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Il dvojnik russo come simbolo del male

La triade verità-bene-bellezza, l’amore salvifico e l’arte

Capitolo 4 L’omicidio di Motovilo

4.2 Il male e le sue simbologie: Motovilo

4.2.1 Il dvojnik russo come simbolo del male

Sologub condivide con gli altri simbolisti la convinzione nel valore

extramorale dell’etica e nella necessità di ridefinire i concetti di ‘bene’ e ‘male’ senza

tentativi di assolutizzazione o tendenziose astrazioni, come si è visto. Tale convinzione si esprime, nel romanzo, attraverso un soggetto narrativo riconducibile al folclore e alla tradizione letteraria, e adottato in seguito dall’estetica modernista: il motivo del ‘doppio’ o dvojničestvo (da dvojnik, ‘doppio’), che, oltre a convogliare l’idea del dvoemirie474, è anche metafora della coscienza sdoppiata di fin de siècle, del male, dell’offuscamento etico.

Da soggetto tradizionale475, questo tema diventa nella poetica simbolista un

simbolo-mito476. Il ‘simbolo-mito’ rappresenta uno dei tratti fondamentali della

Weltanschauung dei simbolisti russi, tanto che I. Prichod’ko scrive: “Una rilevante

peculiarità distintiva di tale corrente nella letteratura d’inizio secolo diviene la totale

mitologizzazione dei fenomeni della vita storica, sociale e personale, degli uomini del

passato e dei contemporanei, del mondo della natura e del mondo fenomenico” (Prichod’ko 1999: 4)477. All’interno del simbolo-mito così inteso, confluiscono cioè religione, filosofia e letteratura, a formare quello che la Minc ha battezzato come il

neomitologismo simbolista.

Frutto del neomitologismo è anche il simbolo-mito del doppio nel romanzo di Sologub Tjažëlye sny. All’epoca della stesura di Tjažëlye sny, i simbolisti russi hanno già sviluppato un proprio pensiero simbolico-mitologico. Lo testimoniano l’articolo di Vl. Solov’ëv Mifologičeskij process v drevnem jazyčestve [Il processo mitologico

474 Se ne è parlato nel capitolo 2.

475 А. Njamcu propone la seguente definizione per caratterizzare un ‘soggetto’ o ‘immagine

tradizionale’ (tradicionnyj sjužet, tradicionnyj obraz): “soggetti, immagini e motivi che con una certa periodicità si ripetono nella letteratura di varie epoche e popoli, ricevendo un nuovo apporto contenutistico e una nuova risonanza ideologico-semantica più consoni all’epoca di destinazione” (Njamcu 1999: 10; “сюжеты, образы и мотивы, которые с определенной закономерностью повторяются в литературе разных времен и народов, получая новое, более созвучное эпохе- реципиенту содержательное наполнение и идейно-семантическое звучание”). 476 V. nota 133 a p. 41. 477 “Важной отличительной особенностью этого течения в литературе начала века становится тотальная мифологизация явлений исторической, общественной и личной жизни, людей прошлого и современников, мира природы и мира вещей”. Prichod’ko concepisce il mito come “metodo profondo e organico di cognizione della realtà, originariamente l’unico possibile” (“глубинный и органичный, изначально единственно возможный способ осознания действительности”), e la mitologizzazione come “quel fenomeno, evento, personaggio o perfino cosa che si può elevare consciamente o inconsciamente al livello di mito” (Prichod’ko 1994: 7; “то или иное явление, событие, лицо или даже вещь сознательно или бессознательно возводимую на уровень мифа”).

nell’antico paganesimo] (1873) e un lavoro comparso più tardi, Pervobytnoe

jazyčestvo, ego živye i mërtvye ostatki [Il paganesimo originario, i suoi residui vivi e

morti] (1890). In queste sue opere Solov’ëv si interessa alla vita dell’uomo primitivo che “[…] non soltanto parlava, ma pensava anche mitologicamente […]”478; la sua coscienza non era dunque divisa come quella dell’uomo moderno (Solov’ëv 1988b: 128).

Nello stesso anno dell’uscita del romanzo sologubiano (1895) – e nella stessa rivista, il “Severnyj vestnik” – viene stampato il romanzo di Merežkovskij Smert’

bogov. Julian Otstupnik [La morte degli dèi. Giuliano l’Apostata], prima parte della

trilogia Christos i Antichrist. Merežkovskij si serve del simbolo-mito nell’opposizione tra la religione dello spirito (il cristianesimo) e quella della carne (il paganesimo), che costituisce il nucleo tematico dell’opera e la sua più autentica novità.

Al di là dello schematismo ideologico della sua concezione, Merežkovskij è il primo ad “[…] avvicinare a noi la lontananza della magica antichità, ad assimilare speranze, inquietudini, pensieri e sentimenti delle epoche più varie con i nostri, quelli moderni” (cit. da Dolinin [Iskoz] 2004: 194)479. Per fare questo, l’autore ricorre all’uso del simbolo inteso come medium attivo e creativo, “forma attraverso la quale scorre la realtà, ora divampando in essa, ora spegnendosi […]” (Vjač. Ivanov 1974: 647)480.

Tra i simboli-mito prediletti dagli scrittori russi, ritroviamo il doppio o

dvojnik. Tema letterario di antica memoria, caro alla mitologia e al mondo classico, il

motivo del dvojničestvo entra nel panorama letterario russo con A. Pogorel’skij. Il suo romanzo Dvojnik, ili moi večera v Malorossii [Il sosia, ovvero le mie serate nella Piccola Russia] (1828) porta in Russia il Leitmotiv dello sdoppiamento della

personalità, derivato dalla lettura dei racconti di E. Hoffmann.

История человечества, по Гофману, есть история исчезновения единой и целостной личности, […] раздвоения, бесконечного дробления человека; утративший нравственную доминанту, человек распался в собственных глазах и в глазах мира. Этот раздробленный человек естественно и закономерно становится игрушкой обстоятельств. Гофмановский мир – это мир, заселённый своего рода фантомами; в различных пространствах действуют всевозможные части, компоненты отдельного человеческого я, действуют в облике человека, в маске человека, человеком не являясь; человек в мире то и дело наталкивается на самого себя, себя самого не узнавая, себя самого преследуя, себя самого убивая (Fëdorov 2004: 278).

Sotto l’influenza del romanticismo hoffmanniano nasce, tra la metà degli anni Venti e Quaranta del XIX secolo, tutta una serie di romanzi e povest’ sul motivo del

dvojnik, quali Pikovaja dama [La donna di picche] (1833) di A. Puškin, Uedinënnyj domik na Vasil’evskom ostrove [La solitaria casetta sull’isola di Vasilij] (1828),

scritta da V. Titov su soggetto di Puškin, Pëstrye skazki [Fiabe variopinte] (1833) di 478 “[…] не только говорил, но и мыслил мифологически […]”. 479 “[…] приближать к нам даль магической старины, отождествлять чаяния, тревоги, мысли и чувства самых различных эпох с нашими, современными”. 480 “форма, через которую течет реальность, то вспыхивая в ней, то угасая […]”.

V. Odoevskij, il ciclo Peterburgskie povesti [I racconti di Pietroburgo] (1835-1842) di N. Gogol’ e Dvojnik [Il sosia] (1846) di F. Dostoevskij. Passando per Puškin, Odoesvskij, Gogol’ e Dostoevskij, il tema del doppio si riversa nel Novecento, secolo della perdita di certezze e della crisi identitaria481.

L’interesse del modernismo russo per il dvojničestvo è testimoniato dalla poesia di Annenskij Dvojnik [Il doppio] (1904), che comincia così:

Не я, и не он, и не ты,

И то же, что я, и не то же: Так были мы где-то похожи,

Что наши смешались черты (Annenskij 1988: 33)482.

Anche Blok, come gli altri simbolisti, è affascinato dal doppio. Lo dimostra l’omonimo componimento del 1909, di cui riporto i versi finali.

Вдруг – он улыбнулся нахально, И нет близ меня никого... Знаком этот образ печальный, И где-то я видел его... Быть может, себя самого Я встретил на глади зеркальной? (Blok 1999: 84)483

Se il doppio romantico era però l’incarnazione della tensione tragica

all’Assoluto e delle aspirazioni irrealizzate dell’individuo484, quello d’inizio Novecento è il ritratto della personalità scissa dell’uomo fin de siècle. Il fenomeno del dvojničestvo diventa quindi specchio di un’epoca di transizione485.

Per questo, il doppio, soprattutto nella sue incarnazioni moderniste, interessa sempre di più negli ultimi tempi non solo gli studiosi di letteratura, ma anche i culturologi. A esso sono dedicate le analisi di E. Meletinskij, Bachtin, O. Frejdenberg, D. Lichačëv, A. Pančenko, L. Abramjan, J. Frazer, M. Jampol’skij, N. Rymar, Z. Agranovič, I. Samorukova, A. Kozlova, M. Božovič, L. Romančuk e I. Stavrovskaja. A colpire è soprattutto la proteiformità di un Leitmotiv che, a partire dalla metà dell’Ottocento, si stacca dall’etichetta di topos letterario per divenire anche (specialmente nelle sue rivisitazioni di fine Ottocento – inizio Novecento) un simbolo-

mito della scissione della personalità e del lato oscuro dell’uomo.

Ripercorriamo ora brevemente le caratteristiche del dvojnik che risulteranno decisive per le elaborazioni sologubiane. Innanzitutto, il dvojnik di fine Ottocento – inizio Novecento non è dotato di autonomia ontologica, ma, in quanto ‘altro’ (drugoj),

481 Per la storia e l’evoluzione del motivo del doppio si vedano gli studi di Jourde – Tortonese 1996 e

Fusillo 1998.

482 Un’analisi del tema dello sdoppiamento in Annenskij è offerta da Nelegač 1996 e dalla prima parte

della tesi di dottorato di Stavrovskaja 2002.

483 Cfr. Korolëva 2007 sul tema dello sdoppiamento in Blok e sui legami del poeta con il romanticismo

tedesco.

484 Cfr. Novikova 2014.

485 Del simbolismo come ‘fenomeno di transizione’ abbiamo già discusso nei capp. 1.3.1 e 1.3.2. In

realtà, il doppio di fine Ottocento – inizio Novecento, rappresenta anche (oltre alla scissione dell’uomo moderno e al carattere transitorio dell’epoca) la ricerca di una mediazione o sintesi tra opposti.

si presenta come un ‘riflesso’ dell’alterità, come l’‘altra parte’ del protagonista, una sorta di ipersoggettività compensatoria o proiezione narcisistica (Dolar 1991) del suo io instabile e frammentato. Si pensi, ad esempio, alla poesia di K. Fofanov Dvojnik [Il doppio] (1887), dove il dvojnik è identificato con una parte imprescindibile dell’anima del poeta: la tristezza486. Lo stesso vale anche per il sosia di Goljadkin; scrive in proposito V. Strada: “Nel Naso è una parte dei corpi che, per metonimia, diventa autonoma pars pro toto, mentre nel Sosia è una parte dell’anima di Goljadkin che si stacca, si proietta e si oggettivizza nel ‘doppio’, contrapponendosi al tutto originario” (Strada 1986: 26).

Il doppio è sempre interiore, è il frutto di una coscienza malata che si

frantuma, staccandosi da se stessa. Si tratta, il più delle volte, di un’allucinazione del protagonista, un parto della sua mente scissa o, per usare un’espressione coniata da Massimo Fusillo, un “doppio apparente” (Fusillo 1998: 14). Esempi di “doppio apparente” pullulano nelle opere di Hoffmann, J. Hogg, T. Gautier, J. Conrad, Poe, Dostoevskij, H. James. In questa classificazione rientra anche – lo verificheremo tra poco – il cadavere in cui Login vede il proprio alter ego.

Oltre a ‘far parte’ del protagonista, il doppio assai spesso ne è la coscienza487, il Super-Io che conosce i suoi più arcani segreti ma anche un giudice severo e implacabile. In questa sua veste, il dvojnik assurge a moralizzatore e raisonneur. Il primo è il sosia di Pogorel’skij488, seguìto, fra gli altri, dal “sofista implacabile” (“софист неотступный”) e “chirurgo spietato” (“хирург беспощадный”) immortalato nei versi di A. Majkov (Majkov 1888: 213)489.

Anche senza ricollegare il doppio a patologie o nevrosi dell’autore – e quindi ridurlo semplicemente a soggetto autobiografico –490, possiamo riconoscere il legame di tale Leitmotiv con le anomalie della coscienza, i dubbi, i rimorsi, i complessi, gli

interrogativi etici del personaggio (e dell’autore). L’apparizione di questo ‘secondo

sé’ psichico è infatti spesso rapportabile a un dilemma edipico irrisolto. Ivan Karamazov si sdoppia perché è roso dal rimorso per aver istigato Smerdjakov al

486 Cfr. Fofanov 1962: 85: “[…]: / è il mio povero compagno, / è il mio triste doppio. / […]: / condivise

con me, capitò, / la solitaria tristezza… / […]!” (“[…]: / Это – бедный мой товарищ, / Это – грустный мой двойник. / […]: / Он делил со мной, бывало, /Одинокую печаль… / […]!”).

487 Cfr. Michaleva 2006: 6: “La presenza, all’interno del mondo artistico dell’opera, di personaggi-

doppi risponde alla capacità del protagonista di vedere nella realtà il riflesso della propria coscienza” (“Присутствие в художественном мире произведения персонажей-двойников отвечает способности главного героя видеть в реальности отражение собственного сознания”).

488 Si veda la quarta serata del Dvojnik, in cui il sosia presenta un’anatomia dell’intelligenza umana. 489

Mi riferisco alla poesia Dvojnik [Il doppio], risalente al 1843-1844.

490 Il legame tra dvojničestvo e autobiografismo viene postulato dal saggio di O. Rank Der Doppelgänger (1914), che riconduce l’elaborazione del concetto di doppio alle patologie degli scrittori:

“Balza agli occhi innanzi tutto che questi autori – come altri a essi affini – avevano personalità decisamente patologiche, che superavano sotto molteplici aspetti il grado di nevrosi generalmente riscontrabile negli artisti. Infatti non solo soffrivano di evidenti disturbi psichici o di malattie nervose e mentali, ma ebbero, anche nella vita quotidiana, un comportamento chiaramente eccentrico, eccedendo nel bere, nell’uso di oppiacei e nella vita sessuale, soprattutto nei suoi aspetti anomali” (Rank 2001: 47).

parricidio. Il protagonista delle Stranstvija i priključenija di Skaldin, il barin Nikodim, vede il proprio doppio perché è intimamente diviso tra l’attrazione incestuosa per la madre e la passione adulterina per l’amata491. Illustra molto bene l’associazione tra doppio e ménage à trois la teoria di R. Girard sul “desiderio triangolare” o “mimetico”, per cui l’“altro” non sarebbe che la proiezione dell’uguaglianza di due soggetti che desiderano lo stesso oggetto (Girard 1961 e 1972: cap. 6).

Complessi d’inferiorità e orgoglio formano il corollario emozionale di un

fenomeno complesso e sfuggente quale è lo sdoppiamento. La scissione nasce, sostanzialmente, dal ‘timore di non essere all’altezza’, dalla consapevolezza della “distanza tra l’io ideale e la realtà concreta” (Rank 2001: 96), un fattore capace di produrre “un profondo senso di colpa, che induce il protagonista a non assumersi più la responsabilità di certe sue azioni addebitandole a un altro io, a un doppio [...]” (Ivi: 95). Nella letteratura russa otto-novecentesca, il più delle volte è la debolezza morale del protagonista, l’impotenza ontologica del soggetto etico, a generare il doppio: ciò avviene con particolare evidenza nella scrittura di Dostoevskij, come hanno ben dimostrato gli studiosi (Čiževskij 2007: 73).

Il dvojnik dà scacco matto all’autostima e all’autocoscienza del soggetto. Girard colloca la sconfitta dell’orgoglio, che, “nella propria essenza, è contraddittorio, sdoppiato e scisso fra l’Io e l’Altro [...]” (Girard 20052: 36), a fondamento del sosia di Goljadkin, precursore dei doppi moderni:

[...] è dall’orgoglio, in definitiva, che deriva l’allucinazione di Goljadkin. L’orgoglioso si crede uno nel sogno solitario, ma nello scacco si divide in un individuo disprezzabile e in un osservatore che disprezza. Diventa Altro anche per se stesso. Il fallimento lo costringe a prendere, contro se stesso, il partito dell’Altro, che gli rivela la sua nullità (Ivi: 40).

Le dinamiche dell’interconcatenazione fra scissione, senso di dipendenza e impotenza sono chiarite da Jourde – Tortonese, per i quali “[...] la manifestation du double [...] correspond à une perte de pouvoir du sujet sur lui-même. Elle crée toutes sortes de formes de dépendance. Le double devient une obsession, la présence d’une ironie autodestructrice” (Jourde – Tortonese 1996: 112). L’affioramento di pulsioni

sessuali e omicide – alla Hoffmann e alla Hogg (Fusillo 1998: 135) – corrisponde al

tentativo di uscire dalla logica diabolica dello sdoppiamento.

Nel circolo vizioso colpa – peccato – punizione il doppio personifica infatti le

pulsioni oscure che operano nell’Es, solo temporaneamente rimosse ma capaci di

riemergere in qualsiasi momento. In esso l’individuo riversa tutte le proprie energie e istinti negativi. Il doppio russo al confine tra i secoli è il simbolo del male universale, ma pure il riflesso dell’imperfezione umana, un ‘alter ego’ dell’io che ne addita l’incompletezza e gli errori, “[...] segno del crollo della personalità, della perdità dell’integrità, della distruzione dell’unità interiore etico-ontologica” (Vasil’eva 2014:

491 Che lo sdoppiamento sia, nella scrittura skaldiniana, un tema psicologico autobiografico,

rispecchiante i triangoli amorosi Skaldin - Švarsalon - Ivanov e Skaldin - Bauman - Walter, è quanto sostenuto da Krejd (Krejd 2004: 187).

102)492.

Tutti questi elementi si ritrovano nell’episodio dell’omicidio di Motovilov da parte di Login, che rappresenta una delle prime riletture simboliste del tema classico del dvojničestvo, in cui il motivo dello sdoppiamento è interiorizzato e collegato alle problematiche etiche e all’eterna questione della scelta tra bene e male.