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Il dibattito psichiatrico sulla “strana malattia”

3.4. Le diverse varietà cliniche delle forme emotive da guerra

Tra tutti gli articoli, saggi e testi analizzati, ho deciso di trascrivere la classificazione di Angelo Alberti, medico consulente della Terza Armata, per la sua semplicità e chiarezza. Il dottor Alberti, come De Lisi, Foscarini, Morselli e tanti altri, negava l’esistenza di una forma autonoma, di origine bellica. Per psicosi di guerra intendeva l’insieme di quelle sindromi di squilibrio mentale a carattere transitorio che sono in evidente e diretto rapporto con le emozioni e i disagi dei combattenti. Alberti, in disaccordo con De Lisi, Foscarini e il mio parere, non credeva che l’emozione da sola, per quanto intensa, riuscisse a provocare dei disturbi psichici; distingueva nettamente i sintomi commotivi dagli emotivi che spesso si manifestavano nel medesimo paziente, affermando che il loro rapporto vicendevolmente inverso. Quanto più forte è il trauma commozionale, tanto più se ne vedono i segni nelle lesioni dell’asse celebro-spinale e tanto meno evidenti sono i sintomi psichici. Quando i due coesistono scompaiono prima i commozionali e poi gli emozionali176. I disturbi psichici vengono suddivisi in sei gruppi: 1°) affezioni monosintomatiche, come mutismo, sordità, tremori e tics; 2°) sordomutismo; 3°) arresto psicomotorio con stereotipia verbale; 4°) confusione mentale con allucinosi da trauma psichico; 5°) stato depressivo semplice; 6°) stato di esaurimento. Interessante la descrizione sintomatologica delle sindromi del terzo gruppo; nell’individuo traumatizzato si fisserebbe, secondo l’Alberti, l’emozione del terrore in quasi tutti i suoi componenti:

«Camminavano automaticamente come trasognati, erano docilissimi, si facevano condurre in corsia senza mostrare di avvedersi di quanto accadeva. […] Si sarebbero potuti chiamare dei catatonici della paura; la mimica piena di vigore, ma statuaria. Nella più parte dei casi l’infermo ripeteva un’unica frase che si armonizzava con le condizioni psichiche provocate dal trauma emotivo; il tono della voce era così stereotipatamente uguale che lo si distingueva attraverso tutti i rumori».

3.4.a. Affezioni monosintomatiche

Nel primo gruppo sono presenti diverse affezioni monosintomatiche, tra le quali il mutismo, la sordità, i tremori e i tics. Il mutismo si presentava o subito dopo il trauma o a qualche ora di distanza da esso. Quando non si presentava immediatamente, il

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L. De Lisi e E. Foscarini, Psiconevrosi di guerra e piccole cause emotive, in «Note e riviste di psichiatria», 1920, p. 36.

83 fenomeno si sviluppano con l’abbassamento progressivo della voce; nella maggior parte dei soldati affetti da questo sintomo si manifestava l’anestesia congiuntivale e faringoscoringea. La voce tornava talora spontaneamente, più spesso sotto l’azione medica di natura suggestiva, mediante l’uso si macchinari faradici. Il mutismo è di per se un fenomeno rarissimo, durante la guerra però, i casi di soldati affetti da questo sintomo apparvero numerosissimi e fuori dalla media. Secondo l’Alberti «il mutismo emotivo non fu nient’altro che la fissazione patologica di uno degli elementi della emozione terrifica». È la paura che inibisce il soldato, che lo atterra e lo paralizza, facendogli perdere momentaneamente quelle funzioni cui normalmente, è attribuito un valore protettivo177.

Il tremore commozionale ha caratteri clinici più definiti, non varia o di poco sotto gli stimoli emotivi e non benefica quindi di alcuna azione suggestiva. Al contrario del tremore emotivo, che guarisce sempre non appena si trovi l’espediente terapeutico appropriato178.

L’ultima delle affezioni monosintomatiche analizzate dall’Alberti riguardano i tics. Questi rappresentano la frazione più piccola e infida prodotta dalle reazioni emotive, dei sintomi che, passando spesso inosservati, possono fissarsi nel tempo anche per periodi molto lunghi. Si parla quindi dell’ammiccare involontario di un occhio, della contrattura involontaria dell’angolo labiale, della scossa brusca della testa, del battere rapido e frenetico delle palpebre e di tante altre piccole anomalie179.

3.4.b. Sordomutismo

Se da una parte i casi di sordità pura sono poco frequenti, i casi di sordità più o meno completa funzionale associati a mutismo o a disturbi della fonazione. Il sordo muto funzionale appare più confuso del semplice muto ed è meno accessibile a qualsiasi azione terapeutica suggestiva, per colpa del dilagante analfabetismo.

Era necessaria la visita dell’otorino perché in questo modo si potevano separare i casi simulazione da quelli di parziale simulazione, che si sviluppava in seguito a esplosioni e che inducevano l’abbassamento effettivo dell’udito, dai casi di sordomutismo indotto da cause psichiche180.

177 A. Alberti, Le psicosi di guerra, in «Note e riviste di psichiatria», I, 1920, pp. 139-142. 178 Ivi, pp. 143-144.

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Ivi, p. 144.

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3.4.c. Arresto psico-motorio da trauma psichico con stereotipa verbale

Questo particolare tipo di disturbo è l’unico, assieme a quelli caratteristici del quarto gruppo, a potersi ascrivere, secondo l’Alberti, nella breve lista delle psicosi nate in guerra e per colpa di essa. Gli infermi colpiti da questo arresto psico-motorio avevano caratteristiche esteriori e interiori in comune. Camminavano automaticamente, come trasognati, erano docilissimi e si faceva condurre in corsia senza mostrare di accorgersi di quanto accadeva; ogni stimolo intorno a loro non li interessava e non modificava il loro stato d’animo o il loro interesse. La sintomatologia clinica era quella dello stupore che si mostrava attraverso uno stato di sonno apparente. L’infermo ripeteva un’unica frase che si armonizzava con le condizioni psichiche provocate dal trauma emotivo. L’espressione e lo stato dell’infermo colpito da questo disturbo assomigliava alla pura rappresentazione della paura o del terrore181.

La guarigione avveniva in seguito a una crisi, che d’improvviso imponeva sul viso del paziente la sua espressione normale. Dopo essersi ripresi, i pazienti non ricordavano nulla dell’episodio psicopatico passato: inizialmente credevano di trovarsi nel luogo e nel tempo in cui l’episodio traumatico prese il via, poi, lentamente, riuscivano a riprendere il senno e quindi a orientarsi.

«[…] il trauma emotivo può determinare quando abbia una particolare intensità e violenza, dei fenomeni di dissesto psichico che possono durare qualche mese; che sopprimono la coscienza, e consentono una vita automatica […], e mantengono nell’individuo evidenti in una fissazione patologica i segni più importanti della reazione emotiva che il trauma stesso determinò»182.

3.4.d. Confusione mentale da trauma psichico

La confusione mentale da trauma psichico ha, secondo l’Alberti, una chiara origine emotiva, in quanto sorge brusco in seguito a un trauma di guerra e rappresenta non la fissazione patologica di un atteggiamento, ma quella di un breve episodio con le varietà di reazione e movimenti che lo raffigurano. L’ammalato appariva quindi in uno stato di disorientamento assoluto, era in preda ad allucinazioni e illusioni evidenti di carattere terrifico ed era inaccessibile agli stimoli esterni; similarmente agli infermi colpiti da arresto psico-motorio da trauma psichico. Qualche infermo si presentava in

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A. Alberti, Le psicosi di guerra, in «Note e riviste di psichiatria», I, 1920, pp. 144-145.

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85 uno stato camptocormico, altri camminavano barcollando, altri ancora non si reggevano in piedi. Il loro atteggiamento li faceva apparire come esseri indifesi che vivono in uno stato di costante e grave pericolo183.

Oltre alla tipica anestesia congiuntivale faringea, di cui soffrivano anche gli infermi colpiti da arresto psico-motorio, i pazienti in stato di confusione mentale si presentavano in uno stato di deperimento nutritivo, che peggiorava velocemente. L’insonnia era un sintomo tipico e anch’esso, come il calo della nutrizione, si manifestava per giorni se non settimane184.

La guarigione era rapida ma non immediata: le allucinazioni, così come l’insonnia, perduravano nel tempo e scemavano poco a poco. Nel periodo di guarigione si innestano periodi più o meno brevi di lucida coscienza. La memoria era lacunosa ma non come quella degli infermi affetti da arresto psico-motorio185.

3.4.e. Stati depressivi semplici

Molti infermi visitati dall’Alberti durante la guerra venivano avviati ai reparti di cura con la diagnosi generica di melanconia. La relazione medica che gli accompagnava descriveva un disturbo depressivo che aveva generato nell’infermo un cambio drastico del carattere: da socievole, allegro e solerte, era diventato taciturno, solitario, insonne e svogliato, piangeva spesso, si disimpegnava e si disinteressava dei lavori assegnategli, ricorreva costantemente al medico, accusando una serie di disturbi che però non gli venivano riconosciuti. In essi appariva evidentissimo un senso di preoccupazione, non tanto legato al pensiero di dover tornare al fronte, ma bensì uno stato di costante paura, di stampo ipocondriaco e legata quindi al loro stato di salute. Accusavano peso allo stomaco, cefalea persistente, astenia, ecc. Se ne stavano a letto inerti, non parlavano se non costretti, mangiavano poco e a fatica, non erano stimolati dall’ambiente circostante. Lo stato di insofferenza e di distacco si trasformava, durante gli interrogatori, in uno stato angoscioso di profonda disperazione e ansia: gli infermi si agitavano, urlavano, si strappavano i capelli, piangevano senza ritegno186.

Gli stati depressivi semplici, meno legati ai grandi traumi emotivi e non collegati a stati di fissazioni di uno o più elementi della reazione emotiva, erano accostati

183 A. Alberti, Le psicosi di guerra, in «Note e riviste di psichiatria», I, 1920, pp. 147-148. 184 Ivi, p. 148.

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Ivi, p. 149.

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86 dall’Alberti a semplici fasi depressive, accentuate dal complesso dei danni costruito dalla guerra187.

Per quanto riguarda la cura, fu di grande efficacia la clinoterapia prolungata, l’uso dei bagni tiepidi durante le crisi angosciose, l’ipnosi per gli insonni, il regime dietetico e igienico molto rigido e regolare. La guarigione avveniva per gradi e in genere si otteneva senza far uscire il militare dalla zona di guerra188.

3.4.f. Sindrome da esaurimento

Questa sindrome, debolmente legata a fattori emotivi e caratterizzata da alcuni tratti tipici dell’amenza, è numericamente quella che si presentò più spesso agli occhi dell’Alberti. L’esaurimento si presentava con un lieve grado di confusione mentale, l’umore appariva depresso e le facoltà affettive notevolmente attutite. Il deperimento organico era sensibile e accompagnato a fenomeni di astenia generale. L’infermo era quasi totalmente incapace di svolgere anche i più semplici lavori mentali e presentava uno straordinaria esauribilità, sia nel mantenimento di un dialogo, che nello svolgimento di lavori manuali189.

Il riposo, la clinoterapia prolungata, un’attenta assistenza nell’alimentazione e l’assidua cura nel regolare le funzioni intestinali, consentivano un rapido e sicuro recupero, nel giro di poche settimane190.

187 L. De Lisi e E. Foscarini, Psiconevrosi di guerra e piccole cause emotive, in «Note e riviste di

psichiatria», 1920, pp. 36-41.

188 A. Alberti, Le psicosi di guerra, in «Note e riviste di psichiatria», I, 1920, p. 151. 189

Ivi, p. 152.

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