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La citata disposizione, in particolare, attribuisce rilevanza giuridica alle energie, che possono pertanto formare autonomamente oggetto d

diritti

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, qualificandole come beni mobili

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e assoggettando al regime

quello della cessione di beni. Su posizioni contrapposte erano sia la giurisprudenza sia la dottrina prevalente, in particolare F. Carnelutti, il quale, in uno scritto destinato ad influenzare la legislazione successiva (Studi sulle energie come oggetto di rapporti giuridici, in

Riv. Dir. Comm., 1913, I, 354), sostenne la tesi che l’energia elettrica fosse una cosa,

possibile oggetto di godimento esclusivo ed anche di diritto reale in quanto dotata del requisito dell’isolabilità, stante il suo possibile immagazzinamento in appositi accumulatori (R. Pardolesi, Le energie, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 7, Torino, 1982, 26 ss., ed Energia, in Dig. disc. priv., (sez. civ.), Torino 1991, 444). Per una disamina delle problematiche civilistiche nel diverso contesto storico del monopolio, cfr. A.ORICCHIO, La somministrazione di energia elettrica, Milano, 2002, p. 22

ss.; nonché C.SOLINAS, Autonomia privata e eteronomia nel servizio di fornitura di energia

elettrica. Forme e strumenti di regolazione del mercato, in Contratto e impresa, 2010, p. 1378,

nota 23, la quale ne individua quattro e precisamente: «il più risalente, aveva riguardato alla stessa possibilità di configurare l’energia come «cosa», e quindi alla ricostruzione del tipo di contratto di fornitura elettrica; un secondo dibattito riguardava il fenomeno della predisposizione del contenuto del contratto tramite condizioni generali unilateralmente predisposte dall’ENEL; altri temi di dibattito civilistico sono stati quelli dell’obbligo a contrarre del monopolista e dell’esecuzione del contratto».

366 Osserva G.G.GENTILE, voce Energia, VI) Energia elettrica: riforma, in Enc. giur.,

Roma, 2002, p. 1, che «l’energia elettrica impresse immediatamente il suo segno nel dibattito dei giuristi e, poco dopo, nell’opera dei legislatori. Le energie, umane, animali, naturali, che fino a quel momento, erano state fruite (ed avevano formato oggetto di circolazione giuridica) attraverso la fonte generatrice (acquisto del carbone, per ottenere energia termica, acquisto o locazione della bestia da soma, per ottenere energia cinetica, ecc.), vengono ormai a formare oggetto di autonoma considerazione, non essendo verosimile intendere l’energia elettrica come un accessorio della centrale che la produce o del cavo che la trasporta». Cfr. R.PARDOLESI, Le energie, in Trattato di

diritto privato, diretto da P. Rescigno, 7, Torino, 1982, p. 26, secondo il quale «[l]’art.

814 dà inequivoca risposta ad un interrogativo vivacemente dibattuto nel vigore del codice civile del 1865: se, cioè, le energie dovessero considerarsi «beni» e potessero quindi formare oggetto di diritti». In termini generali,

367 La distinzione tra beni immobili e beni mobili, posta nell’art. 812 del codice

civile, risale al diritto romano (cfr. B. BIONDI, voce Cosa mobile ed immobile (Diritto

romano), in Novissimo Digesto italiano, Torino, 1974, p. 1023), dal quale, attraverso il

diritto intermedio (B. BIONDI, voce Cosa mobile ed immobile (Diritto intermedio), in

Novissimo Digesto italiano, Torino, 1974, p. 1024), transita nelle moderne codificazioni.

Com’è stato osservato da C.M.BIANCA, Diritto civile, VI, La proprietà, Milano, 1999, p.

56 s., la distinzione tra cose mobili e immobili trova le proprie radici nella preminente importanza economico-sociale della proprietà fondiaria, evidenziando che nei paesi

industrializzati, dove l’asse del potere economico si è spostato nell’attività imprenditoriale, è largamente avvertita l’esigenza di una rapida ed agevole circolazione giuridica dei beni mobili «in quanto la pronta e semplice alienabilità dei beni di produzione e di consumo condiziona lo svolgimento delle attività economiche e civili». In termini generali, sotto il profilo fisico/naturalistico, la distinzione tra beni immobili e beni mobili si basa sul criterio della fissità ovvero della mobilità delle cose materiali, mentre, dal punto di vista storico, essa trova il proprio fondamento nell’esigenza di riconoscere ed attribuire maggiore rilevanza e particolare considerazione a determinati beni (gli immobili, appunto), ritenuti economicamente e socialmente più importanti di altri in un contesto economico-sociale che traeva le proprie ricchezze soprattutto dallo sfruttamento della terra e dall’attività agricola (cfr. F.DE MARTINO, Beni in generale - Proprietà, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna – Roma, 1976, p. 13, per il quale la distinzione tra beni mobili ed immobili, al pari di tutte le altre distinzioni che riguardano le cose, è ispirata da criteri economico-sociali). Nell’attuale sistema socio-economico, invece, la ricchezza si è progressivamente spostata dalla proprietà fondiaria (c.d. proprietà statica) ai valori mobiliari e all’attività di impresa, esercitata prevalentemente attraverso lo strumento societario (c.d. proprietà dinamica). Sul punto, cfr. S.PUGLIATTI, La proprietà

e le proprietà, in La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1964, p. 271; G.B.FERRI, La formula

«funzione sociale» dalle idee del positivismo giuridico alle scelte del legislatore del 1942, in Riv. dir. priv., 2003, p. 681 ss.; nonché P.PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale

secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, tomo I, 3a ed., Napoli, 2006, p. 66, il quale

correttamente osserva che il codice civile vigente «non è più imperniato sulla proprietà immobiliare e terriera ma pone al centro dell’attenzione l’impresa, l’attività produttiva, la regolamentazione del lavoro, la necessità di organizzare la produzione». Secondo F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, 9a ed., ristampa,

Napoli, 1974, p. 60, la distinzione tra beni produttivi e beni non produttivi si è fatta strada già nel codice civile, come risulta, tra altri, dall’art. 838 (che prevede l’espropriazione per abbandono di gestione di beni produttivi) e dall’art. 2082 ss. (per la rilevanza attribuita all’impresa quale strumento di produzione economica). Nonostante la perdita della sua preminenza, determinata dalla mobilizzazione della ricchezza, la distinzione tra beni immobili e beni mobili risulta, sotto il profilo giuridico, ancora di fondamentale rilevanza prescrittiva, essendo essa funzionale all’individuazione del diverso regime giuridico (di utilizzazione, di circolazione e di tutela) cui la legge assoggetta le due categorie di beni. Allo stato attuale, la diversità di regime giuridico che regola i beni immobili e quelli mobili trova fondamento e giustificazione nell’esigenza di tutelare l’affidamento dei terzi nelle negoziazioni immobiliari, ritenute di interesse generale e, in quanto tali, soggette non solo a vincoli di forma ma anche a un più rigoroso regime di circolazione e di pubblicità. Cfr. sul punto, F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, 15a ed., Napoli, 2011, p. 201; O.T.

SCOZZAFAVA, I beni, in Trattato di diritto civile del Consiglio nazionale del notariato, diretto da P. Perlingieri, Napoli, 2007, p. 40; A.GAMBARO, I beni, in Trattato di diritto civile e

commerciale già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni e cont. da P. Schlesinger,