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2.2 Il disagio maschile

2.2.3 Il dolore

In relazione alla scissione simbolica dell’uomo dalla madre, Melandri (2011) parla di “fuga dal femminile”173, riferendosi alla dinamica simbolica e psico-sociale che porta

gli uomini ad allontanarsi dal corpo femminile e ad accanirsi su di esso, fino ad arrivare ai fenomeni tristemente conosciuti della violenza di genere.

In questo atteggiamento maschile Melandri (2011) individua una profonda contraddizione, osservabile nell’avversione dell’uomo nei confronti dello stesso sesso che lo ha generato, e con il quale, con il sopraggiungere della maturità sessuale (in questo caso eterosessuale), spesso desidera ricongiungersi, per ricostituire quell’unità fisica ed emotiva perduta con il distacco dalla madre.

Inoltre Melandri (2011) ritiene che il relegare la donna al ruolo di madre e alle relative funzioni generative e di cura confini l’uomo stesso nel ruolo infantile, che lo rende fragile e lo costringe ad ostentare continuamente atteggiamenti e comportamenti che rispondano al modello di maschilità egemone imposto dalla società, per il timore che possa essere svelata la sua interiorità “femminile”, ovvero quella parte di lui che, prima della scissione dalla figura della madre, era un tutt’uno con essa.

172 Ciccone, S., (2009). Essere maschi. Tra potere e libertà. Torino: Rosenberg & Sellier 173 Melandri, L. (2011). Amore e violenza. Torino: Bollati Boringhieri

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Anche l’approccio psicoanalitico174 parla di necessità del figlio maschio del distacco

dalla madre, riferendosi appunto al bisogno di disidentificazione con la figura femminile, che gli permetterà di costruire la propria identità di genere maschile ed acquisire così la propria autonomia.

In questo senso Melandri (2011) afferma:

“Nel coito si può pensare che si intreccino e si confondano il desiderio di perdersi nell’indistinzione col corpo da cui si è stati generati e la fuga dal pericolo di un nuovo assorbimento”175.

In relazione alla simbologia dell’uomo-figlio, come rileva Padoan (2010)176, si

esprime anche Magli (1983)177, la quale rileva come, all’interno della società,

il figlio assuma valore non in sé ma in quanto figlio del padre, che utilizza madre e figlio come strumenti per la creazione della famiglia. All’interno di questo quadro simbolico la donna viene concepita come uno strumento dell’uomo, funzionale a costruire e mantenere la propria posizione di superiorità all’interno della gerarchia sociale.

In seguito al percorso di emancipazione intrapreso dalle donne, però, il loro ruolo di madri comincia gradualmente a non costituire più l’unico aspetto che permette loro di acquisire il riconoscimento sociale rispetto alla loro appartenenza al genere femminile178. Questo cambiamento rappresenta una

174 Riva, E. (2004). La formazione dell'identità maschile e femminile. In A. M. G. Pietropolli

Charmet, Manuale di psicologia dell'adolescenza, compiti e conflitti. Milano: FrancoAngeli

175 Melandri, L. (2011). Amore e violenza. Torino: Bollati Boringhieri

176Padoan, I. M. (2010). Il dolore dell'uomo. Perché gli uomini uccidono le proprie donne. In

Adinolfi I., Galzigna M., Derive. Figure della soggettività, vol. 1. Milano: Mimesis

177 Magli, I. (1983). Il potere nella famiglia. In AA.VV., In nome del padre. Roma-Bari: Laterza 178 Ibidem

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destabilizzazione del sistema gerarchico patriarcale, sulla base del quale è strutturata la società.

In seguito a questo mutamento dell’ordine sociale la reazione dell’uomo è quella di spaesamento e di ricerca di un nuovo equilibrio, che possa assicurargli la sopravvivenza all’interno della società. Come riporta Magli (1983)179,

Goethe osserva che il rapporto dell’uomo con la vita è sempre stato in relazione alla paura della morte.

Per questo motivo, sottolinea Padoan (2010)180, l’uomo ha avuto bisogno di

elevare la donna ad una rappresentazione trascendentale, per poter escludere l’aspetto corporeo dalla relazione e, tramite la morte simbolica della donna, potersi garantire la vita. Ne sono un esempio, come osserva Magli (1983), le figure femminili di Beatrice, Laura ed Euridice, le quali, scrive Padoan (2010), “ideali di speranza e simbolo di salvezza, precedono l’uomo nella morte, lo devono precedere sacrificandosi per lui”181. Per questi motivi il rapporto

dell’uomo con il femminile trascendentale, calato nella relazione reale e corporea, sfocia nella violenza.

In questi termini si configura il dolore dell’uomo descritto da Padoan (2010), la quale ipotizza che la problematicità non risieda necessariamente nel fattore dell’arretratezza ma, probabilmente, proprio nella configurazione della modernità. La società postmoderna porta alla luce ed amplifica la costituzione multisfaccettata dell’Io, il quale si percepisce frammentato ed incontra sempre

179 Ibidem

180 Padoan, I. M. (2010). Il dolore dell'uomo. Perché gli uomini uccidono le proprie donne. In

Adinolfi I., Galzigna M., Derive. Figure della soggettività, vol. 1. Milano: Mimesis

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più difficoltà nel trovare dei punti di riferimento identitari stabili e strutturati, all’interno dei quali definirsi.

La difficoltà dei soggetti, come osserva anche Bellassai (2010)182, risiede appunto

nell’interfacciarsi con la nuova complessità sociale e nel collocarsi al suo interno, riuscendo ad integrare i propri bisogni, turbamenti, desideri di soggetto, con le aspettative sociali di cui ognuno è oggetto.

In questa difficoltà Padoan (2010) vede il dolore dell’Io e il suo rischio di dissociazione:

“La dissociazione porta con sé una certa immagine di negazione del rapporto del sé con il mondo. Un’immagine incapace di integrare il presente nel proprio rapporto con la realtà, perché non guarda la realtà, ma impone sé stessa come verità, la propria idea di verità” 183.

E’ a causa della mancanza del rapporto con il presente che si incorre maggiormente nel rischio di ricadere nei miti e nelle rappresentazioni del passato. La speranza di soluzione che vede Padoan (2010)184 è anche quella

proposta da Ciccone (2009)185: l’uomo deve imparare a vedere il proprio dolore

e a riconoscerlo, per riconoscere se stesso e riuscire a partire da sé, e non dalle rappresentazioni di sé, nella prospettiva di una possibile trasformazione.

182 Bellassai, S. (2010). Dalla trasmissione alla relazione. La pedagogia della mascolinità come

riposizionamento condiviso nella parzialità di genere. In M. A. C. Gamberi, Educare al genere. Riflessioni e strumenti per articolare la complessità. Roma: Carocci

183 Padoan, I. M. (2010). Il dolore dell'uomo. Perché gli uomini uccidono le proprie donne. In

Adinolfi I., Galzigna M., Derive. Figure della soggettività, vol. 1. Milano: Mimesis

184 Ibidem

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