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Ditti Cretese

Nel documento Ermione dalla tragedia greca a Rossini (pagine 176-188)

Ditti e il Medioevo

6.1. Ditti Cretese

Nell’epoca tardo–antica e medievale il testo che segna in modo decisivo la ricezione del mito di Ermione è l’Ἐφηµερίς τοῦ Τρωικοῦ πολέµου1 di Ditti Cretese2. Ci sono giunti alcuni

frammenti papiracei della versione greca; è giunta invece fino a noi una versione latina, probabilmente del IV sec. d.C., dal tito- lo Ephemeris belli Troiani, tradotta, secondo l’Epistula praefa-

toria, da un certo Lucio Settimio. L’Epistula e il Prologus della

versione latina dichiarano che Ditti era un soldato cretese che combattè durante la guerra di Troia, redigendone un racconto in lettere fenicie. Sempre secondo l’Epistula e il Prologus il rac- conto di Ditti sarebbe stato originariamente inciso su tavolette di legno che furono sepolte con lui a Cnosso e ritrovate soltanto all’epoca di Nerone. Lucio Settimio, nell’Epistula, si presenta come autore della versione latina, derivata dalla versione greca del testo di Ditti. Ditti sfida così apertamente l’epica omerica: il racconto di Ditti, testimone oculare della guerra, e non quello di Omero, è veritiero. In realtà, l’esistenza di questo testo fenicio è fittizia: la cornice ideata da Ditti ha solo la funzione di suppor- tare la sua pretesa di anteriorità rispetto ai poemi omerici3.

1 «Diario della guerra di Troia».

2 Per un’introduzione alla figura di Ditti e alle problematiche connesse alla sua ope-

ra si rinvia a Gainsford 2012; Ní Mheallaigh 2008, 2012, 2013; Guidetti 2015; Zanusso 2015. L’opera di Ditti è spesso analizzata insieme a quella di Darete Frigio, autore del De excidio Troiae historia: cfr. e.g. Bruni 1996; Bessi 2005; Prosperi 2013.

3 «The Journal contests the cultural supremacy of the Homeric poems by offering a

Il sesto libro dell’Ἐφηµερίς è dedicato ai nostoi degli eroi greci dopo la guerra, tra i quali è incluso Neottolemo: Ditti trat- ta dell’intricato triangolo Neottolemo–Ermione–Oreste, affer- mando che Menelao aveva promesso in sposa la figlia a Oreste come segno di riconciliazione al termine di un conflitto sorto tra loro dopo l’assassinio di Clitemestra4. Al contrario, in Ditti Menelao non sembra avere parte alcuna nel matrimonio di Neottolemo con Ermione, che viene menzionato brevemente come un fatto noto5.

Ditti si sofferma nel descrivere il viaggio di Neottolemo a Delfi, fornendo però una ragione diversa da quella del (secon- do) viaggio a Delfi che egli compie nell’Andromaca: se nell’Andromaca Neottolemo si recava presso l’oracolo del dio per scusarsi di un primo viaggio in cui aveva chiesto ad Apollo di pagare il fio per la morte di Achille, in Ditti Neottolemo va a Delfi per ringraziare il dio del fatto che proprio la morte di Achille sia stata vendicata con quella di Paride (6.12)6. Come

nell’Andromaca di Euripide, durante l’assenza di Neottolemo Ermione, gelosa di Andromaca, chiede a Menelao di ucciderla, ma la schiava troiana viene salvata dal popolo7:

Sed Hermione post ascessum viri victa dolore animi neque pelicatum captivae patiens parentem suum Menelaum accitum mittit; cui multa conquesta super iniuria prelatae sibi a viro captivae mulieris persuadet, uti filium Hectoris necet. Ceterum Andromacha re cognita instantis periculi

poems, as well as offering quantitatively more information than both the poems togeth- er. It is a hyperreal, mimetic text which competes to be ‘better than the real thing’. At the same time, by colluding with the reader about its own fictionality […] it stimulates the reader to appreciate the skill with which its hyperreal fantasy of authenticity has been contrived» (Ní Mheallaigh 2013: 206). Peraltro, Ditti non è l’unico autore che, nel contesto della seconda sofistica, abbia elaborato un simile artificio: per altri esempi di pseudo–documentarism si rinvia a Ní Mheallaigh 2008.

4 Dict. 6.4: Ibi Menelaus, sicuti convenerat, Hermionam in matrimonium Oresti de-

spondit («Allora Menelao, come si era deciso, promise in sposa Ermione a Oreste»).

5 Dict. 6.10: Haec [sc. le vicende di Neottolemo dopo la guerra di Troia] ego cunc-

ta a Neoptolemo cognita mihi memoriae mandavi, accitus ab eo, qua tempestate Her- mionem Menelai in matrimonium susceperat («Io ho salvato nella mia memoria tutte queste cose sapute da Neottolemo, chiamato da lui nel momento in cui prese in moglie Ermione figlia di Menelao»).

6 Nel racconto di Ditti Paride viene ucciso in duello da Filottete (4.19). 7 Anziché, come in Euripide, da Peleo.

VI. Ditti e il Medioevo 183 vim subterfugit auxilio popularium liberata; qui miserati fortunas eius ultro Menelaum contumelis prosecuti vix a pernicie viri retenti sunt (Dict. 6.12 ed. Eisenhut 1994).

Ma Ermione, dopo la partenza del marito, vinta da un dolore dell’animo, non sopportando il concubinato con la schiava prigioniera [sc. Andromaca], manda a chiamare suo padre Menelao; lamentatasi molto con lui per l’offesa consistente nel fatto che suo marito preferi- va a lei una donna di condizione servile, lo convince a uccidere il fi- glio di Ettore: venuta a sapere del complotto, Andromaca si sottrae alla violenza dell’immediato pericolo, liberata dall’aiuto del popolo che, compatendo le sue disgrazie, di sua iniziativa perseguitò con in- sulti Menelao, e fu a mala pena trattenuto dall’ucciderlo.

Si noti che, diversamente dall’Andromaca di Euripide, Ditti sottolinea semplicemente la preferenza da parte di Neottolemo verso Andromaca rispetto a Ermione, mentre omette completa- mente il problema della sterilità di Ermione e le accuse in pro- posito da lei rivolte contro Andromaca. Inoltre, in Ditti Andromaca non ha ancora avuto un figlio da Neottolemo, ma ha con sé il figlio avuto da Ettore (Laodamante).

Il racconto di Ditti prosegue poi con Oreste che, analoga- mente a quanto accade nell’Andromaca di Euripide, dolendosi della sottrazione di Ermione da parte di Neottolemo8, ordisce

un piano vendicativo contro di lui e chiede a Menelao di parte- ciparvi, ottenendo però un rifiuto. Oreste si reca quindi da solo a Delfi a cercare Neottolemo e, al suo ritorno, si diffonde la vo- ce che abbia ucciso Neottolemo. Tuttavia, Ditti non sembra supportare particolarmente la fama sull’assassinio di Neottole- mo compiuto da Oreste9. Anche Ditti prevede un lieto fine tra

8 Dict. 6.13: Ipse [sc. Orestes] dolens praereptum sibi a Neoptolemo Hermionae

matrimonium, insidias advenienti parare occipit («Quello, dolendosi del matrimonio con Ermione sottrattogli da Neottolemo, iniziò a preparare un agguato contro lui che fa- ceva ritorno»).

9 Anzi, nel prosieguo del racconto (6.13: Quare coactus Orestes ipse ad inquisitio-

nem viri [sc. Neoptolemi] profectus alio quam ierat die remeat, ut sermo hominum fere- bat, negotio perfecto. Dein post paucos dies fama perfertur, interisse Neoptolemum: eumque sermone omnium circumventum insidiis Orestis, per populum disseminatur («Perciò Oreste stesso, costretto ad andare in cerca dell’uomo, ritorna in un giorno di- verso da quello in cui era partito, secondo quanto diceva la voce della gente, dopo aver completato il compito. Poi pochi giorni dopo si diffonde la voce che Neottolemo era andato incontro alla morte: tra il popolo si dice che, a detta di tutti, egli [Neottolemo]

Oreste ed Ermione: dopo la morte di Neottolemo, Oreste prende la cugina con sé e la porta nel suo regno a Micene10. Diversa- mente dall’Andromaca di Euripide, invece, il racconto dell’episodio in Ditti si conclude con la specificazione che alla morte di Neottolemo Andromaca viene inviata da Teti nella ter- ra dei Molossi, incinta di un figlio da parte sua, e non avendolo già dato alla luce (6.14).

La trattazione del mito di Neottolemo–Ermione–Oreste si presenta quindi come una sorta di collage di dati tradizionali e innovativi: da una parte sembrerebbe che Ditti si riferisca alla vicenda dell’Andromaca di Euripide, dall’altra le modifiche (e.g. le ragioni alla base del viaggio di Neottolemo a Delfi) e le innovazioni alle sue componenti sono numerose (e.g. la richie- sta di aiuto a Menelao da parte di Oreste; l’esistenza di Laoda- mante, figlio di Andromaca ed Ettore). È possibile che Ditti fosse a conoscenza di varianti del mito per noi andate perdute: nondimeno, coerentemente con la propria “finzione autoptica”, Ditti tace circa le proprie fonti, affermando addirittura di aver saputo da Neottolemo in persona il fatto che Ermione fosse sta- ta precedentemente promessa in matrimonio a Oreste. In ogni caso, egli non sembra essersi rifatto all’ottava eroide di Ovidio, né ad autori latini (e.g. Virgilio e Igino) in cui si è visto come Oreste sia l’assassino di Neottolemo. Il modello cui Ditti decise di ispirarsi principalmente è l’Andromaca euripidea: come mi ha fatto notare Luigi Battezzato, proprio nel racconto del delitto di Neottolemo sembra essere insita una prova della conoscenza di Ditti dell’Andromaca11. Specificando infatti che Oreste andò

e tornò da Delfi in un giorno diverso da quello in cui era partito (6.13: Orestes ipse ad inquisitionem viri [sc. Neoptolemi] pro-

fectus alio quam ierat die remeat […]), l’autore — come gli

fosse stato preda dell’agguato di Oreste»), Ditti fornisce per Oreste un vero e proprio alibi: cfr. Battezzato, Mariani c.d.s.

10 Cfr. Dict. 6.13: Ita iuvenis [sc. Orestes], ubi de Pyrrho palam est, recepta Her-

mione, quae sibi antea desponsa erat, Mycenas discedit («Così il giovane, non appena si sa della morte di Pirro, ripresa con sé Ermione, che gli era stata data in sposa in pre- cedenza, parte per Micene»).

VI. Ditti e il Medioevo 185 interpreti moderni del dramma euripideo — sembra essersi po- sto il problema delle tempistiche con cui si svolgono gli eventi e gli spostamenti di Oreste tra Delfi e il regno di Neottolemo12.

Nella narrazione di Ditti Ermione svolge un ruolo minorita- rio: l’autore non appare interessato ad approfondire le ragioni del suo «dolore», se non per dire che Ermione considerava un affronto il fatto che il marito avesse preso come concubina una schiava. Lo scontro tra Ermione e Andromaca e il ricongiungi- mento finale tra Ermione e Oreste sembrano essere presentati semplicemente a completamento delle vicende riguardanti Neottolemo e, pur essendo tratteggiati in maniera rapida, non si discostano dagli elementi narrativi dell’Andromaca di Euripide. 6.2. Il Medioevo

Durante il Medioevo spiccano tre autori che riprendono — tra- mite il filtro di Ditti — le vicende mitiche dell’Andromaca di Euripide: Benoît de Sainte–Maure, nel Roman de Troie (1165 ca); Guido delle Colonne, nell’Historia destructionis Troiae (1272–1287); John Lydgate of Bury, nel Troy Book (1412– 1420). Il testo di Lydgate è una versione amplificata di quella di Guido, che a sua volta si configura come la versione ridotta in latino dell’opera di Benoît (Chong–Gossard 2015: 147). Il rac- conto di Benoît si ispira chiaramente al poema di Ditti13, come

l’autore stesso esplicita nel prologo del proprio poema (vv. 648–649, ed. Constans 1904: 34).

In queste opere la figura di Ermione non viene molto appro- fondita né le vicende che la vedono protagonista particolarmen- te modificate rispetto a Ditti: dopo essere stata sposata con

12 La stessa problematica è deducibile da Dict. 6.13. Per un’analisi più approfondita

di tutta la questione si veda Battezzato, Mariani c.d.s.

13 Per Benoît le due opere di Ditti e Darete Frigio costituivano la versione vera e

sostanzialmente unica della vicenda troiana, «nella quale il solo problema consisteva nel prender posizione nei punti in cui Darete e Ditti discordavano (e Benoit propende in più casi a sommare anziché a scegliere)» (Bruni 1996: 783). Al contrario, Guido delle Colonne metterà in rilievo le convergenze di Darete e Ditti (Bruni 1996: 783).

Oreste (non semplicemente promessa in sposa o fidanzata), vie- ne rapita con la forza da Pirro, innamorato di lei. Nondimeno, Andromaca prende presto il suo posto nel cuore di Pirro, per cui Ermione decide di vendicarsi della schiava e difendere la pro- pria posizione esclusiva di regina.

Il romanzo di Benoît dedica un’ampia sezione (vv. 29.595– 29.814, ed. Constans 1908: 349–361)14 alla storia del conflitto

tra Ermione e Andromaca e all’assassinio di Neottolemo (sem- pre chiamato con il nome Pirro), ucciso in questo caso da Ore- ste manu propria.

Benoît descrive in primis le nozze tra Ermione e Oreste, che avvengono per volere di Menelao come segno di riconciliazione tra lui e il nipote dopo l’assassinio di Agamennone (28.533– 28.548)15. Dopo una sezione dedicata alle avventure di Ulisse e

allo scontro di Pirro contro il re Acasto, Benoît racconta che una notte Pirro, «da ladro» (29.596: a larron), si impadronisce di Ermione, sposa di Oreste, e la conduce insieme con sé nel suo paese, per poi sposarla. Considerata la mancanza in Ditti di questo rapimento, è possibile che Benoît si sia rifatto in questo caso al racconto di Virgilio, ove Ermione viene sottratta a Ore- ste16. Distaccandosi significativamente da Ditti — e quindi an-

che da Euripide —, Benoît specifica poi che Pirro amò molto Ermione e la rispettò. Tuttavia, l’autore non fornisce alcuna ra- gione dell’azione di Pirro17, né dedica alcun verso per spiegare

la reazione di Ermione di fronte al rapimento subito. Al contra- rio, seguendo anche in questo Ditti, Benoît si sofferma a descri- vere la reazione addolorata di Oreste e il viaggio di Pirro a

14 La più recente edizione del Roman de Troie (Baumgartner 1987; 1998), non

stampa né traduce, bensì si limita a riassumere i versi finali del poema sui νόστοι degli eroi da Troia, fra cui quello qui analizzato di Neottolemo. Una versione integrale del poema in francese contemporaneo esiste solo sotto forma di trasposizione in prosa (Vielliard 1979). Non sono state pubblicate traduzioni in altre lingue. I versi qui citati sono stati tradotti da me con l’aiuto di mia sorella, la dott.ssa Daniela Mariani.

15 Il motivo delle nozze è tratto da Ditti, che però si limita ad affermare che Mene-

lao despondit («promise in sposa») Ermione a Oreste, non a descrivere il matrimonio: cfr. supra p. 182, n. 4.

16 Cfr. supra pp. 144–145.

17 Si osservi che, come in Ditti, Menelao, non avendo promesso nulla a Pirro, sem-

VI. Ditti e il Medioevo 187 Delfi (29.595–29.614). Durante l’assenza di Pirro, questa è la situazione della casa reale:

Ci ot haïne estrange e fiere 29.620 E mauvoillance e grant envie:

Ne se porent consentir mie. La fille Menelaus cuidot, Ço li ert vis, ço li semblot,

Qu’el n’aveit mie fine amor 29.625 Ne verai cuer de son seignor:

En la femme Hector ert sa cure; Celi amot a desmesure, Cele aveit de lui bel semblant

E tot son buen e son talant. 29.630 Mout l’en haï Hermiona:

Oëz qu’il li apareilla. (vv. 29.620–29.632 ed. Constans 1908). Qui c’era un odio inusuale e radicato

e una cattiveria e grande invidia: non potevano proprio accordarsi. La figlia di Menelao credeva, così le sembrava, così le pareva, che non riceveva un amore nobile

né un cuore sincero dalla parte del suo signore: la sua attenzione era per la moglie di Ettore; lui l’amava a dismisura,

lei riceveva da lui un contegno amabile, tutto il suo affetto e il suo desiderio. Molto la odiò Ermione:

sentite che cosa le accadde.

Benoît espande la narrazione di Ditti e si sofferma sulla riva- lità tra Ermione e Andromaca. I sentimenti di Ermione per Pirro non vengono menzionati, ma viene soltanto esplicitato ciò che la regina non riceve: l’amore del suo signore. Lo scontro tra le due donne è dipinto come una situazione caratterizzata da odio, cattiveria e invidia. Pirro ha sottratto Ermione al suo legittimo marito, per poi abbandonarla e tradirla con Andromaca: Ermione è così invidiosa della troiana, da lei vista come destinataria di ciò che si aspetta di dover avere esclusivamente per sé.

Il racconto del poema francese prosegue poi illustrando il piano malvagio intessuto da Ermione contro la rivale:

Si tost n’en fu Pirrus alé Come ele a son pere mandé.

Venir l’a fait, a lui se claime 29.635 E dit ne tant ne quant ne l’aime

Danz Pirrus, bien s’en aparceit: La femme Hector li a toleit; N’en a joie ne bel solaz;

A tart la tient entre ses braz. 29.640 Dit li e prie qu’il l’ocie,

Quar trop par het sa compaignie, Neïs son fil Laudamanta,

Qu’Ector18 li coilverz engendra […]

«Quel chaelet a aluchier 29.647 Honte li vienge e destorbier,

Quar par son pere est eissilliee

E destruite nostre lignee». (vv. 29.633–29.650 ed. Constans 1908). Appena Pirro se ne fu andato,

subito lei chiamò suo padre.

Lo ha fatto venire e con lui si lamenta, dicendo senza mezzi termini che

il giovanetto Pirro non l’ama e che lei se n’è bene accorta; la moglie di Ettore gliel’ha tolto;

non ha gioia né piacere;

troppo tardi la prende nelle sue braccia. Gli dice e lo prega che la uccida, perché odia troppo la sua compagnia, e ugualmente suo figlio Laodamante, che Ettore il codardo generò […] «a quel cagnolino da nutrire arrivi disonore e disgrazia,

poiché a causa di suo padre è rovinata e distrutta la nostra dinastia».

La prima parte della narrazione di Benoît (29.633–29.644) è sostanzialmente una traduzione, con qualche piccola aggiunta, del corrispondente passo di Ditti19. Il dialogo che si svolge tra

Ermione e Menelao è invece una novità, probabilmente volta a

18 Sic.

19 Dict. 6.12: Sed Hermione post ascessum viri victa dolore animi neque pelicatum

captivae patiens parentem suum Menelaum accitum mittit; cui multa conquesta super iniuria prelatae sibi a viro captivae mulieris persuadet, uti filium Hectoris necet. Cfr. supra pp. 182–183.

VI. Ditti e il Medioevo 189 vivacizzare il racconto e a renderlo più dinamico. Da questo scambio di battute Ermione emerge come un personaggio con- centrato su di sé e abbastanza crudele da concepire un delitto; il suo linguaggio è aspro e non risparmia insulti contro i nemici. Peraltro — come nel già citato racconto di Ditti — l’astio di Ermione nei confronti di Andromaca non è motivato dall’esistenza di un figlio avuto dalla schiava e Pirro, sebbene si scoprirà in un secondo momento che la schiava è incinta del re. Il resto del racconto ripropone fedelmente quanto narrato da Ditti20, fatta eccezione per l’omicidio di Pirro, che in Benoît viene esplicitamente ucciso da Oreste: come per l’idea del ra- pimento di Ermione da parte di Pirro, è possibile quindi che an- che in questo caso l’autore francese fosse a conoscenza delle fonti latine in cui era Oreste a commettere il delitto. Come in Ditti, invece, la narrazione di Benoît si conclude con Oreste che riprende con sé Ermione e la porta nel suo regno a Micene: a questo punto, è notevole che, nel descrivere il lamento per il de- funto di Teti e Peleo, nonché di tutto il popolo, che sparla del fatto che Ermione è ora con l’assassino del marito, Benoît sotto- linei che «a lei questo non importava molto perché aveva rea- lizzato il suo desiderio» (29.760–29.762: «Trop fu de male renomee / Mais ne li chalut pas grantment, / Puis qu’acompli ot son talent»)21. Il ricongiungimento con Oreste realizza il

desiderio di Ermione: ella ritorna tra le braccia del suo legittimo marito, cui era stata sottratta con la forza, vendicata del suo ra- pitore e dell’affronto da lei subito tramite il tradimento di Pirro con Andromaca.

20 Menelao vuole assecondare la volontà di Ermione, ma il popolo — e non Peleo

— si solleva contro di lui in difesa di Andromaca. Frattanto, Oreste soffre per il torto subito e la mancanza della moglie e, venuto a sapere di quanto sta accadendo nel regno di Pirro, vi si reca per allearsi con Menelao: il re di Sparta, però, di fronte alla proposta di uccidere Pirro, si tira indietro (29.651–29.712).

21 Analogamente a Ditti, nel finale della vicenda di Benoît Peleo e Teti inviano An-

dromaca, incinta di Pirro, nella terra dei Molossi. Tuttavia, Benoît aggiunge che il figlio successivamente nato viene chiamato Achilleide e che con lui rinasce la dinastia reale; inoltre, grazie a lui e al fratellastro Laodamante i prigionieri di Troia vengono riscattati. Achilleide deciderà poi di lasciare la corona a Laodamante (29.763–29.814).

Negli altri due testi medievali in cui vengono presentate le vicende riguardanti la morte di Neottolemo, forse anche a causa della maggiore brevità del racconto, Ermione viene menzionata brevemente e rimane un personaggio opaco, sullo sfondo: nes- suno dei due testi assume il suo punto di vista rispetto ai fatti narrati né fornisce dei dettagli sulla sua personalità.

L’opera di Guido delle Colonne è una versione latina, ab- breviata, del poema di Benoît; il Troy Book di Lydgate, compo-

Nel documento Ermione dalla tragedia greca a Rossini (pagine 176-188)