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GLI SVILUPPI DEL NUOVO MOVIMENTO FEMMINISTA

Spose della rivoluzione?

Il pomodoro volò il 13 settembre del 1968 e prese in pieno viso Hans Jurgen Krahl, il teorico della SDS (lega socialista degli studenti). Chi compì quest’ azione fu Sigrid Ruger, studentessa di romanistica e delegata berlinese al congresso federale della SDS a Francoforte.

Sigrid, incinta, inizialmente non ne aveva l’intenzione, ma si innervosì quando i compagni, con una certa disinvoltura, volevano ignorare l’intervento di Helke Sander. Sigrid aggredì Hans Krahl, dandogli del controrivoluzionario e nemico della lotta di classe.

Il comportamento di Sigrid Ruger fu duramente criticato dalla maggior parte delle donne della SDS, che lo reputarono penoso. Nonostante ciò, proprio quel pomodoro “penoso”, divenne, per le intellettuali della SDS, il simbolo dell’inizio della liberazione della donna. Infatti, appena tornate nelle loro città, crearono numerosi “Weiberrate”26, gruppi di donne, nei quali era vietato l’accesso agli uomini. Qui le donne potevano parlare liberamente, senza essere sopraffatte da alcun compagno autoritario.

Al Bundeskongress (congresso federale) delle donne, che successivamente si tenne ad Hannover, si presentarono ben preparate e piene d’ orgoglio.

Il”Weiberrate” di Francoforte scrisse e diffuse il volantino con su scritto “Liberate le eminenze socialiste dai loro cazzi borghesi”.

Nel consiglio d’amministrazione del Weiberrate, Helke Sander, allora portavoce dei “consigli d’azione” di Berlino, iniziò il suo discorso piena di speranza e con molta calma: “L’uomo ha effettivamente dei ruoli di vantaggio nel sistema, ma questi gli sono stati assegnati dalla società capitalista, che ha imposto una rigida divisione dei ruoli.

I gruppi che risultano facilmente politicizzati sono quelli delle donne con i bambini perché sono maggiormente penalizzate e ricevono scarsa attenzione anche dai compagni.

Le manifestazioni dei compagni risultano ormai insopportabili e noiose.”27

La maggioranza delle attiviste politiche concordava con l’opinione di Helke Sander, diventata madre di un bambino di un anno.

Le intellettuali della SDS sostenevano che l’azione di Sigrid Ruger era dovuta dalla mancanza di ascolto e di considerazione da parte dei loro compagni.

Numerosi articoli di giornali, come lo Spiegel, lo Zeit e lo Stern, trattarono di quel famoso “scontro tra i sessi” che dava inizio ad un interessante fenomeno sociale.

A distanza di breve tempo, esattamente nel dicembre del 1968, Ulrike Meinhof scrisse un articolo intitolato “Frauen in der SDS” (donne nella SDS). Il messaggio era chiaro: non si doveva parlare del permanente fallimento del matrimonio, ma delle cause che portavano a questo fallimento.

L’ entrata in scena delle donne di Francoforte e delle donne di Amburgo significò non solo la creazione di tre o quattro Weiberrate, ma anche il cambiamento della struttura dei consigli d’azione già esistenti: adesso la maggioranza era composta da studentesse.

Queste soffrivano soprattutto a causa degli atteggiamenti conservatori dei compagni. Per la prima volta furono rinfacciate pubblicamente ai compagni le nuove forme di sfruttamento sessuale (quelle che si riproponevano anche nel gruppo).

Karin Schrader-Klebert, una delegata della SDS, appena tornata da Francoforte, entrò a far parte del Weiberrate di Munster, la città dove insegnava pedagogia.

Tra gli anni ’60 e ’70 le donne aderenti ai Weiberrate, aumentò considerevolmente. Le componenti di questi gruppi organizzavano azioni creative, dimostrazioni e strategie di sviluppo per difendere i diritti delle casalinghe e delle lavoratrici.

Purtroppo questa rivolta iniziale delle donne coinvolse solo gruppi dell’ambiente universitario: rimase un fenomeno strettamente collegato al movimento studentesco.

Tuttavia all’ inizio del 1969 si videro i frutti del lavoro dei Weiberrate. Karin Schrader-Kleberts fece pubblicare il suo noto libro “ Die kulturelle Revolution der Frau” (la rivoluzione culturale della donna) . Questo libro analizzava il nuovo movimento femminista tedesco sotto il punto di vista femminista-radicale.

Forme di protesta contro la legge 218

Al Bundesfrauenkongress (congresso federale delle donne), organizzato dal “Frankfurter Weiberrat”, dal “Die Frauenaktion70” e dal “Der sozialistische Frauenbund Westberlin”, tenutosi nell’ostello della gioventù di Francoforte sul Meno nel gennaio del 1971, parteciparono circa quattrocentocinquanta donne dei quaranta Weiberrate provenienti da tutta la Repubblica federale.

La frase che risvegliò gli animi delle donne fu: “I privilegiati, nella storia, non hanno mai abbandonato volontariamente i loro diritti.

Per questo noi esigiamo che le donne divengano un fattore di potere all’interno delle discussioni.

Devono organizzarsi da sé, perché solo così possono riconoscere i loro problemi personali ed imparare a rappresentare i loro interessi.”28

Dopo una prima fase di successi delle rivolte del movimento studentesco sessantottino, all'inizio degli anni '70 sembrava che le donne fossero ridiventate passive ed immuni alle ingiustizie loro inflitte.

La critica a questa apparente staticità fu formulata in un articolo da una rivista americana dal titolo”Brigitte”, nella primavera del 1971. L'articolo diceva: “Le donne tedesche non bruciano alcun reggiseno, alcun vestito da sposa, non attaccano i concorsi di bellezza, né redazioni di giornali conservatori, non richiedono

28 Privilegierte haben in der Geschichte ihre Rechte noch nie freiwillig preisgegeben. Deshalb

fordern wir: Frauen muessen ein Machtfaktor innerhalb der ausstehenden Auseiandersetzungen werden! Frauen muessen sich selbst organisieren, weil sie ihre urelgensten Probleme erkennen und lernen muessen, ihre Interessen zu vertreten. So fing es an, Alice Schwarzer, Roter Vertrag, Berlino 1983

l’abolizione del matrimonio e non scrivono alcun articolo sull’annullamento degli uomini.

Non c’è alcuna maga, non ci sono sorelle di Lilith, come in America, alcuna rivista di donne combattenti.

Non c’è rabbia.”

Invece la rabbia c’era, più di quanta “ Brigitte ” potesse immaginare.

La collera si rivolgeva non solo contro la legge 218, ma anche contro gli ordini imposti alle donne. L’elemento scatenante era stato il divieto di abortire, ma il retroscena consisteva nella crescente infamia e schizofrenia del nuovo ruolo della donna. Alla donna, in questo periodo, veniva assegnato un sovraccarico di funzioni: era una lavoratrice, al tempo stesso una perfetta casalinga, buona mamma ed ottima amante.

I gruppi femministi dell’APO (opposizione extraparlamentare) avevano scarsa autonomia intellettuale ed organizzativa a causa della dogmatizzazione di sinistra e dei processi di frazionamento. Un saggio delle “Roten Frauen” (donne rosse) , uno dei Weiberrate, quello di München spiegava questo pensiero: “Lo sviluppo tecnocratico della professione della donna è la base delle nostre analisi e del lavoro politico e non un'emancipazione diffusa della donna in quanto persona”29.

Le “Roten Frauen” fondarono dei “sottogruppi” per trovare una soluzione ai problemi delle donne e si rifacevano ai gruppi di formazione di Engels, Reich e Mandel. Le donne, come i loro compagni, credevano che con l’abolizione del dominio del capitale, sarebbe stato spazzato via anche il patriarcato.

In questi mesi, le donne della maggior parte dei paesi occidentali (America, Olanda, Francia, Germania) si ribellavano apertamente contro le leggi sul divieto d'abortire. Nell’aprile del 1971, 343 donne francesi dichiararono pubblicamente: “Noi abbiamo abortito e vogliamo che il diritto al libero aborto sia esteso a tutte le donne.”30

29 Die technokratische Entwiklung der Berufstatigkeit der Frau ist Grundlage unserer Analysen und

politischen Arbeit und nicht eine diffuse Emanzipation der”Frau als Wesen”. So fing es an, cit pag 60

Questa prima azione era stata compiuta dal movimento femminista parigino che pubblicò il proprio appello sulla rivista settimanale di sinistra “Le nouvel Observateur”.

Il caso giocò un ruolo fondamentale in quanto quest’azione raggiunse velocemente ed in maniera entusiasmante la Repubblica Federale tedesca. Infatti Alice Schwarzer, allora corrispondente del giornale a Parigi, divulgò l’idea alle “sorelle tedesche”. Lei si impegnò a mantenere intatto l’impeto dell’azione femminista e provò, da un lato, a far conoscere i diversi gruppi femministi e da un altro di trovare il modo di pubblicare i loro appelli nella Repubblica federale. La rivista “Stern”, che trovò quest’azione spettacolare, acconsentì alla pubblicazione, cosicché le donne ebbero il loro Forum e lo Stern il suo scoop.

L’aspetto importante era che le donne avrebbero potuto prendere parte in prima persona alle iniziative. Non c’era, comunque, alcun gruppo di donne che aveva potuto portare al cuore del governo un’azione come quella delle parigine. Alice Schwarzer si appellò a molti partiti, come all’SPD, DKP e perfino alle sindacaliste, ma senza ottenere alcun risultato.

Tuttavia, i tre gruppi più famosi di donne si erano già collocati e sviluppati in tre diverse città: a Francoforte la “Frauenaktion 70” (Azione delle donne del ’70), (che si era sviluppata dall’Unione umanista, era composta prevalentemente da donne lavoratrici che avevano già sfilato per le strade mostrando lo slogan”Il mio ventre appartiene a me”), a Berlino la SEW, che aveva un’organizzazione simile a quella del Aktionsrates (consiglio d’azione), la “Sozialistische Frauenbund Berlin” (lega socialista delle donne di Berlino) e a München la Roten Frauen.

I Weiberrate delle studentesse di Francoforte si sentirono offese, in quanto trovarono quest’azione apolitica e riformista. Il venerdì sera di maggio, in cui Alice Schwarzer e la Roten Frauen cercavano di ampliare i loro progetti, il gruppo si divise: una parte rimase salda alla formazione, l’altra intervenne e continuò a seguire la strada intrapresa (Ute: eravamo contente finalmente di poter agire).

Da quel momento iniziarono numerose febbrili attività per il diritto all'aborto: i tre gruppi di donne raccolsero insieme, in cinque settimane, la metà di circa 374 firme, mentre il resto arrivò attraverso il sistema palla di neve: amiche, colleghe e vicine di casa partecipavano con entusiasmo. Il coraggio che dimostravano queste donne era enorme, perché l’aborto era un tabù e chi lo praticava non lo confessava a nessuno. Tutte le donne avevano paura delle conseguenze a cui potevano andare incontro: conseguenze penali (finire in prigione), conseguenze di tipo sociale (perdita del posto di lavoro), paura dei possibili traumi delle persone care. La maggior parte delle 374 donne (365 con precisione) che rivendicavano il diritto all’aborto erano segretarie, casalinghe, studentesse, operaie e impiegate, mentre le rimanenti erano attrici. Il tipo d’azione era azzardato su ogni livello, infatti riguardava sia il lavoro che le femministe svolgevano con lo “Stern”, che il rischio personale a cui erano soggette le donne. Il rischio consisteva nel dare dimostrazioni di solidarietà. Il 6 giugno del 1971 le trecentosettantaquattro donne, alcune famose ed altre ignote, dichiararono, davanti alla sede dello ”Stern”: “Noi abbiamo abortito.

Non chiediamo la carità del legislatore, né la riforma ai consigli. Chiediamo semplicemente l’abolizione della legge 218.”31

Iniziava così l’esplosione: le donne di tutto il paese si unirono. Numerose firme furono raccolte negli uffici, fabbriche, università, in diversi punti delle città.

Le donne riuscivano finalmente ad ammettere le umiliazioni ed i danni psicologici che la legge 218 aveva prodotto nei loro confronti ed a ciò avevano dato il loro contributo anche i mariti, i preti, i dottori, i giudici ed i politici. Le gravidanze indesiderate erano state spesso interrotte, ma di nascosto, quindi illegalmente. Solo nel 1971, nella Repubblica federale, si contavano annualmente circa un milione di aborti.

La reazione dei media era chiara: a parte poche eccezioni, da destra a sinistra cercavano solo di minimizzare e screditare le donne: per la Suddeutsche Zeitung32 si

trattava di puro esibizionismo, per la Frankfurter Rundschau di una mania di consumo e di omicidio.

Nonostante ciò le proteste delle donne non si arrestarono, anzi crebbero talmente che, alla fine, attirarono l’attenzione dei media gestiti dagli uomini. Questi provarono almeno a difendere l’idea del patriarcato, davano alla donna l’interdizione (incapacità momentanea di intendere e volere), in quanto erano dell'opinione che loro non si rendesse conto delle proprie azioni.

L’unica concessione che veniva fatta alla donna moderna era la possibilità di progettare la sua squallida vita, ma, in cambio, doveva pregare ulteriormente l’uomo per ottenere il suo permesso.

Subito dopo l’inizio della campagna contro la legge 218, si ridusse il numero delle giornaliste all’interno dei media: le donne non potevano fare informazione su determinati argomenti, perché coinvolte in prima persona e quindi non erano obiettive.

Nel mondo politico, dal 1969, una possibile riforma della legge 218 era inserita nel pacchetto di riforme della coalizione SPD-FDP (Freie Demokratische Partei), partito liberal - democratico: discutevano di un “eventuale sblocco dell’aborto fino al terzo mese di gravidanza”. Le donne della SPD chiesero la completa abrogazione della legge. Le associazioni giuriste chiesero la completa impunità.

Naturalmente la chiesa cattolica lanciò una dura campagna contro, così l’intento di riformare la legge fu cancellato: il ministro della giustizia della SPD, Jahn, dovette scrivere una lettera di scuse a tutti i fautori della legge 218. Il contenuto era molto chiaro: “La riforma della disposizione penale sull’interruzione della gravidanza era solo un malinteso.

Il progetto di legge di questo tipo non è stato ancora presentato.

Nel ministero federale della giustizia la possibilità dell’interruzione della gravidanza fino al terzo mese non ha trovato pieno appoggio.

Ci troviamo in uno stadio di dibattiti profondi e forti, in cui soprattutto la chiesa è inclusa perché competente in materia” .

Tuttavia le donne, che avevano iniziato e portato avanti la Campagna contro la legge 218, non si arresero perché erano ben consapevoli che la riforma della legge avrebbe portato ad un discreto superamento del sovraccarico dei compiti assegnati alla donna. La richiesta dell’abolizione della legge era davvero un elemento rivoluzionario perché permetteva alla donna di scegliere.

Anche se la domanda tecnico- giuridica per la riforma della legge era sempre più insistente, non venne evidenziato il senso di emancipazione della campagna. Questo valse sia per la parte della SPD che per la sinistra extraparlamentare e per i K-gruppi (piccoli gruppi di sinistra che si erano staccati dalla sinistra extraparlamentare in quanto avevano un programma diverso).

I compagni delle femministe parteciparono alla lotta per l’abrogazione della legge, cosicché in poco tempo la protesta delle donne si trasformò in un movimento di massa.

Nonostante ciò i comportamenti dei compagni erano facilmente criticabili, in quanto spesso, con il loro forte e presuntuoso tono di voce azzittivano le compagne: Margit Eschenbach del Weiberrat di Francoforte affermò che loro erano trattate come tutte le altre donne.

Questo non valeva per le donne all’interno della sinistra dogmatica: l’Associazione delle donne socialiste di Berlino ovest, ad esempio, partecipò sin dall’inizio alla Campagna contro la legge 218 più su una posizione di classe (le povere al tavolo della cucina, le ricche emigrano in Gran Bretagna33), che per sostenere i diritti delle donne.

Il lavoro rimaneva, per l’associazione femminile, soltanto una preparazione per entrare, successivamente in politica. L’ associazioni femminile scrisse nella sua rivista “Pelegea”: “Noi ci organizziamo separatamente dalle altre donne per trovare nel lavoro teoretico il punto di partenza dell’agitazione specifica della donna.

Vediamo in ciò la premessa per svolgere i nostri compiti nella lotta di classe sotto il comando del partito comunista.”34

Le centinaia, migliaia di donne che, nell'estate del 1971, si battevano per l’abrogazione della legge 218, erano immuni da tale peso politico.

Questo da un lato era vantaggioso perché le nuove arrivate non si dovevano legittimare politicamente, potevano mostrare esplicitamente il loro turbamento ed indignazione come donne ed articolare la loro disperazione e l’odio nei confronti dell’uomo, ma dall’altro lato portava a grandi svantaggi perché il legame delle richieste di queste donne con altri problemi sociali non era per niente solido e difficile da instaurare.

Tuttavia le prime settimane e mesi dopo il 6 giugno erano, per quelle che si impegnavano a portare avanti la lotta, appassionanti ed emozionanti. Ute Geissler raccontava: “Quando firmai la mia auto-accusa avevo ancora tanta paura. Poi, quando un paio di settimane dopo, alle sei del mattino, si ebbero delle perquisizioni domiciliari, allora ci fu chiaro che non dovevamo più lasciarci intimidire.”

Le azioni notturne e nebbiose della polizia, come quelle a München, non indebolirono però le azioni contro la legge 218, ma le rafforzarono: il 20 novembre del 1971, in quasi tutti i Paesi del mondo occidentale sfilarono donne per le strade per il diritto all'aborto e per l'autodeterminazione della donna. I gruppi di donne tedesche che si mobilitarono per l’abrogazione della legge 218 convocarono il Congresso federale delle donne: l'11 marzo del 1972 arrivarono 450 donne da tutti i gruppi che incontrarono compagne con un grado elevato d'istruzione e di formazione, casalinghe, donne di partito e ministre radicali. Dopo due giorni di assemblea plenaria, si costituirono 4 gruppi: il primo gruppo di lavoro per l'auto-organizzazione delle donne, il secondo per la situazione delle donne lavoratrici, il terzo per la funzione della famiglia nella società ed il quarto per l'azione della legge 218. Il programma mostrava che, la richiesta del diritto d'aborto includeva l'emancipazione della donna.

A ciò si riallacciavano anche altri punti: le richieste delle donne non erano subordinate a quelle di classe e le donne dovevano prendere la propria causa nelle loro mani.

Il gruppo di lavoro sulla situazione della donna lavoratrice si orientava ad ottenere una professione per tutte le donne e si batteva contro la dissimulazione del sovraccarico delle mansioni, il gruppo per la famiglia si occupava delle funzioni repressive e di sfruttamento all’interno della famiglia, pretendendo il lavoro part - time per uomini e donne, uguaglianza salariale e sul lavoro, abolizione della divisione dei ruoli all’interno della famiglia e grandi appartamenti con affitti modici. Infine, il gruppo di lavoro per l’azione 218 ricordò che ormai la maggioranza della popolazione era contro la legge 218 e criticò duramente l’acido atteggiamento dei partiti. Come protesta contro l’udienza privata del governo federale sulla legge 218, il Congresso delle donne, il 14 maggio del 1972 a Colonia, annunciò un “Tribunale” contro la legge.

Anche se il movimento femminista, fin dal suo esordio, espresse la sua solidarietà nei confronti delle altre lotte politiche, mantenne intatta la sua autonomia. La dichiarazione ufficiale rilasciata alla stampa era la seguente: “Al Congresso abbiamo deciso di organizzarci in più gruppi per combattere e debellare qualsiasi tipo d’oppressione degli uomini nei confronti delle donne.

Convochiamo tutte le donne affinché si organizzino per perseguire i loro interessi.” Nella primavera del 1972 il Congresso delle donne vide i suoi primi risultati: a Francoforte le donne fecero un ingresso tempestoso nel Duomo urlando che i nascituri erano protetti, mentre le persone erano sfruttate e che non avrebbero più ascoltato le chiacchiere dei pretacci perché sapevano cavarsela benissimo da sole; durante l’assemblea generale annuale delle associazioni dei dottori reagivano con impeto e determinazione e, durante le manifestazioni, lanciavano agli uomini farina ed assorbenti; ricoprivano la giuria con code e zampe di maiale.

A Colonia i gruppi contro la legge 218 allestirono un “tribunale” di due giorni contro tutti i fautori della legge.

A Berlino le artiste prepararono una mostra intitolata “Dalle donne - per le donne - con le donne”35 che irritò particolarmente gli uomini del Senato.

“Le assassine”, questo il nome dato loro dalla chiesa cattolica, combattendo per l’abolizione della legge 218, davano la forza e capacità di agire a tutte quelle donne che avevano paura ad esporsi.

Purtroppo le femministe non avevano nemmeno l’appoggio da parte della maggioranza dei medici, che dichiarò che non avrebbe praticato l’aborto nemmeno nel caso dell’abrogazione della legge.

Una sociologa francese, Andreè Michel dichiarò che, in questa fase del tardo capitalismo patriarcale, le donne erano sfruttate più di prima. Quest’ affermazione aveva il suo fondamento: nella Repubblica federale tedesca, nel 1968, ad esempio, le operaie guadagnavano in media all’ora 1,61 marco meno dei loro colleghi maschi- mentre nel 1973 erano già a 2,60 marchi meno.

La situazione delle casalinghe era ancora peggiore di quella delle lavoratrici, in quanto dovevano lavorare gratuitamente. Nel 1973 la “Società tedesca per la nutrizione” calcolò che, solo nella Repubblica federale, le casalinghe svolgevano annualmente un lavoro gratuito di 50 miliardi di ore.

Si costatava che l’intero lavoro sociale non retribuito era svolto quasi esclusivamente