva essere migliorata solo se sia gli uomini che le donne avessero collaborato insieme per risolvere il problema su tutti i livelli: nella famiglia, nella professione e nella società. Nella famiglia, con la disponibilità ed il sostegno da parte del marito, la donna, se lo desiderava, poteva realizzare il suo diritto al lavoro e ricevere una propria assicurazione sociale in caso di malattia e per la vecchia.

Nell' ambito del lavoro si doveva esprimere solidarietà nei confronti delle donne discriminate ed applicare la parità dei diritti e di trattamento.

La tutela degli interessi (nei Consigli di fabbrica e nel Consiglio del personale) delle donne doveva riguardare anche gli uomini: ad esempio lottare per eliminare la discriminazione salariale delle donne.

Nella società era diritto delle donne avere pari opportunità di partecipare in tutti gli ambiti della sfera pubblica, abolendo i vantaggi degli uomini nell'ingresso del settore politico e sociale.

Il DGB aveva raggiunto molti risultati riguardo alla legislazione a livello federale e regionale attraverso il suo intenso lavoro ed il peso della grande rappresentanza d'interessi, ma c'erano problemi rimasti irrisolti su tutti i livelli.

Nell' anno della lavoratrice, tra gli obbiettivi principali, c'erano:

− La preparazione e l'attuazione delle scelte dei Consigli di fabbrica nel primo semestre per ottenere la rappresentanza di interessi nell'azienda di molte donne ed, in particolar modo, appoggiare le decisioni prese dalle rappresentanti delle lavoratrici. Il risultato era l’ iscrizione di molte donne nei Consigli di fabbrica e l’elezione di altre come presidenti del Consiglio di fabbrica. Cosi le lavoratrici, attraverso le loro rappresentanti, potevano tutelare i loro interessi e risolvere specifici problemi delle donne nelle fabbriche, come l'organizzazione del posto di lavoro, la valutazione del posto di lavoro, la retribuzione equiparata al valore del lavoro svolto ed il miglioramento delle possibilità dell'avanzamento di carriera. − Diritto all'informazione tramite la consultazione “Arbeitsnehmerinnen 1972”117

del DGB: gli enti pubblici e tutti coloro che contribuivano alla formazione dell'opinione pubblica dovevano rispondere alle domande degli uomini e donne riguardo alla situazione attuale delle lavoratrici. Dai risultati delle interviste risultava che, per apportare ulteriori miglioramenti alle condizioni delle lavoratrici e delle loro famiglie, bisognava che il Governo federale collaborasse con le istituzioni e con i sindacati.

− Pubblicità delle rappresentazioni sindacali per il miglioramento della situazione delle donne tramite un annuncio in forma di questionario sui giornali e sulle riviste. Quando il DGB aveva raccolto almeno 9000 risposte, le richieste sindacali sarebbero poi state esaminate ed appoggiate dagli enti pubblici.

Un' altra forma di pubblicità e attività di informazione e chiarimento, svolta nel secondo semestre, consisteva nell'organizzare grandi manifestazioni, tavole rotonde e stand d'informazione per le strade e nelle piazze, mostre che trattavano dei particolari problemi della donna lavoratrice, come, ad esempio, lo sviluppo ed il significato delle attività lavorative delle donne, le opportunità di lavoro per le donne, la loro situazione formativa, la realizzazione del principio della retribuzione equiparata al valore del lavoro svolto, miglioramento e costruzione dell'assicurazione delle donne ed aiuti

economici per le loro famiglie e dei doveri familiari delle donne che dovevano essere svolti anche con la collaborazione degli uomini.

Licenziamenti politici nella Pierburg118

Nonostante l’attuazione, nel 1972, della piattaforma programmatica del DGB, continuavano a verificarsi, nella RFT, situazioni di discriminazione salariale e di licenziamenti di natura politica che colpivano in particolar modo le donne.

Un caso che suscitò una particolare attenzione dell’opinione pubblica e dei mass- media fu quello dell’industria automobilistica Pierburg nella città di Neuss119.

Infatti, in questa fabbrica, dal 13 fino al 17 agosto del 1973, l’intera produzione, che era portata avanti quasi esclusivamente da operaie straniere120, fu bloccata da uno sciopero generale. Malgrado l’ intervento della polizia, le vessazioni, le minacce ed i tentativi di corruzione da parte dell’amministrazione aziendale, l’azienda non riuscì a spaccare e distruggere la resistenza degli scioperanti: il numero di questi ultimi, in 2 giorni, aumentò da 800 a 2000 (parteciparono allo sciopero uomini e donne, che, fino all’ultimo giorno, rifiutarono “ i primi risultati delle trattative” e continuarono a scioperare). Le richieste degli scioperanti erano le seguenti:

1) Abolizione del “gruppo salariale semplice” di secondo livello per il lavoro svolto dalle operaie dell’industria. In questo gruppo salariale c’erano 500 operaie che svolgevano lo stesso tipo di lavoro di quelle appartenenti al “ gruppo salariale” di

118 La Pierburg era un’ industria automobilistica con sede a Neuss, città del Nord Reno-Westfalia,

sulla riva occidentale del Reno.

119 Neuss: Città della Nord Reno – Westfalia in Germania. E’ situata sulla riva occidentale del

Reno, opposta alla città di Dusseldorf. Il successo demografico e commerciale di questa città è dovuto alla sua posizione geografica strategica (crocevia commerciale). La città conta 152.000 abitanti.

120 Il numero complessivo dei lavoratori era 3070 di cui 2248 stranieri. Le donne straniere erano

terzo livello. Le 500 operaie dovevano essere inserite in quello di terzo livello e ricevere quindi dodici centesimi in più l’ora.

Successivamente miravano ad ottenere un’ aumento salariale di 30 centesimi l’ora per tutti i lavoratori membri del Consiglio di fabbrica.

2) A questi miglioramenti dovevano essere aggiunti ulteriori 200 marchi che erano stati promessi una settimana prima dello sciopero come indennità di caro vita.

3) Quattro dei cinque giorni di sciopero dovevano essere retribuiti.

Lo sciopero degli operai/ie della Pierburg, in cui le donne svolsero un ruolo determinante, mise le basi del giovane movimento sul territorio.

I giornali moderati e di destra commentarono l’ondata di scioperi , sostenendo che gli “elementi radicali” non erano nati all’interno delle fabbriche, ma dalle brevi e deboli lotte esterne dei lavoratori.

L’obbiettivo dei mezzi d’informazione filo moderati era quello di screditare le azioni e le forme di protesta degli scioperanti, affinché situazioni del genere non si presentassero ancora: gli operai e le operaie della Pierburg avevano agito in maniera autonoma e questo comportamento creava disagio a molte aziende.

La forma di protesta era stata voluta anche dai dipendenti dell’azienda che erano ormai stanchi delle condizioni sempre più insopportabili all’interno del ciclo produttivo e solidarizzarono con la rabbia dei lavoratori che, soprattutto negli ultimi mesi, sentivano maggiormente il rialzo dei prezzi.

Qualche giorno prima delle azioni di protesta spontanee, l’amministrazione di fabbrica cercò, attraverso “iniziative” proprie di placare il malcontento: il primo di agosto fu versata dalla fabbrica un’indennità di caro vita di 200 marchi (non era stata inserita, però nel contratto collettivo di lavoro), mentre, da giugno, erano in corso trattative con i rappresentanti del sindacato dell’industria metallurgica e metalmeccanica per il “miglioramento dell’organizzazione salariale”, per l’abolizione dei “gruppi salariali semplici”e la promessa di adeguarsi alla serie di accordi

riguardanti la situazione del rendimento e retributiva. Dopo due mesi la fabbrica non aveva raggiunto ancora risultati concreti.

Nel pomeriggio del quinto giorno di sciopero arrivò la prima “offerta” dalla sede della direzione: dodici centesimi in più nella busta paga ed eliminazione del gruppo salariale di secondo livello. La maggioranza degli scioperanti rifiutò questa proposta, chiedendo più soldi e di mostrare solidarietà nei loro confronti. Il pomeriggio dello stesso giorno fu offerta loro una proposta migliore che accettarono.

La lotta sindacale nella seconda metà degli anni ’70 e primi anni ‘80

Da uno studio dell’Istituto dell’economia tedesca, dopo le elezioni dei Consigli di fabbrica del 1975, emerse, purtroppo, che la presenza delle donne era nettamente inferiore a quello degli uomini: le donne sotto i 30 anni (30%) avevano poca esperienza in materia (solo il 3% possedeva un grado sufficiente di formazione), mentre solo il 36,8% era stato eletto per la prima volta in una seria campagna elettorale.121

Effettivamente il grado di organizzazione dei membri femminili e maschili dei due principali Consigli di fabbrica era estremamente differente: l’87,2% dei membri dei Consigli di fabbrica organizzati nel DGB erano uomini rispetto al 12,2% delle donne, mentre il Consiglio di fabbrica del DAG122 era composto per il 74% da uomini ed il 25,2% da donne.

Il numero ristretto delle donne, che stavano all’apice degli organi di rappresentanza sindacale, rispecchiava la loro situazione generale riguardo alla condizione di socio in un’organizzazione. Infatti solo il 17% di tutti i membri del DGB erano donne e le rappresentanti delle lavoratrici che si presentarono al Congresso del DGB, tenutosi ad

121Dati presi dal libro Frauenarbeit, pubblicato nell’aprile del 1976.

Amburgo123 nel 1972, raggiungevano solo il 6,9% di tutti i delegati: le presidenti delle Commissioni federali di donne dichiararono che, durante il Congresso, le lavoratrici erano chiaramente sottorappresentate.

Queste cifre dimostravano che c’era ancora un evidente disinteresse da parte del sindacato di prendere in seria considerazione la questione delle donne e soprattutto delle lavoratrici. La direzione sindacale sosteneva al riguardo che la colpa era da attribuire esclusivamente alle donne perché mostravano poca attenzione e disinteresse verso le attività sindacali.

La Commissione federale delle donne del sindacato industriale dell’ industria chimica presentò il seguente appello per l’ elezione delle persone di fiducia124: “Una forte rappresentanza e collaborazione dei membri femminili presso le persone di fiducia del sindacato è la base per occuparci delle loro richieste specifiche. La Commissione federale delle donne si aspetta, quindi, che tutte le colleghe riconoscano il grande significato delle elezioni della gente di fiducia…..”. Le donne volevano che i loro interessi fossero tutelati, ma ogni lavoratrice era ben consapevole del fatto che, nei cosiddetti “organi di rappresentanza”, come il Consiglio di fabbrica e l’organo delle persone di fiducia, i loro problemi non venivano affrontati seriamente: ogni singolo sindacato aveva introdotto al suo interno la commissione delle donne, ma era solo un alibi, in quanto la commissione era composta quasi esclusivamente da donne conservatrici ed antiquate. Le donne, dopo venti anni di esperienza con la politica della direzione aziendale delle donne, avevano avuto solo conseguenze negative, senza aspettarsi alcun tipo d’aiuto.

Cosicché, in tutti i sindacati del DGB, non c’era nessun organo composto da donne che fosse autorizzato a decidere sui problemi e sulle richieste delle donne perché un alto organo, composto essenzialmente da uomini, poteva censurare tutto.

123Congresso del DGB del 1972 ad Amburgo, dove l’ IGM ( Sindacato delle industrie metallurgiche

e metallmeccaniche) costituì un terzo di tutti i delegati.

Dopo venti anni di trattative, i sindacati del DGB non avevano ancora risolto il problema del sottopagamento delle donne e queste potevano sperare di percepire una completa retribuzione, forse solo agli inizi degli anni ’80.

Non erano cambiati essenzialmente né le norme di tutela del lavoro, né i regolamenti per le madri con bambini piccoli: la donna, se voleva curare il suo bambino malato, doveva prendere o i giorni di ferie o quelli per malattia, in tutto erano cinque giorni. Questi erano i motivi per cui le donne non trovavano alcun motivo particolare per organizzarsi nel sindacato.

Se le donne, poi, osavano esprimere le loro richieste, andando solo minimamente contro la linea del sindacato, dovevano tener conto delle misure rigide del regolamento.

Tuttavia, le donne che non si lasciavano scoraggiare da tutto ciò e volevano partecipare attivamente nell’azienda e nel sindacato, dovevano tener conto delle difficoltà a cui andavano in contro, come ad esempio le battute maschiliste da parte dei funzionari del sindacato verso i consiglieri di fabbrica donna (numerose testimonianze di donne della Beiersdorf e della Colgate) e nella Commissione del sindacato.

Poco prima delle elezioni dei Consigli di fabbrica del 1975, la direzione sindacale aveva anche escluso donne dal sindacato perché ritenute troppo radicali.

Due esempi: i consiglieri donna della lista “ alternativa” della Beiersdorf e quelli della lista “donne” della Colgate furono costretti, in maniera molto cordiale, a non partecipare al lavoro aziendale e sindacale.

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