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MONITORAGGIO DELLA COMPONENTE UMORALE DELL’IMMUNITA’ ADATTATIVA

Nel documento Il monitoraggio immunologico nella sepsi (pagine 62-66)

Cenni sulle immunoglobuline

Una parte dell’immunità adattativa è rappresentata dall’immunità umorale, mediata dagli anticorpi. Essa ha lo scopo principale di neutralizzare ed eliminare i microrganismi extracellulari e le tossine microbiche ed, in particolare, risulta fondamentale quando gli antigeni sono di natura polisaccaridica e lipidica (poiché i linfociti T, mediatori dell’immunità cellulare, sono in grado di rispondere solo ad antigeni di natura proteica). Gli anticorpi vengono prodotti dai linfociti B, in seguito alla loro attivazione e differenziazione da linfociti B naive a cellule effettrici secernenti anticorpi (plasmacellule).

Esistono 5 diverse classi di immunoglobuline : IgG, IgM, IgA, IgE e IgD.

Le IgG sono costituite da una molecola ad Y costituita da 2 catene peptidiche identiche pesanti (H) e 2 leggere (L). Sia le catene L che quelle H sono divise in una regione variabile che lega l’antigene

63 (V) e una regione costante (C ) che attiva le varie componenti del sistema immunitario, attivando risposte specifiche (per esempio la fagocitosi, la citotossicità mediata da anticorpi, la lisi mediata dal complemento). La regione che collega le 2 parti funzionali può andare incontro a cambiamenti conformazionali in modo da modificare la molecola in base alla variabilità antigenica.

Le principali funzioni delle immunoglobuline sono: - Neutralizzare le tossine batteriche

- Osponizzare i batteri, promuovendo la fagocitosi e quindi facilitando la presentazione dell’antigene da parte delle cellule dell’immunità innata

- Regolare l’infiammazione e l’immunità: come recettori solubili possono legare le citochine circolanti

- Modulare la cascata del complemento

Ipogammaglobulinemia nella sepsi severa e nello shock settico

Lo studio delle concentrazioni sieriche delle immunoglobuline nel corso di sepsi severa e shock settico nasce dal razionale di ottimizzare la somministrazione di soluzioni con immunoglobuline policlonali endovena (IVIGs).

I primi dati suggerivano che i pazienti con bassi livelli sierici di immunoglobuline avessero un’incidenza più alta di infezioni così come una prognosi peggiore. 51

Dagli studi effettuati successivamente si può evidenziare come una percentuale considerevole di pazienti presentano ipogammaglobulinemia G e/o M nella fase iniziale della sepsi severa con percentuali di circa 30-50% e 20% rispettivamente, mentre è trascurabile la percentuale dei pazienti con ridotti livelli di IgA (circa 2%).

Benché ci sia accordo sulla presenza dell’ipogammaglobulinemia, il valore prognostico di questo reperto è controverso. Infatti vari studi riportano risultati contrastanti.

Il più ampio studio sul monitoraggio dei livelli di IgG in pazienti con sepsi severa e shock settico, lo studio SBITS (Score-Based Immunoglobulin G Therapy of patients with Sepsis)52 non mostrava alcuna influenza negativa dei bassi livelli di IgG sulla mortalità a 28 giorni dei pazienti.

Tuttavia i pazienti ipogammaglobulinemici avevano una durata significativamente maggiore dello stato di shock e una più alta incidenza di danno polmonare.

64 Risultati contrastanti invece sono stati ottenuti da Taccone et al. 53 con uno studio, che comprendeva una coorte più limitata di pazienti, volto a valutare l’andamento temporale delle concentrazioni delle γ-globuline in pazienti con shock settico acquisito in comunità e ad individuare un’eventuale relazione tra le concentrazioni delle immunoglobuline e la gravità e l’outcome della malattia.

Oltre a monitorare le concentrazioni di Ig, misurarono anche le concentrazioni plasmatiche delle catene leggere libere k e l, come marker di sintesi di Ig, poiché uno dei meccanismi dell’ipogammaglobulinemia poteva essere la ridotta produzione da parte dei linfociti B.

Nello studio venivano misurate le concentrazioni delle catene leggere libere sia all’ammissione che durante la degenza poiché l’ipogammaglobulinemia può esser dovuta ad una riduzione nella sintesi di Ig. Le FLC sono prodotte in eccesso durante la sintesi anticorpale e secrete come monomeri κ e λ nel circolo ematico.54 Siccome le FLCs hanno un’emivita di sole 2-4 ore, comparata con i 21 giorni di emivita delle IgG, riflettono meglio la sintesi delle γ-globuline.

I ricercatori osservarono che l’ipogammaglobulinemia, ed in particolare ipo-IgG, è comune nei pazienti con shock settico (76% dei pazienti dello studio con ipo-γ−globulinemia e 57% con basse concentrazioni di IgG) e persiste nel tempo anche quando la sepsi si è risolta. L’ipogammaglobulinemia non si correlava con la gravità del quadro clinico iniziale, ma i soggetti con ipo-IgG sviluppavano più frequentemente ALI/ARDS, avevano meno giorni senza terapia vasopressoria e un tasso di mortalità più alto rispetto ai pazienti con concentrazioni di IgG entro i valori normali. Inoltre l’osservazione che quando le concentrazioni di IgG sono inferiori rispetto ai valori normali all’ammissione si mantengono anormali durante tutta la degenza in UTI senza variazioni di rilievo suggeriva che c’è una finestra temporale ampia, anche diverse ore dopo l’insorgenza dello shock settico, in cui i campioni ematici possono essere prelevati per determinare le concentrazioni di Ig.

Dallo studio risultava che l’andamento temporale delle concentrazioni delle FLC era simile nei pazienti con concentrazioni di IgG basse o normali, suggerendo quindi che l’ipoIgG non sia dovuta ad un deficit nella sintesi. Nel corso della sepsi l’aumentata permeabilità plasmatica e l’aumentato catabolismo potrebbero ridurre le concentrazioni di Ig, se la sintesi non aumenta.

Inoltre la precoce riduzione delle concentrazioni di IgG all’insorgenza dello shock settico potrebbe derivare dal consumo delle reazioni antigene-anticorpo. Le IgG e IgM circolanti agiscono per neutralizzare l’endotossina e questo consumo di anticorpi potrebbe indurre l’ipogammaglobulinemia nella sepsi.

65 Però, poiché nello studio le infezioni da gram negativi erano ugualmente distribuite nei pazienti con concentrazioni di IgG basse e normali, probabilmente l’endotossina circolante gioca un ruolo minore nel determinare ipogammaglobulinemia.

Invece nel ridurre le concentrazioni di IgG può giocare un ruolo fondamentale l’aumentata permeabilità capillare e questa ipotesi veniva supportata da una maggiore incidenza di danno polmonare, livelli più bassi delle concentrazioni di proteine totali e di albumina, e una maggiore capillary leak index CLI (definito come il rapporto proteina C reattiva/albumina) all’ammissione e periodo più prolungato con terapia vasopressoria, cioè condizioni che solitamente sono associate ad un notevole danno endoteliale.

Nonostante caratteristiche cliniche simili all’insorgenza dello shock settico, i pazienti con ipogammaglobulinemia avevano un tasso di mortalità maggiore rispetto ai pazienti con concentrazioni normali.

La determinazione delle concentrazione di IgG nello shock settico potrebbe aiutare a selezionare i pazienti che potrebbero beneficiare della somministrazione di IVIG, poiché sembra che un outcome favorevole sia strettamente associato ai livelli di anticorpi contro il patogeno responsabile della sindrome settica. Tuttavia per confermare questa ipotesi servono studi clinici con ampie coorti di pazienti.

Studi successivi in cui venivano monitorati livelli di IgG di pazienti con sepsi o shock settico all’ammissione in UTI hanno ottenuto risultati controversi sul valore prognostico di bassi livelli di IgG: in alcuni non emergeva alcuna correlazione tra livelli bassi di IgG all’ammissione e la mortalità a 28 giorni, mentre altri confermavano le conclusioni di Taccone et al. come quello di Kimijima et

al. condotto retrospettivamente su pazienti ammessi in UTI con sepsi severa e shock settico in cui

erano stati valutati i livelli di IgG sieriche all’ammissione in UTI. I pazienti erano stati suddivisi in 2 gruppi in base ai livelli di IgG: un gruppo con basse concentrazioni (IgG < 650 mg/dl) e un gruppo con concentrazioni normali. Lo studio concludeva che c’è una correlazione significativa tra i livelli di IgG sierici e la mortalità a 28 giorni, essendo questa maggiore nel gruppo con basse concentrazioni di IgG. Si può pertanto supporre che bassi livelli di IgG modulino la funzione immunitaria determinando un aumento della mortalità.

Di fatto anche tale studio confermava il possibile ruolo del monitoraggio dei livelli di Ig plasmatiche per impostare correttamente la terapia con IVIG. Gli effetti del trattamenti delle IVIG sulla mortalità per i pazienti con shock settico sono attualmente controversi e la misurazione dei livelli endogeni delle immunoglobuline potrebbe migliorarne la “resa, aiutando i medici nel

66 selezionare in modo migliore i pazienti da trattare (cioè quelli che mostrano una marcata ipogammablobulinemia). Ad oggi non ci sono informazioni sul potenziale ruolo di un dosaggio delle immunoglobuline endogene antecedente per valutare l’uso delle IVIG come trattamento. 23

Nel documento Il monitoraggio immunologico nella sepsi (pagine 62-66)

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