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Il dispositivo di sessualità

3. La genealogia in Michel Foucault

3.2. Le ricerche genealogiche sul potere

3.2.2. Il dispositivo di sessualità

La volontà di sapere è un testo senza dubbio complesso: in esso, tra le sue righe, scorre una doppia vena d’indagine, le cui componenti (benché analiticamente distinguibili e anzi distinte programmaticamente dallo stesso Foucault in più punti dell’opera) non mancano talvolta di confluire l’una nell’altra e anzi misurano la loro distanza proprio a partire dai tratti in cui si incrociano attraversandosi. Destino geometrico di tutto ciò che non è retto, né parallelo.

Primo passo di un progetto che Foucault aveva concepito in sei volumi (e realizzato soltanto in parte a causa della scomparsa dell’autore), a questo libro spetta un compito forse poco gradevole, ma di una necessità sufficiente a giustificarne e legittimarne il risultato anche ove la leggibilità del testo viene sfidata. Si tratta di presentare a uno stesso tempo il diorama della ricerca foucaultiana sui dispositivi di sapere e potere – che nella Volontà di sapere ottiene nuovo slancio a partire dalla presentazione di un’inedita griglia della loro intelligibilità –, e il campo specifico d’analisi, l’oggetto vero e proprio di questo

testo (e in parte dei successivi), ovvero la sessualità nell’Occidente moderno e antico, colta secondo la prospettiva genealogica.

Ogni “evidenza storica”679 è per il genealogista motivo di sospetto, qualcosa da

scrutare con uno scetticismo quasi istintivo, che reagisca come una seconda natura a queste eterne sirene della filosofia. La tentazione da cui guardarsi, all’interno di questo primo volume della storia della sessualità, è costituita agli occhi di Foucault da un discorso diffuso nell’Occidente moderno, che, a dispetto delle apparenze, rivela una configurazione molto particolare, per così dire a «doppio-fondo». Si presenta infatti insieme come descrittivo – beneficiando del credito di scientificità sobria ed austera dello storico – e di denuncia, dal momento che scaglia il suo j’accuse contro quel fenomeno recente e ancora attuale che è il capitalismo borghese, colpevole, quest’ultimo, di aver represso una sessualità precedentemente tollerata, limitandone gli spazi e relegandone le devianze in appositi luoghi “di tolleranza”. Proprio a partire da questa curiosa proliferazione discorsiva attorno alla presunta repressione della sessualità occidentale, si configura l’indagine foucaultiana:

“Si tratta insomma d’interrogare il caso di una società che da più di un secolo si fustiga rumorosamente per la sua ipocrisia, parla con prolissità del proprio silenzio, s’accanisce ad esporre minutamente quel che non dice, denuncia i poteri che esercita e promette di liberarsi dalle leggi che l’hanno fatta funzionare. Vorrei prendere in considerazione non solo questi discorsi, ma la volontà che li anima e l’intenzione strategica che li sorregge. La domanda che vorrei porre non è: perché siamo repressi? Ma: perché diciamo con tanta passione, con tanto rancore contro il nostro passato più prossimo, contro il nostro presente e contro noi stessi, che siamo repressi? Attraverso quale spirale siamo giunti ad affermare che il sesso è negato, e a mostrare ostentatamente che lo nascondiamo, a dire che lo taciamo –, e questo formulandolo a chiare lettere, cercando di farlo vedere nella sua realtà più nuda, affermandolo nella positività del suo potere e dei suoi effetti?”680.

L’accusa avanzata da questa “ipotesi repressiva” contro l’ipocrisia di una borghesia bigotta e vittoriana che avrebbe pronunciato sul sesso un anatema che “funziona certo come condanna alla disparizione, ma anche come ingiunzione al silenzio, affermazione d’inesistenza”681, rinvia inoltre, in un reciproco rinforzo, ad un’altra forma discorsiva,

679 M. Foucault, La volontà di sapere, cit., p. 15. 680 Ivi, p. 14.

quella della predicazione: prendendo la parola a proposito di ciò che è sempre taciuto, esibendo l’interdetto che colpirebbe il sesso dal XVII secolo ad oggi, questo discorso viene a giovarsi di quello che Foucault chiama il “beneficio del locutore”; la denuncia di una repressione intollerabile e soffocante che colpirebbe la sessualità ha come effetto retroattivo di trasformare questo discorso che la proclama in qualcosa che è a un tempo eroica trincea di resistenza, baluardo di speranza e promessa di libertà. Contro le catene di un potere che reprime, questo discorso si alzerebbe come una voce di protesta e come il segno della possibilità di una liberazione.

L’evidenza di ciò è denunciato è tuttavia aggirata e sospesa da Foucault attraverso un’operazione che, interrogando la progressiva trasposizione discorsiva della sessualità nell’Occidente moderno, mira non a contrapporre l’ipotesi repressiva a ciò cui essa afferma di indirizzarsi, ma piuttosto a “ricollocarla in un’economia generale dei discorsi sul sesso

nell’interno della società moderna a partire dal XVII secolo”682; come se anch’essa non

fosse che una voce complice di una medesima strategia più complessa il cui funzionamento è lungi dal poter essere esaurito dai termini in cui lo si denuncia. L’interrogativo da cui prende le mosse il sovvertimento genealogico foucaultiano è espresso dal suo autore in questi termini:

“Perché si è parlato della sessualità, che cosa se ne è detto? Quali erano gli effetti di potere indotti da ciò che si diceva? Quali i legami tra questi discorsi, questi effetti di potere ed i piaceri che ne erano investiti? Quale sapere si formava a partire da qui? Si tratta insomma di determinare nel suo funzionamento e nelle sue ragioni di essere il regime di potere-sapere-piacere che sorregge in noi il discorso sulla sessualità umana”683.

Obiettivo della sua ricerca sono infatti il luogo, le condizioni e la genesi di questa decisione riguardo la sessualità, che pur nelle ingiunzioni di silenzio e le affermazioni

682 Ivi, p. 16.

683 Ibidem. “La conception du projet est à la fois simple et un petit peu délicate à expliquer. À dire vrai, nous

n’avons pas en français de mot, je ne sais pas s’il en existe dans d’autres langues, pour désigner exactement ce que je voudrais faire, ce dont je voudrais parler. Je ne aveux pas parler de la sexualité en tant qu’organisation physiologique dans le corps ni même de la sexualité comme comportement. Ce qui m’intéresse, c’est de savoir, de faire l’histoire de la manière dont, dans les discours religieux, scientifiques, moraux, politiques, économiques également, on a posé la question de la sexualité, quelle forme d’intérêt on a eue, depuis le Moyen Âge, pour la sexualité.[...] Petit à petit, on est arrivé à considérer que c’était la chose la plus importante pour l’existence humaine. On en est arrivé à se dire que si on comprend la sexualité d’un individu, en gros, on a compris l’essentiel de ce qu’il est, e ce qu’est sa vie, son existence, son destin. Il s’agit donc de l’histoire de l’intérêt que les sociétés occidentales ont porté à la sexualité”. M. Foucault, El poder,

una bestia magnifica (Le pouvoir, une bête magnifique), (entretien avec M. Osorio), Quadernos para el dialogo, n° 238, 19-25 novembre 1977, in Dits et écrits II. 1976-1988, cit., p. 380.

d’inesistenza (anzi anche attraverso di esse) ha trasformato una pratica anonima come il sesso nell’oggetto di un preciso sapere, sottoponendola a regimi di potere entro cui si inscrive il miraggio stesso della liberazione, annunciata ma esclusa ex principiis.

Osservando gli ultimi tre secoli della cultura occidentale Foucault può infatti osservare un fatto evidente: quello di una moltiplicazione progressiva e costante delle elaborazioni discorsive attinenti alla sfera della sessualità, che, a partire dalla pastorale cristiana, è fatta oggetto di un interesse diretto e sempre più minuzioso. Dietro al gesto sterile dell’interdetto si rivela però un’operazione ben più complessa: “si è costituito piuttosto un dispositivo per produrre sul sesso discorsi, sempre più discorsi, suscettibili di

funzionare e di produrre effetti nella sua stessa economia”684. La proliferazione discorsiva

infatti si accompagna ad un duplice processo di specificazione e di diversificazione che, se ha comportato una rigorosa selezione dei discorsi, e ha stabilito una loro minuziosa classificazione, delineando nuove soglie del lecito e dell’illecito, è tuttavia lungi dal potersi iscrivere sotto l’egida del divieto; il dispositivo della sessualità, anche se “poggia

localmente su procedure d’interdizione”685, trova in esse soltanto un elemento di riflesso

grazie alla cui esibizione il potere si cela e guadagna spazio utile al proprio esercizio. Una delle conseguenze di questo processo – che, inaugurato dalla pastorale cristiana, ha trovato poi il suo proseguimento da parte di un potere politico che ha posto

questa incitazione nel cuore di se stesso “come strumento del suo esercizio”686 – è dato

dall’affiorare e dal costituirsi, tra il XVIII e il XIX secolo, di una nuova serie di sessualità periferiche “perverse” la cui esistenza viene ad essere indagata, esaminata, classificata e quindi scongiurata, combattuta, ma al tempo stesso utilizzata, invocata e sollecitata attraverso operazioni specifiche. Il dispositivo della sessualità agisce infatti istituendo sottili linee di penetrazione che avvolgono e attraversano un soggetto i cui piaceri sono di continuo sorvegliati, attesi, indotti dalla stessa azione della loro disamina; le cui tendenze sessuali si trasformano da peccati d’abitudine in devianze patologiche dalla natura (dove l’imputazione di «contronatura» entra chiaramente in una naturalizzazione scientifica dell’uomo che si fonda su un processo di normalizzazione) suscettibili di classificazione nosografica e tipologica; il cui piacere è inseguito e suscitato dal potere che lo richiama in uno scambievole rilancio – potere che si sensualizza attraverso quel piacere che indaga, piacere che seduce il potere e si fa scorgere mentre finge di nascondersi. Potere che

684 M. Foucault, La volontà di sapere, cit., p. 25. 685 Ivi, p. 48.

sancisce, producendola, il prolificare della sessualità polimorfa, costituendola come elemento funzionale al suo dispiegamento:

“L’insediamento delle perversioni è un effetto-strumento: è attraverso l’isolamento, l’intensificazione e la consolidazione delle sessualità periferiche che le relazioni del potere con il sesso si ramificano, si moltiplicano, misurano il corpo e penetrano i comportamenti. […]. Proliferazione delle sessualità attraverso l’estensione del potere; maggiorazione del potere al quale ciascuna di queste sessualità regionali offre una superficie d’intervento”687.

Momento fondamentale ed economicamente coerente all’interno di questa complessa strategia è la tendenza a considerare il sesso avvolto da un mistero difficilmente esauribile; ammettere e credere in un sesso segreto, nascosto ovunque e pericolosamente insidioso è elemento, pretesto e condizione della sua ricerca e indispensabile legittimazione di questo indefesso accanimento. Come scrive Foucault:

“Il segreto del sesso non è probabilmente la realtà fondamentale rispetto alla quale si collocano tutte le incitazioni a parlarne […]. Si tratta piuttosto di un tema che fa parte della meccanica stessa di queste incitazioni: un modo di dar forma all’esigenza di parlarne, una favola indispensabile all’economia indefinitamente proliferante del discorso sul sesso. Quel che è caratteristico delle società moderne non è che abbiano condannato il sesso a restare nell’ombra, ma che siano condannate a parlarne sempre, facendolo passare per

il segreto”688.

Il sesso dunque, nel segreto in cui è nascosto, nell’ombra in cui è condannato, è anche, paradossalmente, anche il luogo elettivo della verità, e la sua posta in gioco: attraverso il sesso ne va della verità del soggetto, e la verità, custodita nel segreto inconfessabile del sesso, è così sentita come essenziale, eppure disconosciuta nel movimento stesso che cerca di estorcerla. Il sesso è costituito il punto cieco di un sapere che, mentre lo riconosce come luogo della verità che ricerca, non può evitare di disconoscerlo nel momento in cui sta per profanare il segreto essenziale alla meccanica del dispositivo: come scrive Foucault, “non voler riconoscere è ancor una peripezia della volontà di verità”689.

687 Ivi, p. 47. 688 Ivi, pp. 35-36. 689 Ivi, p. 51.

All’interno di quella articolata formazione che Foucault chiama il “dispositivo di sessualità”, in cui si intrecciano, si attraversano e si rafforzano vicendevolmente meccanismi di potere e una multiforme trasposizione discorsiva incitata da un’accanita volontà di sapere – si è “costituito intorno al sesso e a proposito di esso un immenso

strumento per produrre la verità, salvo poi dissimularla all’ultimo momento”690 – viene

sviluppandosi, a partire dal XIX secolo, una autentica scientia sexualis: essa è il risultato – teorico nel suo statuto, storico nella sua genesi e istituzionale nelle strutture che la incorporano e che essa stessa abilita alla veridizione – della congiunzione e dell’innesto della discorsività scientifica con la tecnica di retaggio cristiano della confessione691.

Territorio d’indagine e correlato oggettivo della scientia sexualis è un ambito, quello della sessualità, prodotto dal dispositivo stesso e tale da collocarsi, rispetto all’oggetto del sesso, come la sua condizione di intelligibilità e la sua verità692: ciascuno ha,

o è coinvolto in una sessualità, e in questo senso, in questa misura e per questa ragione ha anche un sesso; sesso a cui siamo legati da una “formidabile petizione di sapere. Petizione duplice, perché siamo costretti a sapere quel che ne è di lui, mentre si ritiene che esso sappia quel che ne è di noi”. Come scrive Foucault:

“[...] gli chiediamo di dire la verità (ma ci riserviamo, poiché è il segreto che sfugge a se stesso, di dire noi stessi la verità infine spiegata, infine decifrata della sua verità); e gli chiediamo di dirci la nostra verità, o piuttosto gli chiediamo di dire la verità profondamente sepolta di questa verità di noi stessi che crediamo di possedere nella coscienza immediata. Gli diciamo la sua verità, interpretando quello che ce ne dice; esso ci dice la nostra portando alla luce quel che le si nasconde”693.

Nella filigrana sfuggente della sessualità, l’Occidente ha creduto di intravedere da almeno tre secoli a questa parte la verità del soggetto, e la chiave di volta della sua conoscenza; come se tutto ciò che fosse possibile sapere dell’uomo e di ogni uomo, o quanto meno l’essenziale, dovesse passare, attraverso la macina fine del discorso, sotto il

690 Ivi, p. 52.

691 “En Occident, la sexualité a été essentiellement l’objet d’un savoir. Ce savoir n’est pas de date récente, ce

n’est ps avec Freud qu’on a commencé à se dire simplement que le secret de l’homme était dans sa sexualité, on l’avait dit avant lui, les psychiatres et les médecins du XIXe siècle et également la pensée chrétienne, la

théologie chrétienne, la pastorale chrétienne l’avaient dit également”. M. Foucault, El poder, una bestia

magnifica (Le pouvoir, une bête magnifique), cit., in Dits et écrits II. 1976-1988, cit., p. 381.

692 “Attraverso questo dispositivo qualcosa come la «sessualità» ha potuto apparire come la verità del sesso e

dei suoi piaceri”. M. Foucault, La volontà di sapere, cit., p. 63.

segno di un sesso che sarebbe a un tempo “significato generale, segreto universale, causa

onnipotente, paura che non passa mai”694.

A questo punto l’interrogazione di Foucault ricalca fedelmente i passi tracciati da Nietzsche e si avventura in una direzione maestra per la genealogia: “Bisogna” scrive Foucault “fare la storia di questa volontà di verità, di questa petizione di sapere che ormai da tanti secoli lascia intravedere il sesso”695 al limite estremo del gesto che lo ricerca, come

un sole che investe colui che cerca di raggiungerlo, ma in se stesso si ritrae in un’oscurità che coincide con la pura luce: visione che si sopprime e s’annulla ad un passo dall’apoteosi dello sguardo.

Per compiere questo lavoro, storico e critico assieme, è necessario affrontare la questione del potere nella misura in cui le sue linee di forza, “retificando” quelle del sapere, determinano il ruolo strategico che la sessualità viene a giocare all’interno del dispositivo in cui è presa; se la sua realtà repressa non è un’evidenza storica, con questo viene anche a cadere la rappresentazione del potere che è presupposta a questa ipotesi repressiva. Da un altro punto di vista, si può dire che, a monte di uno studio prolungato sui rapporti che legano meccanismi di potere con istanze di sapere, Foucault giunge in questo testo – con due notevoli anticipazioni riscontrabili in Sorvegliare e punire e nel corso “Bisogna difendere la società” – a mettere alla prova una nuova ipotesi sulla natura propria del fenomeno del potere, che metta in luce – contro l’ormai inadeguata concezione giuridica cui non si cessa di far riferimento – le modalità effettive del suo esercizio, la sua intrinseca produttività e i suoi effetti di verità. In altre parole, Foucault elegge l’ambito (molto recente e assai poco naturale) della sessualità a territorio su cui mostrare la validità della sua ipotesi, che intende verificare attraverso i testi successivi; e viceversa, a partire da un’analisi storica che smentisce la repressione come condizione essenziale della sessualità, si tratta di muoversi verso una differente rappresentazione del potere. Nelle parole di Foucault:

“Riconosco volentieri che il progetto di questa storia della sessualità, o piuttosto di questa serie di studi che si riferiscono ai rapporti storici fra il potere e il discorso sul sesso, è circolare, nel senso che di tratta di due tentativi che rinviano l’uno all’altro. […] Dandosi, dunque, un’altra teoria del potere, si tratta di formare contemporaneamente una altra griglia d’interpretazione storica; e, guardando da vicino un insieme di materiali storici, di avanzare a poco a poco

694 Ivi, p. 64. 695 Ivi, p. 71.

verso un’altra concezione del potere. Pensare ad un tempo il sesso senza la legge ed il potere senza il re”696.

L’analitica del potere che Foucault elabora per questa sua indagine, e che lo conduce a rifiutare la concezione giuridica del potere a favore di una rappresentazione che renda conto delle tecnologie positive che organizzano il suo funzionamento, è descritta dettagliatamente nella prossima sezione, dove è presentata attraverso le principali fasi della sua elaborazione. È in questo momento importante sottolineare che uno dei caratteri fondamentali della meccanica del potere moderno è costituita dal suo esercitarsi attraverso “grandi strategie anonime, quasi mute, che coordinano tattiche loquaci”, nelle quali è in gioco molto più del divieto e dell’interdetto:

“Di cosa si tratta in queste strategie? Di una lotta contro la sessualità, o di uno sforzo per prenderne il controllo? […] In realtà, si tratta piuttosto della produzione stessa della sessualità. Questa non deve essere considerata come una specie di dato naturale che il potere cercherebbe di domare, o come un campo oscuro che il sapere tenterebbe, a poco a poco, di svelare. È il nome che si può dare a un dispositivo storico: non una realtà sottostante sulla quale sarebbe difficile esercitare una presa difficile, ma una grande trama di superficie dove la stimolazione dei corpi, l’intensificazione dei piaceri, l’incitazione al discorso, la formazione di conoscenze, il rafforzamento dei controlli e delle resistenze si legano gli uni con gli altri sulla base di alcune grandi strategie di sapere e di potere”697.

La sessualità si innesta sul precedente dispositivo che Foucault chiama “d’alleanza” e vi penetra in maniera complessa, insieme trasformandolo ed esautorandolo progressivamente, ma continuando a legittimarsi tuttavia sulle base delle sue logiche. Laddove il dispositivo di alleanza aveva regolato le relazioni sessuali in vista di “un’omeostasi del corpo sociale”, ottenuta e riflessa nello strumento del diritto, ed esercitata nel fulcro del nucleo familiare, il più recente dispositivo di sessualità trova la sua ragion d’essere in una nuova valorizzazione del corpo che si traduce nell’azione complessa “di proliferare, d’innovare, di annettere, d’inventare, di penetrare i corpi in modo sempre

più minuzioso e di controllare le popolazioni in modo sempre più globale”698. All’interno

del nuovo dispositivo, la famiglia non è più il baluardo di una moralità che “esclude la sessualità o almeno la tiene a freno, l’attenua per quanto possibile e ne prende solo le

696 Ivi, pp. 80-81. 697 Ivi, p. 94. 698 Ivi, p. 95.

funzioni utili”699; ne è anzi un catalizzatore che, lungi dal costituire a un tempo il limite

dell’illecito e il principio della normalità del sesso, è piuttosto “il cristallo nel dispositivo di sessualità: sembra diffondere una sessualità, che in realtà riflette e diffrange. Con la sua penetrabilità e con questo gioco di richiami verso l’esterno è per questo dispositivo uno degli elementi tattici più preziosi”700.

È possibile, a questo punto, cercare di intravedere le motivazioni che hanno potuto condurre Foucault ad una scelta di campo – quella del sesso e della sessualità – che non è casuale, né ovviamente arbitraria. Malgrado Foucault dichiari che non sia da motivarsi “in

ragione di qualche proprietà naturale inerente al sesso”701 che valga da sola a giustificarne

l’adozione, la scelta foucaultiana esibisce le sue ragioni laddove l’autore lascia intendere la