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Il monitoraggio immunologico nella sepsi

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Academic year: 2021

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Sommario

1.Generalità della sepsi ... 4

INTRODUZIONE ... 4 DEFINIZIONI ... 5 SIRS ... 7 Sepsi ... 7 Infezione ... 7 Sepsi severa ... 9 Shock settico ... 10

Sistema stadiativo per la sepsi ... 10

EPIDEMIOLOGIA ... 11

CENNI di FISIOPATOLOGIA ... 13

Disfunzione dell’endotelio ... 14

Interazione infiammazione-coagulazione ... 15

Meccanismi che portano al coinvolgimento di organi specifici (Multi-Organ Failure): ... 15

TRATTAMENTO ... 17

2.Fisiopatologia immunitaria nella sepsi ... 20

INNESCO DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA INNATA ... 20

Recettori Toll-like ... 21

TEORIE SULLA RISPOSTA IMMUNITARIA (Cytokine storm,CARS) ... 24

La sepsi come “tempesta di citochine” ... 25

La teoria della CARS (Compensatory Antinflammatory Response Syndrome) ... 26

IMMUNOPARALISI ... 29

Concetto di immunosoppressione sepsi-indotta ... 30

Evidenze dell’immunosoppressione nella sepsi ... 31

Aspetti molecolari e cellulari ... 35

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3.immunomonitoraggio nella sepsi ... 45

INTRODUZIONE ... 45

Ruolo nella diagnosi ... 45

Ruolo nella prognosi e nella risposta alla terapia ... 46

Ruolo nella prevenzione ... 47

MONITORAGGIO DELLE COMPONENTI CELLULARI DELL’IMMUNITA’ ... 48

Utilizzo della citofluorimetria nello studio del sistema immunitario nella sepsi ... 48

Monitoraggio della componente cellulare dell’immunita’ innata ... 50

Monitoraggio della componente cellulare dell’immunita’ adattativa ... 57

MONITORAGGIO DELLA COMPONENTE UMORALE DELL’IMMUNITA’ ADATTATIVA ... 62

Cenni sulle immunoglobuline ... 62

Ipogammaglobulinemia nella sepsi severa e nello shock settico... 63

DOSAGGIO DEI MEDIATORI CIRCOLANTI ... 66

CENNI SULLE TERAPIE IMMUNOSTIMOLANTI ... 67

4.Studio Clinico ... 72

Obiettivi ... 72

Popolazione ... 72

Disegno ... 74

PRELIEVO ED ANALISI DEI CAMPIONI ... 78

Citofluorimetria ... 78

Dosaggio dei livelli di IL10, TNFα, INFγ circolanti ... 84

Misura dei livelli delle classi di Immunoglobuline sieriche IgG, IgM, IgA ... 85

CITOFLUORIMETRIA ... Errore. Il segnalibro non è definito. Risultati ... 86

Caratteristiche demografiche e cliniche ... 86

Studio della componente cellulare ... 88

Profilo citochinico ... 106

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3 Conclusioni ... 112 Bibliografia ... 114

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1.Generalità della sepsi

INTRODUZIONE

La sepsi può essere definita come la risposta infiammatoria dell’ospite ad un’infezione grave che mette a rischio la vita con la presenza di disfunzioni d’organo.1

E’ uno dei principali problemi sanitari a livello mondiale interessando sia i paesi più industrializzati, dove la sepsi è una delle più frequenti patologie nei pazienti ospedalizzati, sia i paesi in via di sviluppo, nei quali la sepsi resta una delle cause della ridotta aspettativa di vita. La sepsi è una sindrome complessa e può risultare estremamente difficile da diagnosticare e trattare. In termini generali, si può dire che rappresenta la conseguenza clinica della risposta infiammatoria sistemica dell’ospite all’invasione da parte di un microrganismo infettante.

L’invasione di tessuti o fluidi corporei sterili, in condizioni fisiologiche, da parte di un microrganismo patogeno nei soggetti immunocompetenti genera una reazione infiammatoria, il cui scopo è quello di confinare ed eradicare il patogeno infettante. L’intensità della risposta infiammatoria dipende dalle circostanze in cui questa interazione avviene (tipo e carica del microrganismo infettante, sito di infezione, età, sesso, comorbidità e stato immunitario dell’ospite) e può variare fino a sfuggire ai meccanismi omeostatici locali, determinando una risposta infiammatoria sistemica (SIRS).

Da notare che esistono situazioni in cui si riscontrano le caratteristiche bioumorali o cliniche della SIRS in assenza di un processo infettivo scatenante, ad esempio in caso di pancreatite, ustioni o trauma.

La malattia può esser vista come un continuum di gravità che comincia con un’infezione, che causa una reazione sistemica dell’ospite, cioè la sepsi, e in alcuni casi è seguita dalla sepsi severa e dallo shock settico, in quanto essa determina complessi cambiamenti immunologici, coagulativi e circolatori.

Nelle fasi iniziali le manifestazioni cliniche di questo processo sono piuttosto aspecifiche e questo comporta che nella pratica clinica la sepsi sia spesso sotto diagnosticata, mentre un riconoscimento precoce di questa sindrome è fondamentale per ridurne la mortalità.

Per facilitare una diagnosi precoce e un trattamento idoneo sono state fornite definizioni e impostate linee guida per il trattamento basate sulle evidenze emerse dagli studi.

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5 C’è stato un sostanziale incremento nell’incidenza della sepsi durante le ultime decadi e sembra che stia continuando ad aumentare con un accresciuto numero di decessi, nonostante una riduzione della mortalità globale intraospedialiera. I fattori che si associano all’aumento di quest’ultima nella sepsi severa e nello shock settico sono: l’età avanzata, le comorbidità ed eventuali disfunzioni d’organo preesistenti.

Nonostante i progressi nell’approccio diagnostico, nelle strategie terapeutiche e nella conoscenza della fisiopatologia della sepsi, la mortalità legata ad essa continua ad essere elevata. Negli USA la sepsi rappresenta, infatti, la decima causa di morte con un tasso di mortalità di circa il 29%, paragonabile quindi alle principali cause di morte in ospedale (compreso infarto cerebrale e infarto acuto del miocardio).

DEFINIZIONI

Nel 1991 l’American College of Chest Physicians (ACCP) e la Society of Critical Care Medicine (SCCM) si riunirono nella Consensus Conference nel tentativo di “fornire uno schema concettuale e pratico per definire la risposta infiammatoria sistemica all’infezione, processo chiamato genericamente sepsi e che include anche la disfunzione d’organo associata alla sepsi”.2 I partecipanti cercarono di fornire una serie di definizioni che migliorassero la capacità di diagnosi, monitoraggio e trattamento della sepsi.

Nel 1992 la ACCP/SCCM concordarono e pubblicarono nuove definizioni per la sepsi e un insieme di nuovi criteri per l’identificazione dello stato di malattia.

Venne così introdotto il termine di “Systemic Inflammatory Response Syndrome” (sindrome da risposta infiammatoria sistemica-SIRS), come riferimento per i complessi reperti che derivano da un’attivazione sistemica della risposta immunitaria innata, indipendentemente dalle cause (si ipotizzò che la SIRS fosse innescata da infezioni localizzate o generalizzate, traumi, ustioni o processi infiammatori sterili, come le pancreatiti). Il concetto di SIRS è stato globalmente accettato sia dai medici che dai ricercatori.

Fu definita la “Sepsi” come SIRS associata ad infezione, la “Sepsi grave” come sepsi associata a disfunzione d’organo, ipotensione o ipoperfusione, e lo “Shock settico” come sepsi con ipotensione arteriosa nonostante un’adeguata infusione di liquidi.2 Queste definizioni generali sono oggi ampiamente utilizzate nella pratica clinica.

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Figura 1. Relazione fra infezione, SIRS e Sepsi

BATTERIEMIA Presenza di batteri vitali nel sangue, repertata attraverso la positività dell’emocoltura

SIRS

Risposta infiammatoria sistemica a una varietà di insulti clinici gravi che si manifesta con la presenza concomitante di 2 o più delle seguenti condizioni cliniche:

1) Temperatura corporea >38° o <36° C 2) Frequenza cardiaca > 90 battiti/minuto

3) Frequenza respiratoria >20 atti/minuto o PaCO2 <32mmHg (iperventilazione)

4) Conta dei globuli bianchi >12000 cellule/µL o < 4000 cellule/ µL SEPSI Risposta infiammatoria sistemica (SIRS) causata da infezione documentata o

sospetta

SEPSI SEVERA

Sepsi associata a disfunzione d’organo, ipoperfusione o ipotensione

Ipoperfusione e anormalità della perfusione possono includere, ma non sono limitate a, acidosi lattica, oliguria o un’alterazione acuta dello stato mentale

SHOCK SETTICO

Shock indotto dalla sepsi con ipotensione nonostante un’adeguata somministrazione di fluidi con la presenza di anormalità della perfusione che possono includere, ma non sono limitate a, acidosi lattica, oliguria o un’alterazione acuta dello stato mentale

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7 Tuttavia, nuovi studi hanno fatto emergere la necessità di rivedere e modificare le definizioni del 1992 in modo che rispecchiassero meglio le nuove conoscenze nella fisiopatologia di queste sindromi. Inoltre, secondo molti clinici, le definizioni del 1992 non forniscono una chiara definizione di sepsi. Questo ha portato alla necessità di una rivalutazione delle definizioni di sepsi del 1992.

È stata pertanto indetta nel 2001 la “International Sepsis Definitions Conference” da ACCP, SCCM, ESICM (European Society of Intensive care medicine), ATS (American Thoracic Society) e SIS (Surgical Infection Society).3

SIRS

Il concetto di SIRS spiega come una risposta infiammatoria sistemica può essere attivata da insulti di diversa natura, infettivi o non infettivi. Infatti, eziologicamente, può esser conseguente a patologie infettive localizzate o sistemiche, ustioni, traumi, o processi infiammatori sterili, come ad esempio pancreatiti acute. La SIRS, quindi, non è altro che un insieme di risposte funzionali fisiopatologiche acute a gravi stimoli dannosi.

Nella “International Sepsis Definition Conference” del 2001 emersero i limiti dei criteri proposti nel 1992, ritenuti troppo aspecifici per essere utili nel diagnosticare una causa della sindrome o nell’identificare un pattern definito della risposta dell’ospite. Siccome le manifestazioni cliniche dell’infiammazione sistemica sono mutevoli, i ricercatori hanno spostato l’attenzione su caratteristiche biochimiche che potrebbero essere più costanti. L’attenzione è stata rivolta su diversi mediatori ed in particolare sembrerebbe che l’infiammazione è presente quando le concentrazioni circolanti di Interleuchina(IL)6, procalcitonina o proteina C reattiva sono aumentate.

Sepsi

È la sindrome clinica definita dalla presenza contemporanea di un’infezione e di una risposta infiammatoria sistemica. I criteri diagnostici per queste due condizioni dovrebbero essere sensibili abbastanza da riconoscere e diagnosticare la sepsi prontamente.

Infezione

Nella “International Sepsis Definition Conference” del 2001l’infezione veniva definita come un processo patologico causato dall’invasione di un tessuto o un fluido o una cavità corporea normalmente sterile da parte di un microrganismo patogeno o potenzialmente patogeno (definizione che sostanzialmente è la stessa usata nel 1992). Tuttavia questa definizione non comprende tutte le situazioni. Infatti, possono verificarsi infezioni per l’eccessiva proliferazione di

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8 microrganismi che normalmente colonizzano organi non sterili. Inoltre, in alcuni casi, le manifestazioni cliniche possono non dipendere dall’invasione dei tessuti da parte dei microrganismi, quanto dagli effetti citotossici di esotossine o endotossine liberate.

È importante evidenziare come spesso l’infezione è fortemente sospettata senza esser confermata microbiologicamente. Di conseguenza per porre diagnosi di sepsi non è necessaria la positività colturale per un microrganismo patogeno, quando è presente un forte sospetto clinico di infezione (ad esempio la presenza di neutrofili in ambienti normalmente sterili come il peritoneo).

Poiché erano stati evidenziati i limiti della definizione di SIRS, nella “International Sepsis Definition Conference” del 2001 fu redatto un elenco di reperti clinici e laboratoristici che facilitassero il riconoscimento della condizione settica.

Infezione documentata o sospetta, e alcuni dei seguenti parametri: Parametri generali

- Febbre (temperatura corporea >38.3°) - Ipotermia (temperatura corporea < 36°)

- Frequenza cardiaca > 90 bpm o > 2DS sopra il normale valore per l’età - Tachipnea: >30 atti respiratori/minuto

- Alterazioni stato mentale

- Edema significativo o bilancio dei fluidi positivo (>20 ml/kg oltre 24ore)

- Iperglicemia (glucosio plasmatico >110 mg/dl o > 7.7mM/l) in assenza di diabete Parametri infiammatori

- Leucocitosi ( conta leucocitaria > 12000/µl) - Leucopenia (conta leucocitaria < 4000/µl)

- Conta leucocitaria normale con>10% delle forme immature - Proteina C reattiva > 2DS sopra il normale valore

- Procalcitonina > 2DS sopra il normale valore Parametri emodinamici

- Ipotensione arteriosa ( PAS < 90 mmHg, MAP < 70 mmHg, o riduzione della PAS > 40mmHg negli adulti o < 2DS sotto il range normale per l’età)

- Saturazione di ossigeno del sangue venoso misto > 70% - Indice cardiaco > 3.5 l/min/ m²

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9 Parametri di disfunzione d’organo

- Ipossiema arteriosa (PaO2/FIO2 < 300)

- Oliguria acuta (output urinario <0.5 ml/kg/h o 45 mM/l per almeno 2 ore) - Aumento della Creatinina ≥ 0.5 mg/dl

- Anomalie della coagulazione (INR > 1.5 o tempo tromboplastina parzialmente attivata aPTT >60 s)

- Trombocitopenia (conta piastrinica < 100000/µl) - Ileo paralitico (assenza di borborigmi)

- Iperbilirubinemia (bilirubina plasmatica totale > 4mg/dl o >7mmol/l) Parametri di perfusione tissutale

- Iperlattatemia ( >3 mmol/l)

- Ridotto tempo di riempimento capillare o marezzatura cutanea

Tabella 2. Criteri diagnostici sepsi 2001

È importante sottolineare che nessuno dei reperti della tabella 2 è specifico per la sepsi. Ad esempio, l’ipotensione arteriosa può esser causata da molte condizioni, come insufficienza del ventricolo sinistro acuta secondaria a IMA oppure emorragia, o la coagulopatia può esser causata da farmaci e si riscontra in molte patologie.

Sepsi severa

La definizione di sepsi severa si riferisce alla sepsi complicata dalla disfunzione d’organo ed è rimasta immodificata dalla stesura dell’ ACCP/SCCM del 1992. Ad oggi è considerata la più comune causa di morte nelle unità di terapia intensiva (non coronariche). Si stimano circa 150.000 decessi in Europa annualmente per questa condizione e più di 200.000 negli Stati Uniti d’America.4La disfunzione d’organo può esser definita usando lo score Sequential Organ Failure Assessment.

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10 Sepsi Severa

Ipoperfusione tissutale indotta dalla sepsi o disfunzione d’organo (una delle seguenti ritenuta causata dall’infezione)

Ipotensione indotta dalla sepsi

Lattati al di sopra del normale range laboratoristico

Volume urinario < 0.5 ml/kg/ora per più di 2 ore nonostante un’adeguata infusione di fluidi

Danno polmonare acuto (Acute Lung Injury) con Pao2/FiO2 <250 in assenza di polmonite come fonte di infezione

Creatinina >2 mg/dl Bilirubina > 2mg/dl

Conta piastinica < 100000 µl Coagulopatia (INR >1.5)

Tabella 3. Definizione Sepsi severa ACCP/SCCM

Shock settico

Negli adulti si riferisce ad uno stato di insufficienza circolatoria acuta caratterizzata dalla persistenza dell’ipotensione arteriosa non spiegabile da altre cause. L’ipotesione è definita come una pressione arteriosa sistolica < 90 mmHg, una pressione arteriosa media < 60 mmHg o una riduzione della pressione arteriosa sistolica >40 mmHg dai valori basali, nonostante un’adeguata infusione di liquidi, in assenza di altre cause di ipotensione.

Sistema stadiativo per la sepsi

Le definizioni fornite, tuttavia, non permettono una precisa caratterizzazione e stadiazione dei pazienti con sepsi, sepsi severa e shock settico. Un sistema di stadiazione utilizzabile clinicamente stratifica i pazienti con una malattia, sia per il rischio di outcome sfavorevole, sia per la potenziale risposta alla terapia. Utilizzando una variazione dell’approccio stadiativo TNM (utilizzato in campo oncologico), è stato proposto uno schema di stadiazione per la sepsi, detto PIRO, che stratifica i pazienti in base alle loro condizioni predisponenti, la natura e l’estensione dell’insulto infettivo, la natura e l’entità della risposta dell’ospite, e il grado di disfunzione d’organo concomitante.

il sistema PIRO è ancora rudimentale e necessita di ampi studi e ulteriori miglioramenti prima di poter essere applicabile routinariamente nella pratica clinica.

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11 Sistema PIRO per la stadiazione della sepsi

Attualmente In futuro

Predisposizione Comorbidità, età e sesso

Polimorfismi genetici nelle componenti della risposta infiammatoria (esempio recettori toll-like, tumor necrosis factor, interleuchina 1)

Infezione Antibiotico sensibilità dei patogeni infettanti

Analisi dei prodotti batterici (lipopolisaccaride, mannani, DNA batterico); profili di trascrizione genica

Risposta

dell’ospite SIRS, proteina C reattiva

Markers dell’attivazione

dell’infiammazione (es. procalcitonina o interleuchina 6) o della compromissione della risposta (es. mHLA-DR)

Disfunzione d’organo

Numero delle insufficienze d’organo o scores clinici composti (es. SOFA)

Misurazione dinamica della risposta cellualre al danno (apoptosi, ipossia citopatica, stress cellulare)

Tabella 4. Sistema stadiativo PIRO

EPIDEMIOLOGIA

La sepsi è particolarmente frequente nei pazienti delle Unità di Terapia Intensiva e spesso è causa del ricovero in UTI: globalmente circa 1/3 dei pazienti in terapia intensiva presenta sepsi, sepsi severa e shock settico. Essa costituisce la principale causa di morbilità e mortalità nelle terapie intensive con percentuali della seconda variabili dal 20 al 70% in base alla severità del quadro clinico e del coinvolgimento multi-organo.

Negli Stati Uniti gli studi effettuati su persone affette da sepsi hanno evidenziato che circa 750.000 sono quelle colpite da sepsi severa ogni anno, con decessi che variano dal 20% per la sepsi al 50% per lo shock settico. Una forma di sepsi severa si sviluppa nel 2,9% dei casi su un campione di oltre 6,5 milioni di degenze ospedaliere. Nel 2001 i decessi per sepsi sono stati, sempre negli USA, 32.000.

La sepsi severa risulta la prima causa di morte nelle terapie intensive non coronariche europee. In Italia, le statistiche, sebbene meno aggiornate, rivelano un fenomeno ugualmente impressionante: all’ingresso in terapia intensiva, secondo quanto pubblicato nel 1995 da Salvo et

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12 al., il 4,5% dei pazienti presentava una sepsi, il 2,1% una sepsi severa ed i 3% uno shock settico, mentre i decessi risultavano del 36% nei pazienti con sepsi, del 52% con sepsi severa e dell’81% in quelli con shock settico. Dall’esame di un campione significativo delle terapie intensive italiane, nel 2005, si evidenziava il seguente risultato: su 2.106 pazienti con infezione al momento del ricovero , il 25,5% arrivava in stato di shock settico, con decessi del 66,8%; il 72,2% invece dei pazienti senza infezione, durante la degenza la sviluppava con decessi del 34,1% (73,3% in caso di shock settico).

Desta, invece, sempre più allarme il fatto che i casi di sepsi severa aumentino costantemente. Per il prolungamento della vita di anziani e di pazienti affetti da comorbidità (diabete, cancro) dovuto al miglioramento delle capacità diagnostiche, tecniche e cliniche è stato riscontrato negli USA dal 1979 al 2000 un aumento annuo della sepsi dell’8,7%. Sempre negli Stati Uniti risulta che ogni anno siano più di 750.000 i pazienti affetti da sepsi, con conseguente mortalità di oltre 210.000 unità.5 Il 40% dei ricoverati nelle Unità di Terapia Intensiva o risulta già affetto da sepsi al momento dell’ingresso o la sviluppa durante il ricovero. Nonostante i decessi per sepsi rimangano numerosi si nota comunque una riduzione della mortalità complessiva, dovuta ai notevoli progressi nella comprensione della fisiopatologia della malattia che nel suo trattamento. Una review del 2009 di un registro internazionale dei pazienti con sepsi severa ha dimostrato alcune caratteristiche essenziali della patologia settica sulla base dei dati di più di 11.000 pazienti da 37 paesi. Le infezioni di questi pazienti erano causate nel 57% dei casi da gram-negativi, nel 44% da gram-positivi e nell’11% da funghi (alcuni avevano più agenti microbici). La fonte primaria di infezione risultava essere il polmone nel 47% dei pazienti, l’addome nel 23% e il tratto urinario nell’8%. Una consistente percentuale di pazienti aveva comorbidità, incluso diabete, patologie croniche o tumori polmonari, scompenso cardiaco e insufficienza renale. La mortalità emersa da questo database era di circa 50%, a conferma del fatto che la sepsi resta una sindrome caratterizzata da un’elevata mortalità. Durante il periodo del reclutamento dei pazienti nel database, non c’è stata riduzione della mortalità legata alla sepsi. 6

La migliore comprensione della patogenesi della sepsi può essere il primo passo nell’aumentare il tasso di sopravvivenza.

Benché non ci siano stime universalmente accettate sull’incidenza della sepsi nella popolazione, tutti gli studi concordano sul costante aumento dell’incidenza della sepsi severa. Questo riscontro può esser spiegato con l’invecchiamento della popolazione, l’aumento della popolazione non-immunocompetente (per AIDS, neoplasie, trattamenti immunosoppressivi), emergenza di ceppi antibiotico-resistenti, etc).

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13 L’incidenza della sepsi severa nella popolazione, considerando i pazienti ricoverati in terapia intensiva, si attesta tra 0,50 e 0.95 per 1000 abitanti.

Dagli studi emerge che circa il 30-35% di tutte le sepsi progredisce in sepsi severa o shock settico e circa il 70% di questi pazienti richiede un ricovero in Unità di Terapia Intensiva (UTI).

Le sindromi settiche rappresentano una delle più frequenti cause di ammissione in UTI (incidenza di sepsi grave e shock settico compresa tra 7,5% e 14,6% dei pazienti ricoverati).

La sepsi è caratterizzata da un alto indice di mortalità: rappresenta l’11° causa di morte negli USA e una delle prime cause di morte nelle UTI (circa 50% entro 6 mesi dalla diagnosi).

Come ci si può aspettare la mortalità aumenta con l’aumentare della gravità clinica (comparsa e numero di insufficienze d’organo). Nello studio GiViTi, condotto nel 2002 in 72 UTI in Italia, si riscontrava una mortalità intraospedaliera del 31,6%, del 52,9% e del 79% rispettivamente per la sepsi non complicata da insufficienza d’organo, la sepsi severa e lo shock settico.

Analogamente nello studio di Martin et al. si descriveva una mortalità pari al 15% nella sepsi senza insufficienza d’organo contro il 70% nei casi di tre o più insufficienze d’organo. 7

In Italia negli ultimi anni si è osservato un miglioramento della mortalità intraospedaliera dei pazienti con shock settico ricoverati in UTI: si è passati dal 79% nel 2002 al 59% nel 2009.

Tuttavia, nonostante i progressi degli ultimi anni, il tasso di mortalità per sepsi è ancora elevato. Per ridurre la mortalità dei pazienti con sepsi nel 2002 è nato un progetto internazionale denominato Surviving Sepsis Campaign (SCC).

CENNI di FISIOPATOLOGIA

La sepsi rappresenta la conseguenza clinica delle complesse interazioni che si realizzano tra un microrganismo infettante, penetrato attraverso una porta d’entrata, e la risposta infiammatoria-immunitaria del soggetto ospite.

Pertanto è influenzata sia dalle caratteristiche del microrganismo (carica microbica, fattori di virulenza come superantigeni, capacità di evadere dall’opsonizzazione e dalla fagocitosi, antibiotico-resistenza, ecc) sia dalla risposta dell’ospite.

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14 La sepsi origina quando l’iniziale ed appropriata risposta dell’ospite ad un’infezione diventa amplificata e di conseguenza disregolata, con uno squilibrio tra la risposta pro-infiammatoria e quella anti-infiammatoria.

La patogenesi della sepsi è strettamente dipendente dall’attivazione della risposta immunitaria innata, visto il ruolo cruciale che questa ha nell’attivazione e modulazione della successiva risposta immunitaria adattativa, tanto che quasi tutte le manifestazioni cliniche della sepsi possono essere attribuite alla risposta immunitaria innata. L’attivazione di questa prima linea di difesa cellulare comporta un eccessivo rilascio di citochine, chemochine ed altri mediatori infiammatori.

Le risposte infiammatoria e immunitaria sono strettamente intrecciate con diversi processi fisiologici dell’ospite, come la coagulazione, il metabolismo, e l’attivazione neuroendocrina tanto da determinare alterazioni diffuse a carico di questi sistemi.

Gli effetti complessivi di queste alterazioni portano ad un aumento della gravità della sepsi, con disfunzione multi-organo e peggioramento della mortalità.8

Disfunzione dell’endotelio

L’endotelio rappresenta, in condizioni normali, una barriera non trombogenica e anticoagulante. Ha un ruolo fisiologico di primaria importanza nell’emostasi, nell’emodinamica, nello scambio di nutrienti, nell’immunità e nell’infiammazione. Queste diverse funzioni sono fra loro associate ed interdipendenti e si verificano sia a livello del microcircolo che dei vasi di grosso calibro.

In presenza di sepsi si verifica una disfunzione del microcircolo, che è alla base della manifestazione clinica dell’ipotensione e deriva dall’azione sulle cellule endoteliali di tossine batteriche e delle citochine rilasciate in risposta all’invasione del microrganismo.

dall’aumento di mediatori vasodilatari e dall’insufficiente risposta agli stimoli vasocostrittori (principalmente catecolamine).

La presenza del lipopolisaccaride (LPS) in circolo-provoca la sovraregolazione dell’isoforma inducibile della ossido nitrico sintetasi (iNOS) endoteliale , con conseguente sovrapproduzione di ossido nitrico (NO); alterazioni della polarizzazione della membrana cellulare endoteliale, per l’aumento dell’espressione dei canali del potassio ATP dipendenti costantemente aperti; apoptosi caspasi mediata delle cellule endoteliali.

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15 L’effetto complessivo di queste alterazioni è la vasodilatazione con aumento della permeabilità vascolare, e, conseguentemente, ipotensione, formazione di’edema.

Si ha inoltre l’attivazione dell’endotelio con modificazioni che comportano adesione e diapedesi da parte dei leucociti circolanti, con infiltrazione massiva di cellule infiammatorie nei tessuti (reclutamento dei leucociti).

L’attivazione delle cellule endoteliali, comporta anche la secrezione di TNF-α, IL-1, IL-6 e IL-18. In particolare IL-6 amplifica i segnali intracellulari ricevuti dall’esterno; amplificando ulteriormente il processo infiammatorio.

Inoltre, le citochine pro-infiammatorie aumentano anche l’espressione di molecole di adesione (I-CAM, V-CAM) sulle cellule endoteliali che permettono il legame con i leucociti, i quali migrano così nei tessuti. Da ciò, come notato in precedenza, in presenza di sepsi, si ha una risposta infiammatoria sistemica (SIRS) che provoca un’adesione generalizzata dei leucociti all’endotelio anche in sedi distanti da dove si è generata l’infezione, con loro attivazione e rilascio di sostanze citotossiche come elastasi, mielopirossidali e specie reattive dell’ossigeno (ROS), che danneggiano i microorganismi e ma anche l’endotelio stesso con aumento della permeabilità vascolare. Si producono specie reattive dell’ossigeno come conseguenza dell’attivazione dei neutrofili, delle alterazioni metaboliche cellulari indotte dalle citochine degli effetti tissutali dell’ossido nitrico. La vasodilatazione sistemica provoca ipotensione, shunting e riduzione del trasporto di ossigeno ai tessuti.9

Interazione infiammazione-coagulazione

In corso di sepsi vengono perse le proprietà anticoagulanti basate sulla produzione dell’inibitore del fattore tissutale, della trombomodulina (che inibisce l’attività trombinica), ossido nitrico e protaciclina PGI2. Infatti si verifica una riduzione della produzione di tali fattori anticoagulanti dovuta alla disfunzione endoteliale, che può conseguentemente favorire la stato pro-coagulante caratteristico di questo quadro clinico (Coagulopatia endotelio dipendente).

La coagulazione intravascolare determina microtrombosi dei piccoli vasi, deplezione dei fattori coagulativi e coagulopatia.9

Meccanismi che portano al coinvolgimento di organi specifici (Multi-Organ Failure):

Questa sindrome è caratterizzata dalla disfunzione progressiva e potenzialmente reversibile di almeno due organi, Essa, frequente complicanza della sepsi, contribuisce in maniera significativa alla mortalità in corso di tale condizione patologica, nonostante l’uso di antibiotici efficaci.

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16 Le cause determinanti la disfunzione multi organo sono dovute principalmente all’ipossia tissutale, in conseguenza della disfunzione del microcircolo in corso di sepsi, l’apoptosi e gli effetti tossici diretti dell’endotossina e delle specie reattive dell’ossigeno.

Come in altre patologie quali trauma o shock emorragico, anche durante la sepsi si verifica una difficoltà da parte delle cellule di utilizzare l’ossigeno, seppur presente, effetto causato principalmente dall’endotossina, dall’ossido nitrico e dal TNF-a che inducono danno mitrocondiale e alterano la catena della respirazione aerobia, causando un danno alla struttura delle cellule di lipidi, proteine e del DNA mitocondriale responsabile della produzione di ATP cellulare: questo è un altro fattore che contribuisce allo sviluppo di disfunzioni d’organo.

La disfunzione di uno o più organi deve far sospettare una sepsi sottostante. Nessun organo può considerarsi immune.

Disfunzione apparato cardio-circolatorio

Notevoli sono le modificazioni a carico dell’apparato cardo-circolatorio. Questo è reso critico dal fatto che, in presenza di sepsi, si determina una disfunzione miocardica con alterazioni del tono vasale e danni al microcircolo periferico, mentre le maggiori richieste metaboliche (tachipnea, febbre, aumento del lavoro cardiaco) accrescono il consumo di ossigeno.

Per quanto riguarda la disfunzione miocardica va considerato che nello shock settico si evidenzia una riduzione della contrattilità miocardica che si manifesta con una disfunzione sistolica e diastolica. Questo produce una minore frazione di eiezione, una ridotta risposta pressoria alla somministrazione di fluidi e un decremento dell’indice cardiaco, pur con l’alto tasso di catecolammine circolanti, convenzionalmente previsti nel trattamento del paziente settico. Nella sepsi i principali fattori che favoriscono la depressione miocardica, secondo alcuni studi, risultano essere le citochine e NO, con diminuzione della contrattilità dei miociti esposti a livelli elevati di citochine come TNF e IL-1. L’ipotesi più probabile di questo fenomeno, non ancora del tutto chiaro, sembra essere spiegabile con l’incremento mediato dalle citochine dalla presenza e attivazione dell’isoforma inducibile dell’ossido nitrico sintetasi (i-NOS). Infatti l’ossido nitrico, agendo sui miociti stimola la formazione di3”,5”-guanosina monofosfato che interferisce con il metabolismo del calcio intracellulare miocardico, riducendone quindi l’efficacia contrattile. Infine il miocardio può essere compromesso direttamente con la formazione di perossinitrito, derivante dalla reazione con alcune specie reattive dell’ossigeno, come gli ioni superossidi.

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TRATTAMENTO

Poiché ritardi nella diagnosi e nel trattamento precoce della sepsi possono comportare il rapido aggravamento del quadro clinico con l’insorgenza di shock e insufficienza multi-organo non reversibile, è stata avvertita la necessità di redigere linee guida internazionali sul trattamento e la gestione del paziente con sepsi severa e shock settico che prendessero in considerazione il concetto di gloden hours.

Con il fine di ridurre la mortalità dei pazienti con sepsi nel 2002 è nato un progetto internazionale denominato Surviving Sepsis Campaign (SCC)10, che si è sviluppato in 3 fasi:

fase 1: Dichiarazione di Barcellona (2002) con lo scopo di riconoscere il problema sepsi e individuare il piano d’azione del progetto

fase 2: Linee guida (2004) redatte da esperti di 11 società scientifiche per la gestione del paziente con sepsi severa e shock settico

fase 3: Implementazione, cioè l’adozione di queste raccomandazioni nella pratica clinica delle singole realtà locali con l’organizzazione di attività formative e definizione di protocolli specifici Successivamente le linee guida “Surviving Sepsis Campaign Guidelines for Management of Severe Sepsis and Septic Shock” sono state aggiornate nel 2008 e nel 2012. Esse indicano le procedure diagnostiche e terapeutiche da attuare nei pazienti con sepsi severa o shock settico, suddividendole in 2 gruppi (trattamento iniziale e trattamento specifico) e il grado di raccomandazione dei diversi trattamenti.

Il trattamento iniziale di questi pazienti richiede una rianimazione precoce per migliorare la perfusione e l’ossigenazione tissutale prevenendo l’ipossia e la conseguente disfunzione d’organo. Non è ben chiaro quale sia il limite temporale tra disfunzione d’organo reversibile e irreversibile, ma è stato indicato come 6 ore il limite entro il quale l’ottimizzazione della perfusione d’organo può dare dei benefici, migliorando la sopravvivenza (studio Early Goal Directed Therapy di Rivers 2001).

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18 Trattamento precoce (entro 6 ore)

A) Rianimazione iniziale: rianimazione quatitativa, guidata da protocollo, nei pazienti con ipoperfusione indotta dalla sepsi (definita come ipotensione persistente dopo un carico di fluidi iniziale o concentrazione dei lattati ematici ≥4 mmol/l)

Gli obiettivi durante le prime 6 ore di rianimazione: a) Pressione venosa centrale (PVC) di 8-12 mmHg; b) Pressione arteriosa media (PAM) > 65 mmHg; c) Output urinario > 5ml/kg/h;

d) SVcO2 >70% o saturazione venosa mista SvO2 >65%.

Per la rapida correzione dell’ipotensione e dell’oliguria viene somministrato un carico di fluidi di 30 ml/kg di cristalloidi fino al raggiungimento dei parametri cardiocircolatori sopraelencati. Inoltre per guidare la terapia vanno considerati parametri metabolici, come la concentrazione dei lattati ematici (≥ 4 mmol/l richiede l’infusione di fluidi) e la saturazione venosa di ossigeno. In particolare valori di SVcO2 o SvO2 inferiori a quelli sopraindicati richiedono la trasfusione di emazie concentrate fino ad un ematocrito > 30% e/o la somministrazione di dobutamina fino al raggiungimento dell’obiettivo terapeutico.

B) Issues infezione: diagnosi, terapia antimicrobica, controllo del focus infettivo

Si raccomanda la raccolta di colture (emocolture in flaconi aerobici e anaerobici e da altri siti possibili fonti di infezione come urine, liquor, ferite, secreti respiratori e altri) appropriate prima dell’inizio della terapia antimicrobica, purché l’esecuzione delle colture non ritardi eccessivamente (>45 minuti) il trattamento antibiotico.

Uno dei cardini del trattamento nel paziente con sepsi severa e shock settico è la precoce somministrazione di una terapia antibiotica endovenosa efficace, entro la prima ora dalla diagnosi. La terapia antimicrobica iniziale è di tipo empirico e prevede la somministrazione di uno o più farmaci ad ampio spettro capaci di penetrare in concentrazioni adeguate nei tessuti sede di infezione. La scelta deve tenere in considerazione sia le caratteristiche del paziente (comorbidià, eventuali allergie, sindrome clinica) sia quelle dei microrganismi presenti in comunità o in ospedale (considerare le eventuali resistenze). Il trattamento dovrebbe essere rivalutato giornalmente, in base ai biomarker di infezione (come la procalcitonina) e corretto in base ai risultati degli antibiogrammi eseguiti sulle colture.

Va ricercata ed esclusa la presenza di una fonte di infezione sradicabile con misure di controllo, come il drenaggio in caso di ascesso. Per controllare il focolaio infettivo deve essere utilizzato l’intervento che associa all’efficacia il minor insulto fisiologico, per evitare che sia causa di complicanze successive (ad esempio è preferibile un drenaggio percutaneo di un ascesso piuttosto che quello chirurgico).

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19 Trattamenti successivi (24 ore)

A) Corticosteroidi

È suggerito l’uso di idrocortisone per via endovenosa solo quando lo shock settico risulta refrattario alla reintegrazione dei liquidi e all’uso dei vasopressori. Da notare come i corticosteroidi non dovrebbero esser somministrati per il trattamento di sepsi in assenza di shock. Alla sospensione dei vasopressori si raccomanda una graduale riduzione dei dosaggi di corticosteroidi. Queste raccomandazioni servono per evitare le complicanze della terapia steroidea, come le sovra infezioni e le alterazioni metaboliche.

B) Controllo della glicemia

Per quanto riguarda il controllo glicemico nei pazienti con sepsi severa e shock settico gli studi svolti forniscono risultati incerti su quali siano i valori target della glicemia. Le linee guida suggeriscno (con grado di evidenza debole) di mantenere livelli glicemici < 150mg/dl attraverso l’infusione di insulina per via endovenosa. Per evitare la comparsa di ipoglicemia è raccomandato un attento monitoraggio della glicemia e l’infusione di soluzioni glucosate.

C) uso di sangue e derivati, immunoglobuline, proteina C attivata ricombinante, ventilazione meccanica in corso di ARDS indotta dalla sepsi, sedazione-analgesia-blocco neuromuscolare, controllo della glicemia, terapia sostitutiva renale, nutrizione, e altre.

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2.Fisiopatologia immunitaria nella sepsi

INNESCO DELLA RISPOSTA IMMUNITARIA INNATA

La risposta immunitaria iniziale nella sepsi è data dalla componente innata del sistema immunitario. Questa rappresenta la prima linea di difesa dell’ospite verso i microrganismi infettanti ed è in grado di rispondere rapidamente ad un’ampia gamma di stimoli microbici. La funzione principale di questa componente dell’immunità è quella di combattere e contenere l’infezione alla porta d’entrata, dando tempo al sistema immunitario antigene-specifico di sviluppare una risposta efficace. Probabilmente, in termini evolutivi, una vigorosa risposta immunitaria innata ha conferito un vantaggio come sopravvivenza nell’uomo, in quanto la cute non ricoperta da pelliccia era più vulnerabile a ferite e contaminazioni microbiche. Dall’altra parte lo svantaggio di una risposta così vigorosa è la maggiore tendenza a sviluppare un’esagerata infiammazione sistemica e shock quando il sistema immunitario innato è attivato a livello sistemico piuttosto che locale.

Le cellule effettrici dell’immunità innata sono cellule della linea monocito-macrofagica, cellule Natural Killer (NK), cellule endoteliali e cellule dendritiche (DC). Queste cellule, attivate da patogeni o da specifiche componenti presenti sui macrofagi, secernono mediatori dell’infiammazione, tra cui citochine (come Tumor Necrosis Factor (TNF) α, Interleuchina (IL)1 e IL6, chemochine (come IL8), prostaglandine e istamina. Questi mediatori agiscono a livello dell’endotelio determinando vasodilatazione mediata dall’ossido nitrico, aumento della permeabilità vascolare e reclutamento tissutale dei neutrofili. Inoltre si ha upregolation del fattore tissutale endoteliale e riduzione di trombomodulina e del suo prodotto antitrombotico, la proteina C attivata, con conseguente innesco della cascata coagulativa.

Figura 2. Interazione dell'agente patogeno con le cellule immunitarie

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21 L’attivazione delle cellule dell’immunità innata è data da “segnali di pericolo”, che possono provenire da fonti interne, che indicano danno tissutale o invasione (prodotti della lisi cellulare o componenti della cascata del complemento), o da agenti esterni (molecole superficiali o materiale genetico dei microrganismi).

Il fatto che la risposta possa essere attivata sia da segnali interni che esterni spiega la somiglianza clinica tra la sepsi e la SIRS legata a cause non infettive, come traumi, ustioni e pancreatiti.

Le componenti dei microrganismi che attivano la risposta immunitaria sono dette PAMPS (Pathogen-associated molecular patterns). Tra i PAMPs si ritrovano il lipopolisaccaride LPS o endotossina (componente principale della parete dei batteri gram negativi), il peptidoglicano (principale componente della parete dei gram positivi), la flagellina batterica, tossine, l’acido lipoteicoico, ialuronidasi e altre proteasi, RNA a doppio filamento, DNA microbico.

I recettori per i PAMPs sono detti recettori di riconoscimento dei patogeni (PPRs) espressi sia da cellule del sistema immunitario che dalle cellule delle barriere epiteliali. I PPRs sono principalmente rappresentati dalla famiglia dei Toll-like receptors, recettori transmembrana espressi da diversi tipi cellulari: leucociti, cellule della linea monocito-macrofagica, cellule Natural Killer, cellule dendritiche, cellule endoteliali e fibroblasti.

In seguito al legame dei PAMPs con i TLRs (o con la famiglia dei recettori PPRs intracellulari NOD-like) viene attivata una cascata di trasduzione del segnale intracellulare, mediata da kinasi diverse in base al tipo di recettore legato.

L’evento finale di questa cascata di trasduzione è l’attivazione di un programma trascrizionale, che comprende il fattore di trascrizione nucleare NF-kB, mediatore dell’espressione di geni che codificano per fattori dell’infiammazione, come citochine, chemochine e ossido nitrico.

Recettori Toll-like

I Toll like receptors (TLRs) sono i principali recettori PAMP del sistema immunitario innato. Devono il loro nome alla analogia strutturale con il recettore Toll del moscerino della frutta Drosophila, che si dimostrò, dopo la sua scoperta, essere una componente fondamentale del sistema immunitario del moscerino contro le infezioni fungine. Questo sistema di riconoscimento dei patogeni si è conservato filogeneticamente nell’evoluzione ed infatti si ritrovano recettori simili anche nell’uomo.

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22 I TLRs sono una classe di recettori transmembrana a singolo filamento. Sono stati identificati 11 diversi TLRs nei mammiferi che riconoscono ligandi diversi e che presentano differenti localizzazioni cellulari.

Il primo per cui è stato dimostrato un ruolo nel riconoscimento dei patogeni è TLR4, che riconosce l’endotossina dei batteri gram-negativi, o LPS, il più potente stimolatore dell’immunità innata. Quest’attività è stata provata attraverso studi su topi incapaci di sviluppare una risposta settica a grandi quantità di endotossina e che presentavano mutazioni con perdita di funzione per il gene del TLR4. Successivamente sono stati scoperti gli altri TLRs e i loro ligandi (alcuni esempi sono riportati in tabella).

TLR Ligandi

TLR1 (etero dimero con TLR2)

Lipopeptidi triacetilati, lipo-arabinomannani del Mycobacterium tuberculosis

TLR2 (spesso dimero con

TLR2 o TLR6) Lipoproteine, peptidoglicano, acido lipoteicoico

TLR3 RNA doppio filamento

TLR4 (omodimero più CD14 e MD2)

LPS, heat shock proteins, proteine capsidiche del virus respiratorio sinciziale, peptidi fibrinogeno, frammenti di eparan solfato

TLR5 Flagellino

TLR6 Lipopeptidi di acetilati

TLR 9 DNA batterico (sequenze CpG non metilate)

Tabella 6. TLRs

Alcuni TLR sono in grado di rispondere ai ligandi microbici autonomamente, ma in molti casi la risposta dipende dall’interazione con diverse molecole presenti sulla superficie cellulare (ad esempio sono necessari dimeri TLR per il segnale di TLR4 e TLR2 e per la risposta al LPS attraverso TLR4 servono altre molecole, CD14 eMD2).

Per quanto riguarda la diversa localizzazione cellulare, alcuni TLRs, come TLR4 e TLR2, sono localizzati a livello della membrana citoplasmatica e riconoscono componenti della parete cellulare microbica; altri, come TLR3 e TLR9, si trovano a livello endosomiale e sono preposti ad incontrare componenti dei microrganismi fagocitati (ad esempio TLR3 è preposto al riconoscimento dei dsRNA virali).

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23 Comunque molti microrganismi presentano più di un ligando TLR ed è probabile che i microrganismi con diversi patterns molecolari possano causare attivazione differenziale di numerosi TLRs, permettendo così risposte differenti a diverse classi di patogeni.

La stimolazione dei TLRs comporta l’attivazione di una cascata di trasduzione del segnale, che coinvolge diversi mediatori in base al tipo di recettore legato.

Ad eccezione del TLR3, le vie attivate dai TLRs si esplicano attraverso l’attività della molecola adattatrice, fattore di differenziazione mieloide (Myd)-88. Myd-88 recluta una kinasi ( kinasi associata al recettore per IL1 IRAK-4), e promuove la fosforilazione di IRAK-1, che poi si unisce al fattore associato al recettore per TNF (TRAF)-6 per attivare il complesso kinasi che innesca il fattore trasformante β (TAK)-1/proteina legante TAK1 (TAB). Quest’ultimo incrementa l’attività del complesso kinasi inibitore di NFkB, che fosforila l’inibitore di NFkB (IkB )(normalmente NFkB è tenuto inattivato nel citoplasma dal suo inibitore) causando la degradazione di IkB e il rilascio di NFkB libero, che trasloca nel nucleo. A questo livello NFkB va incontro a fosforilazione e si associa ad altri regolatori della trascrizione per attivare quella dei geni infiammatori.

TLR3 e TLR4 possono attivare anche una via intracellulare indipendente dal Myd-88 attraverso la molecola adattatrice TRIF e quella associata all’adattatore molecolare (TRAM).

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24 Quindi l’effetto finale della trasduzione del segnale intracellulare è l’attivazione di fattori di trascrizione, che traslocano nel nucleo e modulano la trascrizione di geni target.

Il principale fattore di trascrizione nell’infiammazione è il fattore nucleare kB (NFkB), che innesca la trascrizione dei mediatori infiammatori come TNFα, interleuchine (ILs), e ciclossigenasi (COX)2. Altri fattori di trascrizione sotto la regolazione dei TLRs inducono la trascrizione di geni proapoptotici, antiapoptotici e antiinfiammatori, anche se non è ancora ben noto come siano regolati i diversi effetti di queste vie intracellulari.

Poiché l’attivazione dei TLRs può innescare una rapida e potente risposta infiammatoria, non deve sorprendere che il segnale dei TLRs sia sottoposto a regolazione a diversi livelli. Alcune delle molecole regolatorie sono espresse costitutivamente a livello dei tessuti e del plasma, mentre altre sono indotte dall’attivazione della via dei TLRs e quindi comportano una regolazione a feedback negativo.

È stato dimostrato che polimorfismi nei geni, che codificano per i TLRs e per i mediatori delle vie di trasduzione, influenzano la gravità della sepsi e la suscettibilità a malattie infettive. 8

TEORIE SULLA RISPOSTA IMMUNITARIA (Cytokine storm,CARS)

Attualmente c’è dibattito circa le teorie al riguardo della risposta immunitaria dell’ospite nella sepsi.

Tradizionalmente si riteneva che la risposta immunitaria dell’ospite alla sepsi fosse caratterizzata da una fase iniziale iperinfiammatoria che evolveva dopo alcuni giorni in una fase immunosoppressiva più protratta.

Studi recenti hanno dimostrato che le risposte pro infiammatoria e antinfiammatoria avvengono precocemente e simultaneamente nella sepsi, benché l’effetto iniziale risultante di questi processi antagonisti si manifesti, tipicamente, con una precoce fase iperinfiammatoria dominante, caratterizzata da ipotensione, shock , febbre, ipermetabolismo e disfunzione mutiorgano (SIRS). L’intensità della fase iperinfiammatoria dipende da numerosi fattori compreso le comorbidità preesistenti , lo stato nutrizionale, la carica microbica e i fattori di virulenza del patogeno. 11

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La sepsi come “tempesta di citochine”

La teoria prevalente sulla patogenesi della sepsi per molti anni è stata che essa rappresentasse una risposta infiammatoria non controllata.

La scoperta che diverse citochine proinfiammatorie, comprese TNFα e IL1, sono presenti ad alte concentrazioni ematiche nei pazienti con sepsi, e che, quando iniettate in animali riproducono molte caratteristiche cliniche della sepsi, portò al concetto di sepsi come “tempesta citochinica (Cytokine storm)”.

Le citochine sono mediatori polipeptidici, non antigene-specifici, che fungono da segnali di comunicazione fra le cellule del sistema immunitario e fra queste e diversi organi e tessuti. Le citochine solitamente sono prodotte da una varietà di tipi cellulari o, quando la produzione è ristretta a cellule linfoidi, come nel caso di interleuchina-2 (IL2), questa rappresenta soltanto una delle tante funzioni che caratterizzano la cellula produttrice. A differenza degli ormoni molte citochine sono pleiotropiche, nel senso che agiscono su una grande varietà di cellule e di tessuti e, sempre diversamente dagli ormoni, citochine strutturalmente diverse, hanno azioni che in larga misura si sovrappongono, come nel caso IL1 e del TNFα.

Sulla base della teoria della “tempesta citochinica” e di risultati incoraggianti in modelli animali, le case farmaceutiche iniziarono studi clinici con agenti antagonisti della risposta proinfiammatoria, come antagonisti del TNFα e dell’IL1, inibitori dei TLRs, ed antagonisti dell’endotossina. I risultati di oltre 30 trials di diversi farmaci dimostrarono che questi trattamenti non apportavano alcun beneficio e in alcuni casi comportavano una riduzione del tasso di sopravvivenza.

Ulteriori studi, in cui venivano misurati i livelli delle citochine circolanti nei pazienti con sepsi, mostrarono che, in aggiunta alle citochine proinfiammatorie, erano aumentate anche le concentrazioni di una potente citochina antiinfiammatoria, l’interleuchina 10.

Van Dissel et al. indagarono il profilo citochinico e la mortalità di pazienti con sospetto di

infezione acquisite in comunità e riportarono che un elevato rapporto IL10/TNFα correlava con un maggior tasso di mortalità.

Altri ricercatori riportarono che la sepsi induceva una depressione nella produzione di citochine sia pro- che antiinfiammatorie, cioè una depressione globale nella produzione cellulare di citochine.

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Ertel et al. stimolarono con endotossina, in vitro, il sangue intero prelevato da pazienti critici con e

senza sepsi e riportarono che la produzione di TNFα, IL1β e IL6 da pazienti con sepsi era frequentemente inferiore del 10-20% rispetto a quella dei controlli senza sepsi.

Analogamente Sinistro et al. stimolarono monociti da pazienti con sepsi e controlli e quantificarono la percentuale delle cellule che producevano citochine proinfiammatorie. Meno del 5% dei monociti da pazienti con sepsi producevano citochine comparato con circa 15-20% dei monociti dei controlli.

Weighardt et al. indagarono la produzione di citochine indotta dal LPS nei pazienti con sepsi dopo

chirurgia addominale. La sepsi post-operatoria era associata con difetti nella produzione di citochine, sia pro infiammatorie, sia antiinfiammatorie. La sopravvivenza correlava con il recupero della risposta infiammatoria ma non antinfiammatoria.

Complessivamente questi risultati indicano come alcuni pazienti con sepsi rapidamente producono entrambe citochine proinfiammatorie e antiinfiammatorie, mentre altri pazienti hanno una prevalenza di citochine antiinfiammatorie o una produzione di citochine globalmente ridotta. Quindi la sepsi non induce necessariamente un’iperinfiammazione non controllata.5

La teoria della CARS (Compensatory Antinflammatory Response Syndrome)

L’acronimo CARS indica la sindrome da risposta antiinfiammatoria compensatoria ed è stato coniato nel 1996 da Bone per descrivere il fenomeno immunologico che in corso di sepsi si contrappone alla SIRS. Infatti, analizzando i dati da studi in cui venivano utilizzati farmaci capaci di bloccare il processo infiammatorio nei pazienti con sepsi, era emerso che, a differenza dei risultati degli studi su modelli animali, sull’uomo questi farmaci si rivelavano poco efficaci se non addirittura dannosi in alcuni casi.

Bone ipotizzò che una potente risposta antiinfiammatoria fosse già presente nell’ospite per bilanciare l’azione della risposta pro infiammatoria e che gli agenti che alterano l’equilibrio tra queste due risposte possano causare la morte del soggetto, sia attraverso un’infiammazione non controllata che per l’incapacità di difendere l’ospite da microrganismi infettanti. Fu subito evidente che la CARS rappresenta un insieme complesso e non ben definito di risposte immunologiche ad un’infezione grave.

Inizialmente si pensò che questo processo antiinfiammatorio seguisse la SIRS.

Il razionale di questa teoria era che mentre la SIRS sembrava rispondere alla necessità di eliminare i microrganismi infettanti attraverso un’attivazione del sistema immunitario, la CARS consisteva in

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27 una deattivazione di tale sistema con lo scopo di ristabilire l’omeostasi di uno stato infiammatorio.

Figura 4. Le teorie sul rapporto tra SIRS e CARS

Successivamente si è reso evidente che la CARS non è semplicemente la cessazione della SIRS e che può esistere separatamente, avendo una cascata citochinica e delle risposte cellulari distinte. Il concetto di CARS è stato modificato nel tempo e oggi è utilizzato per descrivere tutte le sindromi da auto immunosoppressione causate da un insulto severo, come sepsi, ustioni o danno tissutale.

Caratteristiche della CARS

Elementi cellulari e molecolari

- Produzione IL-10

- Down-regulation dei recettori HLA-DR sui monociti, deattivazione dei monociti (ridotta produzione di citochine proinfiammatorie in riposta agli stimoli)

- Disfunzione dei linfociti (ridotta proliferazione e/o produzione di citochine di tipo Th1 in risposta agli stimoli, Shift(passaggio) da una risposta infiammatoria (Th1) ad una antinfiammatoria (Th2)

- Apoptosi dei linfociti T CD4+, B, e cellule dendritiche - Effetti immunosoppressivi delle cellule apoptotiche

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Elementi clinici

- Anergia cutanea - Ipotermia - Leucopenia

- Suscettibilità e incapacità di superare l’infezione

Tabella 7. Caratteristiche della CARS

Ad oggi c’è un crescente consenso che la sepsi attivi una risposta sia pro- che anti-infiammatoria e che entrambi inizino rapidamente in seguito ad un’infezione che mette in pericolo la vita. 12, 9 Benché entrambi le risposte, pro infiammatoria e antiinfiammatoria, inizino immediatamente dopo l’insorgenza della sepsi, generalmente c’è la prevalenza di una fase iniziale iperinfiammatoria, la cui intensità è determinata da numerosi fattori come la virulenza del patogeno, la carica batterica, fattori genetici dell’ospite, età e comorbidità dell’ospite.

Figura 5. La risposta infiammatoria nella sepsi

Per esempio un giovane adulto precedentemente sano che sviluppa meningococcemia avrà probabilmente una risposta iperinfiammatoria mediata dalla tempesta citochinica profonda, che causa shock, febbre alta e insufficienza multi organo.

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29 Se la morte avviene nei primi giorni della malattia, essa più probabilmente è dovuta a questa risposta citochine-mediata non controllata che porta all’iperinfiammazione e all’insufficienza multi organo e, in particolare, al collasso cardiovascolare.

Al contrario, un paziente anziano con diabete sottoposto a emodialisi, che sviluppa polmonite, può non manifestare nessun segno evidente di sepsi e presentarsi con una riduzione dello stato mentale, incapacità di tollerare la dialisi per l’ipotensione, ipotermia, e intolleranza glucidica. Quindi ci può essere una risposta non ovvia all’infezione o comunque poche evidenze della fase iperinfiammatoria della sepsi e predominano i segni di una risposta antiinfiammatoria.5

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IMMUNOPARALISI

Concetto di immunosoppressione sepsi-indotta

Diverse linee di evidenza suggeriscono che i pazienti settici che sopravvivono ai primi giorni della malattia sviluppano molteplici difetti immunitari. Questo è principalmente evidenziato dalla loro diminuita capacità di superare le infezioni primaria o secondaria. 13

I pazienti che superano la prima fase dello shock settico, caratterizzata da livelli plasmatici elevati di citochine proinfiammatorie, o recuperano o entrano in uno stato immunosoppressivo, per cui la linfopenia e la perdita delle funzioni immunitarie sono segni chiave dello stadio successivo della sepsi.

Quindi i meccanismi che portano alla morte per shock settico sono probabilmente diversi nel tempo. Nella fase precoce dello shock settico, ad essere responsabile della disfunzione d’organo e dell’ipoperfusione probabilmente è l’enorme rilascio di mediatori infiammatori (normalmente deputati ad attivare la risposta immunitaria contro i patogeni).12, 14

Contemporaneamente, l’ospite sviluppa meccanismi compensatori per prevenire l’eccessiva infiammazione e mitigare una risposta antinfettiva ridondante.

Questi meccanismi di feedback negativo, benché abbiano un effetto protettivo nelle prime ore, paradossalmente diventano deleteri quando persistono nel tempo portando alla immunoparalisi. Poiché la capacità di trattare i pazienti nelle prime ore dello shock è migliorata (attraverso terapie di supporto precoci ed aggressive), molti pazienti sopravvivono a questa fase critica, ma muoiono successivamente in uno stato di immunosoppressione, manifestato dalla difficoltà di combattere l’infezione batterica primaria e dalla ridotta resistenza alle infezioni secondarie nosocomiali. Inoltre si è osservato che la maggior parte dei pazienti che non sopravvivono allo shock settico (>80%) muoiono dopo la rianimazione iniziale e si presentano con le caratteristiche di immunosoppressione, mentre i pazienti che sopravvivono sono quelli che spontaneamente recuperano le funzioni immunitarie senza trattamenti specifici.

L’esito più grave della sepsi (e ancora di più della sepsi grave e dello shock settico) è la morte ed è verosimile che la disfunzione d’organo , compresa la disfunzione del sistema immunitario, sia maggiore nei soggetti che muoiono. 15

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31 Inoltre bisogna considerare che l’incidenza della sepsi è aumentata nei soggetti anziani: il 60% delle diagnosi di sepsi e il 75% delle morti in corso di sepsi in Europa e Nord America avvengono in pazienti con età superiore a 65 anni. Questo dipende, verosimilmente, dalla minore reattività del loro sistema immunitario, uno stato detto “immunosenescenza”. L’aumento delle comorbidità e l’immunosenescenza contribuiscono ad alta incidenza e mortalità per sepsi nei soggetti anziani.

Evidenze dell’immunosoppressione nella sepsi

1)Studi post-mortem

Gli studi post-mortem dei pazienti deceduti per sepsi hanno fornito una fondamentale comprensione dei meccanismi e della rilevanza dell’immunosoppressione.

Diversi gruppi di ricercatori, in particolare quello di Hotchkiss e collaboratori, hanno effettuato dei prelievi tissutali al letto dei pazienti che stavano morendo per sepsi e hanno dimostrato che tali pazienti presentavano un’elevata perdita di cellule dell’immunità innata e adattativa indotta dall’apoptosi. Le cellule immunitarie perse includevano linfociti T CD4+ e CD8+, cellule B, cellule dendritiche e monociti.

La perdita di queste cellule effettrici del sistema immunitario è da notare in particolar modo perché avviene durante infezioni gravi che mettono a rischio la vita, condizioni in cui dovrebbe esserci un’espansione clonale dei linfociti T.

Successivi studi post-mortem su pazienti pediatrici e neonati, morti in corso di sepsi, hanno mostrato una marcata perdita delle cellule immunitarie nelle sepsi letali, confermando i risultati dei precendenti studi post-mortem sugli adulti.

Quindi una grave riduzione delle cellule effettrici dell’immunità innata è un riscontro generale in tutti i gruppi di età durante la sepsi. 5

Mentre si assiste ad una riduzione delle cellule effettrici dell’immunità, si verifica un aumento delle cellule regolatorie del sistema immune.

Ad esempio la percentuale di cellule T regolatorie aumenta nei pazienti settici, in quanto queste cellule sono meno vulnerabili all’apoptosi indotta dalla sepsi. Anche le cellule soppressorie di derivazione mieloide sono cellule immunosoppressive che aumentano nella sepsi.

L’effetto netto di questi cambiamenti immunologici è che la capacità dell’ospite di combattere i patogeni infettanti è gravemente compromessa. 5

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32 Un possibile nesso di causa tra la perdita di cellule immunitarie e la mortalità per sepsi è stato stabilito quando molti gruppi indipendenti hanno mostrato che terapie antiapoptotiche erano efficaci nel prevenire la morte delle cellule effettrici immunitarie e comportavano un aumento della sopravvivenza in modelli animali.

In aggiunta alla perdita di molte cellule immunitarie fondamentali, c’è un effetto inibitorio esercitato dalla presenza delle cellule apoptotiche sulle cellule rimanenti. Le cellule immunitarie, che vanno incontro ad apoptosi nella sepsi, sono rapidamente rimosse da fagociti professionali. Però, mentre la fagocitosi di cellule necrotiche induce una risposta proinfiammatoria da parte delle cellule fagocitiche attraverso la stimolazione al rilascio di TNFα, l’uptake di cellule apoptotiche induce una risposta immunosoppressiva attraverso il rilascio delle citochine antiinfiammatorie IL10 e TGFβ. Questo comporta un’ulteriore compromissione delle difese dell’ospite.

Altri meccanismi di immunosoppressione che sono stati identificati nella sepsi includono la ridotta espressione di molecole di superficie di attivazione cellulare come HLA-DR, l’esaurimento delle cellule T e l’aumento delle cellule soppressorie (cellule T regolatori e cellule soppressorie di derivazione mieloide).

Un altro riscontro interessante da studi post-mortem del gruppo di Hotchkiss è il possibile ruolo delle cellule parenchimali dell’ospite nel modulare la risposta immunitaria. Nuove evidenze indicano che le cellule endoteliali ed epiteliali possono esprimere una varietà di molecole immunosoppressive. L’espressione di queste molecole immunoregolatorie sulle cellule parenchimali locali forse spiega la particolare suscettibilità di alcuni organi, come per esempio il polmone, verso infezioni nosocomiali.

In uno studio post-mortem, Torgesen et al. esaminarono i reperti di 235 pazienti ricoverati in terapie intensive chirurgiche che erano stati ammessi con diagnosi di sepsi. 16 Alla morte circa 80% dei pazienti aveva foci irrisolti di sepsi. Solo 52 delle 97 polmoniti confermate dall’autopsia erano state diagnosticate correttamente durante la degenza in UTI. Anche nel caso di peritoniti venne riscontrata un’elevata percentuale di foci settici non risolti.5 Queste infezioni che persistono non sono necessariamente la principale causa della morte. Infatti, la causa reale della morte e dell’insufficienza d’organo in molti pazienti che muoiono non è nota.

Studi post-mortem hanno mostrato una relativa scarsità di cellule morte nella gran parte degli organi principali nei pazienti che muoiono di sepsi. Una teoria è che la gran parte della disfunzione d’organo nella sepsi probabilmente deriva dalla cosiddetta risposta ibernazione cellulare. 17

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33 Comunque rimane fondamentale il fatto che molti pazienti in UTI non migliorano perché residuano infezioni persistenti. Nonostante la somministrazione di antibiotici ad ampio spettro e terapie di supporto aggressive, molti pazienti non riescono ad eradicare l’infezione primaria e/o sviluppano infezioni secondarie nosocomiali. Uno dei fattori chiave nel fallimento dell’eliminazione dei patogeni è la loro compromissione immunologica. Quindi terapie che stimolano la competenza immunitaria potrebbero prevenire l’insufficienza d’organo e migliorare la sopravvivenza supportando l’ospite nell’eradicazione dei patogeni responsabili dell’infezione primaria e prevenendo infezioni secondarie.

Un altro studio post-mortem riportava l’espressione aberrante di ligandi per recettori inibitori sulle APC e sulle cellule parenchimali nei tessuti sia splenico che polmonare. Questo riscontro suggerisce che un importante meccanismo di immunosoprressione può essere l’inibizione locale della funzione linfocitaria attraverso il legame di recettori inibitori da parte di ligandi espressi dalle cellule parenchimali. 18

2)Tipo di patogeni

Altri dati che supportano l’evidenza dell’immunosoppressione nei pazienti con sepsi provengono dall’esame del tipo di patogeni che sono frequente causa di infezione secondaria. Le infezioni secondarie nosocomiali includono sia organismi virulenti, come Staphilococcus aureus, così come microrganismi non patogeni nei soggetti immunocompetenti. Infatti Acinetobacter spp.,

Pseudomonas spp. e Candida spp., sono organismi poco virulenti e/o opportunisti, e quindi sono

emblematici dell’immunità gravemente depressa dell’ospite con sepsi.5

Il fatto che molti pazienti in UTI muoiano di sepsi causata da questi microrganismi relativamente poco virulenti evidenzia la gravità della loro immunosoppressione.

3)Riattivazioni virali

Ulteriori evidenze dell’immunosoppressione in corso di sepsi vengono date dagli studi che documentano l’alta incidenza di riattivazioni di comuni virus latenti in questi pazienti. È noto da tempo, infatti, che i soggetti immunocompromessi, ad esempio con infezione da HIV1 o trattati con chemioterapia, sviluppano riattivazioni di virus latenti come CMV e HSV, normalmente tenuti in uno stato di quiescenza dall’immunità dell’ospite. Allo stesso modo recenti studi in pazienti con sepsi hanno dimostrato il verificarsi di riattivazioni virali con percentuali significative. Limaye et al. esaminarono l’incidenza della riattivazione di CMV in 120 pazienti critici, molti dei quali affetti da sepsi, immunocompetenti prima dell’insorgenza della malattia. La viremia da CMV si aveva nel 33% dei pazienti ed la sua presenza era associata con ospedalizzazioni prolungate e morte.

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34 In uno studio correlato, Luyt et al. riportarono un’incidenza del 21% di broncopolmoniti da HSV, attribuite a riattivazione virale in pazienti critici che richiedevano prolungato supporto ventilatorio, precedentemente immunocompetenti. 5

Probabilmente solo alcuni dei pazienti di questi studi aveva infezioni virali clinicamente significative; comunque, questi studi mostrano che i pazienti critici, che hanno un’immunità normale prima dell’ammissione in UTI, diventano gravemente immunocompromessi durante la sepsi. 17

Immunodisfunzione indotta dalla sepsi :fisiopatologia

Meccanismi Caratteristiche delle alterazioni

Tolleranza alle endotossina

Citochine ↓ pro infiammazione ↑ anti infiammazione Apoptosi ↓ capacità di presentazione Ag ↓ Numero di cellule Anergia cellulare Insufficienza energetica Anergia cellulare Apoptosi Disfunzione mitocondriale

↓ Espressione dei corecettori attivanti

Mediatori antiinfiammatori

↑Espressione dei corecettori inibitori Anergia cellulare

Tolleranza endotossinica

Regolazione epigenetica

↓ Espressione dei geni pro infiammatori Riprogrammazione cellulare

Regolazione endocrine e centrali ↓ Produzione di citochine pro infiammatorie

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