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La Formazione Professionale nell’ordinamento europeo La Formazione Professionale costituisce, sin dal Trattato di Roma del 1957, uno degl

di Cristina Bertolino 4.1 Premessa

4.2. La Formazione Professionale nell’ordinamento europeo La Formazione Professionale costituisce, sin dal Trattato di Roma del 1957, uno degl

ambiti privilegiati di riflessione e di azione delle politiche comunitarie volte alla creazione di un’Europa sociale. Sebbene infatti, in origine, l’Unione Europea abbia perseguito finalità prettamente politiche ed economiche, essa ha comunque ricono- sciuto sin da principio anche il settore della formazione professionale quale utile stru- mento di politica attiva del mercato del lavoro, capace di favorire l’adattamento alle trasformazioni socio-economiche, la promozione delle pari opportunità e la libertà di circolazione non solo dei lavoratori, ma, più in generale, delle persone.

L’art. 128 dell’originario Trattato di Roma, invero, affidava al Consiglio europeo il potere di stabilire “principi generali per l’attuazione di una politica comune di forma- zione professionale” volta a “contribuire allo sviluppo armonioso sia delle economie nazionali, sia del mercato comune”. Tale disposizione aveva peraltro suscitato alcuni dubbi interpretativi circa il riparto di competenze tra Stati membri e Comunità europea (Della Morte, 1996) e la Corte di Giustizia34, adita sul punto in più occasioni,

aveva sostenuto un’interpretazione estensiva della norma, consentendo alle Istitu- zioni comunitarie, la facoltà – finalizzata a conferire maggiore effettività al principio della libera circolazione delle persone – di emanare atti vincolanti per gli Stati membri nell’ambito della formazione professionale e, dunque, conseguenti obblighi di coope- razione in capo a questi.

34 Cfr. C. Giustizia Ce, 30 maggio 1989, causa 242/87, Commissione c. Consiglio; C. Giustizia Ce, 30 maggio 1989, causa 56/88, Regno Unito c. Consiglio; C. Giustizia Ce, 11 giugno 1991, cause riunite 51/89, 90/89 e 94/89, Regno Unito c. Consiglio, Francia c. Consiglio e Germania c. Consiglio.

I “principi generali” di cui all’art. 128 furono in particolare definiti nella Decisione n. 63 del 1963 del Consiglio europeo35, il quale, fondandosi sulla premessa che la

formazione costituisce diritto fondamentale di ogni persona, stabilì che gli Stati membri dovessero tendere a realizzare anzitutto le condizioni per rendere effettivo tale diritto per tutti.

Con il successivo Trattato di Maastricht si intese definire più opportunamente la questione del riparto di competenze in materia di formazione professionale, adottando quella che, anche in seguito al Trattato di Lisbona, risulta essere l’attuale formulazione dell’art. 166 (ex art. 150 TCE). Alle Istituzioni europee è riconosciuta la facoltà di attuare “una politica di formazione professionale che rafforza ed integra le azioni degli Stati membri, nel pieno rispetto della responsabilità di questi ultimi per quanto riguarda il contenuto e l’organizzazione della formazione professionale”. L’ordinamento europeo assume così in quest’ambito materiale – inscindibilmente connesso a quello dell’istruzione e della cultura36 – un ruolo meramente “complementare” (Faro, Ferraro,

2007, p. 1115) rispetto agli Stati membri. All’Unione spetta infatti individuare obiettivi37 ritenuti prioritari per le politiche europee, mentre sono salvaguardate le

prerogative nazionali in forza della esplicita esclusione di “qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri”.

È pur vero che l’ambito della formazione professionale, a differenza di quello dell’istruzione, potrebbe prestarsi più facilmente ad una politica europea vincolante e coercitiva: essa contribuirebbe infatti a diminuire il divario di sviluppo tra Stati membri e non necessariamente implicherebbe una dispersione di patrimoni culturali, linguistici ed etnici (Poggi, 2002, p. 795). Peraltro si ritiene che sarebbe del tutto irragionevole un’azione europea volta ad una piena uniformità e omologazione dei sistemi formativi, in quanto la formazione professionale deve oramai essere intesa, non solo in ambito europeo ma – come si avrà modo di esaminare – finanche nell’ordinamento interno, come settore materiale che si integra pienamente con quello dell’istruzione e che dunque, non potendo nettamente distinguersi da questa, porta imprescindibil- mente con sé differenze tra Stati membri che debbono essere preservate.

L’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione38 riconosce infatti il diritto

“all’istruzione e all’accesso alla formazione professionale e continua”.

35 Decisione Consiglio europeo del 2 aprile 1963 n. 63/266/CEE, in GU C del 20.04.1963, p. 1338/63. 36 L’art. 166 TFUE risulta infatti inserito in un apposito Capo del Trattato dedicato alla «Istruzione, formazione professionale, gioventù e sport».

37 Obiettivi dell’Unione rispetto al sistema della formazione professionale sono, in particolare, facilitare l’ade- guamento alle trasformazioni industriali, soprattutto attraverso la formazione e la riconversione professionale; migliorare la formazione professionale iniziale e la formazione permanente, per agevolare l’inserimento e il reinserimento professionale sul mercato del lavoro; facilitare l’accesso alla formazione professionale e favorire la mobilità degli istruttori e delle persone in formazione, in particolare dei giovani; stimolare la cooperazione in materia di formazione tra istituti di insegnamento o di formazione professionale e imprese; sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui problemi comuni dei sistemi di formazione degli Stati membri. 38 Le origini dell’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, approvata a Nizza nel 2000, risalgono peraltro all’art. 15 della Carta comunitaria dei diritti fondamentali dei lavoratori del 1989 e all’art. 10 della Carta

È dunque evidente come nella Carta di Nizza si siano considerate l’istruzione e la formazione professionale “come oggetto di un diritto sostanzialmente unitario” (Demuro, 2001, p. 121), che deve inoltre essere inteso – in quanto attribuito all’“individuo” e in quanto definito come “fondamentale” – come diritto naturale e universale, che prescinde dalla condizione di cittadino comunitario. Lo sviluppo della personalità dell’individuo avviene dunque non tanto o, meglio, non solo mediante l’istruzione, quanto soprattutto per mezzo del sistema integrato dell’istruzione e formazione professionale, il quale diviene fattore caratterizzante il modello di integra- zione sociale che si intende raggiungere in ambito europeo (Cocconi, p. 2003). Ancor prima dell’adozione della Carta di Nizza, inoltre, la Corte di Giustizia aveva già contribuito a sostenere la tesi dell’integrazione tra il sistema educativo e quello della formazione professionale, in particolare quando, con la nota sentenza Gravier39, ha

inteso ampliare la nozione di formazione professionale, intendendovi “qualsiasi forma di insegnamento che prepari ad una qualificazione per una determinata professione, un determinato mestiere o una determinata attività, ovvero conferisca la particolare idoneità ad esercitare tale professione, mestiere o attività […] qualunque sia l’età ed il livello di preparazione degli alunni o degli studenti, e anche se il programma di insegnamento comprende una parte di educazione generale”.

Se dunque inizialmente la formazione professionale si configurava all’interno dell’ordinamento comunitario come finalizzata esclusivamente all’attuazione della libera circolazione dei lavoratori e, quindi, le politiche comunitarie apparivano perlopiù dirette a favorire il riconoscimento tra gli Stati delle qualifiche professionali, dopo Maastricht, e in seguito al riconoscimento esplicito di un diritto all’istruzione e alla formazione professionale, nonché all’utilizzo ad opera della Corte di Giustizia di una nozione ampia di formazione professionale, questa diviene a pieno titolo diritto sociale di cittadinanza, finalizzato a ridurre le diseguaglianze di opportunità all’interno della società civile europea, a favorire le opportunità di libertà e di emancipazione degli individui, ad accrescere la mobilità dei cittadini dell’Unione e, in ultima analisi, la coesione sociale.

tadini dell’Unione e, in ultima analisi, la coesione sociale.

Il percorso di ricerca di un’integrazione sociale europea nel settore dell’istruzione -formazione professionale è iniziato in particolare, e con una certa evidenza, a partire dal 1995, sotto la Presidenza Delors, con l’adozione del Libro bianco Insegnare ed apprendere – Verso la società cognitiva. Muovendo dalla constatazione che nella società moderna sono incrementate notevolmente le possibilità di ciascun individuo di accedere all’informazione ed al sapere e che, al tempo stesso, e di conseguenza, la posizione di ciascuno nella società verrà determinata dalle conoscenze che avrà acquisito, il documento pose l’ambizioso obiettivo della costruzione di una società conoscitiva. Si intendeva, in particolare, innalzare il livello generale delle conoscenze mediante il riconoscimento a livello europeo delle competenze tecniche e professionali, una più agevole mobilità degli studenti, l’avvicinamento del sistema scolastico al mondo delle imprese e con l’inizio di una battaglia contro l’emarginazione e l’abbandono scolastico.

39 Cfr. C. Giustizia Ce, 13 febbraio 1985, causa 293/85, Gravier.

Questi obiettivi indussero dunque a riflettere su, e a istituire, un’effettiva integrazione tra il sistema dell’istruzione classicamente intesa e quello delle professioni, così da valorizzare prioritariamente la formazione personale, latamente intesa, dei cittadini europei. Occorreva, in definitiva, adattare i sistemi dell’istruzione e della formazione professionale alle nuove esigenze socio-economiche, riflettere sulla natura stessa della formazione professionale e su come strutturare entrambi i sistemi per una formazione che fosse effettiva e lungo tutto l’arco della vita.

È stato peraltro soprattutto con la Presidenza portoghese di Lisbona, nel 2000, che l’Unione Europea ha manifestato nuovo interesse per il settore dell’istruzione-forma- zione professionale, ritenendolo strategico. Il Consiglio dei Ministri, riunitosi il 23-24 marzo 2000, provvide infatti ad elaborare una strategia complessiva di intervento per lo sviluppo dei sistemi di istruzione e formazione, volta a coinvolgere tutti gli Stati membri e finalizzata a far sì che l’Europa potesse “diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”.In quell’occasione si decise inoltre di adottare il c.d. “metodo del coordina- mento aperto” (Cocconi, 2006, p. 195 ss.): esso consentiva infatti il coordinamento delle politiche nazionali, anche mediante l’utilizzo dei fondi strutturali, mantenendo peraltro impregiudicata l’esclusività della competenza statale sull’organizzazione dei sistemi di istruzione e formazione professionale. Applicando questo metodo di coordinamento, il successivo Consiglio europeo di Stoccolma del 23-24 marzo 2001 ha dunque approvato il rapporto Istruzione e formazione in Europa: sistemi diversi, obiettivi comuni per il 2010. Programma di lavoro sugli obiettivi futuri dei sistemi di istruzione e di formazione40; in esso si sono determinate le priorità, europee e degli Stati membri,

di riforma del settore: migliorare la qualità e l’efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione dell’Unione Europea; agevolare l’accesso di tutti ai sistemi di istruzione e formazione professionale; aprire i sistemi di istruzione e formazione al resto del mondo. A partire poi dai tre obiettivi strategici, il Consiglio europeo, riunito a Barcellona nel 2002, ha elaborato un piano di lavoro dettagliato, con tredici obiettivi concreti41.

Infine, sempre sulla base del metodo di coordinamento aperto, allo scopo di misu- rare i progressi compiuti, nelle conclusioni del Consiglio Istruzione del 5-6 maggio 2003 si sono approvati cinque parametri di riferimento42, rispetto ai quali gli Stati

membri, nell’esercizio delle proprie competenze in materia di istruzione e formazione professionale, dovevano intervenire per dare così seguito al processo strategico iniziato a Lisbona. Il metodo di coordinamento aperto ha pertanto consentito a livello europeo, a differenza di quanto era avvenuto in un primo periodo, la condivisione da parte degli Stati membri delle finalità che si intendevano perseguire, indirizzandoli verso una convergenza di obiettivi, senza che questa si sia tradotta in una omologazione, imposta e vincolante, dei sistemi nazionali di istruzione e formazione professionale.

40 Relazione adottata dal Consiglio “Istruzione” il 12 febbraio 2001, 5680/01 EDC 18.

41 In particolare nel Consiglio europeo di Barcellona del 15-16 marzo 2002 viene approvato il Programma di

lavoro dettagliato sul follow-up circa gli obiettivi dei sistemi di istruzione e formazione in Europa, in GU, 14 giugno

2002, C 142, adottato dal Consiglio Istruzione del 14 febbraio 2002.

42 Cfr. Comunicazione della Commissione Parametri di riferimento europei per l’istruzione e la formazione: seguito

4.3. I più recenti obiettivi europei nell’ambito dell’Istruzione

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