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2.3 Abitare la parola

3.1.4 Dottore in Legge

Sul luogo del conseguimento del titolo Dottore in Legge, pensavo e speravo di trovare tracce significative nel fascicolo di Satta conservato nell’Archivio pisano. E, in un certo senso le ho trovate, effimere, però significative per attuare il secondo passo nella ricerca in terra locale, ossia in Sardegna, nella, allora, Regia Università di Sassari.

Sempre dal fascicolo personale di Satta durante il suo percorso di studi universitari in Toscana, emerge un dato non opinabile: quel foglio 3993/registro n. 26 (figura n. 6) Anno Accademico 1921-1922 riporta una scritta sul lato destro della cartella: “con congedo.”12

12 Sulla destra in basso del fascicolo è scritto “con congedo”: la scritta è a matita per cui è

difficile vederla nella riproduzione fotostatica. La data 20/06/2013 che appare chiara nella figura a sinistra fa riferimento alla richiesta del fascicolo presso l’Archivio dell’Ateneo di Pisa.

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Figura 6. Frontespizio fascicolo S. Satta, Università di Pisa, A.A. 1921-1922

Con delicatezza sfoglio il fascicolo e ne ammiro la forma, lo stile, la bella grafia e il valore di atti che parlano di quell’epoca fin dal principio; ma, al suo interno non vi è alcun libretto d’esami o prospetto di laurea e, tanto meno, il diploma di Laurea, però, in compenso, trovo un altro tassello datato 1 agosto 1922.

In tale data Salvatore Satta conferma un altro trasferimento da Pisa a Sassari per la prosecuzione e la conclusione degli studi universitari, ove compì, precedentemente, gli ultimi tre anni di Liceo Classico dopo la frequenza dei primi cinque anni di Ginnasio a Nuoro.

Il 4 agosto 1922 la Regia Università di Pisa licenzierà Salvatore Satta col foglio di congedo al Chiarissimo Sig. Rettore della Regia Università di Sassari allegandovi copia del “Diploma di licenza completa” in data 18 agosto 1922 (figura n. 7).

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Questi atti dimostrano inequivocabilmente che Salvatore Satta non si laureò presso la Regia Università di Pisa.

Tuttavia, per completare il quadro della sua carriera universitaria, ho fatto altresì richiesta del fascicolo personale di Satta, dapprima telefonica e subito a seguire via mail, alla responsabile dell’archivio dell’Università di Sassari che, alla mia, rispose, con cordialità, tramite comunicazione esclusivamente telefonica, di prendere contatti (sempre telefonici) con il Direttore dell’Archivio.

A seguito della telefonata intercorsa tra me ed il Direttore, per procedere alla formale domanda per visionare suddetto fascicolo, è emersa, durante il colloquio, l’impossibilità di ammirare ed apprezzare, come avvenne a Pisa, quei preziosi fogli storici a causa di una non meglio specificata irreperibilità in Archivio.

La squisitezza e la chiarezza del Direttore mi permisero tuttavia di assodare, dal suo racconto, che Salvatore Satta si laureò effettivamente presso la Regia Università di Sassari, facoltà di Giurisprudenza, in data 11 ottobre 1924 discutendo la tesi “Sistema revocatorio fallimentare”, con il prof. Lorenzo Mossa, conquistandosi la lode.

Il Direttore, inoltre, mi invitò alla lettura del prezioso libro, scritto sempre da Salvatore Satta, Soliloqui e colloqui di un giurista13 nel

quale si evincono passaggi importanti sullo stesso autore come quello dedicato al suo Maestro Mossa, maestro nel campo giuridico e di vita:

… C’è una sottile differenza – o meglio io voglio farla – tra il prof. Lorenzo Mossa e Lorenzo Mossa professore. Quest’ultimo, l’insegnante, e diciamo pure il maestro dalla cui viva voce innumerevoli discepoli hanno appreso il diritto, appartiene alla storia. L’altro sprofonda nel mito […]. A Sassari c’era anche l’università […]; e nell’università di Sassari c’era Lorenzo Mossa. Dovevo avere qualche commendatizia per lui (un professore sardo era allora per gli altri sardi come investito degli ordini sacri); ed io, senza gioia, senza vocazione, col rimpianto e più col pianto del mio mondo perduto, andai a trovarlo […]. Mi ritrovai in una stanza piena di libri, e tra i libri c’era lui, come era allora, e come è poi sempre stato, perché aveva tra gli altri doni quello di mantenersi, anche fisicamente, sempre uguale a se stesso […]. Mi fece sedere, mi guardò di là dalle spesse lenti, mi chiese, come

13 Salvatore Satta, Soliloqui e colloqui di un giurista, fu editata da Cedam, Padova, 1968, rieditata da

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Farinata, dei miei maggiori. Poi parlò di sé. Ne parlò per un’ora, per due, non so, come non so cosa disse. So che man mano che parlava la stanza, nella quale già si insinuava il crepuscolo, si popolava di spiriti: talvolta staccava un libro, lo apriva, ne godeva col tatto le lucide pagine, poi leggeva qualche passo, dimentico che io non potevo assolutamente capire. Quando mi accompagnò alla porta, mi guardò fisso negli occhi: «Nella vita si possono fare molte cose», disse, «e si può fare a meno di studiare diritto. Per me» e la voce si fece grave «il diritto è tutto». Mi precipitai per le scale, mi slanciai felice nella notte. Avevo trovato la mia vocazione, avevo trovato l’assurdo. […] Tante volte, diventato professore anch’io […] ho cercato di capire la ragione profonda di quell’assurdo che faceva di Lorenzo Mossa qualcosa di diverso da tutti gli altri professori […]. Forse la ragione sta in questo: che egli, naturalmente nella sua più assoluta e inconsapevole spontaneità, viveva due vite. Una vita di razionalità profonda, e questa era quel del Mossa professore […] un’altra di non meno profonda irrazionalità, ma più giusto sarebbe dire una più intima razionalità, perché in sostanza egli sentiva, con un sicuro, e sicuramente ancestrale istinto, che il diritto è vita, cioè esperienza, e un’esperienza che condiziona

tutte le altre esperienze che compongono la vita […].14