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Gli interventi straordinari ed il deficit di concorsualità

Da questo excursus storico emerge con immediatezza il forte ridimensionamento della concorsualità conseguente all’affidamento della

33 Questo aspetto è ancor più significativo se si considera che nella disciplina dell’amministrazione straordinaria è previsto che il programma del Commissario preveda un piano di risanamento con indicazione degli impianti da riattivare e di quelli da trasferire “ tenendo conto degli interessi dei creditori”: art. 2, comma 5, l. n. 95/1979.

sistemazione delle crisi ad organi amministrativi dotati di incisivi poteri di gestione delle procedure. Al di là dei tratti specifici degli interventi, è possibile cogliere un aspetto comune che incide direttamente sul modo in cui fu concepita la gestione di questi grandi dissesti industriali ed il contemperamento del conflitto tra gli interessi dei creditori e quelli più generali di conservazione dei complessi produttivi al fine o del risanamento della impresa, o della cessione a terzi dell’azienda. Si è potuto constatare nei casi esaminati che i creditori furono del tutto esautorati di ogni facoltà di incidere sulla procedura, nonché confinati in prospettive di soddisfacimento del tutto esigue se non in alcuni casi inesistenti.

La questione centrale sollevata da questi interventi, e che oggi è riemersa sul versante del dibattito intorno alla impostazione funzionale della riforma della legge fallimentare e della disciplina delle grandi insolvenze industriali, è quella di comprendere sino a che punto il patrimonio dell’imprenditore possa essere funzionalizzato al perseguimento di interessi diversi, che possono essere i più vari: da quello del risanamento della impresa in senso proprio, a quello della conservazione ai fini della cessione dell’azienda; da quello riorganizzativo di un comparto produttivo, a quello liquidativo di determinate attività nell’ambito di gruppi di interesse pubblico.

Nei casi esaminati si è potuto constatare che non sempre l’intervento straordinario fu pensato ed attuato in una ottica di risanamento; al contrario molto spesso il blocco delle azioni esecutive individuali e delle procedure concorsuali fu strumentale ad una riorganizzazione interna di un determinato apparato produttivo nell’ambito del sistema delle partecipazione statali, con evidente soppressione del diritto di azione a fronte di una situazione di insolvenza. Si comprende quindi come la questione della compatibilità di una destinazione funzionale del patrimonio per scopi diversi da quelli della garanzia del credito abbia avuto una rilevanza sistematica particolarmente significativa.

I termini della questione erano peraltro destinati a complicarsi se si pone mente al fatto che le procedure concorsuali venivano collocate nel sistema di tutela giurisdizionale dei diritti di credito.

Autorevole dottrina34 affrontò proprio la tematica dei limiti di compatibilità tra risanamento e salvaguardia degli interessi dei creditori,

34 Ved.: Gambino, Limiti costituzionali dell’iniziativa economica nella crisi dell’impresa, in

Giur. Comm., 1988, I, p. 487. L’autore osserva che “ per gli imprenditori che fanno credito all’impresa per esigenze intrinsecamente connesse alle loro attività o per funzione istituzionale – in primo luogo fornitori ed

rilevando come il risanamento è perseguibile solo se sussistono prospettive di riallocazione della impresa sul mercato e quindi di ripresa dell’attività commerciale cui è da riconoscere un valore sociale.

Al contrario, il mantenimento artificiale di una attività destinata commercialmente all’insuccesso, e dunque priva di qualsiasi valore sociale ed economico, se nel brevissimo periodo consente di mantenere posti di lavoro, nel medio periodo comporta una erosione del patrimonio, un aumento dell’indebitamento, una restrizione se non un annullamento del soddisfacimento dei creditori concorsuali dell’impresa attraverso il meccanismo della prededuzione e, probabilmente, un incremento della disoccupazione per gli effetti indotti che su altre imprese possono essere prodotti dalla continuazione di una attività deficitaria.

Ponendo per un attimo lo sguardo oltre frontiera, nella vicina Francia all’inizio degli anni ottanta si è sviluppato un orientamento giurisprudenziale35 incline ad ammettere la responsabilità dei pubblici poteri nei confronti dei creditori concorsuali per la gestione di dissesti di interesse generale incentrata sulla continuation de l’exploitation, nonostante la situazione deficitaria della impresa e la impossibilità di garantirne una gestione secondo criteri di economicità. In particolare, è stata ritenuta fonte di danno l’intervento dei pubblici poteri sui creditori finanziari e commerciali di imprese in crisi volto a sollecitare la erogazione di credito a fronte della continuazione dell’attività di impresa deficitaria; danno perfezionatosi a seguito della inesecuzione del plan de redressement.

aziende di credito- la previsione di un abnorme operare della prededuzione nella crisi del debitore, con la distruzione di ricchezza continuata nel tempo a loro danno quando l’impresa debitrice non è più in grado di produrre secondo un criterio di economicità, si pone un grave limite all’iniziativa economica, sia sotto il profilo del principio di libertà di iniziativa posto dall’art. 41 Cost., sia sotto l’altro aspetto della parità di condizioni nel mercato e della equivalenza delle posizioni e della tutela ex art. 3 della Cost. Si pone per legge una significativa limitazione alla libera competizione e una distorsione nel libero manifestarsi di una economia di mercato, come tale concorrenziale tra gli imprenditori.” Si veda anche Tarzia, Parità e discriminazioni tra i creditori nelle procedure concorsuali, in Fall., 1984, p. 153 ss. il quale afferma che “ la ragionevolezza della discriminazione (tra i creditori, ndr) non potrebbe affermarsi quando essa appaia semplicemente utile ed opportuna, ma soltanto quando si profili indispensabile o coessenziale, non già al risanamento, ma alla stessa conservazione dell’azienda, in funzione del suo possibile ed unitario trasferimento.”

35 Su questa problematica e sulla ricostruzione delle competenze e delle funzioni dei pubblici poteri in Francia nel corso degli anni 80, ved.: Piepoli, Interessi individuali ed interessi

Questo dato riveniente dall’ordinamento francese costituisce un ulteriore elemento di conferma delle gravi alterazioni e dei danni patrimoniali che possono essere cagionati da interventi incentrati sulla continuazione dell’attività di impresa senza una attenta valutazione delle capacità di ripresa e delle reali possibilità di riallocazione sul mercato della stessa.

La considerazione dell’attività di impresa come valore sociale sul quale si innestano anche interessi di carattere generale e la distinzione di essa dal patrimonio dell’imprenditore dal punto di vista delle ragioni creditorie da soddisfare, pongono in evidenza un criterio fondamentale nella gestione della crisi di impresa: il sacrificio dei creditori concorsuali sarebbe ammissibile solo quando è possibile ricollocare l’impresa sul mercato. La realizzazione di questo obiettivo consente di conciliare le contrapposte esigenze, da un lato, del ceto creditorio e, dall’altro, del risanamento della impresa36 .

Il ritorno della impresa sul mercato, infatti, consentirebbe la ripresa dell’attività commerciale, che riattiverebbe quel flusso di liquidità che consente il pagamento dei creditori e nel contempo contribuirebbe al mantenimento dei livelli produttivi ed occupazionali.

Questa impostazione, inoltre, è apprezzabile sotto un rilevante profilo che attiene alle determinazioni in ordine al destino economico e giuridico delle imprese. Il riferimento al mercato, infatti, ed alla sua capacità di riaccettare l’impresa garantisce la indipendenza e la obiettività delle decisioni da parte degli organi di gestione della crisi. Il mercato è anche il luogo di formazione delle decisioni imprenditoriali secondo il criterio della concorrenza e della efficienza produttiva. Se dunque la scelta sul destino della impresa in crisi è orientata esclusivamente secondo criteri che hanno come punto di riferimento il mercato, questa non potrà che essere obiettiva ed indipendente da ogni altro potere eteroimprenditoriale.

36 Sul rapporto tra continuazione dell’esercizio della impresa e diritti di credito nell’amministrazione delle grandi imprese in crisi, ved.: Oppo, Profilo sistematico

dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Problemi attuai della impresa in crisi,

Padova, 1983, p. 348; Rivolta, L’esercizio della impresa nel fallimento, Milano, 1969, p. 420 ss., i quali rilevano che la continuazione ed il risanamento possono essere autorizzati solo con il controllo della corrispondenza all’interesse generale ed all’interesse dei creditori.

8. Presenza nell’analisi storica di elementi maturati nella riforma