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Genealogia ed « événementialisation »

3. La genealogia in Michel Foucault

3.2. Le ricerche genealogiche sul potere

3.2.1. Genealogia ed « événementialisation »

Sarà proprio questa presunta “«evidenza» della prigione da cui ci distacchiamo a

fatica”669 (dal momento che essa gode di quel “doppio fondamento – giuridico-economico

da una parte, tecnico-disciplinare dall’altra” che la fa apparire “come la forma più

immediata e civilizzata di tutte le pene”670) che la genealogia foucaultiana si propone di

eliminare, in primis in via di ipotesi preliminare e in seguito come risultato della propria analisi. Nel corso di un intervento sulle prigioni, Foucault definirà così il suo lavoro:

“Dans ce travail sur les prisons, comme dans d’autres, la cible, le point d’attaque de l’analyse, c’étaient non pas des «institutions», non pas des «théories» ou une «idéologie», mais des «pratiques» – et cela pur saisir les conditions qui à un moment donné les rendent acceptables: l’hypothèse étant que les types de pratiques […] ont jusqu’à un certain point leur régularité propre, leur logique, leur stratégie leur évidence, leur «raison». […] J’ai donc voulu faire l’histoire non pas de l’institution prison, mais de la «pratique d’emprisonement». En montrer l’origine, plus exactement, montrer comment cette manière de faire, fort ancienne bien sûr, a pu être acceptée à un moment comme pièce principale dans le système pénal. Au point d’apparaître comme une pièce toute naturelle, évidente, indispensable. Il s’agit d’en secouer la fausse évidence, d’en montrer la précarité, d’en faire apparaître non pas l’arbitraire, mais le complexe liaison avec des processus historique multiples et, pour beaucoup d’entre eux, récents”671.

Poco più avanti Foucault definisce il complesso di questo suo tentativo riassumendolo sotto il nome di quello che sarà un concetto-progetto molto importante nella sua ricerca, soprattutto per determinare il tipo di legame che la genealogia intrattiene con la storia, suo terreno d’indagine privilegiato:

“J’essaie de travailler dans le sens d’une «événementialisation». […] je me demande si, comprise d’une certaine façon, l’événementialisation n’est pas une

669 Ivi, p. 252. 670 Ivi, p. 253.

procédure d’analyse utile. Que faut-il entendre par événementialisation? Une rupture d’évidence, d’abord. Là où on serait tenté de se référer à une constante historique ou à un trait anthropologique immédiat, ou encore à une évidence s’imposant de la même façon à tous, il s’agit de faire surgir une «singularité». Montre que ce n’était pas «si nécessaire que ça» [...]. Rupture des évidences, ces évidence sur lesquelles s’appuient notre savoir, nos consentements, nos pratiques. Telle est la première fonction théorico-politique de ce que j’appellerais l’événementialisation”672.

La storia come «événementialisation» appare dunque offrire una chiave per la comprensione della storia per come la genealogia porta a concepirla. Come si nota nel testo, Foucault non si affida senza riserve ad essa, immediatamente e in modo incondizionato, ma la mette alla prova, la fa giocare, la adopera sfruttandone le peculiarità come fecondo procedimento d’analisi. L’événementialisation possiede, prima ancora che un valore esplicativo, una valenza euristica; è questo a costituire il vero interesse di Foucault nei suoi confronti. Il carattere fondamentale dell’événementialisation è il suo effetto di “rottura di evidenza”, determinato dal sorgere di quella che Foucault chiama una singolarità, qualcosa che “non era poi così necessario”. Ciò non significa assolutamente, come infatti specifica Foucault, introdurre l’arbitrio o il caso, come situazione di equivalente compossibilità di qualsiasi fenomeno, ma identifica un processo che si compone di due momenti distinti eppure legati tra loro. Da un lato, quando Foucault dice che “non era poi così necessario” utilizza quest’ultimo termine in un’accezione non specifica, col significato che l’accadere di un evento determinato non deve essere inteso pregiudizialmente come scontato, ovvio, naturale e generalizzabile ad altre situazioni. Ciascuna possiede infatti una propria specificità che fonda la singolarità dell’avvenimento, il suo tratto di contingenza, concetto quest’ultimo che è però necessario specificare: infatti solo il concorso di molteplici processi e condizioni di possibilità ha potuto portare all’emergere di quel fenomeno specifico, che è perciò dotato di una sua necessità.

D’altra parte esso non era affatto “così necessario”, poiché avrebbe potuto non presentarsi (in mancanza di quelle sue condizioni che ne costituiscono la matrice d’esistenza senza per questo esserne la causa). Ma date quelle premesse, poteva darsi quella singolarità e non avrebbero potuto darsene altre; come scrive altrove: “non ogni cosa può essere detta in ogni tempo”. L’insieme eteromorfo dei processi che costituiscono

672 Ivi, p. 842. Si veda anche, a questo proposito, l’intervento tenuto da Foucault una settimana più tardi (27

maggio 1978) presso la Société Française de Philosophie riunita alla Sorbona, pubblicato con il titolo Qu’est-

ce que la critique? (Critique et Aufklärung). M. Foucault, Illuminismo e critica, a cura di P. Napoli, Donzelli,

un evento non lo determina con la necessità che la fisica riconosce alla causalità vigente tra suoi fenomeni; dispone piuttosto la radura, organizza il campo della sua emergenza (Entstehungherd) come orizzonte aperto, e tuttavia non illimitato, ma già conformato e contrassegnato, polarizzato e non «neutrale». L’evento dipende dalle sue condizioni d’esistenza e possibilità che sono in questo senso necessarie rispetto ad esso. Tuttavia l’evento non è l’esito predeterminato di un processo causale, ma il frutto contingente e singolare di una dinamica delle forze. La sua contingenza è ciò che consente di definirlo una singolarità. La condizione di possibilità instaura e delimita il campo di emergenza di ciò che rende possibile, senza per questo renderlo necessario o produrlo necessariamente. E tuttavia, una volta che l’evento è accaduto, nel momento in cui è occorso quello scarto quasi indifferente che lo porta all’esistenza a partire dalle sue condizioni, queste acquistano necessità di fronte ad esso, che deve ad esse la sua apparizione.

Attraverso questa spoliazione delle false evidenze avanzate da parte una storia senza «senso storico», la genealogia intende mostrare che “le forze in gioco nella storia

[…] appaiono sempre nel rischio singolare dell’avvenimento”673, che è fatto “risorgere […]

in ciò che può avere d’unico e puntuale”674.

L’ événementialisation tuttavia non esaurisce a questo punto la sua fecondità, che comprende anche, come suo momento successivo e determinate, un procedimento che

Foucault chiama di “démultiplication causale”675. Esso consiste nello scomporre l’evento

secondo i processi molteplici che lo costituiscono e lo attraversano, e concepirlo come il fortuito risultato di una serie di fattori il cui complesso va a costituire quello che Foucault definisce un “«polyèdre d’intelligibilité»”676.

La genealogia fa in questo modo agire, attraverso l’événementialisation, la Herkunft e la Entstehung: la prima è richiamata dal momento che l’unità dell’avvenimento è dissociata e moltiplicata dall’effetto di diffrazione proprio del prisma di demoltiplicazione causale, che scompone, come un reagente chimico, l’evento nei processi che lo costituiscono; la seconda entra in gioco nell’analisi delle condizioni complesse che rendono conto dell’apparizione dell’evento.

673 Ibidem. 674 Ivi, p. 843.

675 M. Foucault, Table ronde du 20 mai 1978, cit., in Dits et écrits II. 1976-1988, cit., p. 842. 676 Ivi, p. 843.

All’interno del progetto che la sorregge, la genealogia sembra tuttavia essere attraversata da due tendenze distinte e discordanti, se non addirittura contrapposte, che minacciano l’integrità e la realizzabilità del compito genealogico stesso.

Da un lato infatti è presente in Nietzsche, come in Foucault, una accentuata tendenza storicizzante, volta a ricondurre ogni fenomeno umano ai suoi inizi bassi, ai suoi modesti e accidentali cominciamenti, alle sue pudendae origines sul terreno di una storia acrimoniosa e brutale. Questo movimento si oppone a quello, inverso, proprio di tanta storiografia superstiziosa pronta a indicare nella purezza adamantina dell’ideale eterno l’origine d’ogni cosa terrena e il luogo incontaminato della sua verità essenziale.

Ma accanto a questa generale prescrizione storicizzante, che sembra dover essere destinata a risolvere ogni fenomeno nelle circostanze della sua apparizione storica, esiste nel pensiero nicciano, ripresa e sviluppata con originalità da Foucault nel concetto-progetto di événementialisation, una seconda direttrice, il cui fulcro è l’insopprimibile singolarità dell’evento, che si mostra recalcitrante rispetto a qualsivoglia suo inserimento in una filosofia della storia o in un sistema di cause che annulli l’eccedenza propria del suo accadimento. Questo motivo troverebbe anche una conferma terminologica nell’utilizzo da parte di Nietzsche, della parola Erfindung contrapposta a Ursprung, termine quest’ultimo che, quando è specificamente connotato, indica per Nietzsche l’origine come è concepita dalla metafisica. Erfindung, che significa «invenzione», rimanda intuitivamente ad un’eccedenza irriducibile di ciò che è stato inventato rispetto all’ordine delle sue sommesse coesistenze storiche. Come si è visto, Foucault, attento in modo particolare al lessico filosofico di Nietzsche, rileva nel corso delle conferenze A verdade e as formas juridicas la presenza di queste opposizioni terminologiche; tuttavia, almeno in quella sede, come anche nel saggio Nietzsche, la genealogia, la storia, in cui nondimeno il riferimento è presente, sembra non cogliere il possibile impasse teorico dato dalla compresenza delle due direttrici, tanto che riunisce i due discordanti aspetti della genealogia senza la dovuta problematizzazione della loro compatibilità.

Si tratta quindi di comprendere adeguatamente cosa Nietzsche abbia in mente nel momento in cui utilizza il termine Erfindung, al di là del suo possibile effetto retorico e provocatorio, e cosa spinga Foucault ad accettarlo senza riserve come elemento cardine della genealogia.

In una concezione metafisica della storia, che “si dà un punto d’appoggio fuori del

tempo [e] pretende di giudicare tutto secondo un’obiettività da apocalisse”677, la singolarità

propri di ogni evento è negata alla radice in quanto l’intera totalità degli avvenimenti è ab initio piegata ad un fine che essi sono chiamati necessariamente a realizzare, e in funzione del quale unicamente esistono e hanno un senso. Nessun conflitto reale, ma soltanto opposizioni apparenti e di superficie sono contemplate all’interno della continuità di una storia che è in cammino verso ciò che è insieme il suo fine, il suo motore e il suo termine. Oscurati dalla sua luce, gli eventi scompaiono eguagliandosi nel grigiore dell’indistinzione: al bagliore del fine, tutte le cose hanno la stessa ombra.

Seguendo invece la wirkliche Historie, per come essa risulta dall’azione morfogenetica della volontà di potenza, si può comprendere quale sia il senso della scelta lessicale e concettuale in questione: il fatto che Nietzsche parli di «invenzione» a proposito di fenomeni o realtà umane complesse come la religione, la morale, la poesia, etc..., non deve indurre la convinzione che egli voglia evidenziare il tenore eccezionale e il carattere miracoloso della loro comparsa; al contrario, la genealogia respinge questo concetto di origine, e mostra la maniera erronea, contraddittoria e fortuita attraverso cui essi hanno fatto il loro sordo ingresso nel mondo. Non fini realizzantisi nelle e nonostante le vicissitudini della storia, ma strabici esiti di dinamiche della volontà di potenza, risultanti di un’algebra indeducibile, frutti innaturali d’uno sviluppo violento e rapinoso. La singolarità degli eventi è quindi preservata e ribadita nel conflitto che presiede la loro apparizione, senza vincolarli ad una teleologia che ne abolirebbe tout court quella differenza specifica che – come scrive Deleuze – costituisce la qualità ed il segno della forza che li abita. Senza il giogo del fine, quel che rimane non è che un arcipelago di eventi dispersi – deriva inarrestabile del senso – irriducibili ad ogni sistematizzazione

causalisitica, che entrano a far parte di quel “polymorphisme croissant”678 che l’analisi

genealogica esige.

Erfindung significa dunque rottura, discontinuità, dispersione, innaturalità, indeducibilità, ma non nel senso di un’eccezionalità ultraterrena o trascendente, ma come il carattere proprio di ciò che costantemente accade, lavorato all’interno da una potenza autosuperantesi dinnanzi alla cui signoria anche lotta, violenza, morte, sono necessari pegni per lo sviluppo vitale.

677 M. Foucault, Nietzsche, la genealogia, la storia, cit., p. 54.

Ogni fenomeno è il risultato di un certo rapporto di forze in perenne conflitto e scaturisce da elementi toto caelo diversi dall’esito che concorrono a realizzare, introducendo, in rottura con ogni velleità continuistica, una discontinuità rispetto alle condizioni, contingenti eppure necessarie, della sua apparizione. Così anche per la prigione.

Sorvegliare e punire si rivela dunque essere un testo fondamentale nella produzione foucaultiana; con esso il suo autore suggella in una elaborazione teorica quelle scoperte che erano state guadagnate durante i corsi al Collège de France, e rilancia verso quella che sarà la Storia della sessualità la sfida ad un problema, quello del potere, che costituirà una direzione fondamentale, se non l’orizzonte definitivo, della sua ricerca negli anni a venire. Il testo della Volontà di sapere, che segue nella pubblicazione di appena un anno quello sulle prigioni, raccoglierà per primo questa complessa eredità, arricchita dal corso “Bisogna difendere la società”, che costituisce – come si è potuto accennare – uno dei migliori laboratori di sperimentazione delle sue ipotesi.