coloro che si muovono
2.4.2. Dopo il Trattato di Lisbona
La dicotomia appare ancor più evidente dopo l’approvazione del Trattato di Lisbona che, rafforzando ulteriormente la cittadinanza europea con l’estensione dell’ambito di applicazione ratione materiae delle disposizioni sulla cittadinanza e sulla non discrimi- nazione, rende maggiormente problematica l’esclusione dalla stessa dei cittadini c.d. “statici”. La questione si ripropone anche all’attenzione della Corte di Giustizia che, nei casi Rottmann e Ruiz Zambrano, riconosce per la prima volta i diritti di cittadinanza europea in una situazione meramente interna.
Il caso Rottmann verrà esaminato nel paragrafo successivo. In Ruiz Zambrano25 la
vicenda processuale trae origine dalla storia di un cittadino colombiano che, trasferitosi in Belgio con la famiglia (moglie e figlio), richiede ma non ottiene un permesso di lavoro e un permesso di soggiorno. Nel frattempo diventa padre di altri due figli che, in base alla legislazione vigente, acquistano la cittadinanza belga.
Ruiz ricorre contro i dinieghi dei due permessi e il giudice chiede in via pregiudiziale alla Corte se il diritto dell’Unione osta a che la normativa di uno Stato membro neghi il permesso di soggiorno e il permesso di lavoro ad un cittadino di uno Stato terzo, geni- tore ed affidatario di minori che hanno la cittadinanza dello Stato membro in questione,
23 In Heikki Antero Pusa e Osuuspankkien Keskinäinen Vakuutusyhtiö, C-244/02, del 29 aprile 2004, la Corte si pronuncia su una disposizione finlandese che disciplina la quota pignorabile di una pensione percepita in Finlandia da un cittadino finlandese che risiede e paga le imposte in un altro Stato membro; in Herbert Schwarz, Marga Gootjes-Schwarz e Finanzamt Bergisch Gladbach, C-76/05, dell’11 settembre 2007, prende in esame le disposizioni tedesche che consentono una riduzione delle imposte sul reddito solo per le spese sostenute per il pagamento delle rette di scuole private situate in Germania e non anche di quelle situate in altri Stati membri; in Rhiannon Morgan contro Bezirksregierung Köln e Iris Bucher contro Landrat des Kreises Düren, C-11/06 e C-12/06, del 23 ottobre 2007, valuta le disposizioni tedesche che subordinano la concessione di aiuti alla formazione per studi seguiti in uno Stato membro diverso da quello di cui si è cittadini al fatto che tali studi costituiscano la prosecuzione di una formazione seguita per almeno un anno nel territorio dello Stato membro di origine.
24 L’autrice ritiene che la necessità di applicare il principio di non discriminazione indipendentemente dall’attra- versamento delle frontiere si avverta, in particolare, nel diritto di famiglia (es. di ricongiungersi con il coniuge cittadino di Stato terzo) e in quello a che lo Stato in cui ci si trova tenga in considerazione la situazione personale del richiedente.
qualora tali disposizioni abbiano l’effetto di privare i minori del godimento effettivo dei loro diritti di cittadinanza europea.
Otto Stati membri si costituiscono in giudizio per sostenere, come la Commissione europea, che la questione non rientra nelle ipotesi previste dalla libertà di circolazione e soggiorno. La Corte, pur escludendo l’applicazione della Direttiva 2004/38 sulla libertà di movimento, considera invece l’art. 20 TFUE (che prevede la cittadinanza europea), in quanto i due bambini della coppia nati in Belgio sono cittadini dell’UE. Nel caso specifico, il rifiuto di concedere al ricorrente il permesso di soggiorno e il per- messo di lavoro, comportando in entrambi i casi il suo trasferimento in un altro Stato, avrebbe l’effetto di privare anche i due bambini, costretti a seguire il genitore, della possibilità di esercitare i loro diritti di cittadinanza europea.
Il caso Ruiz riprende per molti aspetti la vicenda della madre cinese che nel 2004 ottiene il permesso di soggiornare nel Regno Unito per accudire la propria figlia, ivi residente, cittadina irlandese e quindi europea (Chen, v. amplius infra). In Ruiz manca però completamente l’aspetto interfrontaliero, non essendosi verificato alcun attraver- samento di confini fra Stati membri dell’UE.
Secondo alcuni, dalla pronuncia in esame e da tre suoi aspetti in particolare emerge- rebbe una nuova visione della cittadinanza europea: il riconoscimento del diritto di residenza in uno Stato membro dell’UE a non-cittadini europei, genitori di cittadini europei; il riconoscimento dei diritti di cittadinanza indipendentemente dal fatto che ci sia stato un movimento fra Stati diversi; l’implicito riferimento ad un nuovo spazio e territorio europeo, che non sarebbero solo la somma dei territori nazionali.
Il primo e il secondo aspetto testimonierebbero l’esistenza di una cittadinanza europea indipendente, che non ha bisogno dell’esercizio di un’attività economica o dell’attra- versamento di una frontiera per fondare dei diritti; il terzo, cioè il riferimento a uno “spazio europeo”, indurrebbe a pensare che stia prendendo corpo un’area di diritto, identità comune e valori europei (Stasinopoulos 2011, p. 96). Fra tali elementi, però, quello veramente “nuovo” e suscettibile di aprire più ampi – ma anche realistici – oriz- zonti per la dimensione della cittadinanza europea sembra proprio il secondo, che attri- buisce all’Unione la possibilità di ingerirsi in questioni puramente interne a uno Stato membro quando siano coinvolti i diritti di cittadinanza europea, lasciando però aperti alcuni interrogativi sui limiti entro cui questo può avvenire (Cambien 2012, p. 20). Poco tempo dopo, forse in risposta alla necessità di definire tali limiti, la Corte sembra però rivedere leggermente la propria posizione sulle questioni meramente interne. Nel caso McCarthy26 una cittadina britannica, non avendo ottenuto nel Regno
Unito il permesso di soggiorno per il proprio sposo, di nazionalità giamaicana, tenta nuovamente di raggiungere l’obiettivo ricorrendo al fatto di avere la doppia cittadinanza e presenta quindi una richiesta di soggiorno per sé e per il coniuge come cittadina irlandese. Incontra però un secondo rifiuto contro cui ricorre.
Interpellata dal giudice inglese, la Corte di Giustizia deve appurare se una persona che ha soggiornato tutta la vita nel Regno Unito abbia diritto ad esercitare la libertà di circolazione e soggiorno ai sensi della Direttiva del 2004 e se il soggiorno di tale persona possa ritenersi legittimo, pur non presentando questa i requisiti economici previsti.
26 Shirley McCarthy contro Secretary of State for the Home Department, C-434/09, del 5 maggio 2011.
Sulla prima questione, esclusa l’applicabilità alla fattispecie della sopracitata Direttiva, la Corte ritiene di includere nel riferimento alla normativa dell’Unione anche l’art. 21 TFUE (libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini UE). In proposito, pur esclu- dendo l’applicazione delle disposizioni sulla libera circolazione alle “situazioni che non presentino alcun fattore di collegamento con una qualsiasi delle situazioni contemplate dal diritto dell’Unione e i cui elementi rilevanti restino in complesso confinati all’inter- no di un unico Stato membro”, la Corte ritiene che il caso in esame non possa essere assimilato ad una situazione meramente interna, in quanto la signora McCarthy è cit- tadina europea e deve poter godere dei diritti riferiti a tale status anche nei confronti dello Stato membro di appartenenza. Nonostante questo, però, i diritti di cittadinanza europea della ricorrente, soprattutto per quanto concerne la sua libertà di circolazione e soggiorno, non sono in alcun modo violati e non sussistono quindi i presupposti per applicare il diritto dell’Unione, dal momento che “gli elementi rilevanti di tale situazio- ne restano in complesso confinati all’interno di un unico Stato membro”27.
La definizione di quali casi rientrino nel diritto dell’Unione e quali ne siano esclusi sembra affidata dalla Corte, con le pronunce citate da ultimo, ad una sorta di “doppio- test”, basato su due elementi: l’attraversamento delle frontiere e l’impatto sull’esercizio dei diritti di cittadinanza (Van Elsuwege 2011).
Per concludere, la giurisprudenza di Lussemburgo, soprattutto quella successiva all’en- trata in vigore del nuovo Trattato, sembra voler dare una risposta affermativa alla pos- sibilità di applicare i diritti di cittadinanza non solo ai “moving” ma anche agli “static” citizens, pur solo in presenza di determinate circostanze, sulla cui definizione rimango- no ancora alcuni nodi da sciogliere.