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Disfunzione immunitaria

Nel documento Il monitoraggio immunologico nella sepsi (pagine 69-78)

(target)

Marker immunologico

Possibile terapia

Deattivazione monocitaria Ridotta espressione HLA-DR INFg, GM-CSF, G-CSF Anergia e apoptosi linfocitaria Linfopenia

Aumento percentuale Treg

IL7 Concentrazioni persistentemente

elevate di IL10 Livelli di IL10 circolante

Anticorpi anti-IL10, AS101

Tabella 9. Bersagli della terapia immunostimolante

Merita una trattazione a parte la somministrazione di immunoglobuline, oggetto di studio di numerosi trials sebbene con risultati contraddittori.

70 Lo studio SBITS, uno studio randomizzato, doppio cieco, placebo-controlled, condotto su 653 pazienti con sepsi severa confrontava l’uso di IgG endovena con placebo dimostrando che il trattamento con Ig migliorava la gravità della malattia, benché non riducesse la mortalità. Una meta-analisi di trials randomizzati rilevava un trend a favore della somministrazione di immunoglobuline polivalenti, in particolare IgGAM, per ridurre la mortalità.

La scoperta che bassi livelli di anticorpi protettivi contro l’insulto di antigeni infettivi si correla direttamente con l’outcome dell’infezione, sottolinea il fondamentale ruolo degli anticorpi stessi nel combattere le infezioni. Le Ig polivalenti rappresentano un possibile elemento terapeutico di sostegno nella modulazione della risposta immunitaria e infiammatoria dell’ospite all’infezione. Sebbene non considerate nelle linee guida della Surviving Sepsis Campaign, numerosi studi sperimentali e meta-analisi hanno osservato che le Ig sono associate ad un miglioramento della sopravvivenza del paziente con sepsi severa.

Oltre alla diretta attività anticorpale di neutralizzazione dell’antigene molti altri meccanismi d’azione sono stati descritti a contribuire all’effetto benefico delle Ig in una condizione di SIRS:

1. Inattivazione delle tossine batteriche (neutralizzazione delle endotossine e delle esotossine batteriche), soprattutto nelle preparazioni di Ig contenenti IgM

2. aumento della clearance del lipopolisaccaride (LPS), aumentandone l’uptake da parte della milza e del fegato

3. stimolazione dei leucociti e dell’attività battericida, anche attraverso l’ottimizzazione dell’opsonizzazione

4. riduzione dell’attività della via classica del complemento

5. modulazione della produzione delle citochine da parte delle cellule mononucleate del sangue dopo stimolazione dell’antigene: favoriscono la produzione di citochine anti- infiammatoria e una riduzione di quelle pro-infiammatori, favorendo l’equilibrio SIRS e CARS

6. attività sinergica con gli antibiotici

Le preparazioni di Ig in commercio sono di tipo monoclonale e policlonale. Quelle monoclonali contengono un’unica classe di Ig dirette nei confronti di un singolo epitopo batterico, che attualmente hanno un ruolo nel trattamento delle malattie autoimmuni mentre studi sperimentali che utilizzavano questo tipo di Ig nel paziente settico non hanno ottenuto risultati soddisfacenti. Quelle policlonali sono, invece, dirette contro diversi epitopi batterici, sia verso

71 Gram positivi che Gram negativi. La maggior parte delle preparazioni in commercio contengono una prevalenza di immunoglobuline G, con un contenuto maggiore al 96%.

Nel trattamento del paziente settico sempre maggiori evidenze propongono invece l’utilizzo di formulazioni di Ig che comprendano sia IgG, IgA e IgM (IgGAM), poiché sembrano essere più fisiologiche nella azione di sostegno immunitario in quanto il plasma umano contiene tutte e tre le classi. Inoltre le IgM sono le prime e le principali Ig coinvolte nella risposta primaria anticorpale. La loro forma pentamerica contribuisce ad una maggiore efficacia nella neutralizzazione delle tossine e nell’agglutinazione batterica rispetto all’azione dell’IgG. Meno si conosce sulle proprietà delle IgA, che comunque svolgono un’azione antinfiammatoria.

Molti studi hanno confermato la miglior capacità delle IgGAM nel neutralizzare il superantigene streptococcico SpeA rispetto alle IgG e quindi sono da ritenere più efficaci nel trattamento della sepsi da Gram-positivi.

Le evidenze scientifiche attualmente a disposizione hanno portato la comunità scientifica tedesca ad includere, nelle loro linee guida per il trattamento del paziente con sepsi severa e shock settico, l’utilizzo dell’ IgGAM, con una raccomandazione di livello C Ia.

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4.Studio Clinico

OBIETTIVI

Lo studio nasce con l’obiettivo di documentare le alterazioni del sistema immunitario presenti in corso di sepsi severa e shock settico attraverso il monitoraggio nel tempo di alcuni parametri immunologici.

Poiché i pazienti con sepsi (e ancora di più sepsi severa e shock settico) rappresentano una popolazione complessa ed eterogenea in cui i ritardi diagnostici e il mancato inizio di una terapia precoce ed adeguata hanno delle importanti ripercussioni cliniche, è emersa la necessità di individuare dei parametri che permettano una stratificazione del rischio di questi pazienti fornendo una valutazione verosimile della gravità della malattia e l’individuazione di un approccio terapeutico personalizzato.

Si è così pensato di attuare uno studio immunologico nei pazienti ricoverati con diagnosi di sepsi severa e shock settico, presso l’UO Anestesia Rianimazione IV dell’AOUP .

Nello studio sono stati presi in considerazione molteplici biomarkers, come indicatori dell’attività dell’immunità innata ed adattativa per ottenere una valutazione generale dello stato immunitario dei pazienti in studio.

È stata cercata una correlazione tra alcuni dei parametri presi in studio e la gravità clinica valutata con scores, in particolare SOFA score e SAPS II.

Infine sono state ricercate differenze significative nei valori dei parametri in studio in gruppi con diverso outcome.

POPOLAZIONE

Lo studio è stato condotto presso la U.O. Anestesia e Rianimazione IV Universitaria del presidio ospedaliero di Cisanello della AOUP nel periodo compreso tra Novembre 2013 e Febbraio 2014. Tra i pazienti ammessi nell’UTI in tale periodo, nello studio sono stati reclutati 12 pazienti con diagnosi di sepsi severa o shock settico all’ammissione. I criteri per la definizione sepsi severa e shock settico sono quelli riportati dall’American College of Chest Physicians/Society of Critical Care Medicine (ACCP/SCCM)2 .

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Criteri di inclusione:

a) Ammissione in UTI con diagnosi di

- SEPSI SEVERA, definita come sepsi (sindrome da risposta infiammatoria sistemica conseguente ad una sospetta o provata infezione in atto) associata a disfunzione d’organo o ipoperfusione tissutale indotta dalla sepsi. L’ipoperfusione e le alterazioni della perfusione comprendono acidosi lattica, oliguria e alterazione acuta dello stato mentale, ma non sono limitate a queste. 2

- SHOCK SETTICO, definito come ipotensione indotta dalla sepsi, che persiste nonostante un’adeguata reintegrazione di fluidi, con la presenza di alterazioni della perfusione (che comprendono acidosi lattica, oliguria e alterazione acuta dello stato mentale, ma non sono limitate a queste) o disfunzione d’organo. L’ipotensione indotta dalla sepsi è definita come pressione arteriosa sistolica < 90 mmHg o una riduzione ≥ 40 mmHg dai valori di base in assenza di altre cause di ipotensione . I pazienti trattati con farmaci vasopressori o inotropi per ipotensione arteriosa vengono considerati in shock settico. L’insorgenza dello shock settico è definita dall’inizio della terapia vasopressoria. 2

b) Età >18 anni

Criteri di esclusione:

a) Patologie del sistema immunitario (immunodeficienze primitive o acquisite, malattie autoimmuni, malattie atopiche);

b) Terapie immunosoppressive, come ciclosporina, azitromicina o altri chemioterapici, in atto ;

c) Storia di trapianto di organi solidi o midollo osseo; d) Età <18 anni;

e) Trattamenti extracorporei.

I pazienti presi in studio hanno ricevuto i trattamenti che vengono attuati presso l’UO Anestesia e Rianimazione IV Universitaria nei casi di diagnosi di sepsi severa e shock settico..

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DISEGNO

Lo studio è di tipo prospettico osservazionale multiparametrico (pertanto non ha influito in alcun modo sulle terapie somministrate).

Lo schema di studio prevedeva l’esecuzione delle seguenti indagini, per ciascun paziente, in tre tempi:

- tempo T0: entro 12 ore dall’ammissione in UTI; - tempo T3: in terza/quarta giornata di degenza; - tempo T7: in settima/ottava giornata di degenza.

a) Al tempo T0 sono stati effettuati i prelievi di sangue periferico per la misurazione dei parametri immunologici presi in studio:

- Livelli di espressione di CD64 sui neutrofili circolanti; - Livelli di espressione di HLA-DR sui monociti circolanti;

- Conta assoluta e percentuale dei linfociti T e delle sottopopolazioni linfocitarie T CD4+, CD8+ e T regolatori; livelli di espressione di IL7R (CD127) su linfociti T CD4+ e CD8+; - Conta assoluta e percentuale dei linfociti Natural Killer;

- Conta assoluta e percentuale dei linfociti B e sottopopolazione CD19+CD23+; - Dosaggio delle classi di immunoglobuline sieriche IgG, IgM ,IgA;

- Dosaggio delle citochine circolanti IL10, TNFα, IFNγ .

b) Al tempo T3, in terapia intensiva, sono state ripetute le indagini precedentemente descritte al punto a) con le stesse modalità.

c) Al tempo T7 sono state nuovamente ripetute le indagini precedentemente descritte al punto a) con le stesse modalità in UTI o nei reparti dove erano stati destinati i pazienti, una volta che le condizioni cliniche si erano stabilizzate.

marker Razionale

mHLA- DR

È un marker di attivazione infiammatoria dei monociti espresso sulla superficie cellulare. L’HLA-DR ridotto sui monociti è espressione della deattivazione di queste cellule, della loro alterata funzione come cellule APC.

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di espressione di mHLA-DR e la loro persistenza nel tempo correlano con un outcome peggiore) e di infezioni nosocomiali in diverse condizioni critiche37, tra cui shock settico e sepsi severa.

CD64 neutrofili

CD64 è un antigene normalmente non espresso dai neutrofili, indicativo dell’attivazione infiammatoria di queste cellule: infatti correla in modo proporzionale con il grado di risposta infiammatoria.

La sua espressione si è dimostrata un marker sensibile e specifico di infezione: livelli aumentati sono considerati marker precoci di sepsi.41, 43

Inoltre è stato proposto anche come indicatore della gravità clinica in corso di sepsi (e della risposta alla terapia antibiotica)42.

TCD4+ TCD8+

Sono state dimostrate diverse variazioni nelle sottopopolazioni linfocitarie TCD4+ e TCD8+: in particolare sono state evidenziate una ridotta percentuale dei CD4+ rispetto a controlli sani e un trend a diminuire per i CD8+ nel corso della malattia. Sono state riscontrate anche modificazioni del fenotipo di queste cellule con un aumento dei livelli dei recettori inibitori (come CTLA-4 e PD-1) e una riduzione dei recettori stimolatori, come IL7R. IL7R è identificato con CD127 ed è il recettore dell’IL7, citochina che stimola la proliferazione e l’attivazione dei linfociti (l’espressione risulta ridotta e tende a ridursi ulteriormente nella malattia sia sui TCD4+ che sui TCD8+).15

Treg È stato riscontrato un aumento della percentuale dei Tregolatori, che hanno un ruolo immunosoprressivo nella sepsi (e sepsi severa e shock settico). Tale incremento sembra avere un significato prognostico. Il rapporto tra le cellule effettrici e regolatorie dell’immunità rappresenta un indicatore dello stato di immunoparalisi55.

NK La conta assoluta e percentuale dei linfociti NK risulta aumentata nei soggetti che non sopravvivevano alla sepsi severa, quindi il loro aumento è stato proposto come fattore prognostico negativo44, 45

B CD23+ CD23 è espresso sui linfociti B attivati. Non è ancora stato dimostrato un ruolo predittivo sull’outcome per questo antigene, ma i suoi livelli siano ridotti nei soggetti con shock settico ed in particolare maggiormente ridotti nei soggetti che non sopravvivevano47, 50.

IgG, IgM, IgA

Effettori dell’immunità umorale è stata riscontrata un’ipogammaglobulinemia in particolare G e M anche se non si è evidenziata una correlazione con la prognosi, tuttavia il monitoraggio può essere utile per guidare la terapia con IVIG56, 57

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risposta immunitaria innata agli stimoli d’allarme/patogeni (marker della SIRS) La misurazione di questa citochina isolata non ha dimostrato significato prognostico(per la complessità della cascata citochinica e le notevoli fluttuazioni dei livelli plasmatici nel corso della malattia). Il rapporto con Il10, in alcuni studi, ha dimostrato un valore predittivo sull’outcome della malattia e può essere utilizzato come indicatore dell’equilibrio tra la risposta pro- ed anti-infiammatoria

INFγγγγ Utilizzabile come indicatore dell’attività funzionale dei linfociti (è prodotto principalmente da cellule NK attivate, linfociti TCD4+H1 e CD8+). I livelli plasmatici di INFγ, benché possano essere aumentati in corso di sepsi, non correlano con la gravità e la mortalità della sepsi.

Più recentemente INFγ è stato oggetto di attenzione per il suo ruolo nell’inversione dell’immunoparalisi sepsi indotta.

IL10 Potente citochina antinfiammatoria, marker della risposta antinfiammatoria (CARS) che avviene in corso di sepsi.Livelli persistentemente elevati sono associati all’immunoparalisi

È la citochina che ha dimostrato maggior ruolo prognostico, e in particolare il ratio Il10/TNFa31

Inoltre in alcuni studi i livelli più alti di IL10 circolante correlavano con il nadir del mHLA-DR58.

Tabella 10. Markers immunologici presi in studio

Dal momento dell’ammissione in reparto sono stati raccolti dati clinici fondamentali dalla cartella del paziente. Questi comprendono:

- Caratteristiche demografiche (età e sesso);

- Peso corporeo (kg), altezza (m) e Body Mass Index (BMI, kg/m²);

- Dati anamnestici, comorbidità (ad esempio neoplasie maligne, diabete, ipertensione arteriosa, broncopneumopatia ostruttiva cronica, scompenso cardiaco cronico);

- Reperti microbiologici: localizzazione primitiva dell’infezione (se nota) e agente eziologico della sepsi (se isolato il germe coinvolto); esami colturali positivi all’ammissione

- Scores clinici, in particolare SAPS II all’ammissione e SOFA al tempo T0, T3 e T7;

- Esami laboratoristici eseguiti routinariamente nel reparto di terapia intensiva: dosaggio della procalcitonina, della proteina C reattiva, dei lattati ematici, la conta leucocitaria, proteine totali.

77 Il sistema SOFA (Sequential Organ Failure Assessment, valutazione sequenziale di insufficienza d’organo) è stato sviluppato per fornire una stima oggettiva della gravità della malattia nei pazienti in UTI valutando la funzione dei sei principali sistemi d’organo (cardiovascolare, respiratorio, renale, epatico, nervoso centrale e coagulativo). Lo score viene calcolato, quotidianamente in UTI, attraverso un punteggio da 0 a 4 per ognuno dei 6 parametri considerati. Poiché lo score SOFA registra quotidianamente le modificazioni delle funzioni d’organo può valutare la risposta del paziente al trattamento e le modificazioni sequenziali dello score SOFA possono predire l’esito finale della degenza in UTI.

SCORE 1 2 3 4 SNC GCS 13-14 10-12 6-9 <6 RESPIRATORIO Pa/FiO(mmHg) <400 <300 <200 con Supporto resp <100 CARDIOVASCOLARE Ipotensione MAP<70 mmHg Dopa<5 DObutamina Dopa>5 Adr<0,1 Noradr<0,1 Dopa<15 Adr<0,1 Norafr>0,1 COUGULAZIONE Piastrine (10³/mm³) <150 <100 <50 <20 FEGATO Birilubina (mg/dl) 1,2-1,9 2,0-5,9 6,0-11,9 >12 RENALE Creat(mg/dl) o diuresi 1,2-1,9 2,0-3,4 3,5-4,9° >5,0 <200ml/24 H

Tabella 11. SOFA score

Il sistema SAPS II ( Simplified Acute Physiology Score) è uno strumento per la stratificazione in classi di isogravità dei pazienti, basato su 12 variabili fisiologiche (tipo di ammissione, malattie croniche preesistenti, Glasgow Coma scale, età, Pressione arteriosa sistolica, frequenza cardiaca, temperatura rettale, PaO2/FiO2, volume urinario, urea plasmatica, sodiemia, potassiemia, bicarbonatemia, bilirubinemia, conta leucocitaria). I valori considerati sono i peggiori registrati nelle prime 24 ore di degenza in UTI. È capace di fornire una stima dell’outcome del paziente, prevedendo la percentuale di mortalità intraospedaliera. Il punteggio massimo (163) corrisponde ad una mortalità predetta del 100%.

78 Sono stati raccolti anche i dati relativi le terapie somministrate, ed, in particolare:

- la quantità di farmaci vasopressori somministrati (che correla con la gravità dell’ipotensione), in particolare si è utilizzato un cut-off (lo stesso utilizzato nel SOFA) di NA > 0,1 γ/kg/min o somministrazione di 2 inotropi valutando i giorni cui si è richiesta la terapia per mantenere stabile l’emodinamica;

- i giorni di ventilazione meccanica considerando la necessità di tale approccio indicativo di insufficienza resapiratoria;

- eventuale CRRT; - terapie antibiotiche;

- altre terapie specifiche per la sepsi come Toraymyxin e soluzioni di IVIG (Pentaglobin).

Per valutare l’andamento della malattia sono stati considerati:

- Tempo di permanenza nel reparto di terapia intensiva (in giorni);

- Incidenza di infezioni secondarie durante la degenza in UTI, definite come nuove infezioni che insorgono almeno 48 ore dopo l’ammissione in ambiente ospedaliero (infezioni acquisite in UTI secondo la definizione usata da European Network for Surveillance of NI in ICUs). La diagnosi di infezione viene fatta sulla base di anamnesi, esame obiettivo, eventuali esami strumentali eseguiti routinariamente in UTI e il risultato di esami microbiologici. Per considerare un’infezione come un nuovo episodio infettivo è necessaria la combinazione di 1) nuovi segni e sintomi e 2) evidenza dimostrata con test diagnostici (definizione European Network for Surveillance of NI in ICUs).

- Tasso di mortalità nel corso del monitoraggio immunologico (8 giorni)

Per quanto riguarda la valutazione dell’outcome è stato utilizzato come indicatore la mortalità a 28 giorni.

Nel documento Il monitoraggio immunologico nella sepsi (pagine 69-78)

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