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Postille sull’eternità effimera

… Il giorno del giudizio è universale. Niente è più universale della Nuoro narrata da Salvatore Satta. Le tre parti della Nuoro di allora, Santu Predu, Santa Maria e Sèuna, sono moltiplicabili. Leggono a noi stessi la nostra stessa storia e niente sembra mutare dal tempo della gente. Tempo fermo […]. Necessario svolgere "fuori dal tempo” la propria vicenda, la propria storia in rapporto a quella degli altri. A Nuoro e in ogni altrove.[…] Il romanzo sattiano è unico e allo stesso tempo specchio di moltiplicazioni per i vari maestro Manca, don Ricciotti, Boelle Zicheri, Ludovico, e pure donna Vincenza e don Sebastiano. E gli altri più altri di tutti: lo scemo Fileddu, la puttana Giggia, i mendicanti […]. Gli eroi e i buffoni. Sta qui la capacità di catarsi del romanzo: rendere vivi i fantasmi e i morti. Per raccontare ai vivi il lato d'ombra di molte vite, Satta usa la finzione della "morte".73

71 Ivi, p. 80. 72 Ivi, p. 255.

73Natalino,Piras:http://blognew.aruba.it/blog.natalinopiras.it/GLI_DEI_E_I_MORTI_DEL

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E, per narrare della sua gente e alla sua gente, Satta come già detto non fa dialogare i suoi personaggi, bensì è egli medesimo, l’io narratore, protagonista, scenografo e regista. In una danza metrica antepone, post-pone e dispone delle dinamiche interattive intercorse in un tempo che è stato, interpretate e rese agenti da individui che si perpetuano nel tempo e costruiscono la realtà sociale.

Satta, nel suo saper evocare chi non è più ma che è in quanto è nato (e dunque non si può levare il suo status di essere), utilizza la morte come simbolo di vita:

nulla è più eterno, a Nuoro, nulla più effimero della morte […] da quando la morte ha cessato di esistere […] la morte è eterna ed effimera in Sardegna non solo per gli uomini ma anche per le cose.74

E, così facendo, descrive la «natura della società umana»75

simmetricamente alla tesi di George Herbert Mead nel

dimostrare che la vita del gruppo umano era condizione essenziale per far emergere la coscienza, la mente, un mondo di oggetti, gli individui come organismi di un sé e la

condotta umana come risultato di azioni costruite.76

Vita e morte, solo apparentemente in antitesi:

… non è una sua precipua invenzione ma lui è maestro come evocatore d'ombre e artifex di scritture […] l’interesse alla morte e alla malattia […] non è che «una variata espressione dell’interesse alla vita, all’uomo»77

una riflessione sulla sua ed altrui persona come prodotto costruito nel tempo in quel misteriosa comunione tra passato presente e futuro

… nella Sardegna in cui «la storie e la cronaca si dissolvono», c’è qualcosa di più: c’è la mia famiglia paterna, quel che restiamo di essa, che è nel destino come un’altra

74 S. Satta, Il giorno del giudizio, 2005, cit., p. 8-11. 75 H. Blumer, op. cit., p. 95.

76 Ibidem.

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Sardegna […]. Io non sono io: sono questa misteriosa famiglia nella quale sono

nato e nella quale, anche se ultimo, morirò.78

Una danza immobile […] che è poi il tempo fermo eternato nel cimitero di Sa ‘e

Manca […]:79

una danza che nonostante le trasformazioni sociali assurge il senso dell’eternità che ha il sopravvento con quel ferma immagine fotografico, mai statico e sempre dinamico quale destino della legge dettata dalla vita stessa nella

cristallizzazione "de su Connottu", una scrittura notarile dentro il tempo di vetro di una città morta […] la terra dei morti capace di eternare le ombre. Perché c'è una grande idea di scrittura a sostenere, una scrittura lucida e demoniaca, notarile eppure lavorata al fuoco bianco. Tutto torna. Satta rende contemporaneo a se stesso che scrive il romanzo (tra fine anni Sessanta e inizio dei Settanta) avvenimenti che risalgono a più di mezzo secolo prima. […] La contemporaneità dello scrittore con una parte della sua memoria (o con la sua memoria assoluta) è immedesimazione ma pure distacco, coscienza dell'artifex e dei personaggi: "per comporre un lugubre affresco che non ha ragione di esistere".80

… per conoscersi bisogna svolgere la propria vita, fino in fondo, fino al momento in cui si cala nella fossa […]:81

e, Salvatore Satta, con il suo recarsi tra i morti per rivivere e far rivivere gli stessi morti in quella danza eterna, abbraccia, metaforicamente parlando, l’Angelus novus82 di Walter Benjamin -

simbolo della filosofia della storia – con un volto che guarda al passato vivendolo al presente attraverso una proiezione di un ieri ormai fissato in un’eternità circolare senza tempo tra passato presente futuro.

78 S. Satta, Il giorno del giudizio, 2005, cit., p. XVI.

79 N. Piras: http://blognew.aruba.it/blog.natalinopiras.it/GLI_DEI_E_I_MORTI... cit. 80 Ibidem.

81 S. Satta, Il giorno del giudizio, 2005, p. 375. 82 Rappresentato da Paul Klee nel suo acquarello.

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Considerazioni conclusive

L’analisi interazionista ha messo in evidenza: i nessi significativi tra azione, osservazione e comprensione del senso dell’agire dell’altro (i soggetti individuali e sociali presenti nell’opera) inteso sia come analisi del soggetto agente (l’io narrante e i suoi personaggi) sia del soggetto osservatore (l’io narrante).

Infatti, si evince che le azioni sorgono attraverso il dialogo interattivo tra i soggetti costruendo la realtà ed i simboli: i significati occupano un ruolo centrale nella relazione con l’altro impegnati in un processo comunicativo ove il processo interpretativo dell’individuo è determinato altresì dal livello e grado di conoscenza (e distribuzione della stessa) in un continuum interattivo. Ogni comunicazione tra i personaggi rimanda a dei significati, condivisi o meno in un processo comunicativo che coinvolge, in maniera differente, le parti interessate alla ricerca del «significato del significato» in una logica di significati elaborati e trasformati in un processo interpretativo, e derivanti dall’interazione sociale che il singolo ha con i suoi simili.

I simboli ne Il giorno del giudizio sono dei segni di riconoscimento, di accostamento in una dinamica di attribuzione di significato agli stimoli quali portatori di significato: il simbolo è parte integrante e pregnante della comunicazione in tutta l’opera sattiana ove si osserva che l’interazione è mediata dall’uso di questi, dall’interpretazione, o dalla comprensione del significato delle azioni dell’altro in un continuo processo di interpretazione.

Il concetti di altro generalizzato, il gruppo di riferimento e la comunità fantasma consentono la lettura concettuale dell’atteggiamento degli attori sociali, quale principio sulla possibilità di un’azione intesa come delineamento del modo in cui la tendenza ha orientato lo sviluppo dell’azione consentendoci di osservare il nostro oggetto sociale quale condotta umana in un processo in divenire: le azioni derivanti dall’evento presenti ne Il Giorno non sono una derivazione di una tendenza già organizzata, ravvisiamo pertanto come l’azione umana sia una costruzione della realtà realizzata dall’attore con l’intervento di un processo responsabile della forma e della direzione assunta dallo sviluppo dell’azione.

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Per narrare della sua gente e alla sua gente S. Satta è egli medesimo protagonista (l’io narrante), scenografo e regista per comprendere le dinamiche interattive intercorse in un tempo passato, interpretate e rese agenti da individui che si perpetuano nel tempo e costruiscono la realtà sociale.

L’uso della morte come simbolo della vita consente di descrivere la natura della società umana simmetricamente alla tesi di George Herbert Mead nel dimostrare che la vita del gruppo umano era condizione essenziale per far emergere la coscienza, la mente, un mondo di oggetti, gli individui come organismi di un sé e la condotta umana come risultato di azioni costruite.

La morte: protagonista della costruzione della realtà, poiché la morte è eterna ed effimera, “ricco è il cimitero”.

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“… Sicuri si è in mani di Milieddu. Insomma, a Nuoro la morte aveva un nome … Varco il cancello … M’incammino tra i viali leziosi,

pieni di nomi che non mi dicono nulla. Sta per prendermi l’angoscia del Nulla …”

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