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Altra parte della dottrina ha ritenuto ragionevole considerare l’atto del consenso del paziente quale dichiarazione di volontà non negoziale sulla base della mera nozione di

Nel documento Consenso informato e responsabilità medica (pagine 99-102)

ne-gozio giuridico e di atto giuridico in senso stretto. Più precisamente, ove si volesse

accoglie-re la definizione di atto negoziale quale atto che determina un effetto “nuovo”, cioè un

39 BIGLIAZZI GERI-BRECCIA-BUSNELLI-NATOLI, Diritto civile. 1.1. Norme, soggetti e rapporto giuridico, Torino, 1986, 107 s. In altri termini, si impedirebbe ai medesimi soggetti un pieno sviluppo della persona umana, e ciò in palese violazione dei princìpi costituzionali sanciti dagli articoli 2 e 3, comma 2, i quali non operano alcuna distinzione tra uomo e uomo e tra maggiori e minori d’età. Da siffatti princìpi fondamentali si evince infatti che le scelte esistenziali operate da un soggetto capace di intendere l’importanza di tali scelte e di volerle attuare con maturità di giudizio non si possono considerare giuridicamente irrilevanti.

40 In questo senso, CALLIPARI, op. cit., 37, il quale afferma che negare la capacità d’agire, in questo cam-po, «equivarrebbe sostanzialmente a negare la capacità giuridica, e ciò si tradurrebbe, in materia di diritti fon-damentali, in una violazione dell’art. 2 Cost.». Naturalmente, precisa l’Autore, sarà necessario un severo scru-tinio per accertare la sussistenza della capacità d’intendere e di volere che, tradotto in termini sociali, «si so-stanzia nella capacità di distinguere il bene dal male, di percepire il significato e le possibili conseguenze delle proprie azioni, onde assumerne coerentemente la responsabilità». Ove non sia verificata la presenza di questo requisito, soccorreranno le regole ordinarie in tema di incapacità.

fetto che diverge da situazioni giuridiche anteriori (un effetto costitutivo, se l’atto

costitui-sce un diritto soggettivo che prima non esisteva; o un effetto modificativo, se l’atto

tra-sforma un diritto anteriore, rendendolo diverso sotto il profilo oggettivo o sotto quello

soggettivo; o un effetto estintivo, se l’atto fa venire meno un diritto preesistente), mentre la

dichiarazione di volontà non negoziale è caratterizzata dal fatto che l’atto lascia immutata la

situazione giuridica preesistente cui lo stesso si ricollega, limitandosi a rafforzare o a

esplici-tare una situazione di interesse preesistente e giuridicamente tutelata (un diritto soggettivo),

non resterebbe che qualificare il consenso in ambito sanitario quale dichiarazione di

volon-tà non negoziale. Infatti, il consenso informato conferisce al curante una mera facolvolon-tà di

agire e non costituisce alcuna obbligazione per il dichiarante, cioè non determina alcun

ef-fetto impegnativo per il paziente. Entrambi questi effetti non possono definirsi “nuovi” nel

senso al quale si è fatto cenno poc’anzi, poiché costituiscono un mero effetto esplicativo di

un diritto preesistente

41

. In altri termini, l’atto del consenso, conferendo al medico il potere

di agire sul corpo del malato, non costituisce una situazione giuridica nuova, ma delimita e

specifica il dovere di astensione del sanitario, che a sua volta deriva dal diritto dello stesso

paziente-consenziente alla sua integrità fisica

42

.

41 Così, SCALISI, op. cit., 456. Per una riflessione circa la qualificazione dell’atto del consenso quale atto in senso stretto, si rinvia a PANUCCIO, Le dichiarazioni non negoziali di volontà, Milano, 1966, 78 ss., il quale indica il consenso quale dichiarazione autorizzativa dunque come “permesso”. In particolare, l’Autore sostiene che la concezione negoziale nulla dice in concreto contro la possibilità di una costruzione unitaria del permesso come atto non negoziale: il carattere non impegnativo del permesso fonda infatti un’importante differenza fra il permesso e il negozio. Col negozio il soggetto non limita solo il suo diritto per il tempo in cui l’altro sogget-to svolgerà l’attività ausogget-torizzata; la limitazione sussiste già dal momensogget-to del perfezionamensogget-to del negozio e si proietta nel futuro, o indefinitamente o entro limiti ben precisi, talvolta fissati dalla stessa volontà delle parti. Per quanto riguarda il permesso, invece, resta inteso che nel periodo anteriore lo svolgimento dell’attività consentita è possibile che il dichiarante muti la propria volontà per ragionevoli motivi.

42 Fra gli Autori che qualificano l’atto del consenso informato come negozio, v. FERRANDO, Consenso

in-formato, cit., 58 s., la quale afferma che «In quanto espressione dell’autodeterminazione del paziente, il

consen-so al trattamento medico rientra nell’ampia sfera degli atti di tipo negoziale. […] Sottolineare il carattere ne-goziale del consenso vale […] a mettere in evidenza il ruolo della libertà, della consapevolezza e dell’autodeterminazione del paziente nella relazione terapeutica». Inoltre, merita di essere segnalata la posizio-ne di NANNINI, op. cit., 150 ss., il quale sostieposizio-ne che la tesi volta a riconoscere al consenso del paziente natu-ra e canatu-rattere di negozio giuridico muove dalla seguente considenatu-razione: in esso si natu-ravvisa una manifestazione di volontà diretta alla produzione di un preciso effetto giuridico. Tuttavia, l’Autore registra che siffatta conce-zione ha visto aumentare in modo significativo “le schiere dei suoi oppositori”. Le critiche si sono soprattutto concentrate sul momento applicativo della costruzione, e cioè sulla possibilità di estendere all’atto in esame,

secondo un procedimento automatico e generalizzante, la disciplina negoziale in tema di capacità e di vizi del volere. In particolare, il modello del negozio pare dominato, sotto il profilo della capacità del dichiarante, da esigenze di certezza, mentre la natura particolare dell’atto di consenso al trattamento medico richiede di sod-disfare esigenze del tutto diverse, come quella di assicurare «una signoria dell’interessato - e dunque una rile-vanza del volere - attraverso criteri di capacitazione non soggetti a limiti standardizzati». Si è pertanto osserva-to che l’uso del concetosserva-to di negozio abbia di fatosserva-to prodotosserva-to una serie di conseguenze, dedotte auosserva-tomaticamen- automaticamen-te dal modello dogmatico, le quali appaiono contraddittorie con altre premesse rilevanti e confliggenti con le esigenze pratiche della materia. Inoltre, vi è una ragione di fondo per cui la qualificazione del consenso in-formato come atto negoziale non può valere quale premessa per un’applicazione meccanica della disciplina dedicata al negozio in senso classico. In particolare, si fa riferimento alla ragione dell’interesse a distinguere l’ipotesi in cui il negozio è nullo, in quanto manca fin dall’origine il titolo e non si producono quindi, in linea di principio, gli affetti, dall’ipotesi in cui il negozio è invece annullabile, cioè l’atto, ancorché invalido, produce i suoi effetti, i quali sono però rimessi alla discrezione del soggetto legittimato all’azione di annullamento. Nel caso dell’adesione del paziente al trattamento medico, invece, il riferimento alla presenza o alla mancanza di un valido consenso costituisce uno dei “parametri valutativi” su cui si fonda il giudizio di liceità o di illiceità del comportamento che ab externo viola l’integrità della sfera corporea del paziente. Pertanto, «l’invalidità dell’accettazione del paziente, a prescindere dalla natura del vizio da cui essa dipende […], comporta comun-que ipso iure l’illiceità dell’intervento medico, conducendo ad un risultato che appare in ogni caso definitivo e non più modificabile». L’Autore osserva tuttavia che, se il riferimento dogmatico alla categoria del negozio giuridico non conduce a esiti soddisfacenti, non del tutto persuasiva appare neanche la tesi che colloca il con-senso informato nell’ampia categoria dell’atto giuridico in con-senso stretto. Secondo tale opinione, il concon-senso del paziente non determinerebbe il sorgere né di diritti e di doveri, ma si tradurrebbe in un’autorizzazione concessa al curante affinché svolga sul corpo del malato un’attività di ordine materiale. Anche questa tesi, pe-rò, rileva Nannini, presta il fianco a numerosi rilievi critici. In primo luogo, «disconoscere la natura negoziale della dichiarazione di volontà del paziente facendo soltanto leva sul fatto che tale dichiarazione non incide-rebbe […] sulle posizioni giuridiche dei soggetti (medico e paziente) pare un argomento di scarso peso e nien-te affatto decisivo. […] La qualificazione della dichiarazione di volontà del paziennien-te alla stregua di atto giuridi-co in senso stretto non sembra poi giuridi-collimare giuridi-con l’affermazione segiuridi-condo cui […] per quest’ultima categoria varrebbero requisiti di capacità e di volontà diversi e «minori» rispetto a quelli stabiliti o elaborati per lo sche-ma negoziale. Invero, se si considera il «peso», la «consistenza» dell’elemento volitivo, riesce difficile discono-scere al consenso del malato la natura di negozio giuridico. In questo caso infatti, […] le esigenze di libertà, di spontaneità e di consapevolezza della decisione sono tali da superare, addirittura, lo standard previsto o rico-struito per gli atti di autonomia negoziale». Infine, l’Autore conclude la sua riflessione proponendo una solu-zione intermedia e qualificando il consenso all’intervento come “negozio sui generis”: infatti, «l’obiettivo di evi-tare la rigida applicazione al consenso all’intervento delle regole previste o elaborate per lo schema negoziale, senza tuttavia dover rinunziare agli evidenti vantaggi che - sotto il profilo costruttivo - il riferimento a questo schema, di necessità, offre, può tuttavia essere conseguito senza bisogno di fare, a tal fine, ricorso ad un tipo di argomentazione che - come sopra mostrato - finisce per approdare ad una artificiosa qualificazione della manifestazione di volontà del paziente». Del resto, la problematica concernente l’individuazione dei requisiti di validità del consenso non può non trovare un riferimento utile nelle soluzioni adottate per diversi tipi di atto o nelle regole comuni prospettate per il negozio giuridico «purché si tenga ben fermo che tale sistema non va assunto come un blocco normativo di necessaria e automatica applicazione ma piuttosto come una mappa orientativa ai fini della ricerca». In conclusione, la maggior elasticità della soluzione proposta, cioè la «minore vincolanza che la qualificazione del consenso assume secondo la formula riassuntiva del negozio sui

4. Requisiti e contenuto del consenso informato

Alle considerazioni appena svolte in merito alla natura giuridica del consenso al

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