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Cap 5: TECNOLOGIA APPLICATA ALL’ARTE: INDAGINI DIAGNOSTICHE E DIPINT

5.2. La diagnostica artistica

5.2.2. Fotografia della Fluorescenza U

L’indagine fotografica in fluorescenza UV (o UVF) sfrutta la capacità di alcuni materiali, sia organici sia inorganici, quando colpiti da una radiazione elettromagnetica, di emettere a loro volta radiazioni a energia minore, ma ben definita, rispetto a quella incidente (secondo un processo chimico-fisico detto, appunto, di fluorescenza), pertanto illuminando con luce UV si può ottenere da parte dei materiali “attivi”, un’emissione nella regione blu-viola dello spettro visibile, il cui segnale può essere registrato fotograficamente attraverso una tradizionale macchina fotografica.

La regione dell’Ultravioletto si colloca tra i 400 nm (confine con il visibile) e i 10 nm (RX molli), e si suddivide a sua volta in quattro bande: UV vicino (320-400 nm, UV-A), UV medio (220-320 nm, UV-B), UV lontano (200-280 nm, UV-C) e UV nel vuoto (10-200 nm).

Per l’imaging di fluorescenza UV si utilizzano generalmente radiazioni di tipo UV- A, solitamente avvalendosi di Lampade di Wood276

(di solito a scarica o ad emissione) e filtri che assorbano la componente UV riflessa dal dipinto. La strumentazione deve poter garantire l’acquisizione di immagini anche in luoghi non del tutto oscurati, nel caso in cui non sia possibile trasportare l’opera in un laboratorio idoneo, nonché il rispetto delle norme CIE relative alle immagini colorimetricamente corrette, in modo da poter mettere a confronto i nuovi risultati con le banche dati già esistenti277

.

276La denominazione deriva dal fisico americano Robert William Wood (1868-1955), inventore nel

1903 della tecnica di produzione delle radiazioni UV, che trovò applicazione nei campi più disparati, grazie all’impiego di un filtro in grado di bloccare la componente visibile delle radiazioni luminose, ma trasparente alle radiazioni UV. A partire dagli anni Venti le lampade di Wood (dette anche sorgenti di luce nera, in quanto non percepibili dall’occhio umano) furono utilizzate per l’analisi di opere d’arte, soprattutto prima e dopo un intervento di restauro, diventando imprescindibili dagli anni Trenta. A. ALDROVANDI, M. PICOLLO, 2007, p. 67 e pp. 70-72; G. POLDI, G.F.C. VILLA, 2006, pp. 157 e segg.

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F. FABBRI, P. MAZZINGHI, A. ALDROVANDI, 2000, pp. 95-96. Un sistema ottimale per l’acquisizione di immagini in fluorescenza UV è composto da lampade flash allo Xenon (sorgente

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La Fluorescenza UV può evidenziare eventuali disomogeneità della pellicola pittorica (come ad esempio ridipinture, restauri, ecc.) e soprattutto delle vernici superficiali, non rilevabili in luce visibile, aiutando a stabilirne qualitativamente l’età e le caratteristiche di deterioramento. Inoltre permette l’osservazione dello stato di conservazione dell’intera opera, limitandosi, tuttavia, come grado di penetrazione, agli strati superficiali. La Fluorescenza UV è particolarmente vantaggiosa in quanto applicabile non esclusivamente ad opere pittoriche, ma anche a manufatti di diversa natura, come gli arredi liturgici o le sculture lignee. Il fenomeno della fluorescenza nei dipinti è legato prevalentemente alle sostanze organiche presenti negli strati superficiali e risulta tanto più intenso quanto più queste sono antiche. La Fluorescenza UV può evidenziare pertanto la presenza di leganti o pigmenti che possiedono componenti diverse, sintomo di restauri o ridipinture, le cui differenze non possono essere percepite nel visibile, ma il cui comportamento cambia quando illuminati con radiazioni UV. La risposta di una superficie alle radiazioni UV dipende anche dalla tipologia di legante utilizzata, oltre che dal suo invecchiamento, che può influenzare la risposta dei pigmenti, e viceversa. Inoltre, la vernice superficiale svolge un ruolo fondamentale nell’emissione della fluorescenza degli strati sottostanti. In generale la fluorescenza risulta più intensa nell’ambito delle stesure ad olio, rispetto a quelle a tempera. Con l’introduzione della Riflettografia IR-falso colore, si sviluppò anche la fluorescenza in UV riflesso in falso colore (UVR-FC).

Nonostante sia un’indagine di tipo non invasivo, bisogna prestare attenzione nell’impiegarla, in quanto le radiazioni UV, in caso di esposizione prolungata e di eccessiva intensità, tendono ad accelerare l’invecchiamento dei materiali e potrebbero causare danni agli operatori. Per ovviare a quest’ultima problematica si utilizzano degli occhiali protettivi, necessari non solo per protezione personale,

UV) e rivelatore CCD (sensore), combinati con appositi filtri per attenuare la radiazione ultravioletta residua riflessa dal manufatto. L’esposizione alle radiazioni UV risulta in questo modo rapida e facilmente realizzabile in situ.

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ma anche per facilitare la lettura dell’oggetto in fluorescenza, che a occhio nudo potrebbe non risultare ancora perfettamente leggibile. Ad esempio, tra il 2011 ed il 2012, nell’ambito del restauro dell’opera tizianesca raffigurante il Martirio di

San Lorenzo (Fig. 98a/b/c), il dipinto fu sottoposto più volte alla fluorescenza UV,

che risultò tuttavia non sempre ben leggibile soprattutto nelle zone brune, a causa degli innumerevoli restauri e ritocchi subiti nel corso del tempo. La tecnica si rivelò in ogni caso molto utile per comprendere la collocazione delle ridipinture, oltre che la natura del materiale di cui sono composte, fornendo informazioni integrate poi con altre tecniche278 di indagine.

Visti i numerosi fattori da cui dipende la risposta in fluorescenza, questa tecnica non è la più sicura per l’identificazione dei materiali, tuttavia può costituire una buona base di partenza per lo studio della natura di pigmenti, leganti e vernici, oltre a fornire importanti informazioni sullo stato conservativo dell’opera279

. Inoltre, permette di avere una prima idea della distribuzione dei materiali nella porzione di dipinto indagata.

Un’ulteriore tecnica di indagine non invasiva sfrutta invece la riflessione differenziale della radiazione ultravioletto, detta UV Riflesso (UVR), volta anch’essa fornire informazioni su ritocchi o evidenziare scritte celate nei dipinti, visibili tuttavia solo se collocate a livello superficiale. Per catturare immagini in UVR si usano dei filtri in grado di eliminare del tutto la componente visibile, al fine di registrare solamente quella UV, e le sue applicazioni, seppur molto meno frequenti, risultano spesso complementari a quelle della UVF.

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A. R. NICOLA, 2013, p. 201.

279Oltre all’uso di atlanti dei colori, che non danno tuttavia risultati precisi, per misurazioni più

accurate dei colori di un dipinto si possono utilizzare la colorimetria e le indagini spettrofotometriche. Cfr. A. ALDROVANDI, M. PICOLLO, 2000 e R. BELLUCCI, A. TOZZI, B. RADICATI, 2000.

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