La triade verità-bene-bellezza, l’amore salvifico e l’arte
3.4 L’Eterno femminino e la forza dell’arte
3.4.1 Donna, arte e trasformazione del mondo
In Tjažëlye sny, possiamo facilmente rinvenire due tra i maggiori Leitmotiven tipici del serebrjanyj vek: la connessione tra la donna e la creazione artistica, e il riconoscimento a quest’ultima di un valore positivo, di trasformazione del reale e ricreazione del futuro.
Ma partiamo dal primo elemento. Il legame fra la femminilità e l’arte lo ritroviamo già in Solov’ëv, per il quale l’Eterno femminino può concretizzarsi in una donna reale. Nel suo Smysl ljubvi, infatti, il filosofo dimostra come chi ama non ami la donna altro che come incarnazione della divina Sofia (Solov’ëv 1988b: 534-537; IV, V). Saranno i simbolisti russi ad accogliere e sviluppare ulteriormente le suggestioni solov’ëviane, elaborando l’idea di una sintesi perfetta tra verità, bene e
bellezza che si realizza grandiosamente nell’arte.
Da un punto di vista contenutistico, il carattere ‘femminino’ dell’arte è dato dal fatto che la donna reale (in carne e ossa) diventa oggetto della rappresentazione artistica. Si pensi, ad esempio, alla nevrotica e psichicamente labile N. Petrovskaja, prototipo della Renata brjusoviana, che confessa a se stessa:
И я нужна была Брюсову для создания не фальшивого, не вымышленного в кабинете, а подлинного почти образа Ренаты из “Огненного ангела”.
Потому любопытство его, вначале любопытство почти что научное, возрастало с каждым днем […] (Petrovskaja 1976: 782).
Il femminile è dunque – per i simbolisti russi – la materia privilegiata dell’arte, con la quale finisce, da ultimo, per identificarsi totalmente. È quanto si evince dai versi (editi postumi) che Brjusov dedica a E. Maslova, in cui la donna amata viene paragonata e perfino assimilata alla poesia:
[…] Целовал я рифмы бурно. Прижимал к груди хореи, И ласкал рукой Notturno, И терцин ерошил змей. […] (cit. da Bogomolov 1999: 228)408.
Qui la donna cessa di essere una creatura reale per divenire materia letteraria, fenomeno estetico, simbolo. Come dimostra la filosofa tedesca S. Boveschen nel suo libro Die imaginierte Weiblichkeit. Exemplarische Untersuchungen zu
kulturgeschitlichen und literarischen Präsentationsformen des Weiblichen, le
metafore di genere e le rappresentazioni del femminile fungono spesso da veicoli
408
ideologici (Bovenschen 1979). La discussione teorica sul carattere simbolico delle donne, avviata dall’articolo di E. Cowie Woman as a Sign (Cowie 1978) e proseguita dal lavoro di G. Pollock Missing Women: Rethinking Early Thought on Images of
Women (Pollock 1990), risulta tuttora applicabile al simbolismo russo.
La donna viene cioè trasformata in femminilità, in simbolo del femminino, in astrazione, e distaccata pertanto dalla sua natura fisica e concreta, attinente al ‘genere femminile’ in senso stretto. È quello che succede alla mecenate M. Morozova nelle lettere a lei indirizzate dal giovane Belyj. Che Belyj non sia interessato tanto alla ‘donna’ Morozova, quanto al ‘femminino’ di cui la mecenate è emblema, lo testimoniano le sue stesse affermazioni: Belyj non la ama e non la vuole nemmeno conoscere (Lavrov 1994: 114), perché la Morozova fisica è solo il simbolo “del volto di Colei dalla quale son giunti fino a me gli afflati” (Lavrov 1995: 66)409.
L’amore belyano per la Morozova cela, in realtà, un profondo solipsismo. Belyj confessa: “Io non parlo con il cielo né con Voi, ma parlo con me, con me solo; io chiamo me stesso, sono innamorato di me stesso” (Lavrov 1995: 142)410. Oltre che di stesso, Belyj sembra innamorato dell’arte: è così che un finto amore diviene il pretesto per una ricerca spirituale.
Ai simbolisti non interessa la donna empirica di per sé, ma solamente la sua capacità di fungere da simbolo, il processo stesso per cui il femminino si converte in arte. Nell’estetica simbolista –spiegano W. Rosslyn e A. Tosi –
[…] the feminine was the material of art. Women […], not accepted as purveyors of signs, functioned as signs for the male creator in need of a Muse and this became the main function for women in the social and the aesthetic world divided by gender roles and dominated by Symbolist men (Rosslyn – Tosi 2012: 201)411.
Eppure la donna è per i simbolisti molto più di una materia grezza da
plasmare. La donna non è solo il segno visibile (o il ‘simbolo’) della creazione artistica, ma è essa stessa la via a tale creazione – il tutto passando attraverso l’amore. Ancora Brjusov sottolinea come la passione amorosa (strast’) spiani la strada alla conoscenza del mondo (poznanie mira): “La passione è il punto in cui il mondo terreno tocca altre esistenze, sempre chiuso ma passaggio verso di esse” (Brjusov 1904: 25)412. Come scrive N. Bogomolov, “ogni cambiamento nella direzione della passione era sacro, poiché dietro a essa si apriva uno dei limiti del mistero” (Bogomolov 1999: 236)413.
Del resto, nella storia della letteratura in generale, la donna è sempre stata lo
409 “лика Той, от Которой до меня долетали веяния”. 410 “Я не с небом и не с Вами, я с собой, с собой говорю; я зову себя, я влюблен в себя самого…”. 411 Cfr. Presto 2002: 134-135; Èkonen 2011: 61-103. 412 “Страсть – та точка, где земной мир прикасается к иным бытиям, всегда закрытая, но дверь в них”. 413 “всякая переменa в направленности страсти была священна, потому что за ней приоткрывалась одна из граней тайны”.
specchio dell’uomo, nonché dell’artista, “[…] the Other, a mirror, a reflection for the
male creator’s construction […]” (Rosslyn – Tosi 2012: Ivi). Scrive V. Woolf nel saggio A Room of One’s Own (1929): “”Women have served all these centuries as lookingglasses possessing the magic and delicious power of reflecting the figure of man at twice its natural size” (Woolf 2000: 37)414. Lo sapeva bene il già menzionato Brjusov, che “strongly believed that experience of intense passion was the sine qua non for an artist who would penetrate the soul’s depths” (Grossman 1994: 134). Questo vale anche per gli altri protagonisti del serebrjanyj vek e, in particolare, per i simbolisti russi. “L’amore aprì al simbolista o decadente la via più breve all’inesauribile pozzo delle emozioni” suona il commento immaginifico di Chodasevič (Chodasevič 1991: 11)415.
La funzione della donna empirica è dunque, nel serebrjanyj vek, quella di risvegliare nell’animo del poeta la passione, da questo poi rielaborata e sublimata nell’arte, nonché trasformata essa stessa in opera d’arte. L’idea che la donna possa fungere da mezzo per raggiungere il meta-empirico deriva da Nietzsche e dalla sua distinzione tra apollineo e dionisiaco; infatti, “according to the Dionysian ideal, the sacrificial ecstatic character of woman can serve as a medium of inspiration, providing an essential preliminary stage of dark and sacred chaos through which man must pass to create Apollonian forms” (Davidson 1996: 158). Si tratta di interpretazioni che riecheggiano la visione romantica della donna eterea, capace di condurre l’uomo a Dio.
Donna (o, più precisamente, ‘femminino’ inteso come categoria estetico-
simbolica) e arte formano quindi una coppia inscindibile nel pensiero dei simbolisti russi.
Il potenziale creativo dell’Eterno femminino è difeso da Vjač. Ivanov
nell’articolo O dostoinstve ženščiny [Sul valore della donna] (1908), dove affiora l’idea che la donna sia la portatrice del princìpio femminile e la preservatrice di un mistero sovrapersonale, inconscio, mistico. Nella sensibilità di Ivanov, la donna giunge a sovrapporsi con la Madre-Terra e la stichijnost’ (Vjač. Ivanov 1979: 138, 140-142). Rispetto all’uomo, la donna ivanoviana avrebbe qualcosa in più, poiché
она владеет областью чисто-сознательного в той же мере, как мужчина, – и, кроме того, в несравненно большей, чем он, мере и не только в мгновения подъема половых энергий, а непрерывно живет другою своей стороной в подсознательной сфере пола (Ivi: 129).
Per Ivanov, è proprio nella differenza fisiologica tra i sessi416 che è racchiuso il potenziale artistico della donna, in grado di “dire la sua parola” (“сказать свое слово”), quella parola che l’umanità attende con impazienza417.
414 Per la metafora della donna come specchio si vedano i lavori di La Belle 1989; Le Doeuff 2002. 415 “Любовь открывала для символиста иль декадента прямой и кратчайший доступ к
неиссякаемому кладезю эмоций”.
416 Come Berdjaev, anche Ivanov concepisce la donna quale “essere sessuale” (“половое существо”) o
В ее подсознательном – темная бездна, а в ее сознательной руке, свободная женщина, подобная горящему кораблю на полуночном море. Она хотела бы себе света, себе самой солнца, света своей мгле, солнца-мужа своей вблювленной тоске, и призвала нести рукою семя света и солнца семя, ибо сама захотела утвердить в себе сестру сынов Прометея (Ivi: 145-146).
Anche Belyj si sente in dovere di difendere le donne dalla misoginia di
Weininger, ricordandone il ruolo di genitrici spirituali, nonché quello di madri di geni: […] взгляд на женщину как на существо, лишенное творчества, критики не выдерживает. Женщина творит мужчину не только актом физического рождения: женщина творит мужчину и актом рождения в нем духовности. Женщина оплодотворяет творчество гения: стоит только припомнить влияние женщины на ход развития гения Гете, Байрона, Данте. […] С одной стороны, мы не встречаемся почти с гениальными женщинами. С другой стороны, без влияния женщины на мужчину человечество не имело бы тех гениев, которыми оно справедливо гордится и существование которых наталкивает Вейнингера на мысль о превосходстве мужского начала (RÈ 1991: 104).
Pur negando alla donna la capità di creare, di ‘fare arte’ (tvorčestvo) e quindi la genialità (genial’nost’) che ne è il pressuporto, Belyj le riconosce il talento (talantlivost’)418 e la capacità di giocare un ruolo di rilievo nella vita dell’umanità.
L’unione stessa tra uomo e donna, il cui risultato è la procreazione, assurge – nell’ottica dei simbolisti – a creazione artistica, a opera d’arte. Secondo Z. Gippius,
Творчество в последнем значении слова есть, как мы говорим, результат последнего (божественного) соединения двух Начал. В искаженном, конечном мире оно искажено, <но> все-таки отражается в соединении двух для получения третьего – ребенка (Z. Gippius 1971: 173).
Dal canto suo, Solov’ëv con l’articolo Ženskij vopros [La questione
femminile] (1897), benché circoscriva la funzione del femminino alla “donna-sacco: quello che ci metti, lei lo porta”419 (Solov’ëv 1990: 357), riconosce alla donna un còmpito imprescindibile nella generazione della vita:
Зачинать сама новую жизнь она не может, но зачатую другим или от другого, она вынашивает и выводит на свет Божий, и без этого ее участия ничего бы на свете не произошло. Относительно духовной жизни и управляющих ею идей это так же верно, как относительно жизни физической […] (Ibidem).
Parlando di genialità e talento, S. Bulgakov esprime l’idea che il princìpio maschile dà inizio ma non conclude l’atto creativo, che si compie nell’oscuro grembo femminile, “la terra” dell’anima (Rjabov 1997: 83). La metafora riproduttiva di cui si servono Bulgakov e Solov’ëv sembra suggerire una sostanziale passività
417 “L’umanità attende la parola della donna” (“Человечество ждет женского слова”).
418 Sull’opposizione genial’nost’ – talantlivost’, concepite dai simbolisti russi (ma anche nell’àmbito
della tradizione occidentale) come qualità rispettivamente maschile e femminile, si vedano Nochlin 1988; Beaudoin 1999: 42–43.
dell’elemento femminile, chiamato a raccogliere e maturare la vita apportata dal seme maschile.
In realtà, il ventre della donna, l’“oscuro grembo femminile” (“темное
женское лоно”) secondo un’espressione di Bulgakov, è sì il luogo periferico della gestazione, ma anche la sorgente spirituale della vita. Berdjaev, fedele all’idea della complementarietà dell’arte, scrive nell’articolo Metafizika pola i ljubvi: “Senza l’attrazione mistica per il femminino, senza l’innamoramento per l’Eterno femminino l’uomo non avrebbe fatto nulla nella storia mondiale, non sarebbe esistita la cultura mondiale […]” (cit. da RÈ 1991: 254)420. Implicitamente la filosofia di Berdjaev riserva alla donna il ruolo – insostituibile e, a suo modo, creativo – del concepimento. Per esempio, in O naznačenii čeloveka, Berdjaev afferma che “la [d]onna deve essere […] la forza ispiratrice dell’arte virile” (Ibidem)421.
Nell’amore, attraverso l’unione di uomo e donna, viene veicolato il potenziale simbolista dell’arte e la convinzione che a essa sola sia affidata l’impresa di
trasformare il mondo. La vita diventa arte, così come l’arte si fa vita, realizzando
quella totale identificazione di mifotvorčestvo e žiznetvorčestvo che costituisce il cuore del pensiero simbolista, così espressa da Belyj: “L’arte (Kunst) è arte di vivere. Vivere significa saper fare, conoscere, potere […]” (Belyj 1969c: 43)422.
Come ho a più riprese ricordato, il simbolismo russo non si pensa
esclusivamente come corrente letteraria, ma anche e soprattutto come
Weltanschauung, come via per creare un nuovo mondo e una nuova umanità. Il legame tra arte e futuro, o meglio la capacità dell’arte di agire e modificare il futuro,
è il perno di tale concezione423. Secondo Belyj, “per sapere dove si sta andando, occorre sviluppare in se stessi il proprio futuro, e cioè possederlo: possedere l’immagine dell’uomo nuovo, un nuovo nome sulla pietra dell’anima” (Belyj 1994: 180)424. Ovviamente, tutto ciò non si traspone in una “previsione del futuro sicuramente esatta”; ci troviamo piuttosto di fronte a “una certa energia sempre creativa, che anticipa e dà inizio al futuro, rivoluzionaria per sua stessa essenza” (Vjač. Ivanov 1971: 87)425.
L'idea che l'arte debba creare una nuova vita, derivata dall'estetica di Schiller e
420 “Без мистического влечения к женственности, без влюбленности в Вечную Женственность
мужчина ничего не сотворил бы в истории мира, не было бы мировой культуры […]”.
421 “[ж]енщина должна быть […] силой, вдохновляющей творчество мужественное”. Compare
però in Berdjaev anche l’idea di un uomo in grado di partorire, che si accorda con la convinzione dell’attività del princìpio maschile, ma anche con l’utopia berdjaeviana del superamento della natura – rappresentata dalla donna empirica. Ecco come Najman descrive tale concezione: “The entire utopian enterprise appears to be one of appropriation; in conquering the forces of history, man makes himself immortal not only by ridding himself of woman, but by retaining her womb and making it his own” (Naiman 1993, 267). 422 “Искусство (Кunst) есть искусство жить. Жить значит уметь, знать, мочь […]”. 423 Cfr. Volženina 2014. 424 “чтобы знать, куда идешь, нужно развить в себе свое будущее, т. е. иметь его: иметь образ нового человека, новое имя на камне души” (corsivi di Belyj). 425 “непременно точное предвидение будущего, но всегда некоторую творческую энергию, упреждающую и зачинающую будущее, революционную по существу”.
Dostoevskij (Asmus 1937: 15-16), accomuna tutti i simbolisti russi. Scrive, ad esempio, S. Bulgakov: Искусство не имеет дела с утилитарными оценками этого мира, ибо оно зачаровано красой иного, горнего мира, и стремится сделать ее ощутимой. Оно показывает то, чего жаждет и о чем тоскует душа, являя тварь в свете Преображения. Его голос есть как бы зов из другого мира, весть издалека (Bulgakov 1917: 355).
Prendendo le distanze dalla dimensione utilitaristica, l’arte qui definita da Bulgakov non rispecchia il reale ma “[…] mostra ciò che agogna e di cui ha nostalgia l’anima […]” (“[…] показывает то, чего жаждет и о чем тоскует душа […]”); “la sua voce è come il richiamo di un altro mondo, una notizia che viene da lontano” (“Его голос есть как бы зов из другого мира, весть издалека”). Essa è, cioè, “trasfigurazione” (“преображение”) del mondo.
L’arte è investita da S. Bulgakov di un incarico speciale, ancor meglio esplicitato da Belyj, che sostiene:
[...] правы законодатели символизма, указывая на то, что последняя цель искусства –
пересоздание жизни [...]. Последняя цель культуры – пересоздание человечества; в этой
последней цели встречается культура с последними целями искусства и морали; культура превращает теоретические проблемы в проблемы практические [...] (Belyj 1994: 23).
Sotto la suggestione della teoria dei valori neokantiana, Belyj individua lo scopo dell’arte nella “ri-creazione della vita” (“пересоздание жизни”); conseguentemente, l’obiettivo della cultura nel suo complesso va individuato nella “ri-creazione dell’umanità” (“пересоздание человечества”). Cultura e arte formano un’unione vincente che “trasforma i problemi teoretici in problemi pratici” (“превращает теоретические проблемы в проблемы практические”). Questa sintesi di arte e cultura, ricreazione della vita e ricreazione dell’umanità, teoria e pratica – così come il ruolo del femminino –, non poteva essere ignorata dal primo romanzo simbolista russo.