Senza soffermarci sugli aspetti processuali della domanda e della sua presentazione, va detto che secondo quanto disposto dall’art. 160 l.fall. il piano può prevedere: la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione di beni, accollo o altre operazioni straordinarie compresa l’attribuzione ai creditori o a società da questi partecipate di azioni, quote ovvero obbligazioni anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito; l’attribuzione delle attività della impresa ad un assuntore; la suddivisione dei creditori in classi; trattamenti differenziati tra le diverse classi.
Come rilevato in precedenza l’ampio contenuto della proposta apre nuove prospettive all’istituto, che peraltro non è più vincolato al minimo del 40% per i chirografari.
L’art. 160 prevede inoltre che con il ricorso l’imprenditore debba presentare: una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della impresa; uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori; l’elenco dei titolari di diritti reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore; il valore dei beni ed i creditori particolari dei soci illimitatamente responsabili.
Inoltre, si prevede che sia il piano che la documentazione summenzionata siano accompagnati dalla relazione di un professionista di cui all’art. 28 l.fall. che ne attesti la veridicità. Come è dato notare non è più prevista la presentazione delle scritture contabili.
La nuova disciplina del concordato pone sul punto delicati problemi applicativi. E’ da rilevare che una condizione non scritta, ma che è insita nello strumento concordatario, è che vi sia una piena ed attendibile disclosure sulle condizioni reali della impresa che propone il concordato. Rispetto a questa condizione essenziale c’è da chiedersi se il legislatore offra adeguate garanzie e se sia sufficiente l’attestazione della veridicità di quanto rilevato nel ricorso e nel piano per ritenere soddisfatta la esigenza di trasparenza delle condizioni oggettive della impresa proponente.
Su questo aspetto riteniamo che non si possa prescindere dal ruolo del Tribunale38 che, anche su sollecitazione dei creditori, potrà chiedere all’imprenditore la esibizione delle proprie scritture contabili, posto che l’attestazione di veridicità del professionista non può di per sé escludere un contraddittorio con i creditori, laddove se ne contesti il contenuto o si solleciti l’attivazione di margini di trasparenza maggiori.
Anche sotto questo profilo quindi non sembra opportuno ingessare il ruolo del Tribunale in un mero compito di ricezione di dati aziendali, economici e finanziari, ma al contrario - in modo conforme alla logica negoziale del concordato – riconoscergli un ruolo di garanzia di trasparenza delle condizioni del concordato.
Un secondo aspetto che merita specifica attenzione è quello relativo alla suddivisione dei creditori in classi ed alla previsione di trattamenti
38 Sul punto: Paluchowski, I poteri del Tribunale in sede di ammissione e nel corso della
procedura di concordato preventivo con particolare riferimento alle ipotesi di conversione della procedura in fallimento, in Dir. Fall., 2006, I, pag. 576.
differenziati tra classi diverse. Si è già rilevato che con la introduzione delle classi il principio della par condicio non è superato, ma ricondotto in un contesto operativo nel quale l’uguaglianza dei creditori non è assoluta ma parametrata a criteri che ne valorizzano anche gli interessi sostanziali.
La nuova disciplina del concordato prevede inoltre che il Tribunale svolga un ruolo di controllo sulla correttezza nella formazione delle classi, per cui è indubbio che questo aspetto delle proposta assumerà una delicata posizione nell’ambito del complessivo assetto di interessi che con il concordato si realizza. Ma quali criteri potranno essere utilizzati dall’imprenditore in sede di redazione della proposta e del piano e dal Tribunale in sede di controllo in relazione alla corretta determinazione delle classi ?
Se ci limitassimo a richiamare la omogeneità dei crediti rispetto alla loro natura giuridica ed economica diremmo cosa ovvia, in quanto è evidente che si tratta di criteri di ragionevolezza potremmo dire basilari.
Piuttosto, bisogna valutare se tra i criteri di determinazione delle classi possa o meno inserirsi il grado di rilevanza che i crediti hanno rispetto all’obiettivo della continuazione dell’attività di impresa o della sua ristrutturazione.
Questo criterio dipende dal ruolo che l’impresa ha nell’ambito del concordato preventivo. Nelle considerazioni precedenti si è visto che la presenza del presupposto aperto dello stato di crisi implica una valorizzazione della impresa e della sua ristrutturazione affinché i creditori della stessa impresa – soprattutto commerciali – possano avere interesse ad approvare una proposta di concordato nelle ipotesi in cui appunto crisi non equivalga ad insolvenza. Ci sembra in definitiva che soprattutto nelle ipotesi di concordato di crisi la valorizzazione della impresa nella relativa proposta sia essenziale al fine di suscitare l’interesse dei creditori. In caso contrario, se cioè il concordato di crisi fosse impostato semplicemente come concordato finanziario, incidente solo sull’indebitamento dell’imprenditore, ci sarebbe il rischio di una non corrispondenza della proposta agli interessi dei creditori.
Ne consegue allora che quantomeno nel concordato di crisi, in cui rileva anche l’impresa, il grado di importanza del credito per la stessa impresa possa essere un ragionevole criterio, esclusivo o concorrente, di formazione delle classi e della determinazione del trattamento differenziato.
Questo criterio non andrebbe inoltre a detrimento della par condicio, anzi ne rispecchierebbe la sua essenza che è quella di consentire trattamenti
differenziati tra i creditori purché ragionevoli, vale a dire suscettibili di condivisione in relazione alle condizioni oggettive sulle quali incide la proposta di concordato.