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nella distribuzione dei prodotti

Antonio Trincheri

Nel campo della distribuzione la produtti-vità progredisce meno che nel campo della produzione essenzialmente per tre motivi:

1) perché si mantiene elevato il numero degli addetti e delle aziende;

2) perché si adottano limitati procedi-menti meccanizzati e automatici;

3) perché aumentano i servizi alla clien-tela.

Sia l'industria che il commercio hanno inte-resse a veder superati quegli ostacoli che ancor oggi si frappongono allo sviluppo delle loro attività. I grandi ostacoli della distribuzione sono principalmente q u a t t r o : l'incertezza, i costi di distribuzione, l'inadeguatezza dei canali, l'in-sufficiente conoscenza del consumatore.

L'incertezza riguarda una molteplicità di elementi: l'azione della concorrenza, l'anda-mento della congiuntura, la politica economica, le modificazioni dei consumi, ecc. Si cerca di diminuire l'incertezza con la conoscenza più approfondita dei fenomeni economico-sociali, con la previsione e con la programmazione. L'incertezza è in gran parte ineliminabile, ma d'altra parte, insieme all'efficienza, è una delle giustificazioni per l'esistenza delle libere im-prese e dei relativi profitti.

I costi di distribuzione.

I costi di distribuzione sono alti in senso assoluto come risulta considerando la diffe-renza tra il prezzo dei prodotti alla produzione e il prezzo degli stessi prodotti nella vendita al consumatore; ma i costi di distribuzione sono giustificati in senso relativo se si considerano i costi dei trasporti e del magazzinaggio, il calo del peso, gli scarti, l'imballaggio, le imposte sui consumi e le spese di esercizio. C'è una obiettiva realtà nei costi di distribuzione, per cui non si p u ò sostenere che i prezzi al minuto sono alti perché i commercianti vogliono te-nerli alti.

È soprattutto preoccupante il f a t t o che i costi di distribuzione tendono ad aumentare. Come si spiega questo fenomeno ? I costi di distribuzione aumentano essenzialmente per le spinte al consumo d'origine inflazionistica e per le accresciute esigenze dei consumatori (mag-giori assortimenti, consegne a domicilio, vastità di locali, ecc.).

È assai difficile ridurre i costi di distribu-zione; joerò qualche risultato si può ottenere anzitutto con le economie gestionali (princi-palmente la minimizzazione delle scorte perma-nenti insieme con la velocità di rotazione) da perseguire con la necessaria costanza.

Inoltre anche in campo commerciale, come già avviene in quello dell'industria, deve re-gnare lo spirito di innovazione inteso come ricerca ed attuazione dei modi per ridurre i costi di distribuzione; ad esempio occorre veri-ficare se determinati magazzini periferici non siano utilmente sostituibili con più rapidi mezzi di trasporto che colleghino i magazzini centrali con i punti di vendita. La riduzione dei costi di distribuzione richiede (oltre a modifiche del sistema tributario) di non accettare troppo a lungo u n a s t r u t t u r a organizzativa sebbene la stessa in passato abbia costituito l'ottimo pos-sibile.

Inadeguatezza dei canali.

Il canale di distribuzione di un prodotto è f o r m a t o dalla serie di imprese che si occupano di trasferire la disponibilità del prodotto stesso dai produttori ai consumatori nel tempo, nel luogo, nelle q u a n t i t à e nelle qualità desi-derate.

L'inadeguatezza dei canali, espressa soprat-t u soprat-t soprat-t o dalle crisoprat-tiche che giungono dall'essoprat-terno (giornali, uomini politici), viene molto esaga-r a t a ; peesaga-rò anche da p a esaga-r t e degli opeesaga-ratoesaga-ri eco-nomici, sia industriali che commerciali, si ma-nifestano sovente delle insoddisfazioni riguardo

alla struttura ed al funzionamento di t u t t o ciò che riguarda la distribuzione dei prodotti.

Occorre ricordare che ai canali di distribu-zione si richiedono sempre più sforzi quantita-tivi e qualitaquantita-tivi non indifferenti, soprattutto di carattere innovativo in relazione a nuovi jarodotti, a nuove abitudini di vita dei consu-matori e quindi a nuovi servizi di vendita.

Uno strumento che dovrebbe essere deci-sivo per stabilire l'adeguatezza o meno dei canali di distribuzione è il cosi detto metodo del market-flow e cioè del flusso di mercato; questo metodo consiste nel considerare i per-corsi seguiti dalle merci, rilevando i costi delle varie operazioni e fasi distributive, come se si buttasse un pezzo di legno in u n fiume e poi se ne seguisse il percorso per vedere la via che segue e dove si ferma.

Accorciamento dei canali di distribuzione. Due risultano le necessità fondamentali ri-guardo ai canali di distribuzione:

1) accorciare questi canali per meglio esercitare un'influenza sul mercato di sbocco e per ridurre le operazioni di compra-vendita e t u t t e quelle inerenti alle negoziazioni;

2) allargare questi canali nella loro por-t a por-t a per rendere più ingenpor-te l'afflusso ed il deflusso dei prodotti.

L'accorciamento dei canali avviene me-diante le forme d'integrazione e di collabora-zione tra l'industria e il commercio. L'accorcia-mento massimo della distribuzione si ottiene con la vendita diretta al pubblico da parte dei produttori. Ciò viene t e n t a t o dall'impresa industriale soltanto se ritiene clic questa costi-tuisca l'unica via per aumentare le vendite. In generale la vendita diretta da parte del-l'industria al consumatore non ha portato a prezzi inferiori nella fase del consumo rispetto ai prodotti che giungono al consumo tramite l'intermediazione commerciale.

La vendita diretta al consumo mediante propria organizzazione di vendita è in linea generale fuori della convenienza economica del-l'industria per i seguenti motivi:

a) aggravio di costi certi;

b) difficoltà di proprii assortimenti com-pleti di vendita;

e) mancanza di personale specializzato con doti commerciali.

Riforma del commercio.

L'eccezione a questa regola può essere valida per prodotti di alto valore. Anche le vendite

per corrispondenza sono per lo più effettuate da imprese commerciali.

Allargare i canali della distribuzione signi-fica rendere più consistenti le dimensioni e le attività delle imprese commerciali; invece in Italia si è verificato il fenomeno opposto della polverizzazione. I negozi in Italia sono passati da 500.000 nel^ 1951 a 720.000 nel 1962 e a circa 900.000 attualmente; si ha cosi un nego-zio ogni 61 abitanti, mentre negli altri paesi la proporzione è molto più alta (120 in Francia, 134 in Germania), senza contare il più elevato reddito pro-capite.

La polverizzazione del commercio è dannosa, non solo per i consumatori che pagano più alti costi di distribuzione, ma è anche negativa per la produzione in quanto implica un eccessivo spezzettamento di consegne e di giacenze, come pure l'impiego di un esercito di viaggiatori e di piazzisti.

Nel commercio occorre evitare sia la pol-verizzazione che la staticità. L'ingresso di nuove imprese commerciali costituisce una forza dina-mica della distribuzione. I n f a t t i l'operatore che apre un negozio cerca di distinguersi e di atti-rare la clientela mediante i prezzi, i servizi e l'assortimento, mentre avviene sovente che le imprese commerciali già affermate tendono ad un minore dinamismo. T a n t o meglio se il rinnovamento dei ceti commerciali porta degli operatori professionalmente preparati e finan-ziariamente dotati.

La riforma del commercio ora in fase di prima attuazione, si presenta logica in quanto regola le aperture dei negozi in relazione allo sviluppo urbano ed alla capacità professionale dell'operatore commerciale. Per l'irrobustimento dei canali di distribuzione si devono aggiungere delle sensibili facilitazioni creditizie per le im-prese commerciali che aumentano le loro dimen-sioni e l'esenzione dalle imposte sugli scambi per i passaggi delle merci all'interno dei gruppi e delle catene.

Insufficiente conoscenza del consumatore. P u n t o di partenza e di arrivo della stra-tegia distributiva è il consumatore che è un personaggio mai abbastanza conosciuto. Il con-sumatore può essere paragonato ad un bersa-glio mobile, non t a n t o sotto l'aspetto macro-economico q u a n t o dal p u n t o di vista micro-economico. I n f a t t i nel totale dei consumi pri-vati non si hanno forti spostamenti da un anno all'altro (pur nella tendenza all'ampliamento nel lungo periodo), se si escludono i tempi di forti inflazioni o di crisi profonde. Il consuma-tore è un bersaglio mobile perché si sposta da un

fornitore all'altro e perché è soggetto a varia-zioni di c o ni p o r t a me rito.

La raccolta di dati, di notizie, di informa-zioni non è solo un'esigenza iniziale, cioè al m o m e n t o in cui inizia la formulazione della strategia commerciale, ma risulta una neces-sità in vista di un tempestivo adeguamento alle mutevoli situazioni. Giustamente i fran-cesi parlano di tableau de borei, cioè di un quadro di dati, continuamente aggiornato che serve di orientamento nelle decisioni d'impresa.

Il consumatore non può essere considerato soltanto come u n dato statistico, ma va pure conosciuto quale persona, al fine di a d a t t a r e l'offerta ai suoi bisogni e di ricercare anche le eventuali possibilità di influire su di lui me-diante la pubblicità e le azioni promozionali.

Conoscere il consumatore significa sapere cosa effettivamente fa in ordine agli acquisti e scoprire i motivi del suo c o m p o r t a m e n t o . Ecco quindi il sondaggio delle opinioni che costituisce un indispensabile mezzo di orientamento, ma che ha un valore soltanto relativo in q u a n t o

il comportamento effettivo del consumatore nel momento successivo, può discostarsi da q u a n t o aveva dichiarato, anche supposto che avesse dichiarato il vero e ne fosse ben consapevole. Molto più p r o b a n t e è l'osservazione diretta, a t t u a t a secondo le possibilità e le circostanze; ecco quindi i tests di prodotti, gli esperimenti controllati, i mercati di prova per individuare con più sicurezza le reazioni dei consumatori. Mentre i sociologhi sostengono che il con-sumatore è p r o f o n d a m e n t e condizionato e ma-gari dominato dalla pubblicità, i responsabili delle imprese sono t u t t ' a l t r o che convinti che il consumatore sia cosi docile ai loro comandi o sia facile oggetto di persuasione; anzi il consumatore viene considerato, almeno in par-tenza, pienamente autonomo nelle sue scelte. E f f e t t i v a m e n t e il successo durevole nella ven-dita dei prodotti non è solamente dovuto alle influenze esterne, ma alla rispondenza dei pro-dotti ai bisogni dei consumatori; anche in questo campo è decisiva la collaborazione t r a l'industria e il commercio.