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7.2 Simboli nella vita in continuità oltre la vita

7.2.1 Oltre il carro

Comprendere l’opera sattiana nel suo volgersi e svolgersi è sicuramente un buon esercizio per la mente che deve percorrere un iter fuori dal binario.

Infatti, focalizzare l’analisi su ciò che è particolarmente rilevante per gli interazionisti simbolici, i significati ai quali i soggetti riconducono la loro esperienza, presuppone una concentrazione particolare quando si legge Il giorno del giudizio per la complessità già detta, sia per il linguaggio sia per la peculiarità di Satta quale io narratore bambino/adulto nella scena e fuori da essa.

21 R. Perrotta, Pensiero sociologico e immagini della realtà …, cit. p. 13. 22 Ivi, p. 12.

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Rivivere la sua vita nel ricordo elaborato e costruito in un momento della sua vita, alquanto particolare trovandosi in pensione, fa si che la sua vista passi da uno stato di miopia ad uno di presbiopia:

… E’ un’alba di mezzo agosto, un’ora in cui l’estate ancora piena cede alla passione dell’autunno. Fra poche ore tutto sarà diverso, ma intanto io vivo questo

annuncio di una stagione che è più propriamente la mia […].24

Da bambino e fin all’età della fanciullezza vive le scene familiari in prima persona, ne attribuisce un senso in relazione alla sua età; ed ora, o meglio nella sua crescita intravede e opera una selezione ed un giudizio di quelle azioni, di quelle parole, situandole temporalmente e spazialmente, collocandole in quella credenza di senso che Don Sebastiano, Donna Vincenza ed i personaggi a seguire covavano e costruivano in sé, dando un valore alla cornice con un occhio di riguardo per quella tela operata da una fitta e intrigata rete di relazioni.

Ritroviamo ″un’analisi dalla parte del personaggio″25 mentre cerca di

comprendere le azioni sociali o le azioni intime alla propria famiglia: - sia che si tratti di un fatto sociale condannato a voce alta anche dai giornali del “continente” ed inquadrato come abigeato:

… rubare, quel che noi chiamiamo rubare nell’artificioso presupposto che esista una cosa mia e tua […] significa in Sardegna, o meglio a Nuoro, o meglio a San Pietro, prendere un gregge di mille pecore, e dissolverlo nel nulla […]. Quel gregge non esiste non è mai esistito. Si capisce che i Corrales non hanno la bacchetta magica, e mille pecore […]non si possono rubare se non le ruba tutta la Sardegna. M questa è la magia dei Corrales: di aver fatto ladri tutti i sardi, o almeno tutti i barbaricini

[…];26

- sia che si tratti della differenza di idea sulla prole (sempre più numerosa) tra Donna Vincenza e Don Sebastiano:

24 S. Satta, Il giorno del giudizio, 1999, cit., p. 48.

25 R. Perrotta, Pensiero sociologico e immagini della realtà … cit., p. 24. 26 S. Satta, Il giorno del giudizio, 1999, cit., p. 41.

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i figli fanno parte della fortuna, faceva fare a Donna Vincenza quasi ogni anno un figlio, senza accorgersi che ogni figlio le accorciava la vita […].27

C’è in Satta una rimando alla definizione della situazione, e un porsi in ascolto riflessivo con dovizia e competenza da comunicatore qual era.

Sarà, quindi, il verbo al passato e l’avverbio temporale “allora” alternato e comparato con il verbo al presente e l’avverbio “ora” che fungeranno da veicoli linguistici indispensabili per comprendere e comprendersi. Il modo “indicativo”, il tempo “presente” e la “prima”

persona illumineranno la strada, come la lanterna a petrolio28

illuminava la scala a Don Sebastiano nel calare al piano di sotto, svelando quanto vissuto ed ora - si coinvolto, ma in modo diverso – all’atto dello scrivere attua un processo cognitivo interpretando alternativamente e contemporaneamente i vari personaggi.

La non clemenza e, direi l’obiettività in Satta, nel non omettere scene, gesti e parole consente di entrare nelle dinamiche sociali, ed i dettagli certosini sono anch’essi il prodotto del senso del significato delle sue ed altrui esperienze ricordate e/o vissute che hanno comunque segnato il tratto della sua penna nella costruzione, a posteriori, delle realtà.

Si potrebbe dire che in Satta la realtà della vita quotidiana di norma organizzata attorno al qui ed ora, si sposta a ritroso nel tempo per abbracciare la realtà della vita quotidiana a diversi gradi di vicinanza e lontananza sia spaziali che temporali, per vivere anche una realtà del qui ed ora esclusivamente per comprendere azioni sociali non simultanee al vivere stesso.

La costruzione della realtà sarà la costruzione delle realtà che si presentano come mondo intersoggettivo, realtà condivise con altri anche se in dimensioni temporali e spaziali non coincidenti, se non come io-narratore bambino e come narratore adulto durante il suo viaggio a Nuoro e nel cimitero a Sa ‘e Manca.

27 Ivi, p. 55.

28 «La discesa serale dallo studio al piano terreno era quasi un viaggio, e per questo l’occhio tondo del lume a

petrolio vagava su e giù per le volte, al vacillare del passo …», cfr. S. Satta, Il giorno del giudizio, 1999, cit.,

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Non è possibile alcuna esistenza senza comunicazione: simboli, significati e interazioni sociali costruiscono la realtà e da essa deriveranno. La posizione degli interazionisti simbolici è vedere

… l’interazione sociale soprattutto come un processo comunicativo più che una mera ripetizione o corrispondenza tra stimolo e risposta al cui interno le persone condividono le esperienze29

per cui, Blumer orienta il suo interesse verso soggetti coinvolti nell’azione comune. Questa è la prospettiva nella quale Satta si pone sia come io narratore bambino sia come io narratore adulto, personaggio ed osservatore.

La relatività dei processi di costruzione della realtà e sull’attribuzione di significato ne Il giorno del giudizio pone l’individuo al centro di quel processo che altro non è che comunicazione. Una comunicazione apparentemente semplice, che invece se ci soffermiamo al suo uso dato per scontato, ci accorgiamo della complessità e della necessità di competenze specifiche per comunicare.

L’uomo ha necessità del linguaggio, di definire, di oggettivare, di dare significati: dalle parole, ai segni, ai gesti, alla mimica, etc., resi accessibili anche dopo l’esperienza del qui ed ora nella vita quotidiana e resi pertanto perpetui nel tempo condivisi con l’altro così da trascendere l’esperienza della vita quotidiana.

Siamo noi gli artefici della realtà: gli oggetti senza di noi esisterebbero comunque, ma avrebbero una collocazione nello spazio data dalla natura, la nostra presenza sancirà il loro destino poiché conferiamo ad essi una vita autonoma ma dipendente in relazione alla nostra vita. Gli oggetti diventano animati. Un gesto si colora di sfumature. Una parola è il principio, segna e disegna sogni in una realtà altra che, man mano, insegue quella parola.

Si costruisce un ponte, chiamato simbolo, tra diverse sfere di realtà che utilizzano un linguaggio simbolico per trascendere da una realtà empirica, librandosi in mondi inaccessibili se non ne facciamo parte come soggetti interattivamente partecipanti e collaboranti.

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L’interazione è pertanto soggetta alla legge della conoscenza socialmente disponibile.

Pertanto, comprendiamo come la conoscenza è legata alla costruzione della realtà fatta di categorie, di confini, di definizioni che ci tranquillizzano generando ordine interiore e ordine sociale.

Ilcarro dei contadini di Sèuna non è solo un oggetto, è vita, è un simbolo di diverse realtà. Ma è tale se ad esso si associa il rito che vi sta attorno: però, al contempo, è simbolo di distinzione in una Nuoro divisa in altre due parti anch’esse con il loro simbolo, San Pietro e il cavallo del pastore ricco, e Santa Maria con il suo bel lastricato del Corso:

… Sèuna […] e quel capolavoro di arte astratta che è il carro sardo. Il carro diventa un carro quando gli sono aggiogati i buoi, che dormono accovacciati sulle stanche gambe […] allora è più che un carro, uno strumento di guerra, per gli incredibili viottoli delle campagne […]. Il carro sardo […] nei millenni ha lasciato nel cammino i solchi dei suoi cerchioni di ferro, che sono le piaghe della sua fatica, della fatica dei bovi […] dei massari […]. Ma quando i buoi staccano, e il carro rimane lì nella notte […] non ha più nulla del carro […]. San Pietro […] non c’è il carro, ma il cavallo, che attende di essere inforcato, la sella appesa a un piolo sotto il portichetto, lo stesso cavallo che nel cuore della notte annuncia fatali ritorni. […] Il lungo Corso appena lastricato […] la Nuoro del tribunale, del municipio, delle scuole, dell’episcopio […].30

Simboli per distinguere, simboli socialmente condivisi e creati, simboli per separare o per unire. Significato scaturito dapprima in famiglia, un contesto culla della socializzazione primaria; e, poi riprodotti in contesti fautori di una socializzazione secondaria, il gruppo, la scuola, il rione ...

Socializzazioni prodotte in una Nuoro, in un nido, diviso in tre parti, ma pur sempre un nido anche se di corvi. Un “nido” nel quale si odono, in un sovrapporsi disordinato, toni e umori urlanti provenienti da voci come in un “nido di corvi” che urlano e schiamazzano ma che, come i corvi, pur con il loro gracchiare, sono esseri intelligenti e astuti capaci di vedere oltre …!

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Vedere così oltre da saper riconoscere Nuoro come il loro nido, ossia cancellando quella linea di frontiera disegnata solo idealmente e simbolicamente tra i rioni e le famiglie: vien fuori il sentimento del noi nel percepire un senso di prevaricazione, tanto da intervenire in difesa di chi viene riconosciuto come parte lesa ed ingiustamente. E’ il caso sia del furto del carro di ziu Cancarru sia della morte di Fileddu di cui abbiamo già scritto. Tutti in coro, contadini, pastori e signorotti, dalle loro “celle” separate divengono una cosa unica, come unico è il monte Ortobene, il loro Monte, simbolo di Nuoro tutta.

… Il giogo del contadino non si ruba […]. Una volta avevano rubato il giogo a ziu Cancarru, che aveva cinque figli. Subito Bainzu Corrales aveva aperto una colletta, e tutto San Pietro aveva comprato un altro giogo al povero contadino di Sèuna

[…].31

In codeste scene si coglie propriamente come

Non sono, dice Proust, gli eventi in sé e per sé a scatenare le reazioni individuali, ma le interpretazioni che degli eventi si danno […] gli oggetti mutano a seconda delle interpretazioni che ad essi si riconducono. […] Proust si diverte a mostrare come una medesima persona, una stessa cosa, un dato avvenimento, assumano

configurazioni diverse quando vengano guardati da prospettive differenti […]. 32

Così, il carro, il “palazzo” di Satta, il cavallo, le porte e i portonicini, il lampionario, la terra, gli abiti, le scale, la campana, l’oleandro, le scarpette … mutano insieme alla definizione della situazione:

… La differenza tra il pastore e il contadino è che quello conduce una casa che cammina, questo una casa che sta ferma. Se per l’uno la terra sulla quale vendemmia ed ara è il fine, per l’altro è solo lo strumento […]. Nella corte della casa di Don Sebastiano c’era un oleandro […] Donna Vincenza […] cominciò ad

odiare quell’unica pianta che il marito aveva messo nella sua corte […].33

E, riprendendo il concetto di Blumer:

31 S. Satta, Il giorno del giudizio, 1999, cit., pp. 41-42.

32 R. Perrotta, Pensiero sociologico e immagini della realtà … cit., pp. 34-35. 33 S. Satta, Il giorno del giudizio, 1999, cit., pp. 39, 48.

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… si possono avere facilmente variazioni d’interpretazione […] quando, in una data situazione, unità agenti diverse isolano oggetti diversi, o danno un peso diverso agli oggetti che notano, o li ordinano secondo schemi diversi.34

Stessa cosa dicasi per i momenti di scena di vita quotidiana, come ad esempio un pranzo in famiglia Satta:

… Non è da escludere che ci fosse un complesso del marito, in tutta questa costruzione […]. A questa natura non faceva eccezione Don Sebastiano. Nei momenti dei più sordi dissidi, non c’era pericolo che egli, a tavola, si servisse per primo. Poiché secondo la tradizione il piatto grande veniva affidato a lui per il taglio della carne e la distribuzione, il primo boccone era per Donna Vincenza, e si sarebbe alzato da tavola se quella […] avesse rifiutato […]. Tu stai al mondo

perché c’è posto […]. 35

Di conseguenza:

… il significato delle cose per gli individui è centrale in sé.36