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La decadenza della confraternita albanese condusse alla sua estinzione nel XVIII secolo e nel 1780 l’edificio della Scuola fu designato quale sede dei Lavoranti Pistori228, quando ormai il patrimonio albanese di arredi e suppellettili era già stato in gran parte alienato. Le tele del Carpaccio rimasero tuttavia in situ sino alle requisizioni eseguite dal funzionario Pietro Edwards per conto dei Francesi, nel 1808. Il processo di dispersione del patrimonio veneziano non fu solamente diretta conseguenza del Governo napoleonico, ma venne incentivato dalle soppressioni di enti ecclesiastici già avviata nel Settecento, a cui fece seguito

226 L. NADIN, 2008, p. 75 227

G. LUDWIG, P. MOLMENTI, 1906, p. 238.

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quella delle confraternite laiche, attraverso tutta una serie i decreti emanati nel corso del XVIII secolo.

Con l'avvento di Napoleone, i luoghi occupati furono divisi in dipartimenti ed a quelli ceduti con il Trattato di Tolentino, si aggiunsero nel 1805 anche quelli ottenuti con la Pace di Presburgo229. Le soppressioni napoleoniche attinsero ai diversi dipartimenti ai fini di estrapolare i migliori esempi di ogni scuola pittorica e per farlo si avvalsero di esperti designati dal Governo Francese: mentre i dipartimenti traspadani furono spulciati in lungo e in largo dall’artista Andrea Appiani, del Dipartimento Adriatico si occupò Pietro Edwards, funzionario anglo- veneziano passato sotto l’egida dei francesi, che esaminò ben 7000 opere, tra cui 2000 solo veneziane, scartandone 5932230. le opere passate al vaglio venivano suddivise in tre categorie in base alla qualità: per la corona, per i musei o le chiese e per la vendita. Le prime venivano di norma destinate alla Pinacoteca di Brera, anche se molto spesso il Vicerè Eugenio se ne appropriava per i propri appartamenti, salvo restituirli successivamente atteggiandosi a grande e generoso donatore.

Edwards fu un personaggio nodale nelle vicende veneziane dell'epoca e la sua educazione accademica gli valse nel 1776 tutta una serie di cariche importanti in ambito artistico: dapprima Segretario del Collegio dei Pittori, divenne successivamente Presidente dell’Accademia di Venezia, Ispettore alle Pubbliche Pitture e Conservatore dei Beni delle Gallerie, poi Delegato ai Beni della Corona. In qualità di esperto restauratore, inoltre, effettuò una serie di interventi, come quello al soffitto di Paolo Veronese nella Sala dell’Anticollegio in Palazzo Ducale, seppur non sempre ortodossi in quanto spesso invasivi, ma in linea con il modus

operandi corrente all'epoca. Prima delle rapine napoleoniche, tuttavia, Venezia

aveva già provveduto alla dispersione di parte del proprio patrimonio attraverso

229Il Trattato fu firmato da Napoleone e dall’Imperatore Francesco I d’Austria il 26 dicembre e

Venezia, ormai francese, fu annessa al Regno d’Italia il 19 gennaio del 1806 sotto il controllo del Vicerè Eugenio di Beauharnais.

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le soppressioni religiose stabilite dal Senato nel 1768, durante le quali Edwards ricoprì il ruolo di Supervisore, che mantenne anche successivamente.

Egli collaborò con i francesi ancor prima del Trattato di Campoformio, nel 1797, quando il governo di Francia gli presentò una lista di opere destinate ad essere esportate oltralpe, tra cui il critico riuscì a salvare solo il Giudizio Universale del Tintoretto, mentre 20 dipinti e 500 manoscritti prendevano la via di Parigi231

. L’anno successivo fu costretto ad imballare in prima persona il dipinto di Paolo Veronese raffigurante le Nozze di Cana, “con profonda ma dissimulata tristezza d’animo”232. Successivamente, solo tra il 1808 ed il 1811, più di duecento dipinti

arrivarono a Milano, tra cui molti veneziani.

Il lavoro di scelta del funzionario costituì una certosina opera di critica, corredata da schede di catalogazione accurate che costituiscono una fonte di informazioni molto importante. La dispersione di un così ingente patrimonio artistico causò comunque delle perdite irreparabili e lasciò un profondo segno nel il prestigio e nella reputazione di Venezia. Inoltre, complici la fretta e la scarsa cura con cui si effettuarono gli spostamenti, anche i danni materiali alle opere risultano incalcolabili, senza contare che intere partite di manufatti artistici andarono perduti. Molto spesso le scelte critiche causarono lo smembramento non solo di cicli di dipinti, come nel caso del ciclo degli Albanesi ma anche di polittici, le cui parti furono destinate a diverse sedi. La serie fu requisita nel 1808 e gli episodi della Presentazione al Tempio e dello Sposalizio della Vergine furono inviati a Milano nello stesso anno, giungendo all'Accademia di Brera il 26 novembre. Entrambi rischiarono di essere successivamente spediti oltre Manica, quando nel 1820 venne offerta a Brera la Samaritana di Caravaggio, con molteplici quadri

231Cfr. M. DE PAOLI, 2013, pp. 77 e segg. 232

Per un’analisi dell’operato di Edwards in quegli anni cruciali per Venezia e l’arte lagunare cfr. A. ALBERTI, Pietro Edwards e le opere tolte da Napoleone a Venezia, Roma, Casa Editrice d’Arte Bestetti e Tumminelli, 1926 (estratto da Nuova Antologia).

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preziosi quale contropartita ed in tale occasione i due dipinti carpacceschi furono valutati L. 10.000233

.

La Nascita della Vergine, collocata da Edwards tra le opere per la corona, pervenne a Milano nel 1811, priva di annotazioni riguardanti la firma oggi presente sulla tela“Victor, Carpativs V. Facebat” e pertanto da considerarsi apocrifa, aggiunta durante il soggiorno milanese dell’opera234

. In un primo momento il dipinto fu prelevato dal Viceré Eugenio ed entro il 1824 venne acquistato dal Conte di Brescia Teodoro Lechi235

. Nel 1858 venne registrata nella collezione Lochis di Bergamo236, dove permase dal 1848 al 1866 quando venne

acquisita dall’Accademia Carrara di Bergamo in cui è tutt'oggi conservata, grazie al generoso lascito di Guglielmo Lochis237

.

In un primo momento le restanti tele del ciclo degli Albanesi rimasero a Venezia, ma una volta subentrati i nuovi occupanti austriaci, l’Annunciazione e la Morte

della Vergine (attribuita da Edwards a Benedetto Diana) furono trasferite a

Vienna come dono all’Accademia della città, nel 1838.

In seguito alla caduta di Napoleone ed alla Restaurazione infatti, non tutte le opere fecero ritorno in patria, nonostante molteplici figure di spicco del panorama culturale italiano ed europeo si siano mobilitati per la restituzione dei capolavori dispersi. L’Austria era particolarmente interessata al recupero di quelli provenienti dai suoi territori italiani, ma finì per assurgere a paladina di tutti gli Stati Italiani e nel 1815 il direttore della Galleria del Belvedere di Vienna, Joseph Rosa, si recò a Parigi in qualità di intermediario. Inoltre, anche personaggi del calibro di Canova si adoperarono ai fini del rientro delle opere italiane, che fu

233

F. MALAGUZZI VALERI, 1908, pp. 89 e segg.

234

G. PEROCCO, 1967, p. 103.

235T. LECHI, 1837, p. 7. 236

“Del suddetto, col nome, capo d’opera dell’autore citato nel catalogo della galleria del conte Teodoro Lecchi. La Nascita della Beata Vergine”, G. LOCHIS, 1858, p. 34. L’autore valutò Carpaccio all’altezza di competere con Giovanni Bellini e Bartolomeo Vivarini, considerati capisaldi dell’arte veneziana dell’epoca, specificando tuttavia che le opere di Vittore, seppur maggiormente “triviali”, si potessero distinguere per la verità da esse trasmessa, soprattutto dai volti.

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tuttavia un recupero selettivo e si lasciò molte perdite alle spalle. Le casse con i dipinti, i manoscritti e gli altri oggetti veneziani preziosi giunsero in laguna nel 1815 e furono valutate dal Morelli, Cicognara ed Edwards al cospetto di un funzionario austriaco.

Il dipinto con la Visitazione fu l’unico a restare in laguna sin dallo smembramento del ciclo e venne custodito a lungo nel deposito della Commenda di Malta, per essere ceduto nel 1840 al Museo Correr238. Giunse alla sua attuale collocazione museale presso la Galleria Franchetti alla Ca d’Oro nel 2000, in seguito all’intervento di restauro, dove erano già presenti l’Annunciazione e la Morte

della Vergine, tornate in patria solo dopo il primo conflitto mondiale nel 1919.